Utente:Facquis/Sandbox/Storia della Repubblica Italiana (1946-1963)

Emblema della Repubblica Italiana

La storia della Repubblica Italiana dal 1946 al 1963 è quel periodo della storia repubblicana che va dalla nascita della Repubblica caratterizzato dal punto di vista politico da governi centristi, e terminato col miracolo economico. Questo periodo è generalmente conosciuto come secondo dopoguerra.

L'istituzione della Repubblica (1946-1948) modifica

Info aggiuntive modifica

Il 2 giugno 1946 si tenne così il referendum sulla forma istituzionale dello Stato. La lenta esecuzione dello spoglio favorì la diffusione delle manifestazioni favorevoli o contrarie alla repubblica, particolarmente violente furono quelle che si svolsero Napoli l'11 giugno.[1] Quando ormai lo spoglio sembrava essere stabilmente a favore della repubblica, De Gasperi appellandosi al decreto sulla nuova costituzione dello Stato approvato due mesi precedenti,[2] assunse il 12 giugno 1946 le funzioni di Capo provvisorio dello Stato provocando la protesta di Umberto II che il giorno successivo partì volontariamente verso il Portogallo.[1] Finalmente il 18 giugno la Corte suprema di Cassazione proclamò i risultati: la repubblica prevalse con il 54,3% dei consensi, contro il 45,7% dei voti per la monarchia.[3] I risultati furono contestati dai partiti del Blocco Nazionale della Libertà, i cui ricorsi però furono respinti.[3] Il referendum restituì l'immagine di un paese profondamente diviso, il nord e il centro votarono compattamente per la repubblica, il sud per la monarchia.[4]

Il 2 giugno 1946 contemporaneamente al referendum si tennero anche le elezioni per l'Assemblea Costituente. La DC ottenne 207 seggi raccogliendo il consenso maggiore nelle zone rurali, il PSIUP con 115 seggi si confermò il partito più votato nelle città operaie del nord a discapito del PCI, che con 104 deputati non riuscì a realizzare la maggioranza assoluta con i socialisti.[5] Dei partiti minori i liberali PLI e i repubblicani del PRI ottennero una discreta rappresentanza, rispettivamente 33 e 23 seggi, gli azionisti del PdA ne racimolarono solo 7.[5] Tra i nuovi partiti presenti alle elezioni si distinse con 30 seggi il Fronte dell'Uomo Qualunque, un movimento populista di destra sorto attorno all'omonimo giornale fondato dal commediografo Guglielmo Giannini, che ripudiava le ideologie e che per il proprio atteggiamento di generica sfiducia nella classe politica diede vita a quella tendenza definita appunto qualunquismo.[5]

 
La prima seduta dell'Assemblea Costituente

Alla sua prima seduta, il 28 giugno 1946, l'Assemblea Costituente, sotto la presidenza di Giuseppe Saragat, elesse quindi Capo Provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, con 396 voti su 501, al primo scrutinio. De Nicola poi sarà il primo ad assumere le piene funzioni di Presidente della Repubblica Italiana il 1º gennaio 1948.

La fine dell'unità nazionale: giugno 1946 - maggio 1947 modifica

 
Manifestazione del 1946 contro i licenziamenti

Le elezioni della Costituente rafforzarono ampiamente la DC e la figura di De Gasperi, che rinnovata l'alleanza con il PCI e il PSIUP, giurò il 12 luglio 1946 come primo Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana del suo secondo governo.[6] Al suo insediamento il governo dovette fin da subito affrontare l'ondata di proteste in atto nelle città operaie dell'Italia settentrionale dovute principalmente allo sblocco dei licenziamenti e all'inflazione crescente.[7] Ad agosto la situazione fu ulteriormente aggravata dalla rivolta delle associazioni partigiane piemontesi, indignate dagli effetti dell'amnistia verso i crimini dei fascisti promulgata due mesi prima dal ministro di grazia e giustizia e segretario del PCI Palmiro Togliatti.[7] Redatta con l'intenzione di favore la riconciliazione nazionale, l'amnistia Togliatti fu interpretata dalla magistratura (ancora costituita dalle stesse personalità attive durante il regime)[8][9] in chiave assolutoria, lasciando così impunti anche alcuni gravi crimini commessi dai fascisti durante la guerra.[10] Le proteste operaie proseguirono per tutta l'estate, culminando nell'ottobre del 1946 con l'assalto al palazzo del Viminale, all'epoca sede della Presidenza del Consiglio dei ministri.[11] L'autunno diede forza anche alle proteste contadine dovute alla mancata attuazione della riforma agraria di Fausto Gullo, ministro dell'agricoltura nel primo governo De Gasperi in quota PCI, poi rimpiazzato nel secondo governo De Gasperi dal democristiano Antonio Segni.[11] Le proteste furono particolarmente attive nell'Italia centrale dove si costituirono numerose cooperative e il sostegno al PCI crebbe vertiginosamente.[12]

 
De Gasperi durante la sua visita negli USA

Le condizioni economiche precarie e le ondate di protesta misero in seria difficoltà la DC, in particolare il ceto medio non potendo beneficiare del meccanismo della scala mobile si spostò ideologicamente a destra causando il tracollo elettorale della DC alle elezioni amministrative di ottobre e novembre.[13] Di fronte a questa situazione il 22 dicembre papa Pio XII inviò da De Gasperi il cardinale Giovanni Battista Montini, futuro Papa Paolo VI, per convincerlo a sciogliere l'alleanza con le sinistre, rimanendo però inascoltato.[13] Per risollevare la situazione nel gennaio del 1947 De Gasperi fece la sua prima visita negli Stati Uniti d'America, dove fu garantito all'Italia un primo prestito da 100 milioni di dollari.[14] Al suo ritorno De Gasperi fece un nuovo governo riducendo la presenza e l'influenza di comunisti e socialisti.[15] A febbraio firmò i trattati di Parigi, con i quali fu siglata la pace con le potenze alleate e vennero sancite le conseguenze della sconfitta dell'Italia nella seconda guerra mondiale con mutilazioni nazionali territoriali: l'Istria e la Dalmazia furono cedute alla Jugoslavia, il Dodecaneso alla Grecia, Briga e Tenda alla Francia, l'Isola di Saseno all'Albania, fu imposto il pagamento dei danni di guerra per 360 milioni di dollari e la perdita di tutti i possedimenti coloniali.[15]

Il 25 marzo 1947 Patti lateranensi[16]

Crisi del maggio 1947

1947-1948 modifica

La Repubblica Italiana nacque il 2 giugno 1946, in seguito ai risultati del referendum istituzionale indetto quel giorno per determinare la Forma di Stato dopo la fine della seconda guerra mondiale. I risultati furono proclamati dalla Corte di Cassazione il 10 giugno successivo: la repubblica ottenne il 54% dei consensi e i ricorsi concernenti presunti brogli circa la legalità dello svolgimento della consultazione furono respinti il seguente 18 giugno.

Nella notte tra il 12 e 13 giugno 1946, nel corso della riunione del Consiglio dei ministri, il presidente Alcide De Gasperi, preso atto del risultato referendario, assunse le funzioni di Capo provvisorio del nuovo Stato repubblicano. Messo di fronte al fatto compiuto, l'ormai ex re Umberto II, rimasto in carica soltanto un mese e per questo soprannominato "re di maggio", lasciò polemicamente e volontariamente il paese il 13 giugno.

Oltre che per il referendum, si votava per l'elezione di un'Assemblea Costituente che avesse il compito di dare all'Italia una nuova Costituzione: primo partito risultò la Democrazia Cristiana, seguita dal Partito Socialista Italiano e dal Partito Comunista Italiano. Il Partito d'Azione, invece, a seguito del risultato deludente, si sarebbe sciolto nel 1947. Fu la prima consultazione politica alla quale partecipavano anche le donne italiane.

Alla sua prima seduta, il 28 giugno 1946, l'Assemblea Costituente, sotto la presidenza di Giuseppe Saragat, elesse quindi Capo Provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, con 396 voti su 501, al primo scrutinio. De Nicola poi sarà il primo ad assumere le piene funzioni di Presidente della Repubblica Italiana il 1º gennaio 1948.

In quegli anni l'Italia operò le scelte decisive che avrebbero determinato il proprio destino: guidata da De Gasperi, che presiedeva un governo di unità nazionale composto dai tre partiti antifascisti del Comitato di Liberazione Nazionale, l'Italia accettò di entrare a far parte della sfera di influenza atlantica, filoamericana e anticomunista, contrapposta al blocco sovietico. Questa collocazione accese una competizione politica tra i due maggiori partiti, la DC e il PCI. Quest'ultimo rimarrà da allora confinato all'opposizione per via dei legami ideologici e finanziari con l'Unione Sovietica,[17] legami che avrebbero provocato, nel caso di una sua entrata al governo, una rottura dell'alleanza internazionale con gli Stati Uniti e degli accordi di Yalta. Un tale assetto politico priverà inoltre l'Italia di una logica dell'alternanza fino alla caduta del muro di Berlino,[18] generando un'anomalia rispetto alle altre democrazie occidentali, dove i partiti comunisti godevano di una forza e un consenso assai minori che in Italia.[19][20] Questa situazione degenererà in pratiche consociative più o meno occulte,[17] che porteranno di fatto a un progressivo coinvolgimento dell'opposizione nelle decisioni della maggioranza.[21]

Fu in particolare durante la missione di De Gasperi del gennaio 1947 negli Stati Uniti, con i quali si accordò per ricevere gli aiuti economici previsti dal Piano Marshall (un prestito Eximbank di 100 milioni di dollari), che si aprì un dialogo costruttivo tra USA e Italia, in grado di dare a De Gasperi la motivazione e il sostegno necessari ad attuare l'ambizioso disegno di un nuovo governo senza le sinistre. Il Piano Marshall, con cui si chiedeva ai paesi beneficiari di estromettere in cambio le forze filosovietiche, fu il primo atto della guerra fredda. Il PSI e soprattutto il PCI interpretarono la propria esclusione dall'esecutivo, avvenuta nel maggio 1947, alla stregua di un "colpo di Stato"; essi tuttavia decisero di non abbandonare i lavori dell'assemblea costituente a cui stavano partecipando insieme alla DC. Questa decisione consentirà in particolare al PCI di acquisire una legittimità costituzionale che non poteva avere sul piano ideologico, e che lo porterà, negli anni a venire, a richiamarsi spesso alla Costituzione come motivo di auto-legittimazione democratica, e a difenderla da qualunque tentativo di modificarla senza un suo previo consenso.[19]

Un'altra anomalia tipicamente italiana fu l'atteggiamento del Partito Socialista (allora denominato PSIUP), che a differenza di quanto avveniva negli altri paesi occidentali decise di avvicinarsi alle posizioni dei comunisti, per timore di vedersi sottrarre da costoro l'egemonia sulle masse operaie, accettando così anche la dipendenza da Mosca.[19] Alcuni esponenti del partito, guidati da Saragat, disapprovando la scelta di legarsi all'Unione Sovietica, operarono nel gennaio 1947 una scissione, dando vita al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, che in seguito diverrà Partito Socialdemocratico Italiano.

Nel frattempo vennero firmati nel 1947 i trattati di Parigi, con i quali formalmente e definitivamente fu siglata la pace con le potenze alleate e vennero sancite le conseguenze della sconfitta nella seconda guerra mondiale, con mutilazioni nazionali territoriali: l'Istria e la Dalmazia cedute alla nascente Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia, il Dodecaneso alla Grecia, Briga e Tenda alla Francia, l'Isola di Saseno all'Albania, il pagamento dei danni di guerra all'URSS e la perdita di tutti i possedimenti coloniali italiani. Il passaggio dei territori dell'Adriatico orientale dall'Italia alla Jugoslavia determinò il più grande flusso migratorio nella storia italiana: l'esodo giuliano-dalmata.

Nonostante si cercasse di tornare alla normalità, nel paese si stavano diffondendo alcuni movimenti separatisti, in particolare in Sicilia e in Alto Adige. Per farvi fronte, Alcide De Gasperi istituì, il 15 maggio 1946, la Regione a statuto speciale della Sicilia. Per il Tirolo meridionale trovò nel settembre 1946 una soluzione con il collega ministro degli esteri austriaco Karl Gruber: fu costituita la Regione a statuto speciale del Trentino-Alto Adige, dotata di ampie autonomie e dove accanto all'italiano, a livello regionale, fu ufficializzato pure il tedesco. In seguito, nel 1948, si avrà l'istituzione della Regione a statuto speciale anche della Valle d'Aosta.

Tornò tuttavia alla ribalta in quel periodo la mafia, riemersa nel 1943 in occasione dello sbarco Alleato in Sicilia.[22] Il 1º maggio 1947 rimase tristemente celebre l'eccidio di Portella della Ginestra, quando il bandito Salvatore Giuliano, presumibilmente assoldato da alcuni latifondisti, sparò sulla folla che festeggiava la Festa dei lavoratori chiedendo la distribuzione delle terre: fu la prima strage in Italia di cui non si scopriranno i mandanti. Giuliano venne poi ucciso dal suo braccio destro Gaspare Pisciotta, che a sua volta fu ritrovato morto in carcere in circostanze misteriose.

Negli ultimi giorni del 1947 venne infine ultimata la stesura della Carta Costituzionale, entrata ufficialmente in vigore il 1º gennaio 1948. Fu questo un periodo particolarmente felice per la letteratura italiana e ancor di più per il cinema, con l'affermazione del neorealismo.

Gli anni del centrismo e la ricostruzione (1948-1953) modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Ricostruzione (Italia) e Centrismo (Italia).

Dopo che il 31 maggio 1947 era caduto il terzo governo De Gasperi per la fuoriuscita di socialisti e comunisti, si formò il IV governo De Gasperi appoggiato soltanto dalla Democrazia Cristiana, dal Partito Liberale Italiano, dal Partito Repubblicano Italiano, e dal neonato partito socialdemocratico di Saragat. L'esecutivo si avvalse anche di un gruppo di tecnici guidati dal liberale Luigi Einaudi, il quale attraverso una politica deflazionistica, attenta alla spesa pubblica e ai salari, riuscì a far diminuire fortemente l'inflazione. Fu l'inizio di una lunga fase di governo detta del "centrismo", perché dominata da partiti collocati esclusivamente nell'area di centro dello schieramento politico. L'Italia diventò un grande cantiere, anche grazie agli aiuti del Piano Marshall che contribuì a risanare il bilancio dello Stato. In contemporanea si verificarono evoluzioni nella politica e nel costume.

Il Partito Socialista invece, dopo la scissione di Saragat, si accostò sempre più al Partito Comunista fino a formare con esso una federazione che avrebbe dovuto condurre l'Italia verso la rivoluzione socialista; la somma di PSI e PCI sembrava infatti maggiore dei voti della DC. L'effigie di Garibaldi fu il simbolo con cui il nuovo partito, denominato Fronte Democratico Popolare, si presentò alle prime elezioni parlamentari dell'Italia repubblicana nel 1948.

Il timore di una vittoria della sinistra crebbe tra i dirigenti della Democrazia Cristiana, anche in considerazione dell'avanzata del partito dell'Uomo Qualunque che avrebbe potuto sottrarle una parte consistente di elettorato. Si trattava di un movimento sorto attorno all'omonimo giornale fondato a Roma nel 1944 dal commediografo e giornalista Guglielmo Giannini, che ripudiava le ideologie e che per il proprio atteggiamento di generica sfiducia nella classe politica diede vita a quella tendenza definita appunto qualunquismo. Continuarono inoltre in quegli anni gli episodi di rappresaglia contro ex-fascisti ma anche contro gente comune, da parte di apparati del PCI, come l'eccidio di Porzûs in Friuli ai danni di formazioni resistenziali "bianche".[23] In vista delle elezioni del 1948 crebbero le tensioni tra le sinistre, unite nel Fronte Democratico Popolare e la DC di De Gasperi. La tensione raggiunse livelli assai acuti, per esempio a Milano dove, in seguito alla rimozione del prefetto Ettore Troilo, un corteo di militanti comunisti ed ex-partigiani guidato dal giovane esponente del PCI Giancarlo Pajetta occupò la Prefettura. L'intervento del leader nazionale del PCI Togliatti contribuì a rasserenare la situazione.[24][25]

La campagna elettorale del 1948, tra le più aspre e combattute dell'Italia repubblicana, si risolse infine con la vittoria della Democrazia Cristiana (che ottenne il 48,51% alla Camera dei Deputati e il 48,14% al Senato della Repubblica) e la bruciante, inaspettata, sconfitta del Fronte Popolare: questo non era andato al di là della somma dei voti del PSI e del PCI ottenuti nel 1946. Tra le cause della sconfitta, oltre ai vari episodi di intimidazione che lasciavano trapelare l'esistenza di un volto armato e minaccioso accanto a quello più rassicurante di Togliatti, vi era la proposta di un modello di vita, di tipo sovietico, piuttosto ignoto allora agli italiani, contrapposto a quello ben più accattivante e filo-americano offerto dalla DC. Il partito dell'Uomo Qualunque invece per il suo scarso successo non fu tale da scalfire i voti per la DC, e si sciolse entro pochi mesi. Alcide De Gasperi poté formare così il suo quinto governo, appoggiato, oltre che dal suo partito, anche dai socialdemocratici di Saragat, dal Partito Repubblicano Italiano e dal Partito Liberale Italiano, il cui principale esponente, Luigi Einaudi, divenne il secondo presidente della Repubblica.

Il 14 luglio 1948 l'attentato a Togliatti provocò sollevazioni in tutte le città italiane che reclamavano la destituzione del governo De Gasperi. La situazione cominciò a precipitare, si contarono diversi morti e quasi un migliaio di feriti,[26][27] ma Togliatti non morì, venendo salvato dai medici; fu provvidenziale un suo stesso annuncio alla radio in cui invitava i "compagni" a deporre le armi.[28] Nello stesso giorno giunse la notizia di una grande impresa compiuta dal ciclista Gino Bartali, le cui gesta dividevano gli italiani tra suoi fan e sostenitori di Fausto Coppi.

Su richiesta degli Stati Uniti nel 1949 l'Italia aderì alla NATO, un'alleanza fra i paesi occidentali, che dal 1955 si contrappose al patto di Varsavia guidato dall'Unione Sovietica e che in quel periodo stava esercitando la propria influenza come nella guerra civile greca. Il Patto prevedeva, nel caso di un attacco nemico nei confronti di uno Stato alleato, che tutti i paesi intervenissero militarmente in sua difesa. La decisione di aderire alla NATO scatenò nuovamente le proteste e le agitazioni delle sinistre nelle piazze italiane; Nenni, leader del PSI, insieme a Togliatti accusarono De Gasperi di mettere in pericolo la democrazia e l'indipendenza politica dell'Italia.

Accanto alle agitazioni politiche l'Italia si stava comunque ricostruendo. La forte prevalenza democristiana nei governi che si succedettero, tutti a guida De Gasperi, permise di varare importanti riforme come quella del piano Casa, detta anche piano Fanfani, con cui lo Stato agevolò la costruzione di 75 000 abitazioni per i lavoratori, stanziando circa 15 miliardi di lire all'anno in cambio di una trattenuta sul loro stipendio.[29] Venne poi varata nel 1950, con una misura del ministro dell'Agricoltura Antonio Segni, la riforma agraria, ritenuta tra le più importanti del secondo dopoguerra,[30] che attuava, tramite l'esproprio coatto ai grandi latifondisti, la distribuzione delle terre incolte ai braccianti agricoli rendendoli così piccoli imprenditori; se da un lato la riforma andava incontro alle rivendicazioni dei contadini del Sud, sfociate in episodi come la strage di Melissa, per altri versi ridusse in maniera notevole la dimensione delle aziende agricole, togliendo di fatto la possibilità di trasformarle in veicoli imprenditoriali avanzati.[30] Sul versante estero, nel 1951 l'Italia aderì al Trattato di Parigi che istituiva la CECA (Comunità europea del carbone e dell'acciaio), il primo embrione di un'organizzazione europea. Nel 1955 venne ammessa invece alle Nazioni Unite. Il 1958 vedrà infine la nascita della Comunità Economica Europea, il primo passo verso la realizzazione dell'Unione europea.

Tra gli altri atti di rilievo della stagione centrista ci fu l'attuazione di un riassetto fiscale operato dal ministro delle Finanze Ezio Vanoni, e l'istituzione della Cassa del Mezzogiorno per finanziare iniziative industriali tese allo sviluppo economico del meridione d'Italia e colmarne il divario con le regioni settentrionali. Furono così poste le premesse per quello che alla fine degli anni cinquanta diventerà un vero e proprio boom economico. La produzione industriale accelerò e comparvero i primi segnali del consumismo; iniziò la produzione su larga scala dei primi motorini come Vespa e Lambretta. Nel 1954 cominceranno le prime trasmissioni televisive della RAI, che portarono a un incremento vertiginoso della vendita di televisori. I primi programmi televisivi più seguiti furono il festival di Sanremo e il gioco a quiz Lascia o raddoppia?, che «nasceva in un Paese che nasceva: c'era lo stesso carico di sogni, di speranze, di buone intenzioni».[31] In campo cinematografico, ai film del neorealismo si succedono quelli surreali di Federico Fellini, mentre grande successo riscossero i primi colossal girati a Cinecittà a cui contribuì l'emergente regista Sergio Leone. In campo artistico si affermarono talenti come Alberto Burri.

Se da un lato stava nascendo una nuova borghesia benestante, nel paese permanevano ancora delle sacche di povertà, dovute al fatto che i salari dei lavoratori crescevano più lentamente rispetto ai ritmi della produzione industriale. Le proteste sociali e sindacali, come quelle alle Fonderie Riunite di Modena nel 1950, vennero fermamente represse dal ministro dell'Interno Mario Scelba. Nel novembre 1951 ci fu poi una terribile alluvione nel Polesine che causò 84 morti e rivelò la penuria di mezzi adeguati di contrasto delle catastrofi naturali. La crescita economica peraltro non fu senza sacrifici: il disastro di Marcinelle in una miniera del Belgio nel 1956 mise in luce che l'Italia aveva ceduto ai belgi 50 000 minatori in cambio del carbone di cui aveva bisogno.

La DC intanto stava guardando con crescente preoccupazione all'avanzata sulla propria destra del Movimento Sociale Italiano, nato dalle ceneri della Repubblica Sociale Italiana, e del Partito Nazionale Monarchico dell'armatore Achille Lauro. Alle amministrative del 1951, dove si votava anche per eleggere il sindaco di Roma, l'invito agli elettori fu di non disperdere i voti. Alcuni componenti del clero cattolico, tuttavia, compreso papa Pio XII, intimoriti dal clima da guerra fredda e dalla minaccia sovietica, auspicarono un'alleanza con le destre ritenendo fosse opportuno unire adesso le forze in funzione anticomunista, così come durante la lotta per la Liberazione vi era stata un'unione di tutte le forze antifasciste: fu pertanto incaricato lo storico leader don Luigi Sturzo di trovare una mediazione tra DC, MSI e monarchici. Ampi settori della DC, tuttavia, tra cui lo stesso De Gasperi, opposero resistenza al progetto, rivendicando un'autonomia politica dalle volontà curiali, e sancendo il fallimento dell'operazione Sturzo nella maggior parte dei casi, in particolare a Roma dove venne comunque eletto un sindaco democristiano (mentre in altre realtà locali l'alleanza con le destre giunse in porto).

Altri anni (1953-1958) modifica

L'atteggiamento della DC nei confronti delle destre fu molto duro e aperto anche negli anni successivi. Per contrastare la loro avanzata fu varata nel 1953 la legge Scelba che vietava la ricostituzione del disciolto Partito Fascista. Anche se rivolta esplicitamente al Movimento Sociale, la legge di fatto rimase inapplicata, né i comunisti si batterono per una sua effettiva messa in pratica vedendo tacitamente nel MSI un partito capace di erodere consensi al suo principale avversario, la DC.[32] Un altro provvedimento fu una nuova legge elettorale, ribattezzata dagli oppositori "legge truffa", che prevedeva un premio di maggioranza al partito (la DC nelle intenzioni) che avesse superato la soglia del 50% dei voti. Questa legge non avrebbe danneggiato tanto le sinistre che mantenevano ampi consensi elettorali nel paese, ma proprio le destre che avrebbero visto esclusi o ridotti i propri rappresentanti al Parlamento. Nella campagna elettorale del 1953, che vide un ampio ricorso alla satira e la contrapposizione tra DC e PCI si rifletterà nei film su Don Camillo e Peppone. Alle elezioni, per un soffio la DC non ottenne la maggioranza assoluta dei voti, e il meccanismo della "legge truffa" non scattò; ci furono peraltro accuse di brogli e irregolarità rivolte agli scrutatori di fede comunista. Si trattò comunque di una sconfitta per la DC che determinò la fine dell'esperienza politica di De Gasperi.

Gli scompigli in casa democristiana portarono a un succedersi di diversi governi (Pella, Fanfani, Scelba), mentre emergeva l'esigenza di un superamento del centrismo, ora che la DC faticava a governare da sola con i suoi minori alleati di centro. Tra i successori più in voga di De Gasperi vi era il democristiano Attilio Piccioni, la cui carriera fu però stroncata da uno scandalo, rivelatosi poi una montatura, in cui rimase coinvolto il figlio Piero, riguardante il caso Montesi.[33]

A nuovi scenari che consentissero ad esempio un'apertura ai socialisti guarderà sempre più con favore il nuovo presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, esponente della sinistra democristiana, e amico dell'imprenditore Enrico Mattei, presidente dell'Agip, una delle personalità più rilevanti e potenti del panorama post-bellico italiano, di cui appoggiava le iniziative spregiudicate. Fra i primi a intuire l'importanza del petrolio per lo sviluppo dell'Italia, Mattei osteggiò il predominio delle cosiddette sette sorelle in campo petrolifero, e portò avanti una visione neoatlantista che coinvolgesse il Mediterraneo nelle politiche di cooperazione tra Europa e Stati Uniti. Avviò la costruzione di una rete di gasdotti per lo sfruttamento del metano, aprì all'energia nucleare, e negoziò rilevanti concessioni petrolifere in Medio Oriente e con l'Unione Sovietica.

Notevoli sconvolgimenti si stavano producendo anche in casa comunista, dove si era accesa una rivalità fra Pietro Secchia e Togliatti, dopo che quest'ultimo aveva rifiutato l'invito di Stalin a trasferirsi in URSS per occuparsi della propaganda sovietica. Nel 1953 avvenne poi la morte di Stalin: circondato allora da un'aura di mito, la sua figura fu ridimensionata dal suo successore Krusciov durante il processo di destalinizzazione.[34] La notizia della denuncia fu un trauma per il mondo comunista, non solo del PCI ma anche del PCUS, che cercarono di negare i crimini, ma ebbe conseguenze in Ungheria che nel 1956 si ribellò all'Unione Sovietica uscendo dal Patto di Varsavia. La rivolta ungherese venne però repressa dall'Armata Rossa suscitando sdegno nei paesi occidentali. Nel PCI emerse per la prima volta il dissenso, da parte di intellettuali come Delio Cantimori, Carlo Muscetta, Natalino Sapegno, firmatari del Manifesto dei 101: costoro furono espulsi dal partito, che rimase schierato con l'Unione Sovietica.

Nel 1954 intanto fu firmato il Memorandum di Londra con il quale il Territorio Libero di Trieste veniva suddiviso in due zone, una assegnata all'Italia con il ritorno di Trieste alla madrepatria, ed una alla Jugoslavia (la parte settentrionale dell'Istria).

Con l'uscita di scena di De Gasperi, il vuoto lasciato nella dirigenza della DC fu progressivamente riempito da due nuove personalità, Amintore Fanfani e Aldo Moro. Già nel 1956 Fanfani ritenne maturi i tempi per un'alleanza col PSI, ora che questo partito sotto la spinta degli autonomisti si era deciso a rompere i legami col PCI, contestandone la vicinanza all'Unione Sovietica. Pur avviandosi così verso una nuova fase, nel PSI restavano tuttavia forti le resistenze nei confronti di una possibile alleanza con la DC.

Le elezioni del 1958 segnarono un importante successo dei partiti componenti il centro-sinistra vagheggiato da Fanfani. Quest'ultimo, divenuto intanto segretario della DC, si decise perciò a compiere un ulteriore passo, formando un governo che comprendeva anche il PSDI di Saragat, come premessa per una futura alleanza coi socialisti di Nenni. Tra gli atti di rilievo del nuovo governo, orientato su tematiche care alla sinistra, come una politica estera filo-araba o l'appoggio all'ENI fondato da Enrico Mattei, ci fu l'abolizione delle case chiuse con la legge Merlin, seppure tra le contestazioni di alcuni parlamentari o del giornalista Indro Montanelli. Venne anche varato il nuovo codice della strada per far fronte al grave incremento degli incidenti automobilistici, dovuto alla motorizzazione di massa nell'epoca in cui stava esplodendo il cosiddetto boom economico.

Il miracolo economico (1958-1963) modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Miracolo economico italiano.

Tra il 1958 e il 1963, infatti, l'economia italiana, ma anche la società e le famiglie, subirono una radicale trasformazione: da paese prevalentemente agricolo l'Italia diventò una delle sette grandi potenze industriali del mondo.

Durante il cosiddetto "miracolo economico" il prodotto interno lordo, che fino al 1958 era cresciuto in media del 5.5%, crebbe nei sei anni successivi del 6.3%. Tale crescita rappresentò un record nella storia del paese. Il reddito pro capite passò da 350.000 a 571.000 lire. Tra il 1958 e il 1959 gli investimenti lordi crebbero del 10%, mentre tra il 1961 e il 1962 l'incremento fu del 13%. Questi numeri ridussero sensibilmente il divario storico con i grandi Paesi europei: Inghilterra, Germania e Francia.

La crescita del reddito pro capite produsse l'aumento dei consumi individuali che registrarono una crescita media di cinque punti percentuali l'anno. La domanda di beni durevoli (automobili, elettrodomestici, ecc.) raggiunse una crescita annua pari al 10.4%.

La produzione industriale registrò una crescita pari all'84% tra il 1953 e il 1961, grazie sia alle nuove tecnologie di produzione che arrivavano in gran parte dagli Stati Uniti sia ad una manodopera con bassi salari.

Con l'aumento dell'industrializzazione diminuì il peso delle attività agricole nel bilancio globale dell'economia del paese. Tra il 1954 e il 1964 in tutta Italia vi fu una diminuzione di 3 milioni di posti di lavoro nel settore agricolo. Il peso dell'agricoltura si ridusse del 10.8% del Prodotto interno lordo.

Allora l'Italia primeggiava soprattutto in due grandi settori ad alta tecnologia, quali la microelettronica e la chimica, grazie a gruppi industriali come la Olivetti e la Montecatini, ma anche nella farmaceutica, nel nucleare, nell'aeronautica, nelle telecomunicazioni, settori che in seguito sarebbero scomparsi o finiti in mani straniere.[35]

Importanti cambiamenti ci furono nell'alimentazione e nella vita delle donne, grazie alla diffusione degli elettrodomestici, in particolare del frigorifero e della lavatrice. Anche le automobili e le motociclette divennero beni accessibili per un gran numero di italiani. Si affermarono marchi come Fiat, Lancia, Alfa Romeo, Autobianchi, Gilera, Piaggio.

Contribuì alla rapida crescita dell'Italia l'elevata disponibilità di manodopera, dovuta ad un forte flusso di migrazione dalle campagne alle città, e dal Sud verso il Nord. Questo fenomeno provocò per certi versi un aumento del divario economico tra il Settentrione e il Meridione. Il tentativo di ridurre tale squilibrio con l'istituzione della Cassa per il Mezzogiorno, o la formazione di poli siderurgici Italsider, non darà risultati soddisfacenti. Ma contribuì alla crescita anche un fattore esterno, cioè la creazione del Mercato comune europeo (MEC), preceduta dalla creazione nel 1951 della Comunità europea del carbone e dell'acciaio e la creazione della CEE nel 1957, a cui l'Italia aderì immediatamente. Con la creazione del MEC vi fu l'apertura delle frontiere europee ai commerci, col conseguente aumento delle esportazioni e degli scambi commerciali europei.

Se il paese uscì dall'arretratezza in cui versava, non mancarono però gli aspetti negativi legati al "miracolo economico", come una crescita tumultuosa dei centri urbani. Questo notevole sviluppo si dovette tra l'altro anche all'intervento dello Stato nell'economia attraverso politiche di tipo keynesiano, rese possibili soprattutto dall'aumento della spesa pubblica e dalla creazione di società a partecipazione statale. Fondamentale in tal senso fu la realizzazione di alcune infrastrutture necessarie per lo sviluppo del mercato: un importante ruolo fu ricoperto dall'IRI, ente pubblico di origine fascista fondato nel 1933, che intervenne sostanzialmente nella costruzione della rete autostradale (con la costituzione della Società Autostrade) e nel potenziamento del settore dei trasporti, non solo automobilistico, ma anche metropolitano, navale e aereo (fondazione dell'Alitalia).

Nel marzo 1959, intanto, all'interno della DC era emersa la corrente dei Dorotei, che contestava il decisionismo di Fanfani, e il fatto che egli concentrasse nelle sue mani tre poteri: quello di presidente della DC, di presidente del Consiglio, e di ministro degli Esteri. I Dorotei giunsero ad appoggiare in Sicilia la giunta del democristiano Silvio Milazzo, sostenuta da una convergenza di missini e comunisti, contro il candidato di Fanfani Barbaro Lo Giudice. Trovandosi isolato, e senza più appoggi nel partito al suo difficile tentativo di trovare un'intesa col PSI, Fanfani rassegnò le dimissioni da tutte e tre le cariche.

Dopo che Aldo Moro fu eletto segretario della DC col sostegno dei Dorotei, nel 1960 il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi affidò a Fernando Tambroni, ex-ministro degli Interni distintosi per il suo carattere deciso e autorevole, il governo che avrebbe dovuto finalmente varare il nuovo corso di centro-sinistra. Di fronte a un ennesimo temporeggiamento di Nenni e della base socialista, tuttavia, Tambroni decise di cercare altrove i voti di cui aveva bisogno, rivolgendosi al Movimento Sociale Italiano, a cui concedeva in cambio il suo "sdoganamento".[36] Il governo Tambroni in tal modo ricevette dall'opposizione diverse accuse di neofascismo, ma fu soltanto alcuni mesi dopo, in occasione di un congresso del MSI da tenere a Genova, città ritenuta "antifascista" in quanto medaglia d'oro della Resistenza, che scoppiarono delle pesanti proteste di piazza, fomentate dal PCI,[37] con scontri e morti anche in altre città italiane.

In seguito ai gravi fatti di Genova Tambroni rassegnò le dimissioni; al suo posto tornò Fanfani che stavolta trovò i socialisti più disponibili ad un'alleanza con la DC, memori dell'esperienza appena trascorsa, a partire dalla quale il MSI subirà un isolamento dal cosiddetto arco costituzionale che durerà almeno fino alla metà degli anni ottanta.[38] Venne così varato un governo che si reggeva su un appoggio esterno del PSI, e definito da Moro delle «convergenze parallele», perché basato sulla convergenza di disegni e linee politiche assai distanti tra loro, ma che nonostante tutto durerà quasi tre anni. Tra i suoi atti di rilievo vi fu la nazionalizzazione dell'energia elettrica (che nel 1964 porterà alla nascita dell'Enel) voluta dalle forze di sinistra ma osteggiata dal PLI e dalle società private Edison e SADE, allora sostenute dal Corriere della Sera, le quali paventavano il rischio di creare in tal modo inefficienze e aumenti di spesa per lo Stato e le famiglie. Vi fu poi l'estensione della scuola dell'obbligo fino ai 14 anni con la creazione della scuola media unificata, per impedire l'abbandono scolastico dei ragazzi avviati precocemente al lavoro.

Nell'agosto del 1960 si erano svolte intanto le Olimpiadi di Roma. Benché l'unità nazionale italiana si stesse ormai consolidando, grazie anche alla diffusione della lingua comune veicolata dalla televisione, persistevano episodi di separatismo, tra i quali la Notte dei fuochi del 1961 in Alto Adige; un'altra strage avverrà il 25 giugno 1967 in Cima Vallona, ad opera del Comitato per la liberazione del Sudtirolo (Befreiungsausschuss Südtirol-BAS), in cui rimasero uccisi quattro militari.

Nel 1961 avvennero le celebrazioni del centenario dell'unificazione italiana: il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy disse:

«Tutti noi, nel senso più vasto, dobbiamo qualcosa all’esperienza italiana. È un fatto storico straordinario: ciò che siamo e in cui crediamo ha avuto origine in questa striscia di terra che si protende nel Mediterraneo. Tutto quello per la cui salvaguardia combattiamo oggi ha avuto origine in Italia, e prima ancora in Grecia. (...) Il Risorgimento, da cui è nata l'Italia moderna, come la Rivoluzione americana che ha dato le origini al nostro Paese, è stato il risveglio degli ideali più radicati della civiltà occidentale: il desiderio di libertà e di difesa dei diritti individuali. Lo Stato esiste per proteggere questi diritti, che non ci vengono grazie alla generosità dello Stato. Questo concetto, le cui origini risalgono alla Grecia e all'Italia, è stato, secondo me, uno dei fattori più importanti nello sviluppo del nostro Paese. (...) Per quanto l'Italia moderna abbia solo un secolo di vita, la cultura e la storia della penisola italiana vanno indietro di oltre duemila anni. La civiltà occidentale come la conosciamo oggi, le cui tradizioni e valori spirituali hanno dato grande significato alla vita occidentale in Europa dell'Ovest e nella comunità Atlantica, è nata sulle rive del Tevere.[39]»

In questo periodo anche la Chiesa cattolica andava incontro a un grande cambiamento con il Concilio Vaticano II, avviato nel 1962 da papa Giovanni XXIII con l'intenzione di "aprire la Chiesa alla lettura dei segni dei tempi". Si conobbero anche le prime risposte dello Stato alla mafia, dopo che nell'ambito della prima guerra di mafia il 30 giugno 1963 un'autobomba vicino alla casa di un boss a Ciaculli uccise sette carabinieri giunti sul posto in seguito ad una telefonata anonima. Il fatto, noto come strage di Ciaculli, fu alla base dei primi provvedimenti antimafia del dopoguerra. Nello stesso anno l'Italia, unendo la regione del Friuli con la parte dell'ex-territorio Libero di Trieste, costituì la Regione a Statuto speciale del Friuli-Venezia Giulia.

Dal punto di vista letterario questo fu il periodo della neoavanguardia.

Note modifica

  1. ^ a b Ballini, p. 226.
  2. ^ Decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98, articolo 2, in materia di "Integrazioni e modifiche al decreto-legge Luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151, relativo all'Assemblea per la nuova costituzione dello Stato, al giuramento dei Membri del Governo ed alla facolta' del Governo di emanare norme giuridiche."
  3. ^ a b Ballini, p. 225.
  4. ^ Ginsborg, p. 129.
  5. ^ a b c Ginsborg, p. 130.
  6. ^ Ginsborg, p. 133.
  7. ^ a b Ginsborg, p. 138.
  8. ^ Cassano, p. 7.
  9. ^ Ginsborg, p. 120.
  10. ^ Cassano, p. 4.
  11. ^ a b Ginsborg, pp. 139-140.
  12. ^ Ginsborg, p. 145.
  13. ^ a b Ginsborg, p. 134.
  14. ^ Ginsborg, p. 135.
  15. ^ a b Ginsborg, p. 146.
  16. ^ Francesco Margiotta Broglio, La rilevanza costituzionale dei Patti Lateranensi tra ordinamento fascista e Carta repubblicana, in Cristiani d'Italia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2011.
  17. ^ a b Piero Melograni, I vincoli del consociativismo, su oocities.org, Il Sole 24 Ore, 24 novembre 1999. URL consultato il 25 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 24 gennaio 2022).
  18. ^ Alberto Ronchey usò l'espressione «fattore K» per indicare l'impedimento del PCI ad avere accesso al governo per la logica dei blocchi contrapposti, cfr. La sinistra e il fattore K, articolo sul Corriere della Sera, 1979, richiamato da Quel che resta del fattore K, su corriere.it, 12 maggio 2006. URL consultato il 29 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 29 settembre 2022).
  19. ^ a b c Storia della Prima Repubblica, parte II, Le elezioni del 48, a cura di Paolo Mieli, 3D produzioni video e Istituto Luce.
  20. ^ Lucio Colletti, Craxi, da leader a grande accusato, su Corriere della Sera, 12 febbraio 1993, p. 4. URL consultato il 25 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2015).
  21. ^ Michele Petrocelli, Il labirinto clientelare: la crisi di sistema dell'economia italiana, p. 245., Armando editore, 2008.
  22. ^ «È storicamente provato che prima e durante le operazioni militari relative allo sbarco degli alleati in Sicilia, la mafia, d'accordo con il gangsterismo americano, s'adoperò per tenere sgombra la via da un mare all'altro» (Michele Pantaleone, cit. in Aspetti controversi dell'invasione della Sicilia, conferenza a cura dell'associazione culturale Ethos, su ethosassociazione.it, 11 luglio 2008. URL consultato il 29 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 5 maggio 2021).
    «la mafia rinascente trovava in questa funzione, che le veniva assegnata dagli amici di un tempo, emigrati verso i lidi fortunati degli Stati Uniti, un elemento di forza per tornare alla ribalta e per far valere al momento opportuno, come poi effettivamente avrebbe fatto, i suoi crediti verso le potenze occupanti»
    (Giovanni Di Capua, Il biennio cruciale. pag. 69, Rubbettino Editore, 2005).
  23. ^ Giovanni Belardelli, L'eccidio di Porzûs e le colpe del pci, su Corriere della Sera.it, 6 febbraio 2012. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 5 agosto 2020).
  24. ^ Paolo Franchi, La Milano di Ettore Troilo Il prefetto politico, su Corriere della Sera, 9 giugno 2014. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 6 luglio 2022).
  25. ^ Aldo G. Ricci, «I timori di guerra civile nelle discussioni dei governi De Gasperi», in Fabrizio Cicchitto (a cura di), L'influenza del comunismo nella storia d'Italia, Rubbettino, 2008.
  26. ^ Quella sottile linea rossa. L'attentato a Palmiro Togliatti (archiviato dall'url originale l'8 gennaio 2015). A cura di G. Calore, 14 aprile 2010.
  27. ^ A. Ciaralli, "Liberare le carceri, arrestare treni e tram". Il "Piano K", un documento dell'attività insurrezionale del PCI?, in Segni per Armando Petrucci, Roma 2002, pp. 60-119; cfr. anche Carlo Maria Lomartire, Insurrezione. 14 luglio 1948: l'attentato a Togliatti e la tentazione rivoluzionaria
  28. ^ Marco Innocenti, 14 luglio 1948: l'attentato a Togliatti, su inserto del Sole 24 Ore. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 7 dicembre 2018).
  29. ^ Paola Di Biagi, La grande ricostruzione, in "Saggi, Storia e scienze sociali", Corriere della Sera, 2001.
  30. ^ a b Corrado Barberis Teoria e storia della riforma agraria Firenze, Vallecchi, 1957
  31. ^ Vittorio Veltroni, Lascia o raddoppia?, su La voce del Serchio, 19 novembre 2010. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato il 25 novembre 2020).
  32. ^ Montanelli & Cervi, Storia d'Italia, vol. 49, L'Italia del miracolo, pp. 144-45, Fabbri Editori, 1994.
  33. ^ Episodio di cronaca nera, che ebbe un notevole impatto mediatico, riguardante l'omicidio di una ragazza ventunenne, Wilma Montesi, a Torvaianica.
  34. ^ Marco Innocenti, 5 marzo 1953: la morte di Stalin, su Il Sole 24 Ore (inserto), 29 febbraio 2008. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 28 novembre 2021).
  35. ^ Piero Angela, La sfida del secolo, Mondadori, 2006.
  36. ^ Montanelli & Cervi, Storia d'Italia, vol. 50, L'Italia dei due Giovanni, pag. 124, Fabbri Editori, 1994.
  37. ^ Indro Montanelli, L'Italia dei due Giovanni, Milano, Rizzoli editore, 1989, pag. 130. Cfr. anche Piero Ignazi, Il polo escluso: profilo storico del Movimento sociale italiano, Bologna, Il Mulino, 1998, p. 93, ISBN 9788815052346.
  38. ^ «[Craxi] non ritenne di dover discriminare nessuno, e decise di consultare, quando formò il suo primo governo, anche il segretario del MSI Almirante, e fu la prima volta che accadeva» (Mauro Del Bue, Il socialismo liberale da Rosselli a Craxi (archiviato dall'url originale il 19 gennaio 2012). 2006).
  39. ^ Siamo tutti figli della vostra civiltà (archiviato dall'url originale il 22 febbraio 2014). Dal discorso di JFK.

Bibliografia modifica