Utente:Claudio Dario/Sandbox/2

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Zona Industriale Apuana

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Bozza da Farmoplant#Creazione della Zona Industriale Apuana (Z.I.A.)
Autori: Claudio Dario, Jayro79
Zona Industriale Apuana
AbbreviazioneZ.I.A.
Localizzazione
Stato  Italia
Regione  Toscana
ComuniMassa (Italia) e   Carrara
Coordinate44.037°N 10.085°E
Caratteristiche
Bilancio<test> (anno)
Aziende<test> (anno)
Addetti<test> (anno)
Settori
Altre informazioni
GestoreConsorzio per la Zona Industriale Apuana
Fondazione1938
Fondatore  Regno d'Italia
Superficie8,22 km²
sito web

La Zona Industriale Apuana è un'area industriale creata nel 1938 per dare slancio alla produttività e all'economia dei comuni di Massa e Carrara. È sede di numerose aziende, tra le più importanti la Nuovo Pignone, Montecatini e la Olivetti.

Materiale
* https://storiaefuturo.eu/la-ricostruzione-della-zona-industriale-di-massa-carrara-nel-secondo-dopoguerra/
* https://www.fondazionemicheletti.eu/altronovecento/files/Figli-della-Farmoplant.pdf
* https://www.legambientecarrara.it/2013/01/01/nuovi-scenari-territoriali-per-la-zona-industriale-apuana-una-metodologia-di-valutazione-dei-progetti-di-intervento/
* https://www.legambientecarrara.it/2013/01/01/un-corpo-estraneo-la-zona-industriale-apuana-dal-1938-ai-giorni-nostri/
* https://www.legambientecarrara.it/2013/01/01/levoluzione-della-zona-industriale-apuana-la-formula-per-diventare-piccoli/
* http://www.consorzio.zia.ms.it/la-z-i-a/cenni-storici/
* https://www.arpat.toscana.it/notizie/arpatnews/2021/104-21/la-pressione-ambientale-del-distretto-industriale-di-massa-carrara
* https://www.upstudioarchitettura.it/wp-content/uploads/2020/04/il-polo-in-fumo.pdf
* https://www.ilpost.it/2018/07/17/farmoplant-massa/

Le motivazioni che portarono alla creazione della Zona Industriale nella provincia di Massa e Carrara possono essere rintracciate a partire dalle conseguenze della Prima guerra mondiale: il conflitto aveva portato alla drastica diminuzione delle esportazioni di marmo, mettendo in crisi il settore che trainava l'economia della provincia e rendendo evidente come non potesse più da solo sostenere le necessità della popolazione. Dopo l'incerta ripresa degli anni venti, il settore fu nuovamente colpito dalle politiche fasciste di stabilizzazione monetaria e dalla crisi economica internazionale del 1929, per poi crollare con l'introduzione delle sanzioni internazionali imposte all'Italia per l'invasione dell'Etiopia e la risposta del regime fascista con la politica di autarchia.[1]

Istituzione

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Alla metà degli anni Trenta la zona apuana era quindi sprofondata in una grave crisi, con i disoccupati che sfioravano le 10 000 unità. La situazione difficile, unita alla tradizione "ribelle" dei lavoratori del marmo, portava le istituzioni a temere la possibilità di rivolte popolari. Fu in questo quadro che venne istituita la Zona Industriale, grazie all'intervento dei principali notabili fascisti apuani: il massese Osvaldo Sebastiani (segretario particolare di Mussolini dal 1934 al 1941) e il carrarese Renato Ricci (presidente dell'Opera nazionale Balilla). Grazie alla legge per lo sviluppo delle aree depresse in questo stesso periodo furono costruiti i poli industriali di Fiume, Pola e Trieste - ascrivibili alle politiche di italianizzazione - e Ferrara.[2]

Altri importanti sollecitazioni per la creazione di una Zona Industriale nel territorio apuano venivano dal settore industriale, privato e pubblico. Tra i privati, la Montecatini aveva assunto tra gli anni Venti e gli anni Trenta un grande peso nell'economia della zona: sfruttando la crisi del settore lapideo acquisì il controllo del 60% delle cave di marmo. Tra i primi stabilimenti attivi nella Zona Industriale troviamo infatti la Montecatini Azoto e la Montecatini Calciocianammide.[1] Nel settore pubblico, l'IRI era interessata all'industrializzazione della zona all'interno del progetto più generale di industrializzazione dell'Italia.[3]

La Zona Industriale Apuana venne istituita con il RDL 24 luglio 1938 n. 1266.[4] Successivamente, il RDL 2 febbraio 1939, n. 112[5] e la legge 23 marzo 1940, n. 231[6] stabilirono i finanziamenti per la costruzione delle infrastrutture necessarie e incentivarono la creazione di nuovi stabilimenti con l'esenzione dalle tasse per 10 anni e dal pagamento dei dazi.[4] Nel dicembre del 1938 i comuni di Massa, Carrara e Montignoso furono unificati nel comune di Apuania[7] per favorire l'esproprio dei terreni dove sarebbe dovuta sorgere la ZIA ma senza avere i poteri per effettuare un vero coordinamento degli insediamenti industriali.[8]

La costruzione delle infrastrutture necessarie e degli stabilimenti durò fino al 1940, quando finalmente la Zona Industriale entrò in funzione. La produzione iniziò quindi nel contesto della guerra, che portò il governo ad incentivare l'insediamento dell'industria pesante - metallurgica e chimica - rivolta alla produzione di materiale bellico ma estranea al tessuto economico preesistente: questo si risolse in un ulteriore aumento del peso di poche grandi imprese. Tra il 1943 e il 1945, la Zona Industriale subì ingenti danni, trovandosi per molto tempo sulla linea del conflitto. I bombardamenti alleati distrussero 11 stabilimenti e ne danneggiarono molti altri, mentre i nazifascisti in ritirata requisirono i macchinari e deportarono molti lavoratori in alta Italia o in Germania. La produzione era quindi bloccata e molte aziende dopo la fine del conflitto non furono in grado - o non avevano la volontà - di riaprire.

Repubblica Italiana e Consorzio per la Zona Industriale Apuana

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Alla fine della guerra la Zona Industriale Apuana versava in condizioni difficili: la gran parte degli stabilimenti era stata distrutta, i macchinari requisiti dai tedeschi non furono restituiti e il ritorno dei reduci aumentava la pressione sull'economia locale. Gli industriali erano restii a impegnarsi in nuovi investimenti e alcuni stabilimenti non riaprirono. Sindacati, imprenditori e politici chiedevano allo Stato di impegnarsi in un programma di ricostruzione.[9] A seguito dello sciopero generale degli operai nel gennaio 1947 fu emanato il DLCPS 3 aprile 1947, n. 372 che istituiva il Consorzio per la Zona Industriale Apuana con lo scopo di «stimolare le iniziative per il completamento e il perfezionamento della zona industriale, di promuovere lo studio e l'esecuzione delle opere pubbliche necessarie per l'impianto e l'esercizio delle industrie della zona [...] e quant'altro possa essere utile per l'interesse della zona industriale». Inoltre il decreto prorogava le agevolazioni tariffarie per le aziende fino al 1951 e quelle doganali fino al 1956.[10] Il biennio 1951-1952 fu un periodo significativo perché fu sostanzialmente completata la ricostruzione ma contemporaneamente emersero i limiti di una politica industriale incoerente che non favoriva «l'autopropulsione» della Zona Industriale. Le agevolazioni non furono rinnovate dopo il 1951, in un generale riorientamento delle istituzioni decise a ridurre l'intervento dello stato.[8] In questa situazione molte aziende decisero di non investire, venute meno le condizioni favorevoli, e lo sviluppo della zona rimase bloccato.

Il Consorzio aveva tra i compiti principali quello di creare le condizioni favorevoli all'insediamento delle aziende, quindi la creazione di un sistema di infrastrutture adeguato. Negli anni Cinquanta furono progettati diversi interventi che però per la mancanza di finanziamenti da parte dello Stato furono completati solo in parte. Il raccordo ferroviario di km che avrebbe dovuto unire la ferrovia Genova-Pisa al porto di Carrara non fu realizzato, mentre iniziarono i lavori per la costruzione dell'Autostrada A15 (che fu aperta nel 1975) per mettere in collegamento la costa tirrenica con la pianura padana.[11] Nel 1963 il Consorzio approvò il Piano Regolatore Generale della Zona Industriale Apuana, che sistematizzava l'insediamento delle aziende nell'area industriale ma doveva anche fare i conti con gli insediamenti abitativi abusivi sorti negli anni precedenti.[12]

Dopo la fine di tutte le agevolazioni nel 1956, la Z.I.A. continuò il proprio sviluppo, anche se incerto. Il picco dell'industrializzazione venne raggiunto negli anni Settanta per poi avviarsi già verso la fine del decennio alla deindustrializzazione.[13] La massima espansione fu ottenuta grazie alla concentrazione di grandi stabilimenti; i settori maggiormente rappresentati furono il metalmeccanico, il chimico e il marmifero.[14] Solo alla fine degli anni Sessanta gli occupati superarono il valore del periodo precedente la guerra, e continuarono a crescere fino a raggiungere il valore più alto registrato nel 1979, con 9 797 addetti.[1][14] Dal lato delle lavorazioni, in questo periodo ci fu una modernizzazione di alcune industrie e la conversione delle produzioni. Nel 1972 la Montecatini Azoto (nel frattempo diventata Montedison DI.AG) decise di chiudere l'impianto, ma la mobilitazione degli operai e dei politici locali portò invece alla riconversione dello stabilimento alla produzione di concimi per la sussidiaria Farmoplant.

Deindustrializzazione

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Dalla seconda metà degli anni Settanta, la crisi della grande industria italiana toccò anche la zona industriale apuana. [...]

Negli anni Ottanta le grandi aziende chiusero quasi tutti i maggiori stabilimenti apuani, provocando nel giro di dieci anni (1979-1989) una perdita di tremila posti di lavoro, corrispondenti a un terzo di tutta la manodopera impiegata. Tra le chiusure, particolarmente indicative furono quelle di Farmoplant, Dalmine, Italiana Coke, Fibronit, Enichem e Olivetti.[15]

Seppur con una presenza di oltre 300 aziende tra piccole e medie imprese rilevate nel 1989,[16] nella Z.I.A. viene a crearsi una "economia industriale di sussistenza", caratterizzata da:[17]

  • deboli interrelazioni tra le industrie presenti nella zona,
  • una produzione rivolta principalmente a favorire i bisogni locali,
  • mancato ammodernamento dei sistemi produttivi,
  • presenza di abitazioni civili nella zona limitrofa alla produzione.[18][19]

Nel 1989 viene avviato un progetto di «reindustrializzazione»[20] orientato all'ammodernamento e alla diversificazione del settore del marmo attraverso lo sviluppo di una rete di piccole e medie imprese specializzate nelle lavorazioni intermedie e di indotto (meccanica di precisione, impiantistica, logistica). Viene creata l'Agenzia reindustrializzazione Z.I.A. a partecipazione mista pubblica e privata con finalità i promozione e coordinamento delle iniziative e dello sfruttamento delle aree inutilizzate (189,5 ha, il 23% dell'intera Z.I.A., di cui 90,9 ha soggetti a bonifica).[20]

I casi Enichem e Farmoplant

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All'inizio degli anni Settanta la Montedison, società derivante dalla fusione della Montecatini con la Edison, avviò la conversione dei suoi due stabilimenti: la Montecatini Calciocianamide fu convertita alla produzione di ferro-cromo con il nome di Ferroleghe, mentre la Montecatini Ammonia diventò la Montedison-Azoto,poi DIP.A e ancora DI.AG e infine nel 1980 assunse il nome Farmoplant.[21] I due stabilimenti si trovavano uno di fronte all'altro, divisi dal torrente Lavello e dal confine comunale, per cui la Ferroleghe si trovava nel comune di Carrara e la Farmoplant in quello di Massa.

Il primo incidente avvenne il 7 gennaio 1978 con l'esplosione di un capannone dovuto alla combustione di formulati liquidi.[22] Il 17 agosto 1980 divampò un altro incendio nel magazzino dei fungicidi e nonostante le proteste della popolazione locale il 9 luglio 1982 la produzione riprese. Seguirono anni di forti scontri e di nuovi malfunzionamenti che videro contrapporsi quanti volevano la chiusura della fabbrica indifesa dell'ambiente e della salute, e quanti ritenevano fondamentale salvare i posti di lavoro in un momento economico molto complesso.

Nel frattempo, anche in un altro impianto della Zona Industriale ci fu un peridoloso incidente: nello stabilimento Anic-Enichem nella frazione di Avenza, che produceva diserbanti e antiparassitari, il 12 marzo 1984 si sprigionò una nube di diossina che fortunamtamente non causò vittime.[23]

La cittadinanza riuscì a ottenere un referendum comunale (il primo in Italia) per la continuazione della produzione nell'impianto. Il 25 ottobre 1987 il 72% dei massesi si espresse per la chiusura della Farmoplant.[24] La decisione venne sospesa fino a quando il 17 luglio 1988 l'esplosione del serbatoio di Rogor fece sollevare una nube nera che costrinse la popolazione ad evacuare.[25] Lo stabilimento fu chiuso definitivamente il 18 agosto.[26] e messo in liquidazione nel 1991.

Sviluppi recenti

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Dopo la deindustrializzazione, i tentativi di ristrutturare la Zona Industriale hanno seguito la strada della valorizzazione delle risorse locali e la creazione di un tessuto di piccole e medie imprese.[27] Con la legge regionale del 1 aprile 1998, n. 19 la regione Toscana aderisce al Consorzio per la Z.I.A. portando un rinnovato interesse alla ripresa dell'attività della zona.[28] La ristrutturazione ha portato alla costruzione un tessuto produttivo basato sulle piccole e medie imprese, che negli anni Novanta aumentarono fino a 587 unità riassorbendo una buona fetta di posti di lavoro perduti con lo smantellamento delle grandi aziende.[29] Questa nuova «agglomerazione territoriale» di piccole e medie imprese si basava su un alto contenuto di occupazione, lo scarso impatto ambientale e il buon livello tecnologico e di innovazione. Negli anni 2000 sono emersi nuovi settori trainanti, in particolare oltre i ⅔ delle aziende e degli addetti appartengono al settore manifatturiero ovvero all'impiantistica e all'edilizia. Anche le industrie del settore lapideo, legate alle lavorazioni del marmo proveniente dal comprensorio apuano, hanno osservato una discreta espansione. Il settore della nautica da diporto, legato alla presenza dei cantieri navali, ha aumentato considerevolmente la propria presenza ed importanza nella Zona Industriale.[30]

Dopo anni di difficoltà con un bilancio fortemente negativi, con la Legge regionale 28 dicembre 2015, n. 82 Capo III bis, la regione ha commissariato il Consorzio per la Z.I.A.[31] A seguito del riassetto del Consorzio[32] il bilancio è tornato positivo ed è stata inaugurata una nuova fase di promozione. Questo ha portato, nel gennaio 2022, all'adesione dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale al Consorzio della Zona industriale Apuana.[33] Altre vecchie fabbriche vennero per contrario dismesse e caddero in disuso, tra cui la Rumianca che ebbe i suoi capannoni demoliti nell'ottobre del 2017 dopo anni di abbandono.[34]

Caratteristiche

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Geografia urbana

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Tanta roba, magari da implementare separatamente con un template alla pubblicazione (Template:Zona Industriale Apuana/Mappa)
 
Attuale perimetro della Z.I.A.[35]

La Zona copre un'area di 8,22 km²[36] comprendente parte dei comuni di Massa e Carrara. Si estende per 5 km nella piana fra le due città, tra il corso del fiume Frigido e del torrente Carrione, mentre la via Aurelia delimita l'area verso le colline. All'interno del comune di Carrara la Zona Industriale si allunga verso la linea di costa per congiungersi con il porto di Marina. Con la dissoluzione del comune di Apuania, la Zona Industriale venne divisa tra i due comuni di Massa e Carrara: circa due terzi di essa rientrarono nel comune di Massa.

Non tutta l'area è occupata da stabilimenti industriali, sebbene questi ne coprano il 54% (sono 5,42 km² totali destinati ad attività produttive[36]): intorno e all'interno alla Zona Industriale si crearono rapidamente dei quartieri operai, dal lato carrarese i quartieri di Melara e Nazzano, mentre dal lato massese Alteta e Romagnano.[1] Negli anni Sessanta i piani regolatori dei due comuni indirizzano lo sviluppo verso il mare, lasciando ai margini la zona industriale. Gli insediamenti nell'area si contraddistinsero per un carattere altamente disordinato: le due città erodono spazi ai margini della Z.I.A. per i servizi delle nuove aree urbanizzate e un nucleo di residenze abusive cresce anche al centro della zona industriale; contemporaneamente la zona industriale non riesce ad accogliere forte domanda di aree produttive determinata dalla crescita del settore lapideo: molti dei nuovi insediamenti si addensano sulle rive del Carrione e del Frigido e nel tessuto urbano tradizionale, determinando «un'insalubre commistione di insediamenti residenziali e insediamenti produttivi».[37]

Aziende

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Qui[38] e qui[39] ci sono mappe e tabelle da cui si possono estrarre le aziende. --J79
Bozza da formattare e contestualizzare con testo --CD

Le agevolazioni economiche attive nell'area spingono, nel corso degli anni, numerose aziende ad insediarsi nella zona. Tra di esse figurano (o figuravano):

All'8 settembre 1943 le aziende attive con più di 200 addetti erano:[8]

WIP
Controllare wikilink e eventuali ridenominazioni per aziende successive (es: S.A. Innocenti -> Dalmine??) --J79
Nome Prodotti Addetti
S.A. Abital Confezioni abiti maschili 350
Soc. Ernesto Breda Bombe a mano 770
Cokapuania SA Cokeria, fertilizzanti sintetici 230
Compagnia Generale Contatori Contatori 200
S.A. Innocenti Tubi di acciaio 850
Iniex Pompe di iniezione per motori a scoppio 1 050
S.A. Montecatini Ammonia e deriv. Ammoniaca, acido nitrico, ecc. 400
S.A. Montecatini Calciocianamide Calciocianamide e carburo di calcio 440
Catenificio Bassoli Catene 710
S.A. Officine di Villar Perosa (RIV) Cuscinetti a sfera 350
S.A. Stabilimenti Rumianca Prodotti chimici 440

Queste 12 stabilimenti occupavano il 73% di tutti gli addetti della Z.I.A. Tra le altre aziende molte erano piccoli e medi stabilimenti tessili e calzaturifici oppure cementifici. (...)

Situazione al 31 dicembre 1956:[8]

Nome Prodotti Addetti
COGE Auto Riparazione Jeeps 338
Cokapuania Cokeria 235
Dalmine Tubi in acciaio 1 370
Fibronit Fibre in cemento 228
Montecatini Ammoniaca, Calciocianamide, ecc. 1 090
Nuovo Pignone Industria meccanica 200
Olivetti Schediari metallici 492
RIV Cuscinetti a sfera 463
Rumianca Trielina 466

Fino al 1985 queste producevano ¼ del valore aggiunto prodotto nella Provincia ed un'occupazione di circa 3 500 unità.[40]

Al 2014 le imprese presenti erano:[38]

Tabella! --CD
  • EniChem - <descrizione> (vecchi nomi, prodotti, personale ecc), <area>
  • Dalmine
  • Farmoplant
  • Italiana Coke
  • Sabed
  • Fibronit - in descr menzionare raccordo con Carrara-Avenza
  • Ex ferrolenghe - racc. Montecatini Calciocianamide
  • Imerys Granital Minerali
  • Unimin
  • Euroimmobiliare
  • ENEL (New Real)
  • Olivetti (CPL)
  • Iran Marble
  • Carbocarrara
  • Nuovo Pignone
  • PV ERG Massa-Avenza
  • Ex DICA Montedison

Risultavano inoltre diversi terreni utilizzati come discariche, quali l'ex inceneritore Cermec, la Buca degi Sforza, le aree dei ravaneti.

Trasporti

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Raccordi della Zona Industriale Apuana.
Oltre che ai raccordi menzionare trasporto su gomma e il traffico dal porto

Inquinamento

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     Sito di interesse regionale (SIR) e      siti di interesse nazionale (SIN) nella zona industriale dei comuni di Massa e Carrara.[41]
idea: questa sezione dovrebbe trattare in generale della z.i.a. lasciando la questione farmoplant all'apposita pagina. Quindi inquinamento e successive bonifiche, fino alla condizione attuale con i SIN e SIR.  --J79

Le problematiche ambientali legate all'industrializzazione sono state comuni a molte aree industriali. Fin dalla sua costruzione, La Zona Industriale Apuana ha subito la pressione ambientale dei grandi stabilimenti di industria pesante. Il problema, acuitosi nel tempo, non fu affrontato dalle istituzioni né dalle aziende in modo tempestivo, arrivando a negare le evidenze. Le ragioni dello sviluppo e della creazione di posti di lavoro portavano a sottostimare l'impatto ecologico delle lavorazioni industriali. Ad esempio, nel biennio 1961-1962 il Comune di Carrara e il Consorzio della Z.I.A. avviarono la prima indagine sull'ambiente industriale che decretò l'assenza di correlazioni tra l'inquinamento e le malattie degli operai.


  1. ^ a b c d Marco Manfredi e Alessandro Volpi, Breve storia di Carrara, Pisa, Pacini editore, 2007, ISBN 978-8877818119.
  2. ^ Pinelli.
  3. ^ Pinelli, pp. 58-59.
  4. ^ a b Regio Decreto-Legge 24 luglio 1938, n. 1266 - Normattiva, su www.normattiva.it. URL consultato il 22 febbraio 2022.
  5. ^ Regio Decreto-Legge 2 febbraio 1939, n. 112 - Normattiva, su www.normattiva.it. URL consultato il 22 febbraio 2022.
  6. ^ Legge 23 marzo 1940, n. 231 - Normattiva, su www.normattiva.it. URL consultato il 22 febbraio 2022.
  7. ^ Regio Decreto-Legge 16 dicembre 1938, n. 1860 - Normattiva, su www.normattiva.it. URL consultato il 22 febbraio 2022.
  8. ^ a b c d Cini.
  9. ^ Pinelli, pp. 72-75.
  10. ^ Decreto legislativo del capo provvisorio dello Stato 3 aprile 1947, n. 372 - Normattiva, su www.normattiva.it. URL consultato il 13 marzo 2022.
  11. ^ Pinelli, p. 85.
  12. ^ Pinelli, p. 84.
  13. ^ Pinelli, pp. 137-140.
  14. ^ a b Nicoli, p. 49.
  15. ^ Nicoli, p. 55.
  16. ^ Cenni storici, su consorzio.zia.ms.it. URL consultato il 27 febbraio 2022.
  17. ^ Pucciarelli, cap. "La zona Industriale".
  18. ^ Piano strutturale del comune di Massa. p. 36
  19. ^ Proposta di Legge n. 2293 12 novembre 1951 (PDF), su camera.it.
  20. ^ a b Greppi, p. 133.
  21. ^ Ortori, p. 28.
  22. ^ Ortori, p. 42.
  23. ^ Ortori, p. 92.
  24. ^ Ortori, pp. 115-117.
  25. ^ Lo scoppio della Farmoplant - Massa Carrara, luglio 1988, su youtube.com, 1º dicembre 2009. URL consultato il 26-11-2022.
  26. ^ Ortori, p. 129.
  27. ^ Nicolai, p. 57.
  28. ^ Legge regionale 1 aprile 1998, n. 19 - Adesione della Regione Toscana al Consorzio Zona Industriale Apuana., su raccoltanormativa.consiglio.regione.toscana.it.
  29. ^ Nicoli, pp. 57-58.
  30. ^ Nicolai, pp. 61-63.
  31. ^ Legge regionale 28 dicembre 2015, n. 82 Capo III bis, su raccoltanormativa.consiglio.regione.toscana.it.
  32. ^ Legge regionale 17 luglio 2019, n. 44, su raccoltanormativa.consiglio.regione.toscana.it.
  33. ^ Porti: Autorità mar Ligure Orientale in Consorzio Zona Apuana, su ANSA.it, 11 gennaio 2022. URL consultato il 31 marzo 2022.
  34. ^ Luca Barbieri, Carrara, ex Rumianca giù il capannone “della paura”, su iltirreno.gelocal.it, 19 ottobre 2017. URL consultato il 12 maggio 2022.
  35. ^ Provincia di Massa-Carrara - Perimetro zona industriale apuana, su datiopen.it, 20 giugno 2013. URL consultato il 28-11-2022.
  36. ^ a b Greppi, p. 134.
  37. ^ Greppi, p. 126.
  38. ^ a b Benassi.
  39. ^ Nicoli, p. 39.
  40. ^ Pucciarelli, p. 141.
  41. ^ Banca Dati dei siti interessati da procedimento di bonifica, su sira.arpat.toscana.it. URL consultato il 28-11-2022.

Bibliografia

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Voci correlate

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Collegamenti esterni

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Stazione di Genova Campasso

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Fonti utili:
* https://agc-greencom.it/2021/04/24/genova-134-mld-gli-investimenti-del-gruppo-fs-tramite-rfi-in-liguria/
Genova Campasso
stazione ferroviaria
 
Veduta sul parco ferroviario
Localizzazione
Stato  Italia
LocalitàGenova, quartiere Campasso
Coordinate44°25′26.42″N 8°53′29.43″E
LineeTorino-Genova
Storia
Stato attualeIn uso
Attivazione1906
Caratteristiche
TipoStazione in superficie, passante, di diramazione
BinariVari
GestoriRete Ferroviaria Italiana
DintorniTorrente Polcevera
 
 
Genova Campasso

La stazione di Genova Campasso è una stazione ferroviaria posta sulla diramazione da Bivio/PC Fegino della ferrovia Torino-Genova nel quartiere Campasso della città di Genova.

Stato lavori 1904
* https://www.trenidicarta.it/archivi/product-details.php?s_id=Monitore_delle_strade_ferrate_e_degli_in_1904
Miglioramenti previsti dopo l'attivazione
* https://www.trenidicarta.it/archivi/product-details.php?s_id=L_ingegneria_ferroviaria_1905
Posa armamento e impianto di apparati centrali e di blocco per l'apertura completa della stazione
* https://www.trenidicarta.it/archivi/product-details.php?s_id=Relazione_FS_1905-06
Attivazione 1906[1], 1907 https://www.google.it/books/edition/Nuova_antologia_di_lettere_scienze_ed_ar/o0xFAAAAYAAJ?hl=it (p. 496 "La stazione del Campasso, aperta all'esercizio nel 1907, è riuscita in special modo vantaggiosa")
Rassegna su linea, elettrificazione
* https://www.google.it/books/edition/Giornale_del_Genio_Civile_rivista_dei_la/ywaEGtEdF5cC?hl=it&gbpv=1

Strutture e impianti

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Strutture
* https://www.trenidicarta.it/archivi/product-details.php?s_id=Statistica_dell_esercizio_FS_1924-1926

PK 2+907 da Fegino[2]

Movimento

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Traffico al 1906, allacciamento al porto
* https://www.trenidicarta.it/archivi/product-details.php?s_id=L_ingegneria_ferroviaria_1906
  1. ^ Aldo Coppa, Tesi di Laurea. La Val Polcevera Industriale: sviluppo e declino (1880 – 1980) (PDF), su storiaindustria.it, 2004. URL consultato il 7 luglio 2021.
  2. ^ RFI FL 72, pp. 54, 56, 84, 86.

Bibliografia

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Progettazione raccordo da Rivarolo
* https://www.trenidicarta.it/archivi/product-details.php?s_id=Monitore_delle_strade_ferrate_e_degli_in_1902