Giovannino Guareschi

scrittore italiano (1908-1968)
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Giovannino Oliviero Giuseppe Guareschi (Fontanelle di Roccabianca, 1º maggio 1908Cervia, 22 luglio 1968) è stato uno scrittore, giornalista, umorista e caricaturista italiano. È uno degli scrittori italiani più venduti nel mondo (con oltre 20 milioni di copie)[1][2][3][4][4][5] venendo persino plagiato in Vietnam.[6]

Giovannino Oliviero Giuseppe Guareschi

La sua opera più nota, anche per via delle trasposizioni cinematografiche e per il significato politico che assunsero le vicende ad essa relative in quegli anni[7], è Don Camillo, un parroco che ha come antagonista un sindaco comunista, Peppone, e le cui vicende si svolgono in un paese della bassa padana emiliana.

Biografia modifica

Primi anni modifica

 
La casa natale di Giovannino Guareschi a Fontanelle di Roccabianca

Nacque a Fontanelle, frazione di Roccabianca, il 1º maggio 1908, in una famiglia piccolo-borghese. Il suo nome completo era Giovannino Oliviero Giuseppe; da adulto scherzerà spesso su come un uomo corpulento come lui fosse stato chiamato con il diminutivo "Giovannino"[8]. Il padre, Primo Augusto Guareschi, amico personale del sindacalista socialista riformista Giovanni Faraboli[9], era commerciante, mentre la madre, Lina Maghenzani, devota cattolica e fervente monarchica, era la maestra elementare del paese. Nel 1914 la famiglia si trasferì a Parma, dove il futuro scrittore frequentò le scuole elementari[10].

Finite le scuole elementari, nel 1920 venne iscritto al convitto nazionale Maria Luigia di Parma, l'antico collegio dei nobili. Qui conobbe Cesare Zavattini, arrivato da Luzzara per fare l'istitutore nel collegio[11]. Insieme con Zavattini, Guareschi creò e scrisse il giornale studentesco. La collaborazione con Zavattini, di soli sei anni più grande di Guareschi, fu decisiva per lo sviluppo della sua tecnica e della sua arte. Nel 1925, l'ultimo anno di Ginnasio, l'attività del padre fallì; la famiglia lo ritirò dal collegio e Giovannino dovette frequentare i tre anni di liceo da esterno[10]. Ottenuta la maturità classica (luglio 1928), Guareschi si iscrisse all'Università di Parma.

 
Un giovane Guareschi a Parma negli anni trenta.

Studente di giurisprudenza, Guareschi lavorò saltuariamente come correttore di bozze al Corriere Emiliano (nome assunto dalla Gazzetta di Parma nel periodo 1927-1941), chiamato da Zavattini, caporedattore del quotidiano. Nel 1931 entrò in redazione come aiuto-cronista con un contratto di collaborazione fissa. Alla fine dell'anno andò a vivere da solo, in Borgo del Gesso. Aveva ventitré anni. In poco tempo fu promosso cronista, poi capo-cronista: scrisse articoli, novelle e rubriche, oltre a fare disegni (anche su temi politici).

L'8 novembre 1934 partì per il servizio militare a Potenza, dove frequentò il corso allievi ufficiali[12]. L'anno dopo i proprietari del Corriere Emiliano lo licenziarono per esubero di personale. Nello stesso periodo Guareschi ricevette un'altra proposta da Cesare Zavattini, che nel frattempo si era trasferito a Milano alla Rizzoli Editore: quella di entrare in un giornale umoristico che stava per vedere la luce. In attesa del varo del nuovo giornale, Guareschi inviò disegni e articoli ad altre riviste Rizzoli: Il Secolo Illustrato e Cinema Illustrazione[13]. Un suo disegno comparve sulla Domenica del Corriere (“Le Cartoline del pubblico”)[12]. Da febbraio a luglio del 1936 svolse il servizio di prima nomina al Sesto Reggimento di Corpo d'Armata di Modena con il grado di sottotenente di complemento[12].

Il Bertoldo (1936-1943) modifica

La nuova rivista che Zavattini stava creando doveva essere pungente (pur nell'ambito del regime) e diretta agli strati sociali medio-alti, in concorrenza con il popolarissimo bisettimanale romano Marc'Aurelio. Vi avrebbero collaborato importanti giornalisti e illustratori del tempo. Il primo numero del Bertoldo, quindicinale di satira diretto da Zavattini, apparve nelle edicole il 14 luglio 1936. Guareschi vi collaborò inizialmente in qualità di illustratore. Poi, quando giunse l'offerta da parte di Andrea Rizzoli di un posto da redattore, Guareschi colse al volo l'occasione. In settembre si trasferì a Milano, andando a vivere con la fidanzata Ennia Pallini (1906 - 1984) in un monolocale in via Gustavo Modena (nel 1938 la coppia trovò un appartamento più grande in via Ciro Menotti).

Nel 1937 Cesare Zavattini lasciò la Rizzoli. La direzione del Bertoldo venne affidata a Giovanni Mosca, con Giovannino Guareschi caporedattore (febbraio 1937). In capo a tre anni la rivista divenne settimanale, con tirature di 500-600 000 copie, e prima tra tutti i giornali umoristici.[14] Fedele al suo carattere di "bastian contrario", Guareschi, contrapponendosi alla dilagante moda del momento che voleva, anche sul Bertoldo, illustrazioni in gran quantità di seducenti figure femminili, iniziò a disegnare la serie delle vedovone, donne che curavano poco l'aspetto fisico e la sensualità.

Il protrarsi della seconda guerra mondiale portò alla chiusura del Bertoldo nel settembre 1943, dopo un bombardamento anglo-americano che semidistrusse la sede della Rizzoli.

La guerra modifica

 
Guareschi al tempo in cui era internato militare in Polonia e Germania

Durante la guerra Guareschi - carattere ribelle, pronto ad attaccare senza paura o riverenza i bersagli che più gli sembravano meritevoli di critica - sotto l'effetto di una sbornia, procuratasi a causa della disperazione per la notizia (poi rivelatasi falsa) della scomparsa di suo fratello sul fronte russo, insultò e inveì a lungo contro Benito Mussolini: venne arrestato a causa di una delazione fatta da un convinto fascista che voleva farlo passare per le armi.[15] Riconosciutegli le attenuanti, nel 1943 venne condannato al richiamo nell'esercito.

Quando, l'8 settembre 1943, fu dato l'annuncio dell'armistizio dell'Italia con gli Alleati, egli si trovava in caserma ad Alessandria. Come ufficiale, con il grado di tenente di artiglieria, fu arrestato dai tedeschi il 9 settembre e imprigionato nella Cittadella di Alessandria. Venne quindi inviato nei campi di prigionia tedeschi di Częstochowa e Beniaminów in Polonia e poi in Germania, a Wietzendorf e Sandbostel, dove rimase due anni assieme agli altri Internati Militari Italiani. In prigionia rifiutò di combattere per la Repubblica Sociale. Qui compose La favola di Natale, racconto musicato di un sogno di libertà nel suo Natale da prigioniero. Riguardo al duro periodo di prigionia, disse: «Non abbiamo vissuto come i bruti. Non ci siamo rinchiusi nel nostro egoismo. La fame, la sporcizia, il freddo, le malattie, la disperata nostalgia delle nostre mamme e dei nostri figli, il cupo dolore per l'infelicità della nostra terra non ci hanno sconfitti. Non abbiamo dimenticato mai di essere uomini civili, con un passato e un avvenire»[16]. Tornò dal lager che pesava 40 chili. In seguito, descrisse il periodo di prigionia nel Diario clandestino.

Candido (1945-1957) modifica

 
Giovannino Guareschi nel 1945

«Qualcuno si ostinerà a voler trovare che Candido ha vaghe tendenze destrorse, il che non è vero per niente in quanto Candido è di destra nel modo più deciso e inequivocabile»

Dopo la guerra Guareschi fece ritorno in Italia e fondò, con Giovanni Mosca e Giacinto "Giaci" Mondaini, una rivista indipendente con simpatie monarchiche, il Candido. Condirettore della rivista con Giovanni Mosca fino al 1950, Guareschi rimase poi unico direttore fino al 1957, anno in cui gli subentrò Alessandro Minardi[17]. Nella rivista, insieme ad altre famose penne della satira italiana, curava numerose rubriche, tra cui quella a firma "Il Forbiciastro" che spigolava nella cronaca spicciola italiana.

Guareschi era rimasto un irriducibile monarchico e non lo nascose. In occasione del referendum istituzionale del 2 giugno 1946 sostenne apertamente la monarchia e denunciò i brogli che secondo lui avevano ribaltato l'esito del voto popolare.[18]

Oltre a fare satira Guareschi denunciò gli omicidi politici compiuti dai partigiani comunisti nel cosiddetto "triangolo della morte"[19]:

«Noi chiamammo poco tempo fa l'Emilia "Messico d'Italia", ma ciò è ingiusto perché piuttosto si deve dire che il Messico è l'Emilia d'America. Cose terribili succedono a Castelfranco Emilia e gente ci manda lettere piene di terrore elencando assassinii. Quarantadue persone sono già state soppresse misteriosamente per cause di politica o di vendetta, in uno spazio di pochi chilometri quadrati, in piena pianura. E la gente sa, ma non parla perché ha paura.»

Don Camillo modifica

Nel 1948 uscì il primo romanzo su Don Camillo e Peppone. Fu il primo episodio di una serie ventennale in 346 puntate e cinque film conosciuta in tutto il mondo. Il nome del paese, Ponteratto, è presente solo nel primo racconto della serie, Don Camillo. Negli altri racconti viene sostituito con un più generico "borgo"[20]; i film tratti dall'opera di Guareschi sono stati invece girati a Brescello e Boretto, cosicché Brescello è divenuto universalmente noto come "il paese di Don Camillo".
In quegli anni lo scrittore non abbandonò i luoghi in cui era cresciuto: viveva nella sua Busseto; solo due volte alla settimana si recava a Milano per dirigere la fattura del Candido[21].

I "trinariciuti" modifica

«Perché nel mio concetto base, la terza narice ha una sua funzione completamente indipendente dalle altre due: serve di scarico in modo da tenere sgombro il cervello dalla materia grigia e permette nello stesso tempo l'accesso al cervello delle direttive di partito che, appunto, debbono sostituire il cervello. Il quale cervello, lo si vede, appartiene oramai a un altro secolo.»

La profonda fede cattolica, l'attaccamento alla monarchia e il fervente anticomunismo fecero di Guareschi uno dei più ferventi e convinti critici del Partito Comunista Italiano. Famosissime le sue vignette intitolate "Obbedienza cieca, pronta, assoluta", dove sbeffeggiava i militanti comunisti che lui definiva trinariciuti (ma, secondo l'autore, la definizione identificava chiunque, privo di spirito critico e di indipendenza di pensiero, si limitava ad eseguire dettati da altri), i quali prendevano alla lettera le direttive che arrivavano dall'alto, nonostante i chiari errori di stampa, poi corretti con la frase "Contrordine, compagni!".

«Contrordine compagni! La frase pubblicata sull'Unità: 'Bisogna fare opera di rieducazione dei compagni insetti', contiene un errore di stampa e pertanto va letta: 'Bisogna fare opera di rieducazione dei compagni inetti'.»

Per la celebre prima vignetta del compagno con tre narici, Togliatti lo insultò con l'appellativo di "tre volte idiota moltiplicato per tre" e definendolo "l'uomo più cretino del mondo", durante un comizio alla Spezia.[19] Per tutta risposta Guareschi scrisse sul Candido di ritenerlo un "ambito riconoscimento".[22]

Nelle elezioni politiche del 1948 Guareschi si impegnò affinché fosse sconfitto il Fronte Democratico Popolare (alleanza PCI-PSI), che in un racconto definisce "Fronte Pecorale Democratico". Molti slogan, come "Nel segreto della cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no", e il manifesto con lo scheletro di un soldato dietro i reticolati russi, che dice "100.000 prigionieri italiani non sono tornati dalla Russia. Mamma, votagli contro anche per me", furono coniati da lui.[23]

Anche dopo la vittoria della DC e dei suoi alleati, Guareschi non abbassò certo la sua penna: anzi criticò anche la Democrazia Cristiana, che a suo parere non seguiva i principi cui si era ispirata.

I processi Einaudi e De Gasperi modifica

 
Guareschi con la vignetta su Einaudi pubblicata sul Candido.

Nel 1950 una vignetta pubblicata sul Candido (n. 25 del 18 giugno), disegnata da Carletto Manzoni, costò a Guareschi, all'epoca condirettore del settimanale, la prima condanna per vilipendio al Capo dello Stato, Luigi Einaudi[24]. La vignetta, intitolata Al Quirinale, raffigurava una doppia fila di bottiglie con, sul fondo, la figurina di un uomo con il bastone, come un grande ufficiale che passava in rassegna due schiere di corazzieri ("I corazzieri" era la didascalia della vignetta). Candido aveva messo in risalto il fatto che Einaudi, sulle etichette del vino di sua produzione (un Nebbiolo), permetteva che venisse messa in evidenza la sua carica pubblica di Presidente della Repubblica. La bottiglia di vino, infatti, portava sull’etichetta «Nebbiolo, il vino del Presidente». Ci furono anche altre vignette, oltre quella “Al Quirinale”, come quella del Giro d'Italia con il motto «Brindate Einaudi!» oppure l'omino che aveva sul capo la «bottiglia di Damocle».

Condannato ad otto mesi di carcere, l'esecuzione della condanna fu sospesa in quanto Guareschi era incensurato[25].

Il 15 aprile 1954 Guareschi fu condannato per il reato di diffamazione a mezzo stampa su denuncia di Alcide De Gasperi, capo del governo per oltre sette anni dal dicembre 1945 all'agosto 1953. Guareschi venne in possesso di due lettere (poi rivelatesi false) del politico trentino risalenti al 1944. In una di esse De Gasperi avrebbe chiesto agli Alleati anglo-americani di bombardare i centri nevralgici della capitale «per infrangere l'ultima resistenza morale del popolo romano» nei confronti dei fascisti e degli occupanti tedeschi[26].

Sebbene molti colleghi - come Indro Montanelli, che si rivolse ad Angelo Rizzoli, l'editore di Candido - avessero cercato in ogni modo di dissuaderlo dal proposito di pubblicarle, per Guareschi le missive - che egli aveva ricevuto da Emilio De Toma, sottotenente della Guardia Nazionale Repubblicana della RSI[27] - erano autentiche. Prima di diffonderle aveva sottoposto le lettere a una perizia calligrafica affidandosi a un'autorità in materia, il dottor Umberto Focaccia. Il 24 e il 31 gennaio 1954 le missive uscirono sul Candido. Al processo affermò di aver agito in buona fede. Focaccia, perito dello stesso Tribunale di Milano, affermò in aula di avere effettuato un “lungo, attento e scrupoloso esame di confronto con molti altri scritti sicuramente autentici del De Gasperi…”, per poi dichiarare “in piena coscienza, di riconoscere per autentiche del De Gasperi la scrittura del testo e la firma di cui sopra”[28], con riguardo alla seconda lettera, e di riconoscere per autentica anche la firma apposta in calce alla prima[29]. Sul piano probatorio, mentre la prima lettera era dattiloscritta e risultava autografa solamente nella firma, la seconda era integralmente autografa, risultava di pochi giorni successiva alla prima ed era strettamente connessa alla precedente, anche sotto il profilo del contenuto. Il fatto che, a differenza del primo documento, fosse qui peritabile non solo una firma, ma un manoscritto interamente vergato a mano, avrebbe potuto potentemente comprovare, o al contrario demolire, le tesi di Guareschi.

Da parte sua, lo statista trentino, che aveva dapprima concesso la più ampia facoltà di prova in ordine alla genuinità dei documenti in contestazione, in seguito si smentì a più riprese attraverso il proprio difensore, l'avvocato Delitala. A giudizio del penalista, non aveva infatti senso – questa la chiave di volta del processo – effettuare perizie sui documenti[30]. Delitala fece il possibile per eludere ogni verifica sulle lettere: ben più del giudizio di altri periti, affermò l'avvocato, rilevavano, sul piano processuale, il giuramento[31] dello stesso De Gasperi e le prove - di cui una chiara, l'altra, di contro, equivocabile - fornite dai graduati inglesi che avevano sostenuto la tesi dello statista democristiano[32]. Se il Tribunale proprio ritiene di non poterne fare a meno, faccia pure, ma una perizia - perorò Delitala, appellandosi “alla coscienza” dei magistrati milanesi – sconta pur sempre il rischio di un errore peritale[33], ma soprattutto l'avvocato di De Gasperi si oppose alla perizia per evitare ritardi nel processo che si svolgeva per direttissima.

Guareschi, di contro, mise argomentatamente in dubbio l'attendibilità delle dichiarazioni di provenienza britannica, facendo presente di essere sgradito al Governo inglese per la sua polemica sulla contesa di Trieste fra l'Italia e la Jugoslavia di Tito; evidenziò, ex adverso, che De Gasperi era un vecchio, fedele alleato degli angloamericani[34].

Il Tribunale di Milano non diede alcun peso a queste deduzioni e, accogliendo senz'altro le richieste formulate dal difensore di De Gasperi, non mostrò neppure alcuna curiosità per i documenti agli atti: negò a Guareschi l'effettuazione della perizia calligrafica e della perizia chimica; negò persino la possibilità di escutere le testimonianze potenzialmente favorevoli allo scrittore in ordine alla provenienza e all'attendibilità dei documenti attribuiti a De Gasperi, tra cui anche quelle di persone vicine allo stesso De Gasperi, come Giulio Andreotti[35]. La motivazione del Collegio giudicante in ordine alle perizie, fu la seguente: «le richieste perizie chimiche e grafiche si appalesano del tutto inutili, essendo la causa sufficientemente istruita ai fini del decidere»[35]. Il 15 aprile Guareschi fu condannato in primo grado a dodici mesi di carcere. De Gasperi commentò: «Sono stato in galera anch'io e ci può andare anche Guareschi». Quest'ultimo non presentò ricorso in appello, poiché riteneva di avere subito un'ingiustizia:

«No, niente Appello. Qui non si tratta di riformare una sentenza, ma un costume. (...) Accetto la condanna come accetterei un pugno in faccia: non mi interessa dimostrare che mi è stato dato ingiustamente.[35]»

 
Giovannino Guareschi a Roncole Verdi.

Prese la via della galera, così come, è lui stesso a dirlo, aveva preso quella del lager per non avere voluto collaborare con il fascismo e il nazionalsocialismo[36]. Commentando la condanna, Guareschi si affidò ad una citazione di dantesca memoria, “E il modo ancor mi offende”[37].

Dopo il primo processo un altro collegio, che doveva pronunciarsi per il reato di "falso", decise la distruzione del corpo del reato, cioè delle lettere originali[38]. Divenuta esecutiva la sentenza, alla pena fu accumulata anche la precedente condanna ricevuta nel 1950 per vilipendio al Capo dello Stato.

Nel 2014, studiando i documenti rimasti con l'esperta Nicole Ciacco, lo storico Mimmo Franzinelli ha concluso che le lettere erano sicuramente dei falsi (anche se probabilmente Guareschi ne fu ingannato, così come Focaccia[39]). Lo confermano la presenza di errori grossolani: il protocollo indicato nella lettera del 12 gennaio 1944 (297/4/55) non corrispondeva ai criteri di protocollo della Segreteria di Stato Vaticana; il colonnello inglese Bonham Carter e il generale britannico Harold Alexander avevano escluso categoricamente che quelle presunte lettere fossero mai pervenute agli inglesi; infine, De Gasperi non lavorava più alla Segreteria Vaticana dal luglio 1943 ed è dunque impossibile che abbia protocollato lettere nel 1944[40][41].

Successivamente al processo, l'ideatore della campagna diffamatoria contro De Gasperi e della produzione delle false lettere fu individuato nel tenente Enrico De Toma[27], che riuscì a sfuggire all'arresto nel novembre 1954, scappando in Sud America dall'aeroporto parigino di Orly.[42] De Gasperi era ormai morto lo stesso anno, poco dopo la fine del processo.

Il 26 maggio 1954 Guareschi venne recluso nel carcere di San Francesco del Prato a Parma, dove rimase per 409 giorni. Lo scrittore uscì dal carcere il 4 luglio 1955[43]. Ottenne per buona condotta il beneficio della libertà vigilata per sei mesi, con l'obbligo di risiedere presso la sua abitazione delle Roncole. Sempre per coerenza, rifiutò in ogni momento di chiedere la grazia. Dalla nascita della Repubblica, Guareschi è stato il primo e unico giornalista italiano a scontare interamente una pena detentiva in carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa.[44]

Nel 1956 era segnato nel fisico e nell'animo dalla reclusione nel carcere di Parma. Le sue condizioni di salute si erano deteriorate e cominciò a trascorrere lunghi periodi al Kurhaus di Cademario, in Svizzera, per curarsi. Precedentemente, Guareschi, la moglie e i bambini soggiornarono per alcuni anni, in estate, ad Alassio.[45]

Dopo il Candido modifica

«Arrivato sul finire del 1963, tiro le somme e mi accorgo che, mentre io continuo ad avere soltanto due anni in meno di mia moglie, mio figlio e mia figlia sono arrivati ad avere rispettivamente 32 e 35 anni meno di me. Cosa che, anche solo dieci anni fa, era profondamente diversa.»

Nel 1957 Guareschi si ritirò da direttore del Candido, rimanendo tuttavia collaboratore della rivista.
Nel giugno 1961 fu colto da un infarto, da cui si riprese con fatica. Il 7 ottobre dello stesso anno uscì il quarto film della famosa serie di don Camillo: Don Camillo monsignore... ma non troppo. Il film era prodotto dalla Cineriz di Angelo Rizzoli, che era anche editore del Candido. Lo scrittore giudicò la sceneggiatura lontanissima dallo spirito del romanzo. Ne nacque una dura discussione con Rizzoli. Il dissidio non si ricompose: pertanto Guareschi decise di interrompere definitivamente la collaborazione al Candido[46]. Successivamente Rizzoli chiuse il settimanale.

Dopo la chiusura del suo settimanale Guareschi ebbe difficoltà nel trovare delle nuove collaborazioni. Si fece avanti solo Nino Nutrizio, direttore del quotidiano milanese del pomeriggio La Notte. Guareschi rispose favorevolmente alla sua proposta di lavoro:

«Ritengo La Notte l'ultima isola di resistenza rimasta in campo nemico e mi auguro, come italiano, come giornalista e come amico, che tu possa ancora resistere ai "liberatori" di Milano.»

Accettò anche la proposta di collaborare al settimanale Oggi, sul quale tenne una rubrica di critica televisiva, intitolata "Telecorrierino delle famiglie" (1962-1966)[47]. Dal 1963 iniziò a collaborare con Il Borghese di Mario Tedeschi con disegni e articoli.

Negli stessi anni Papa Giovanni XXIII chiese a Guareschi di collaborare alla stesura del nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica. Guareschi declinò cortesemente l'invito, non ritenendosi degno di tale onore[48]. Prese una radicale posizione di contrarietà verso i governi di centrosinistra, ovvero verso quell'alleanza tra DC e PSI detta centro-sinistra "organico" che, a partire dalla metà degli anni sessanta, doveva improntare per oltre un ventennio la politica italiana.

Guareschi realizzò anche, con l'aiuto di Gianna Preda, caporedattrice del Borghese, il film La rabbia. L'opera era divisa in due parti: la prima curata da Pier Paolo Pasolini, la seconda dallo stesso Guareschi. Film molto particolare, fu essenzialmente un documentario in bianco e nero, montato con materiale di repertorio tratto dai cinegiornali e con fotografie su un preciso interrogativo: "Perché la nostra vita è dominata dalla scontentezza, dall'angoscia, dalla paura della guerra, dalla guerra?". Il film venne travolto subito dalle polemiche, Pasolini ritirò la firma, il film fu rapidamente tolto dalla circolazione per poi essere dimenticato per decenni. Commentò Guareschi: "Se la figura del fesso l'avessi fatta io, quel film avrebbero fatto in modo di proiettarlo anche ai pinguini dell'Alaska"[49].

La scomparsa modifica

Nel 1968 gli fu riproposta la direzione del Candido da parte di Giorgio Pisanò, ma prima di ricominciare morì improvvisamente, all'età di sessant'anni, la mattina del 22 luglio, mentre si trovava nella sua piccola residenza estiva a Cervia, a causa di un secondo fatale infarto. I funerali[50], svoltisi con la bara avvolta dalla bandiera monarchica con lo stemma di Casa Savoia, furono disertati dalle autorità del mondo politico e intellettuale, con l'eccezione di Angelo Tonna, il sindaco socialista di Fontanelle di Roccabianca, il paese natale di Guareschi. La moglie Ennia non se la sentì di partecipare e a rendere l'estremo saluto furono i figli Alberto e Carlotta (1943-2015) con gli amici di paese e pochi personaggi noti: il direttore della Gazzetta di Parma Baldassarre Molossi, Giovanni Mosca, Carlo Manzoni, Nino Nutrizio, Enzo Biagi, Enzo Ferrari. Anche i media snobbarono Guareschi, scrittore italiano tra i più letti al mondo. La Rai gli dedicò pochi secondi, i giornali relegarono notizie e servizi nelle pagine interne, mentre l'Unità si distinse per un commento velenoso, scrivendo del "melanconico tramonto dello scrittore che non era mai nato". Unica voce controcorrente fu la Gazzetta di Parma, che parlò di "Italia meschina e vile"[51]. Guareschi è sepolto nel cimitero delle Roncole Verdi.[52]

Guareschi e il potere modifica

«Per rimanere liberi bisogna, a un bel momento, prendere senza esitare la via della prigione.»

Il conflittuale rapporto di Guareschi con il potere costituito, in qualsiasi forma esso fosse rappresentato, ha sempre dato adito a controversie. Il suo carattere irriverente e sanguigno gli procurò svariati dissidi con le istituzioni. Anticomunista, conservatore (anzi, come preferiva definirsi, "reazionario"), cattolico praticante, monarchico e fervente patriota, Guareschi polemizzò anche con la politica economica repubblicana, a suo avviso eccessivamente statalista, difendendo posizioni economiche improntate all'iniziativa privata, in contrapposizione alle idee più diffuse in materia nella Democrazia Cristiana, e più in generale prendendosela con la sempre crescente diffusione del conformismo nella società italiana, anticipando di alcuni anni talune critiche al Sessantotto. Negli ultimi anni, quelli della collaborazione al Borghese, Guareschi criticò le innovazioni in campo religioso introdotte dal Concilio Vaticano II (difendendo la Messa in latino) e più in generale il progressismo religioso, difendendo la tradizione cattolica da quella che definì ironicamente "depacellizzazione", in riferimento alla destalinizzazione sovietica e al papa Pio XII, al secolo Eugenio Pacelli. Sempre dalle pagine del Borghese Guareschi lanciò critiche sferzanti verso Amintore Fanfani, Aldo Moro e la DC in generale, accusata di connivenza con le sinistre. L'umorista criticò egualmente la cultura del comunismo sovietico e quella dell'eccessivo consumismo capitalista americano, mentre elogiò al contrario la "Chiesa martire", ossia quella dell'Europa orientale, vittima delle persecuzioni comuniste, esprimendo grande ammirazione per il cardinale ungherese József Mindszenty e attirandosi addosso numerose critiche di parte cattolica militante, anche per giudizi ironicamente negativi sulle alte autorità della gerarchia ecclesiastica.

 
Targa ricordo nel centro di Parma

Non c'è dubbio che egli dovette sopportare da un lato l'ostracismo prevedibile della sinistra, data la sua dichiarata ostilità alle idee e alla visione politica del partito comunista, dall'altro è evidente l'assoluta mancanza di riconoscenza da parte di chi la sua penna aveva numerose volte enormemente favorito, ovvero il centrismo cattolico, rappresentato in Italia dalla DC. I rapporti con il fascismo furono ugualmente alternanti e dibattuti; probabilmente gestire uno spazio satirico sotto un regime autoritario avrebbe in ogni caso richiesto un sottile gioco di compromessi per sopravvivere.

Umberto II di Savoia dall'esilio lo insignì dell'onorificenza di Grand'Ufficiale della Corona d'Italia.[35]

Dissero di lui modifica

«Per comporre la biografia civile di Guareschi bisogna riconoscere i suoi tre paradossi: dopo due anni nei campi di concentramento nazisti, passò per un fascista; dopo avere vinto la battaglia nel '48, appoggiando la DC di De Gasperi, finì in galera per la querela del medesimo De Gasperi; dopo avere umanizzato i comunisti, fondò il settimanale più efficace nella lotta al comunismo e là scrisse il primo libro nero del comunismo.»

Opere modifica

La serie Mondo piccolo modifica

Altre opere modifica

Opere complete modifica

  • Fantasie della bionda. Scene da un romanzo all'antica, Milano, Rizzoli, 1995, ISBN 978-88-176-6479-0.
  • Milano 1947-1949: Guareschi e la Radio, Milano, Rizzoli, 2007, ISBN 978-88-170-1950-7.
  • Il grande diario. Giovannino cronista del lager. 1943-1945, Milano, Rizzoli, 2008, ISBN 978-88-17-01997-2.
  • L'opera grafica. 1925-1968, a cura di G. Casamatti, Milano, Rizzoli, 2008, ISBN 978-88-17-02725-0.
  • La famiglia Guareschi. Racconti di una famiglia qualunque 1939-1952. Vol. 1, Milano, Rizzoli, 2010, ISBN 978-88-17-04558-2.
  • La famiglia Guareschi. Racconti di una famiglia qualunque 1953-1968. Vol. 2, Milano, Rizzoli, 2011, ISBN 978-88-17-05327-3.
  • Don Camillo e Peppone, Milano, Rizzoli, 2011, ISBN 978-88-586-1736-6.
  • I Racconti di Nonno Baffi, Milano, Rizzoli, 2012, ISBN 978-88-586-3684-8.
  • L'umorismo di Giovannino senza baffi, Milano, Rizzoli, 2013, ISBN 978-88-170-6437-8.
  • Il dottor Mabuse. Il primo fumetto pubblicato sul «Bertoldo» nel 1937. Una favola contro le dittature, a cura di E. Balduzzi, Libreria Ticinum, 2018, ISBN 978-88-995-7446-8.
  • Giovannino nei lager, Milano, Rizzoli, 2018, ISBN 978-88-170-6997-7. [include: Favola di Natale, Diario clandestino, Ritorno alla base]
  • L'Italia sulla graticola. Scritti e disegni per il Borghese 1963-1964, Introduzione di Alessandro Gnocchi, Collana Saggi, Milano, Rizzoli, 2019, ISBN 978-88-171-4189-5.

Raccolte degli scritti su Candido modifica

Programmi radio Rai modifica

  • Signori, entra la corte! (radio-processo settimanale con radiogiuria popolare), 1948.

Filmografia modifica

Onorificenze modifica

Note modifica

  1. ^ (EN) Collodi, Guareschi and Eco. Here are the most translated Italians, su time.news. URL consultato il 30 dicembre 2021.
  2. ^ Silvia Gilardi, I libri italiani più tradotti in inglese e più letti all’estero, su it.babbel.com. URL consultato il 30 dicembre 2021.
  3. ^ Fabio Casalini, GIOVANNINO GUARESCHI, IL PICCOLO PAESE E IL GRANDE FIUME, su viaggiatoriignoranti.it. URL consultato il 30 dicembre 2021.
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  5. ^ Sulla fortuna come autore di bestseller nel mondo anglosassone: (EN) Lawrence Venuti, The Scandals of Translation: Towards an Ethics of Difference, Routledge, 2002, pp. 127-140.
  6. ^ Beatrice Mantovani, Gli scrittori italiani più venduti nel mondo, su sulromanzo.it. URL consultato il 30 dicembre 2021.
  7. ^ Fake News: Giovannino Guareschi, un giornalista contro la propaganda comunista - Voce24News, 26 ottobre 2021. URL consultato il 16 marzo 2022.
  8. ^ G. Guareschi, Chi sogna nuovi gerani? "Autobiografia", Rizzoli, Milano 1993.
  9. ^ Guareschi ricordava di come, il giorno in cui nacque, il 1º maggio, festa dei lavoratori, Faraboli si trovasse lì a festeggiare la ricorrenza, e, preso in braccio il piccolo Giovannino, lo avesse sollevato e mostrato ai "compagni" indicandolo come futuro campione dei socialisti. Guareschi, che sarà sempre su posizioni opposte, dichiarerà tuttavia di commuoversi ascoltando l'Inno dei lavoratori, e alla morte dell'ormai anziano sindacalista nel 1953, gli dedicherà un sentito omaggio sul suo giornale Candido
  10. ^ a b Giovannino Guareschi, su marialuigia.eu. URL consultato l'8 dicembre 2019.
  11. ^ Oreste Del Buono, Amici. Amici degli amici. Maestri..., Baldini&Castoldi, Milano 1994, pp. 239-244.
  12. ^ a b c 1934 - 1936: a Potenza il militare, il gran salto per Milano, su giovanninoguareschi.com. URL consultato il 22 agosto 2019.
  13. ^ G. C. Ferretti, G. Iannuzzi, Storie di uomini e libri, minimum fax, Roma 2014.
  14. ^ dati della fondazione Mondadori
  15. ^ La storia di Giovannino senza paura (1940-1943)
  16. ^ Michele Brambilla, «Un candido reazionario. Cinquant'anni fa moriva Giovannino Guareschi. L'italiano più tradotto all'estero andò quasi solo al cimitero», su Il Foglio Quotidiano, 7-8 luglio 2018, p. IX. URL consultato il 27 maggio 2022.
  17. ^ Alberto e Carlotta Guareschi, «Giovannino Guareschi - Note Bibliografiche», in Giovannino Guareschi, Don Camillo, Guareschi. Opere, 1 Don Camillo, Rizzoli-Corriere della Sera, Milano 2014
  18. ^ Vignette dedicate a Umberto II, su reumberto.it. URL consultato il 26 settembre 2015 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2015).
  19. ^ a b Le duecento parole di Guareschi
  20. ^ Per la precisione il nome Ponteratto appare solo nella prima riga della prima edizione del primo racconto (vedi l'articolo Ponteratto).
  21. ^ Paolo Di Paolo, Tutte le speranze. Montanelli raccontato da chi non c’era, Rizzoli, Milano 2014, pag. 162.
  22. ^ Ambito riconoscimento, dalla rubrica "Giro d'Italia"
  23. ^ Gian Luigi Falabrino, I comunisti mangiano i bambini La storia dello slogan politico, Vallardi, 1994, ISBN 88-11-90425-0.
  24. ^ Mario Bozzi Sentieri, Dal neofascismo alla nuova destra. Le riviste 1944-1994, Roma, Nuove Idee. Pag. 30.
  25. ^ Vincenzo Pezzella, La diffamazione: responsabilità penale e civile, 2009, p. 564
  26. ^ L'opera postuma “Chi sogna nuovi gerani”, edita nel 1993 per i tipi della BUR, riporta numerosissimi stralci degli articoli di stampa del tempo e degli atti del processo che vide Guareschi condannato per la diffamazione dell'onorevole De Gasperi.
  27. ^ a b Guareschi-De Gasperi, l'ombra dei servizi, su avvenire.it. URL consultato il 3 marzo 2024.
  28. ^ Ibidem, pag. 355.
  29. ^ Ibidem, pag. 344.
  30. ^ Pagg. 425, 443, 445, op. cit.
  31. ^ A favore di se medesimo.
  32. ^ Ibidem pag. 445.
  33. ^ Ibidem, pag. 445.
  34. ^ Ibidem, pag. 436.
  35. ^ a b c d Tesi di laurea sul processo a Guareschi di Sacha Emiliani.
  36. ^ Ibidem pag. 457.
  37. ^ Ibidem, pag. 455.
  38. ^ Giovanni Lugaresi, «La Voce di Romagna», 14 gennaio 2011.
  39. ^ Guareschi e De Gasperi, galantuomini contro
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  41. ^ Bombardate Roma! Guareschi contro De Gasperi: uno scandalo della storia repubblicana, su sissco.it. URL consultato il 3 marzo 2024.
  42. ^ M. Franzinelli, Bombardate Roma!, Milano, Mondadori, 2014, p. 122-130. De Toma fu processato (in contumacia) ed assolto.
  43. ^ Mario Bozzi Sentieri, op.cit., pagg. 30-31.
  44. ^ Sallusti rischia l'arresto e 14 mesi di carcere per un articolo scritto da un altro
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Bibliografia modifica

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  • Giovannino Guareschi e il suo mondo, Antologia per le Medie di Cassinotti, Gilli, Airoldi (Atlas, Bg), 1991
  • Alberto & Carlotta Guareschi, Chi sogna nuovi gerani? Autobiografia Giovannino Guareschi (dalle sue carte, riordinate dai figli), RCS Libri, Rizzoli, Milano 1993
  • Alberto & Carlotta Guareschi, Milano '36-'43: Guareschi e il Bertoldo, RCS Libri, Rizzoli, Milano 1994
  • Alberto & Carlotta Guareschi, Fantasie della Bionda, RCS Libri, Rizzoli, Milano 1995
  • Alberto & Carlotta Guareschi, La famiglia Guareschi. Racconti di una famiglia qualunque, 1939-1952. Rizzoli, 2010.
  • Alberto & Carlotta Guareschi, La famiglia Guareschi. Racconti di una famiglia qualunque II, 1952-1968. Rizzoli, 2010.
  • Marco Ferrazzoli, Guareschi. L'eretico della risata, Costantino Marco, Cosenza, 2001, ISBN 8885350801
  • Giorgio Torelli, I baffi di Guareschi, Àncora, 2006, ISBN 9788851404055
  • Stefano Beltrami, Elena Bertoldi, Bicarbonato e mentine. Giovannino Guareschi, l'amico dei giorni difficili, GAM Editore, 2007, ISBN 9788889044339
  • Guido Conti, Giovannino Guareschi. Biografia di uno scrittore, Rizzoli, 2008, ISBN 9788817019491
  • Giorgio Casamatti, Guido Conti, Giovannino Guareschi, nascita di un umorista. Bazar e la satira a Parma dal 1908 al 1937. MUP, Parma 2008
  • Riccardo Esposito, Don Camillo e Peppone. Cronache cinematografiche dalla Bassa Padana 1951-1965, Le Mani - Microart's, Recco, 2008 ISBN 9788880124559.
  • Marco Ferrazzoli, Non solo Don Camillo, l'Uomo Libero, Arco, 2008
  • Giuliano Guareschi Montagna, Una vita per mio padre, Giovannino Guareschi (cartonato alla olandese), 1ª ed., Reggio Emilia, Diabasis, aprile 2009, p. 256, ISBN 978-88-8103-545-8. (versione digitalizzata)
  • Giuseppe Polimeni, a cura di, Camminare su e giù per l'alfabeto. L'italiano tra Peppone e don Camillo, Edizioni Santa Caterina, Pavia, 2010
  • Ubaldo Giuliani-Balestrino Il Carteggio Churchill-Mussolini alla luce del processo Guareschi Settimo Sigillo, 2010.
  • Mario Bussoni, A spasso con Don Camillo. Guida al mondo piccolo di Giovannino Guareschi, Mattioli 1885, Fidenza 2010, ISBN 978-88-6261-127-5.
  • Alberto Mazzuca, Penne al vetriolo. I grandi giornalisti raccontano la Prima Repubblica, Minerva, Bologna, 2017. ISBN 978-88-7381-849-6.
  • Ubaldo Giuliani, Guareschi aveva ragione, I libri del borghese, Roma, 2018.
  • Giulio Vignoli, Repubblica Italiana. Dai brogli e dal Colpo di Stato del 1946 ai giorni nostri. Settimo Sigillo, II ed., Roma, 2018, passim.

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