Utente:Lo Scaligero/Sandbox/Verona romana

Verona
La città romana dopo la sua rifondazione entro l'ansa dell'Adige
Nome originale Verona in latino, Οὐἡρωνα o Οὐἡρων in greco; in epoca tardo antica anche Berona o Beronia (Βερὡνη o Βερὡνα in greco)[1]
Cronologia
Fondazione Metà del I secolo a.C.
Amministrazione
Territorio controllato Agro veronese, di circa 3 700 km²[2]
Territorio e popolazione
Superficie massima 470 000 m²[3]
Abitanti massimi 25 000[4]
Localizzazione
Stato attuale Bandiera dell'Italia Italia
Località Verona
Coordinate 45°26′17.37″N 10°59′37.47″E / 45.438158°N 10.993742°E45.438158; 10.993742
Altitudine 59 m s.l.m.
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Verona
Verona

La Verona romana è stata una delle più significative città della Regio X Venetia et Histria e oggi è tra le più considerevoli per quantità e stato di conservazione dei monumenti ancora esistenti. La sua importanza strategica in epoca romana deriva dalla posizione geografica, la città si trovava infatti in una zona di passaggio obbligato delle comunicazioni tra la zona orientale e quella occidentale della Gallia l'oriente e l'occidente della Gallia Transpadana, ovvero la zona a Nord del fiume Po.[5]

Il primo nucleo urbano preromano sorgeva sul colle San Pietro, da dove era possibile dominare la pianura sottostante e controllare il guado del fiume dove sarebbe poi sorto il romano ponte Pietra. Presso questo primo abitato situato in un luogo strategico e di confine gravitavano molto probabilmente diverse popolazioni: dalla zona orientale gli Euganei in un primo momento e poi i Veneti; dalla zona occidentale i Galli Cenomani; dalla zona alpina i Reti. La città crebbe velocemente di importanza a partire dall'89 a.C., quando divenne colonia di diritto latino, e ancor più dal 49 a.C., con l'elevazione a rango di municipio romano: è infatti in questo momento che la città venne rifondata all'interno dell'ansa dell'Adige, con il tipico impianto urbanistico romano ad assi ortogonali. In poco più di un secolo vennero costruiti tutti i maggiori monumenti architettonici e la città assunse l'aspetto che la caratterizzò per diverso tempo. Solo sul finire del IV secolo, infatti, cominciano ad esserci testimonianza di degrado e abbandono di strutture importanti con il sacro Capitolium, e bisognerà aspettare l'arrivo di Teodorico il Grande per rivedere a Verona un rinnovato fervore di costruzioni di monumenti.[5]

Territorio - Agro veronese modifica

Storia modifica

Verona sorse in un luogo, il colle San Pietro, la cui scelta fu propiziata dalle condizioni naturali favorevoli: la collina era facilmente difendibile da attacchi esterni; le rive dell'Adige potevano essere pericolose, poiché il fiume esponeva le zone circostanti a piene annuali; il colle si trovava alla conclusione della val d'Adige, la principale via di comunicazione con le popolazioni del nord Europa, ma oltre a questa passavano anche altre importanti strade preistoriche.

Preistoria modifica

Già nel neolitico si ha la probabile presenza di un villaggio presso la zona meridionale di colle San Pietro, lungo il corso dell'Adige, poiché si tratta di uno dei pochi punti guadabili del fiume, e da lì si possono raggiungere velocemente le sicure colline circostanti (ricche, tra l'altro, di numerosi reperti preistorici, che ne confermano l'antropizzazione).[6] Verso la fine del neolitico, dunque sul finire del IV millennio a.C., migrarono dalla Francia meridionale numerosi gruppi nomadi che si stanziarono nel luogo dove si trova l'odierna castel San Pietro (sull'omonimo colle), dove crebbe il primo villaggio di capanne in pietra, al sicuro dalle annuali esondazioni dell'Adige.[7]

Fin dai primi secoli del IV millennio a.C. si diffuse la cultura dei vasi a bocca quadrata, con uno stile geometrico e lineare, che si sarebbe poi evoluto in uno stile meandro-spiralico.[8]

Quella del colle San Pietro è quindi un'area ricca di reperti, nella quale sono stati trovati addirittura i resti delle case che formavano l'antico villaggio, alcune interpretate come strutture e case seminterrate, tipiche della Lessinia. Il villaggio col tempo si ingrandì, e vide stanziarsi varie popolazioni, come gli abitanti terramare nell'età del bronzo. Sempre sul colle, durante l'età del ferro, proliferarono le civiltà protostoriche.[9]

Protostoria modifica

 
Antica situla paleoveneta

Il Veneto venne risparmiato dall'occupazione delle popolazioni galliche, che a varie ondate da ovest occuparono la pianura padana ma furono comunque stretti rapporti tra Paleoveneti e Galli.[10] A Verona la situazione era diversa perché i Galli Cenomani giunsero sino al corso dell'Adige: nella zona veronese, infatti, sono stati trovati manufatti retici o comunque legati alla cultura celtica, e molto probabilmente il villaggio fu abitato insieme dai Cenomani e dai Paleoveneti.[11]

Gli storici latini hanno accreditato a Euganei, Reti, Paleoveneti, Etruschi o Galli Cenomani le origini di Verona: lo storico Polibio afferma che ai suoi tempi (II secolo a.C.) era ancora numerosa l'etnia venetica tra la popolazione della città, e infatti la presenza veneta è ben documentata, in particolare presso il colle San Pietro, e su questa sua affermazione si basa l'ipotesi della fondazione veneta;[12] l'ipotesi della fondazione da parte dei Reti e insieme degli Euganei è stata invece formulata da Plinio il Vecchio[13] (dei primi tra l'altro la presenza è accertata dai numerosi ritrovamenti nel territorio veronese delle loro ceramiche[14][15] ); quella dei Galli Cenomani fu invece sostenuta da Tito Livio.[16][17][18]

I primi rapporti con la repubblica romana modifica

 
Alcuni resti di mura romane nel centro di Verona

Prima della latinizzazione, la zona di Verona era popolata dai Paleoveneti e dai Galli Cenomani: più forte a Verona era sicuramente la presenza paleoveneta, testimoniata da numerosi reperti appartenenti a quel popolo. La Cispadania era abitata nel III secolo a.C. da numerose popolazioni bellicose, e i Romani si rivolsero, per ottenere aiuto, ai Paleoveneti, poiché li ritenevano consanguinei: questa credenza era frutto di una leggenda che vedeva Antenore e gli Eneti, tra i pochi sopravvissuti alla guerra di Troia, cacciati dalla loro terra, e giunti dopo un lungo viaggio nell'alto Adriatico, nella regione corrispondente grosso modo al Veneto odierno, dove cacciarono gli Euganei.[19] Lo stesso Catone afferma che Venetos Troiana stirpe ortos.[13]

I primi contatti fra Roma e Verona sono documentati intorno al III secolo a.C.: vi furono subito rapporti di amicizia e alleanza (già nel 283 a.C. il senato romano strinse un patto con i Paleoveneti e i Galli Cenomani per rallentare l'invasione gallica).[20] Probabilmente ci furono contatti più anticamente, a partire dal 390 a.C.: infatti, quando i Galli di Brenno invasero la stessa Roma, forse grazie ad un'azione diversiva dei Paleoveneti, i Galli potrebbero essere stati costretti a venire a patti con i Romani.[21]

Nel 225 a.C. i Romani mandarono ambasciatori presso i Paleoveneti e i Galli Cenomani per stringere un'alleanza contro i Galli Boi e gli Insubri, che minacciavano le frontiere romane.[22] Dati i rapporti amichevoli, i Galli Cenomani concessero ai Romani di erigere un piccolo presidio in cima al Colle san Pietro, da cui controllare la zona. Ancora durante la seconda guerra punica i Galli Cenomani e i Paleoveneti aiutarono i Romani, mentre tutte le altre popolazioni galliche si erano schierati con Cartagine. Al termine della guerra, per poter completare la sottomissione della Gallia Cisalpina (Galli e Liguri non accettavano la supremazia romana) Roma cominciò una vera e propria guerra di conquista, sempre sostenuta da questi due popoli.[23]

Nel 174 a.C., a seguito della sottomissione della Gallia Cisalpina e dell'inizio di un nuovo periodo di colonizzazione della pianura Padana, cominciò a rivelarsi la grande importanza strategica di Verona. Il senato romano, infatti, richiese a Cenomani e Paleoveneti l'ampliamento del castrum fortificato, mentre coloni romani e popolazioni indigene ponevano le basi per l'edificazione di una nuova città all'interno dell'ansa dell'Adige. Alla conclusione della terza guerra punica passavano ormai da Verona vie di comunicazione vitali come la via Postumia, che partiva da Genova e giungeva ad Aquileia attraverso la pianura Padana.[24]

Si presume che in questo momento storico i Paleoveneti fossero legati ai Romani tramite amicitia, diversamente dai Galli transpadani legati a Roma dal foedus: questo legame era utilizzato soprattutto negli stati ellenistici, e prevedeva la neutralità, che poteva diventare alleanza solo in via eccezionale[25]

Verona rimase alleata di Roma anche tra la fine del II e l'inizio del I secolo a.C. contro gli invasori Teutoni e Cimbri, da non confondere (come fecero gli storici rinascimentali) con gli Tzimber del XIII secolo che ripopolarono la Lessinia nel basso Medioevo.[26]

Res publica Veronensium modifica

 
Agro veronese

Il diritto latino venne esteso alla Gallia Cisalpina (concessa dal Senato Romano nell'89 a.C., in seguito alla Guerra Sociale) tramite la Lex Pompeia de Transpadanis, proposta dal console Pompeo Strabone; i centri preesistenti, fra cui Verona, divennero perciò delle colonie latine fittizie (cioè senza una vera e propria deduzione, né l'invio di coloni).[27] È di questo periodo lo sviluppo della città tramite un impianto pianificato nell'ansa dell'Adige.[28]

Grazie a Cesare, Verona ottenne nel 49 a.C. (al pari del resto della Gallia Transpadana) la cittadinanza romana e, tramite la Lex Roscia, le venne attribuito il rango di municipium e concesso un agro di ben 3.700 km² (oggi la provincia di Verona ha un territorio di 3.121 km²). Il municipio poté quindi fregiarsi del nome di Res publica Veronensium.[29]

Durante il periodo repubblicano Verona fu raramente coinvolta in modo diretto nel terribile e sanguinoso periodo delle guerre civili (49-31 a.C.); ciò aiutò il suo sviluppo e la sua economia, che andò a rafforzarsi principalmente nella coltivazione di vite e olivo, nell'allevamento di cavalli (che aveva origine dalla tradizione paleoveneta) e ovini e nella produzione di lana. Ebbero inoltre uno forte sviluppo l'artigianato ed il commercio. In questo periodo la città, ormai spostata nell'ansa dell'Adige, cominciò a ingrandirsi e ammodernarsi. Furono costruiti due nuovi ponti in luogo del guado: il Ponte Pietra (costruito quasi sicuramente nel luogo di un preesistente ponte in legno, poiché estraneo al regolare tessuto della città), e il Postumio, sul quale passava l'omonima via.[30]

L'epoca imperiale modifica

Sotto l'Impero di Augusto Verona divenne un nodo strategico ancora più importante, poiché fu utilizzata come base temporanea per le legioni, in particolare dopo la conquista della Rezia e della Vindelicia (15 a.C.). E proprio l'accresciuta importanza della val d'Adige, quale collegamento con il nord Europa, e in virtù dell'importanza strategica di Verona, permise la costruzione della via Claudia Augusta, che da Ostiglia (dove arrivava un'altra strada da Roma) portava fino al passo del Brennero e quindi nell'attuale Austria. Augusto provvide a risistemare la penisola tramite la suddivisione in undici regiones; Verona venne quindi incorporata nella Regio X Venetia et Histria, che includeva Galli Cenomani, Reti, Euganei, Veneti, Carni ed Istri.[31]

Durante questo periodo Verona fu interessata da un notevole afflusso di ricchezza che portò a un ulteriore sviluppo della città: vennero erette le terme e il teatro ai piedi del colle San Pietro. Nel periodo dell'imperatore Claudio venne costruita la via Claudia Augusta, la via Gallica (che giungeva da Mediolanum e si immetteva nella via Postumia e nel Vicus Veronensium), e furono risistemate anche altre strade.[32]

Con l'inizio della dinastia Flavia si interruppe per Verona il lungo periodo di pace, in particolare a causa della guerra tra Vitellio e Vespasiano: quest'ultimo scelse la città come fortezza, perché attorniata da campi aperti, in cui poteva utilizzare la cavalleria; inoltre, essendo una colonia ricca e importante, la sua conquista venne utilizzata a fini propagandistici. Siccome la città stava ormai crescendo fuori dalla cinta muraria, venne costruito un vallo intorno alla città, oltre a far scavare l'Adigetto (un lungo fossato, utilizzato anche nel Medioevo) a sud della città. Verona era un luogo strategico per Vespasiano poiché da lì avrebbe potuto bloccare le discesa in Italia di Vitellio.[33] Fortunatamente per la città, l'ammutinamento di una legione di Vitellio spostò la guerra lontano da Verona. Fu però proprio sotto l'imperatore Vespasiano che la città raggiunse l'apice della ricchezza e dello splendore: l'ultima grande opera nel I secolo fu l'Arena, costruita poiché la città, che aveva ormai superato i 25 000 abitanti, aveva bisogno di un grande edificio per far divertire tutti gli abitanti.[34]

L'inizio delle invasioni barbariche modifica

 
Raffigurazione dell'assedio di Verona nel fregio del lato sud dell'Arco di Costantino a Roma

A cominciare dal II secolo, Verona, come la maggior parte delle città del nord Italia, perse la sua funzione di centro di prima importanza ma divenne teatro di alcune lotte civili romane: la città venne investita dalle guerre che videro protagonisti l'imperatore Filippo l'Arabo e Decio nel 249, Aurelio Carino e Sabino Giuliano nel 283, e Costantino I e Ruricio Pompeiano, vinto dopo l'assedio del 312. Verona si trovò poi investita anche dalle invasioni barbariche, essendo il primo baluardo dell'Italia alle discese dal nord Europa, come in occasione delle guerre marcomanniche del finire del II secolo (nel 170), quando un'orda di Marcomanni e Quadi, che avevano poco prima assediato la città di Aquileia, furono cacciati dalle truppe imperiali accorrenti dell'imperatore Marco Aurelio, poco lontane dalla città scaligera.[35][36]

 
Le invasioni dell'Impero romano

L'imperatore Gallieno, nel 265, fece allargare le mura della città fino ad includervi l'Arena, fortificandola in soli sette mesi, dall'aprile al dicembre dello stesso anno, come è attestato dalla scritta sull'architrave di Porta Borsari: questa decisione venne presa dopo che gli Alemanni si erano spinti sino a Ravenna. Con Gallieno si aprì un periodo di tranquillità per la città, ma garantirne la sicurezza comportò oneri e tasse sui cittadini che la resero meno fiorente. Sotto Claudio II il Gotico le mura servirono da deterrente all'assedio della città da parte degli Alemanni che, scesi nuovamente in Italia, decisero di lasciarla da parte.[37]

Verona ebbe una lenta conversione al Cristianesimo e talora si trovò sulle posizioni delle prime eresie: Ario, Fotino di Sirmio ed Elvidio. Fu solo con san Zeno vescovo che l'ortodossia cristiana (secondo le disposizione dei concili di Nicea, di Calcedonia e di Efeso) si impose. Il IV secolo fu per la città un periodo relativamente tranquillo e solo dopo il V secolo si ebbero nuove battaglie: già nel 401 i Goti invadevano il Veneto e nel 402 il re dei Goti Alarico I, battuto, si rinchiuse dentro Verona. Nel 403 i Goti vennero nuovamente sconfitti nella battaglia di Verona.[38] In questo periodo le invasioni furono molto frequenti: nel 452 il re degli Unni, Attila, invase l'Italia e con mezzo milione di uomini lasciò una scia di distruzione che terminò proprio a Verona: qui gli venne incontro una delegazione del Senato romano, composta da papa Leone I, dal console Gennadio Avieno e dal prefetto Trigezio, la quale convinse il re unno a tornare in Pannonia.[39]

Caduta dell'impero e primi regni romano germanici modifica

Odoacre, capo degli Eruli e dei Turcilingi, popoli che facevano parte dell'esercito imperiale, depose Romolo Augusto e mise fine all'Impero romano d'Occidente nel 476. Odoacre non ebbe investiture ma governò di fatto e lasciò un buon ricordo nei veronesi.[40] Non mutò nulla del governo precedente, e da ariano non avversò i cristiani latini di credo niceo-efesino. Applicò una regola romana del passato per pacificare il suo esercito: confiscò ai latifondisti un terzo delle terre e le ridistribuì ai suoi soldati. Rilanciò l'agricoltura e l'economia, agevolando i contadini con sgravi fiscali e liberando gli schiavi, che divennero servi della gleba, formalmente liberi, anche se ancora vincolati a padroni.[40] Verona rimase città di primaria importanza militare anche sotto Odoacre. Egli riuscì a fermare i Rugi, ma non poté fare niente contro gli Ostrogoti di Teodorico il Grande, mandati in Italia da Zenone, imperatore d'Oriente. Nel 488 partirono più di 300 000 Ostrogoti[40] verso l'Italia. Teodorico il Grande riuscì a battere Odoacre nella battaglia di Verona, svoltasi il 30 settembre nella zona detta campus minor Veronensis (quasi sicuramente la zona che nel basso Medioevo veniva chiamata campanea minor Veronensis), cioè dove oggi si trova San Martino Buon Albergo;[41] Odoacre fu obbligato a fuggire, rifugiandosi a Ravenna, dove capitolò dopo un assedio durato ben quattro anni.[42]

 
Statua rinascimentale in bronzo raffigurante Teodorico

Il regno di Teodorico iniziò quindi nel 493: capitale ufficiale divenne Ravenna, anche se Verona era il centro militare più importante e la sede preferita del re, tanto che in Germania era conosciuto come Dietrich von Bern, cioè Teodorico di Verona[43][44]: egli restituì alla città il suo splendore e rialzò le mura abbattute dalle precedenti incursioni barbariche, munendole di ben quarantotto torri, poiché la città rimaneva un luogo strategico per il contenimento dei Burgundi e degli Alemanni. Teodorico fece anche restaurare numerosi edifici, tra cui le terme e l'acquedotto, e fece costruire un palazzo che portasse il suo nome, sul colle San Pietro: il palazzo di Teodorico (non più presente).[45]

In politica interna seguì la strategia di Odoacre, anch'egli ariano, ma come ritorsione alla persecuzione da parte di Giustino I verso gli ariani a Bisanzio, vessò i Romani divenuti sospetti uccidendo il fedele consigliere Simmaco e fece arrestare Albino e Boezio, suo segretario che in prigione scrisse il famoso De consolatione philosophiae. Con la morte di Teodorico il dominio dei Goti continuò, anche se nel 535 l'Italia fu invasa dai Bizantini, e Verona era comandata da Ildibaldo, che venne in seguito eletto re dai capi goti dopo la caduta di Ravenna in mano bizantina (540). Alla morte di re Ildibaldo la corona passò al nipote Totila, ottimo politico e comandante: volendo eliminare i Bizantini dal suolo italiano seguì la politica di Teodorico, espropriando latifondi e accettando gli schiavi nel proprio esercito.

I Bizantini, con circa 12 000 uomini tentarono l'attacco a Verona, riuscendo a far entrare nottetempo dentro la cinta muraria un centinaio di soldati. I Goti, sorpresi, scapparono nelle colline a nord della città, ma accortisi del basso numero di soldati penetrati, e della discordia che serpeggiava fra i generali (per la spartizione del bottino) li attaccarono, costringendoli a fuggire e a ritirarsi oltre il Po[46]. Quando l'intero esercito arrivò ai piedi delle mura di Verona i comandanti bizantini decisero di non porre d'assedio la città, viste le ottime difese.

A Totila succedette re Teia, che governò in un periodo in cui, ormai, gli antichi edifici e le strade romane cominciavano a cadere in rovina: alla sua morte Verona resistette per qualche tempo all'esercito bizantino comandato da Narsete, aiutata nella resistenza anche dai Franchi che avevano invaso, nel corso del conflitto, le Venezie; Procopio narra che quando il generale Valeriano, dopo la sconfitta di Totila, tentò nel 552 di assediare Verona, il presidio, che già pensava di arrendersi disperando di resistere, fu salvato dall'intervento dell'esercito franco che si trovava nelle zone limitrofe.[47]

La guerra gotica ufficialmente finì nel 555, con la resa di Conza in Campania, ma nelle Venezie e nell'Italia transpadana vi erano ancora da scacciare i Franchi, oltre agli ultimi resti dell'esercito ostrogoto che ancora rifiutavano la resa; tra le sacche di resistenza ancora in mano agli Ostrogoti vi era anche Verona, che, insieme a Brescia, continuava a resistere. Nel 556 iniziarono le operazioni di riconquista di questi territori ancora al di fuori del controllo imperiale e già nel 559 Milano e gran parte delle Venezie erano in mano bizantina. Dovevano però resistere ancora Verona e Brescia.[48][49] Intorno al 561 Narsete, di fronte al rifiuto del comandante dell'esercito franco nel Nord Italia, Amingo, di concedere agli Imperiali il permesso di varcare il fiume Adige,[50] marciò contro i Franchi, che nel frattempo si erano alleati con un generale ribelle goto di nome Widin (che gli studiosi hanno supposto fosse il comandante del presidio di Verona)[51]; Narsete sconfisse entrambi in battaglia,[52] determinando l'espulsione dei Franchi dall'Italia e, più o meno contemporaneamente (561-562), la resa delle ultime sacche di resistenza gote, cioè Verona e Brescia, le cui chiavi vennero inviate a Costantinopoli; Verona cadde il 20 luglio 561 e Brescia nello stesso anno o al più tardi nel 562, mentre la notizia della resa delle due città giunse a Costantinopoli nel novembre 562.[53][54] Secondo alcuni studiosi, Verona e Brescia caddero in mano bizantina solo nel 561/562;[54] mentre altri, ritenendo inverosimile che la città abbia resistito così a lungo dopo la conclusione "ufficiale" del conflitto (555), ritengono più verosimile che la città fosse già in mano bizantina e che nel 561/562 si rivoltò insieme a Brescia, costringendo Narsete ad intervenire.[55]

Descrizione modifica

Urbanistica modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Mura romane di Verona.

Edifici principali modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Foro di Verona, Arena di Verona e Teatro romano di Verona.

Stato di conservazione modifica

Economia modifica

Religione modifica

Note modifica

  1. ^ Bolla, p. 17.
  2. ^ Solinas, p. 144.
  3. ^ Solinas, p. 147.
  4. ^ Solinas, p. 178.
  5. ^ a b Luigi Beschi, Verona, in Enciclopedia dell'arte antica, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1966.
  6. ^ Solinas, p. 55.
  7. ^ Solinas, pp. 54-55, 74-86.
  8. ^ Aspes, p. 442-443.
  9. ^ Aspes, p. 795.
  10. ^ Aspes, pp. 799-800.
  11. ^ Aspes, p. 800.
  12. ^ Solinas, p. 132.
  13. ^ a b Plinio il Vecchio, p. 130.
  14. ^ Aspes, pp. 782-800.
  15. ^ Solinas, p. 110.
  16. ^ T. Livio. Ab Urbe Condita. Liber V, 35.
  17. ^ Stella, pp. 28-29.
  18. ^ Zalin, pp. 2-3.
  19. ^ Buchi e Cavalieri Manasse, pp. 3-4, 52.
  20. ^ Stella, pp. 39-40.
  21. ^ Plutarco, De fortuna Romanorum, pp. 12, 325.
  22. ^ Stella, p. 38.
  23. ^ Buchi e Cavalieri Manasse, p. 15.
  24. ^ Stella, pp. 40-41.
  25. ^ Buchi e Cavalieri Manasse, p. 20.
  26. ^ Stella, pp. 42-44.
  27. ^ Buchi e Cavalieri Manasse, p. 23.
  28. ^ Stella, p. 53.
  29. ^ Solinas, p. 144.
  30. ^ Stella, pp. 53-58.
  31. ^ Buchi e Cavalieri Manasse, p. 35.
  32. ^ Solinas, pp. 151-152, 161-162.
  33. ^ Solinas, pp. 166-168.
  34. ^ Solinas, p. 178.
  35. ^ Zalin, pp. 11-13.
  36. ^ Solinas, pp. 181-183.
  37. ^ Solinas, pp. 183-184.
  38. ^ Solinas, pp. 184-190.
  39. ^ Gillett, pp. 114-115, 200.
  40. ^ a b c Solinas, p. 195.
  41. ^ Castagnetti e Varanini, p. 4.
  42. ^ Solinas, p. 196.
  43. ^ Castagnetti e Varanini, p. 6.
  44. ^ Conforti Calcagni, p. 37.
  45. ^ Solinas, pp. 196-197.
  46. ^ Castagnetti e Varanini, p. 9.
  47. ^ Solinas, pp. 201-203.
  48. ^ Solinas, pp. 202-204.
  49. ^ Ravegnani, p. 61.
  50. ^ Menandro Protettore, frammento 8.
  51. ^ PLRE IIIb, p. 923
  52. ^ Paolo Diacono, II,2; secondo tale fonte Widin venne esiliato a Costantinopoli, mentre Amingo «fu ucciso dalla spada di Narsete»
  53. ^ Agnello, in Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis 79, riporta la data della presa di Verona: il 20 luglio 561; mentre la notizia dell'espugnazione delle due città (Verona e Brescia) arrivò a Costantinopoli nel novembre 562 (cfr. Giovanni Malala, 492; Teofane Confessore, A.M. 6055; Cedreno I, 679); da notare che Cedreno storpia i nomi delle due città chiamandole Viriam e Brincas.
  54. ^ a b Ravegnani, p. 62.
  55. ^ Antonio Ludovico Muratori, Annali d'Italia, s.a. 562.

Bibliografia modifica

  • Luigi Beschi, Verona romana. I monumenti, in Verona e il suo territorio, vol. 1, Verona, Istituto per gli studi storici veronesi, 1960, SBN IT\ICCU\PUV\0229597.
  • Margherita Bolla, Verona romana, Sommacampagna, Cierre, 2014, ISBN 978-88-8314-771-5.
  • Giuliana Cavalieri Manasse, Verona: la città oltre le mura, in Anales de Arquelogía Cordobesa, n. 29, Córdoba, Universidad de Córdoba, 2018, pp. 41-84. URL consultato il 17 novembre 2019.
  • Ezio Buchi e Giuliana Cavalieri Manasse, Il Veneto nell'età romana: Note di urbanistica e di archeologia del territorio, II, Verona, Banca Popolare di Verona, 1987, SBN IT\ICCU\FER\0058621.
  • Lionello Puppi, Ritratto di Verona: Lineamenti di una storia urbanistica, Verona, Banca Popolare di Verona, 1978, SBN IT\ICCU\LO1E\025596.
  • Giovanni Solinas, Storia di Verona, Verona, Centro Rinascita, 1981, SBN IT\ICCU\SBL\0619693.