Utente:Brigante mandrogno/Sandbox21

Cattedrale di San Pietro
Prospetto della cattedrale, carta bianca, matita, acquerellatura, XIX secolo
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione  Piemonte
Località Alessandria
Coordinate44°54′48.36″N 8°36′58.3″E
Religionecattolica di rito romano
Consacrazione1175
FondatoreRufino Bianchi
Guglielmo Brasca
ArchitettoRuffino Bottino
(ampliamenti del XIII secolo)
Stile architettonicoromanico
gotico lombardo
Inizio costruzione1170
Completamento1175
1292 (ampliamenti del XIII secolo)
Demolizione1803

«Anno Milleno centino terqueviceno,
his iunctis octo fuit Alexandria facta,
et fù dalli otto Luoghi divisa in quatro quartieri
cioè Gamondio, Marengho, Roboreto, Bergoglio
et insieme con li elletti di Quargnento, Solario, Villeforis, Uvilij,
li quali tutti sono li otto luoghi,
et così tutti insieme fù stabilito si facesse la Chiesa Cathedrale
[...]
et del subito si diede aviso à Sua Santità,
il quale mandò fosse intitolato Santo Pietro
»

L'antica cattedrale di San Pietro in Alessandria fu edificata contestualmente alla fondazione della città. Per oltre seicento anni, con demolizioni, rifacimenti, abbellimenti e riadattamenti, è stata il cardine principale del tessuto urbano alessandrino religioso e civile. La cattedrale venne demolita nel 1803 su ordine di Napoleone Bonaparte[1].

Contesto storico-geografico: la fondazione della città di Alessandria

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Alessandria.
 
Immagine allegorica della città di Alessandria e di Bergoglio con in primo piano il ponte in legno sul fiume Tanaro. Sulla sinistra è riconoscibile la facciata dell’antica cattedrale. Anonimo, miniatura del Codex Astensis, XIII secolo.

Tra il 700 e l'anno 1000 il territorio che vide nascere la città di Alessandria si presentava ancora scarsamente abitato, con l'eccezione di alcune curtes regiæ che ricalcavano gli insediamenti più antichi: Forum (Villa del Foro), Roboretum (Rovereto), Bergolium (Bergoglio), Marenghum (Marengo) e Gamondium (Gamondio, in seguito Castellazzo).

A questi si aggiungevano centri autonomi come Solerium (Solero), Quargnentum (Quargnento) e Felizzano. La struttura amministrativa e politica dell'epoca non permise un significativo sviluppo culturale e sociale degli abitanti che però mantennero gli scambi commerciali con i vicini centri abitati accrescendo esperienza e ricchezza. i centri abitati citati si formarono e crebbero ulteriormente fino poi a creare quella che verrà fondata e chiamata Alessandria.

È importante sottolineare che, di fatto, Alessandria esisteva già ancor prima della sua fondazione formale. I vari centri abitati dell'agro avevano già avviato numerose relazioni con i territori confinanti: acquisto di terreni, alleanze e accordi[nota 1]. Nello stesso periodo, e forse anche antecedente, vennero anche edificate alcune chiese tra le quali - la più importante - quella di Chiesa di Santa Maria di Castello nel cuore di borgo Rovereto. Già agli albori della sua nascita, Alessandria favorì della strategica posizione alla confluenza tra Tanaro e Bormida.

Nata la città di Alessandria[nota 2] essa si fondò in un primo momento dall'unione demica di Gamondium, Marenghum e Bergolium. Questo si evince nel testo dei reclami contro Cremona del 1184 dell'imperatore Federico ove indica i promotori e autori della fondazione della nuova città: «de tribus locis, Gamunde vicelicet et Meringin et Burgul». Non è descritto il nome del luogo dell'incontro, anche se pare già indicato con una certa precisione nella specificazione del sito sul Tanaro dove il trasferimento fu più breve: Bergoglio[2]. Ai tre luoghi citati si aggiunsero in seguito Roboretum, Solerium, Forum, Vuilije (Oviglio) e Quargnentum. In questo le popolazioni furono supportate, economicamente, dalla "Superba" e dai comuni della Lega Lombarda in contrasto con il marchesato del Monferrato, principale alleato di Federico Barbarossa.

Fra Giacomo di Acqui nella sua "Chronica Aquensia" afferma: « [...] Causa autem quare Alexandria fuit facta est ista, quia Marchiones Montisferrati gravabant illa loca, quae se simul posuerunt, quae sunt Rovetum, Marenchum, Gamondium et Bergolium»[3].

La data ufficiale di fondazione di Alessandria è il 3 maggio 1168, anche se in quel momento ha già raggiunto una configurazione topografica, urbanistica e amministrativa definita.

XII secolo: fondazione

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Rappresentazione grafica raffigurante il tessuto urbano di piazza Reale di Alessandria (in seguito piazza della Libertà) verso la metà del secolo XVIII. In evidenza, al centro, l'antica Cattedrale
 
Posizione dell'antica cattedrale inserita nel tessuto urbano a tutto il 2021.
 
Ipotesi rappresentativa dell'antica cattedrale di Alessandria

La necessità di costruire la cattedrale non ebbe puramente un significato religioso, ma anche civile, politico e strategico. Un luogo di incontro di popolazioni differenti e di stratificazione di interessi diversi. Queste, tra le altre, le condizioni che accesero il processo sinecistico che diede vita ad Alessandria:

Come si evince dagli Atti Municipali dei Fabbricieri della cattedrale[4], l'atto di fondazione della città sancisce anche la volontà di edificare la cattedrale: «et così tutti insieme fu stabilito si facesse la Chiesa Cathedrale». Le prime notizie, dunque, risalgono alla seconda metà del XII secolo, quando fu eretta, tra il 1170 ed il 1175, una prima chiesa[5] dedicata a san Pietro apostolo: «et del subito si diede aviso à Sua Santità, il quale mandò fosse intitolato Santo Pietro».

Nel gennaio dell'anno 1170[nota 3], i consoli della città, Rufino Bianchi e Guglielmo de Bergasce, acquistarono un terreno sul quale costruire la chiesa, e la donarono, una volta giunti alla corte pontificia di Benevento, ad Alessandro III, «Deo, & Beato Pietro, & vobis prefato D. Papae Alexandro [...] in perpetuum terram proprii juris nostri, quae est infra praedictam civitatem quam populus ipsius ad costituendam sibi ecclesiam emit [...]»[6]. Al termine dei lavori di edificazione, nel 1175, la chiesa fu elevata alla dignità di cattedrale.

L'atto di donazione della chiesa da parte dei consoli alessandrini è presente nel Liber Crucis della città. Si tratta di una copia del XIII secolo, come evidenzia Francesco Gasparolo nella sua edizione critica del 1889[7], ove segnala che Amizone Butraffo, podestà coevo, ordinò ai notai di ricopiare in un codice tutti i documenti e gli atti importanti della storia del Comune. Tra questi venne ricopiato anche il De ficto dando domino pape[8] (in italiano: Il tributo da dare al Papa) che verte, appunto, sulla donazione della chiesa, destinata a divenire cattedrale, sulla fedeltà della città al papa e sulla istituzione di una tassa da versare ogni anno il giorno di San Martino:
«In nomine domini. Anno dominice incarnacionis Millesimo centesimo sexagesimo nono et undecimo pontificatus domini nostri Alexandri tertii summi pontificis et universalis pape, mensi ianuario tercia indicione. Nos Rufinus blancus et Willelmus de bergasce, consules de civitate Alexandrie notum facimus quidem in presencia dominorum bernardi portuensis episcopi Ubaldi tituli sancte crucis, Iohannis tituli sanctorum iohannis et pauli, Ildeprandi tituli basilice duodecim apostolorum, Iohannis tituli sancte anestaxie, Alberti tituli sancti laurencii in lucina, Guillelmi tituli sancti petri a vincula, Bosci tituli sancte potenciane, Petri tituli sancti laurencii in damaso, Iohannis tituli marcii, Teodini tituli sancti vitalis presbiterorum cardinalium et Iacinalii sancte marie in cosmidin, Cencii sancti adriani, Mainfredi sancti georgii, Ugonis sancti eustachii, et Petri sancte marie in aquiro diaconorum cardinalium et subscriptorum testium qui ad hoc rogati venerunt, Petri videlicet Sarazeni senescalchi, Iohannis Ancille Dei seneschalchi, Petri buticularii, Alberti et Albertinelli ostiariorum, ex parte omnium consulum et populi predicte civitatis per fustes offerimus deo et beato petro et vobis prefacto domino nostro pape Alexandro vestrisque catholicis successoribus sancteque romane ecclesie in perpetuum terram scilicet proprii iuris nostri que est infra predictam civitatem quam populus ipsius civitatis ad constituendam ibi ecclesiam emit. Et per eandem investituram volumus terram ipsam omni tempore romane ecclesie iure proprietario pertinere. Preterea de comuni conscilio Consulum et totius populi mandato militum domos et mercatorum et quorum facultas videbitur sufficiens ad boves abendos de singulis domibus tres denarios quidem terre in festo beati Martini exsolvent singulis annis. Ceteri de singulis domibus unus denarius et infra octavas beati Martini solvent ei cui romanus pontifex iusserit. Consules vero qui per tempora ibi constituentur fidelitatem vobis vestrisque successoribus omni occasione et contradicione remota iurabunt. Nos quoque demandato aliorum consulum et populi civitatis vobis fidelitatem fecimus. Et populus quando communiter iurabunt consulibus singulis, scilicet trienniis sicut constitutum est, iurabunt pariter et romano pontifici hoc scriptum quia interfui scripsi. Ego Fulco notarius et scriba sacri beneventiani pallacii. / Ego Petrus sarazenus senescalcus / Ego Albertinus hostiarius / Ego Guiscardus / Ego Albertus hostiarius / Ego Petrus buticularius / Ego Petrus qui dicor ferrarius notarius sacri palatii auctenticum huius instrumenti vidi et legi et ut in illo reperi in hoc scripsi nichil addens vel muttans preter punctum sillabam vel litteram. / Ego Willelmus notarius sacri Palatii auctenticum huius instrumenti vidi et legi et subscripsi. / Ego Otto notarius sacri Palatii auctenticum huius instrumenti vidi et legi et subscripsi.»[nota 4].

Di fatto Alessandria, con questo atto e con il rapporto privilegiato venutosi a creare con la Santa Sede e con papa Alessandro III[9], diviene una signoria feudale del pontefice.

Su richiesta dell’arcivescovo di Milano, Galdino della Sala, dei consoli di Milano e dei rettori di Lombardia e della Marca, nell'anno 1175, e quindi a chiesa quasi ultimata, il papa conferisce alla città lo ius episcopale[10]: Alessandria diviene diocesi[nota 5]. Papa Alessandro III onora con la dignità pontificale «la chiesa e la città che è stata costituita in onore di San Pietro e per utilità e gloria di tutta la Lombardia». Primo vescovo eletto per la neonata diocesi di Alessandria fu il suddiacono[nota 6] della chiesa romana Arduino (o Ardoardo)[nota 7]. Successivamente, con il breve De novitate del 30 gennaio 1176[11] Alessandro III si scusa di aver eletto motu proprio il vescovo[12] e dichiara che questo non deve pregiudicare in futuro il diritto di nomina che spetta al capitolo della cattedrale. La diocesi è resa suffraganea dell'arcidiocesi di Milano.

Di questo edificio "romanico" originario nulla si sa nulla e nulla è giunto di rappresentazioni iconografiche. Come si scriverà più avanti, si possono notare alcuni particolari che raccontano una storia di interventi sicuramente di rilievo ma che non hanno snaturato totalmente l'origine della fabbricazione.

XIII secolo: ampliamenti

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Nel contesto della storia architettonica della cattedrale, il XIII secolo segna un periodo di significativi interventi strutturali, come evidenziato dalla documentazione storica e dalle modifiche architettoniche dell'edificio. Questa fase di lavori è testimoniata da fonti contemporanee e da interpretazioni storiografiche successive che offrono una visione dettagliata dell'evoluzione della cattedrale.

Nella prima metà del XIII secolo, documenti attestano l'esigenza di interventi rilevanti, come indicato dall'espressione «occasione faciendi tiburium dicta ecclesiæ»[13], per sostenere le quali vi fu un raddoppio dei contributi annuali alla Fabbrica della cattedrale: «[...] ordinamus, quod talia nunc ultimo ordinata, sive donum majoris ecclesiæ Alexandriæ, quæ, & quod fieri, & imponi debet omni anno pro laborerio, & fabrica ipsius ecclesiæ, duplicetur, & duplicari, & duplicata solvi debeat [...] »[nota 8]. Il termine tiburium in quel periodo potrebbe indicare una copertura o, più modernamente, una torretta campanaria sopra la crociera presbiteriale.

Altri interventi, più consistenti, sono stati identificati verso la fine del XIII secolo ad opera del faber et architectus Ruffino Bottino da Casale. I lavori citati furono preceduti, nel triennio 1289-1292, da una fitta corrispondenza e un Breve per la concessione di indulgenze per chi «manus porrexerint adjutrices alla Fabbrica della cattedrale, che fossero in opere, o donazioni, o legati[14].

A testimonianza di questi ultimi e più corposi lavori in cattedrale, si ha notizia grazie anche ad un’epigrafe commemorativa incisa su una lastra e posta all'interno dell'edificio[15][16], «Indictione nona Templum majus Civitatis per Magistrum Ruffinum Bottinum Casalensem, ut legitur in inscriptione fornicis, perficitur»[nota 9]:

MCCLXXXXVII. Indic(tione) x.
Factum fuit hoc opus
Per magistrum Ruffinum Botinum
De Casale Sancti Evasii

La lastra commemorativa è oggetto di divergenze interpretative tra Lumelli[15], che la localizza presso l'entrata, e Schiavina[17] - probabilmente più correttamente - nel presbiterio, indicando l'ambiguità dell'intervento di Ruffino Bottino la cui precisa collocazione potrebbe chiarire l'entità del suo contributo[18].

Gli annalisti e storici successivi hanno spesso esagerato il grado di intervento sulla cattedrale, celebrandolo come un significativo ingrandimento o addirittura una ricostruzione, nonostante le indicazioni di mantenimento delle strutture preesistenti. Una perizia dell'architetto Giuseppe Caselli del 28 gennaio 1803[19] analizza la torre civica, iniziata nel 1292 ma rimasta incompiuta per lungo tempo[20][21], stabilendo che essa fosse successiva alla chiesa, collegata esternamente dalla facciata ma claramente posteriore: «[...] L'estremità della Facciata verso mezzanotte vedesi per quanto compare esternamente in costruzione collegata con detta Torre, o Campanile da alto in basso, anzi circondata quasi per intiero la piccola Guglia all'estremità di detta Facciata, dal Pilastrone a angolo di detto Campanile, tra Ponente verso Piazza e mezzodì verso l'interno del Duomo suddetto, deducendosi con ciò essere detto Campanile di posteriore data di detto Duomo, e facciata».[22].

Pietro Casalini fornisce una pianta dettagliata della cattedrale a tre navate, con cappelle e sacrestie aggiunte dopo la fondazione romanica del XII secolo e la ristrutturazione gotica di fine XIII secolo. L'architettura interna evidenzia un sistema di sostegni alternati, stilisticamente desueti per l'epoca, che influenzano la modulazione dello spazio interno con campate maggiori nella navata centrale e minori nelle navate laterali, tutte coperte a crociera(26). La disposizione è interrotta nel presbiterio, insolitamente rettangolare e preceduto da una campata mediana, la presumibile ubicazione del tiburio.

Grazie al suo rilievo, da alcuni segnali costruttivi intellegibili dalle testimonianze scritte, dall'esperienza maturata con lo studio comparato di molti altri manufatti coevi, si evince quindi, come già si è accennato, che da un lato l'opera sia stata sì rimodellata nella sua struttura formale interna, ma dall'altro abbia conservato l'impostazione originaria romanica[5]. L’impianto è basilicale, suddiviso da pilastri alternativamente polistili – i maggiori – del tipo cosiddetto "milanese" e cilindrici, secondo un sistema costruttivo che già nel XIII secolo risultava desueto; i tre absidi tondeggianti in luogo della più "contemporanea" modalità poligonale. In conclusione, questi ed altri aspetti inducono dunque a pensare ad un sostanziale mantenimento dell'ossatura primaria.

Nel contesto architettonico della cattedrale, emerge un'interessante disamina delle strutture che si riflettono nei documenti grafici custoditi presso la Biblioteca Reale di Torino. Questi disegni, due in numero, offrono prospettive distintive dell'edificio: una raffigurazione frontale pone in evidenza la facciata principale e la torre civica[nota 10], mentre l'altra illustra il retro della cattedrale con particolare attenzione alle absidi. Si osserva che le modifiche apportate nel corso dei secoli non solo rispettavano la struttura originale, ma introducevano elementi estetici e funzionali contemporanei.

All'esterno, la facciata mostra un opus mixtum con fasce alternate di cotto e pietra, tipico del periodo e della regione, configurata con un tetto a capanna punteggiato da occhi di illuminazione. Elementi più tardivi, come torrette-pinnacoli e portali archiacuti, si fanno notare, specificamente il portale principale descritto nel disegno summenzionato, documentando la sua costruzione più tarda rispetto all'originale protiro. La modifca del portale è ricordata da un'epigrafe[23]: «Hoc Opus Huius Portæ Perfectum Fuit / Per Inocentium De Petrobono / Tempore M(assarii?) Thomæ Pederanæ / Maioris Ecclesiæ S. Petri De Alexandria / MCCCXXXIIII. Die Sexta Mensis Aprilis»[nota 11].

Nel secondo disegno si notano le porzioni medievali delle absidi, escluse le aggiunte e sopraelevazioni più tarde che si presumono risalire al tardo Cinquecento o all'inizio del Seicento, indicano chiare influenze romaniche piuttosto che gotiche. Questo è evidente nella gestione delle superfici convesse, che sono scandite da sottili lesene. Anche le tipologie di archeggiature presenti sui coronamenti e la configurazione della loggetta superiore dell'abside centrale riflettono questa tendenza, confermando una prevalenza dello stile romanico nelle strutture più antiche dell'edificio.

Questa analisi dettagliata delle caratteristiche architettoniche consente di comprendere meglio le fasi di sviluppo storico e stilistico della cattedrale, arricchendo la narrazione storico-artistica dell'edificio e fornendo un contributo significativo alla comprensione della sua evoluzione.

XIV e XV secolo

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Le cappelle laterali che si trovano lungo i due fianchi della cattedrale hanno rappresentato un interessante esempio di evoluzione architettonica e artistica legata sia alle dinamiche sociali sia a quelle religiose della città tra il XIV e il XV secolo. Originariamente, queste cappelle non erano disposte con la regolarità che si può osservare nelle rappresentazioni attuali della pianta della cattedrale[nota 12]. La loro costruzione è stata progressiva e spesso rispondente alle esigenze e ai finanziamenti delle più influenti famiglie alessandrine, le quali detenevano il patronato di tali spazi sacri.

Nel XV secolo, la cattedrale di Alessandria vide l'aggiunta di alcune cappelle laterali, che arricchirono il complesso architettonico e spirituale. Tra queste, la cappella di santa Caterina fu eretta nel 1434 dalla famiglia Ghilini, seguita dalla cappella di san Silvestro, fondata nel 1452 da Guglielmo Baschiazza. Questi sviluppi riflettono l'intensa attività di patronato e devozione religiosa del periodo, evidenziando il ruolo centrale della cattedrale nella vita comunitaria e spirituale di Alessandria.

Tra il 1478 e il 1484 fu realizzato, all'interno della cattedrale, il monumento funerario del vescovo Marco Cattaneo de' Capitaneis, vescovo di Alessandria[24]. Questo altorilievo è ancora visibile presso il corridoio di accesso alla sagrestia del nuovo duomo. L'opera è rilevante per la scultura funeraria del periodo e per la sua espressività artistica e devozionale.

XVI secolo

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L'avvio del nuovo periodo di interventi sulla cattedrale, coincidente con l'ultimo quarto del XVI secolo, risponde a esigenze di adeguamento ai dettami emessi dal Concilio di Trento e dai successivi Concili Provinciali di Milano, finalizzati al decoro e alla funzionalità degli edifici sacri. Una fase di notevole attività costruttiva si verifica in particolare dopo le indicazioni fornite dalla visita apostolica di Gerolamo Ragazzoni, svolta tra il 22 settembre e il 7 novembre 1576. Mons. Ragazzoni, noto per il suo rigore, intervenne decisamente contro le prassi ritenute obsolete o inappropriatamente trascurate, come evidenziato dalla sua azione risolutiva nei confronti degli altari trascurati e indebitamente collocati, che erano spesso accostati l'uno all'altro o addossati ai pilastri della chiesa, costituendo piccoli focolai di devozione privata e fonti di entrate limitate.

Durante la visita pastorale di Girolamo Gallarati del 1565, vennero censiti fino a trenta di questi altari, mentre molti tra essi furono smantellati nella successiva visita del 1593/1594, condotta da Gerolamo Confalonieri per conto del vescovo Ottavio Paravicini. Il delegato apostolico annotò specificatamente la rimozione degli altari, ordinata dal visitatore apostolico, perché inadeguatamente integrati con le strutture portanti o collocati in posizioni scomode: «Advertendum porro est quod Altaria [...] demolita fuerunt iussu R. mi d.ni Visitatoris Apostolici, quod adhærerent et affixa columnis Ecclesiæ essent, atque alijs locis incomodis»[nota 13].

Le opere di maggiore rilievo iniziarono nel luglio del 1585[25], «Julio mense, templum maximum Alexandriæ, quod jam situ, et vetustate obsoleverat, renovari cœptum est»[nota 14], all'inizio dell'episcopato del futuro cardinale Parravicini, e si estesero per almeno un paio di anni[26], «Eodem anno templum maximum D. Petri Alexandriæ prius cariosum, et obsolescens ob vetustatem, in illud, quod specitur, specimen, et concinnitatem [reficitur (?)], impensa partim fabricæ ipsius templi, partim Octavii Episcopi, et partim Canonicorum Collegii. Fanum D. Josephi, quod jam pridem cœptum fuerat, pecuniæ egestate imperfectum hactenus mansit, Octavius Episcopus ex aliquot ipsius templi censibus absolvendum curavit.»[nota 15]. Anche Ghilini fornisce una testimonianza dei lavori di quegli anni: «Si fece quest'anno un abbellimento necessario al Duomo di Alessandria: poiché essendo per sua antichità divenuto nero, s'imbiancò, e dipinse conforme à questi giorni nostri si vede.»[27]. Tali lavori risultarono sostanzialmente completati nel 1591, come Parravicini stesso riportò nella sua relazione durante la visita ad limina[28]: «Cathedralem squalidam, et omnino inornatam reperij, quam decentissimam reddidi, pavimentum construxi, universam intus renovatam pingere jeci, fenestras omnes vitreas in modernam formam redegi, luminosam reddidi, capellas omnes restitui»[nota 16].

XVII secolo

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Nel corso del primo trentennio del XVII secolo, la comunità e il vescovo unirono le loro forze per finanziare il completamento della Torre civica, attigua alla facciata della cattedrale. Come indicato nella sezione di riferimento di questa voce, i lavori, interrotti per trecento anni circa, furono ripresi nel 1608. Per quanto concerte l'architettura interna della chiesa, si registrano altri interventi significativi nel corso dello stesso periodo. Tra questi, spicca sicuramente la ricostruzione interna della cappella della Madonna della Salve, completata intorno al 1649 come descritto nella sezione dedicata.

Verso la fine del secolo, l'attenzione si spostò verso le sagrestie. In particolare, nel 1679 fu costruita la sagrestia di san Giuseppe, che venne decorata due anni dopo dall'estro dello stuccatore Gian Maria Aliprandi e dal pittore Pietro Bianchi, entrambi originari di Como[29].. Successivamente, intorno al 1695, fu ricostruita in una forma più raffinata la nuova sagrestia situata sul lato settentrionale, in sostituzione di una preesistente struttura demolita per l'occasione: «Fu demolita e rifatta in forma migliore la sagrestia antica e aggiungiamo anche fornita de' suoi banchi ad uso de' capitolari [...]»[30]. C'erano anche piani per una terza sagrestia che sarebbe dovuta sorgere vicino alla cappella di san Liborio, sul lato sud-orientale della chiesa[31]. Tuttavia, questi progetti furono abbandonati a causa delle numerose opposizioni[32][33][34], nonostante i costi fossero coperti dall'ingente lascito del vescovo Alberto Mugiasca[35].

Con i fondi del medesimo lascito, furono finanziati altri lavori significativi, tra cui la ricostruzione dell'altare maggiore. Quest'opera, realizzata in marmo bianco con finissimi intarsi policromi, si conserva, nonostante alcune alterazioni. Nel 1810 l'altare venne collocato nella cappella dell'Immacolata Concezione della nuova Catedrale e le alterazioni sono state dovute alla minore larghezza della cappella rispetto allo spazio del presbiterio dell'antica cattedrale[36]. La consacrazione avvenne nel 1695, come emerge dalla visita pastorale di mons. Giuseppe Tomaso de Rossi: «Visitavit Altare Majus, quod est totum marmoreum, ejusque mensam, seu aram consecratam a n.q. Ill.mo et R.mo DD. Carolo Octaviano Guasco Episcopo Alexandrino die 31 Octobris, ut ex lapide infixo a parte posteriori dicti Altaris versus Chorum sequentem referente Inscriptionem: Hoc Altare Majus consecratum fuit / ab Ill.mo et R.mo D.D. Carolo Octaviano / Guasco Episcopo hujus Civitatis / die 31. 8bris 1695.»[37]. Furono inoltre rinnovati gli stalli lignei del coro, che in precedenza erano stati descritti come «fracta, & male composita»[38][39], testimoniando un continuo impegno nella cura e nel restauro della chiesa.

XVIII secolo

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Nell'ultimo secolo del suo sviluppo, la cattedrale testimoniò un'intensa attività di arricchimento artistico, sostenuta economicamente dalle varie Compagnie costituite nelle singole cappelle. Queste imprese decorative iniziano con l'importante ciclo pittorico realizzato nella cappella di san Giuseppe nel 1713 e nella cappella di sant'Andrea nel 1723. Entrambe le opere furono frutto della collaborazione tra il bolognese Gian Antonio Gioannini, che si occupò delle quadrature, e l'astigiano Gian Carlo Aliberti, responsabile per le figure. Proseguendo, nel 1724, la cappella della Salve fu abbellita da affreschi, ancora una volta opera di Gioannini per le quadrature, mentre per le figure fu chiamato Giuseppe Bianchis, originario di Como[40][41]. Non meno rilevanti furono gli interventi decorativi per eventi speciali, come i due "cartelloni" realizzati in occasione della solennità di san Pietro nel 1769. Questi furono dipinti da Angelo Maria Perucchetti di Como e Francesco Siliprandi di Parma per gli aspetti architettonici e da Felice Andrietti di Alessandria per le figure[42].

Un'altra notevole aggiunta furono le "macchine", strutture di grande impatto scenografico. Ad esempio, nel 1780, fu commissionato ai fratelli Galliari la realizzazione di un gruppo di tele destinate all'apparato del Santo Sepolcro[43]. L'apparato del Sepolcro aveva suscitato consensi entusiastici: «Sappiamo che stranieri illustri da lontano partirono a bello studio, non trattenuti dai disagi della stagione, per fruire un momento le delizie di questo elegante sfoggio di classica scenografia uscita dal pernello dei fratelli Galliari.»[44]. Oltre a queste manifestazioni di splendore, la cattedrale fu oggetto di continui lavori di manutenzione. Le spese di fabbriceria indicano che tali interventi erano sia accurati sia frequenti[45][46][47], interessando le strutture, i tetti, i pavimenti, così come gli arredi marmorei e lignei. La necessità di tali interventi era evidente data l'età avanzata dell'edificio, come emerge da una perizia effettuata dal capo mastro Domenico Caselli il 17 ottobre 1751: «[...] ho visitato detta Chiesa Catedrale si e ritrovatto che il muro della faciatta strapiomba in fori verso la piazza quale si vede due spacature ne muri lateralli della navatta magiore di mezo è marcitta ne primi Archi verso detta faciatta non ostante che tempo fa li ano posto due chiavi che prendono dal muro di detta faciatta sino al primo pilastrone delle due prime Archatte, ma nella di mezo continua di presente marcire con dette spacature [...]»[48]. In risposta a queste problematiche, si procedette con solerzia ad irrobustire le murature mediante l'uso di tiranti, a sostituire le parti mobili o a rimuovere quelle irrimediabilmente deteriorate, come i due leoni stilofori sulla facciata, ultimi residui del protiro medievale, rimossi nel 1790.

Nonostante gli sforzi impiegati nella sua conservazione e abbellimento, il destino della cattedrale fu presto segnato in maniera irreversibile, con cambiamenti profondi dettati dalle vicissitudini storiche e dalle decisioni arbitrarie degli uomini.

XIX secolo: demolizione

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L'antica cattedrale resistette fino agli inizi dell'Ottocento, fino a quando, in pieno regime francese e all'indomani della Battaglia di Marengo, Napoleone ne decretò la fine ordinandone la demolizione. Non fu ritenuta idonea, anzi ingombrante, nell'ambito della riorganizzazione funzionale urbana della città voluta dall'imperatore francese. Due articoli scarni quanto perentori di un documento emesso il 18 novembre 1802[nota 17] e sottoscritto da Napoleone[49], segnarono il destino ultimo della cattedrale:

  • Art. 1er. La Cathédrale de la ville d’Aléxandrie qui encombre la place d’Armes sera démolie. Les matériaux seront employés aux fortifications[nota 18];
  • Art. 2e. Les Ministres de l’Intérieur, des finances et de la Guerre sont chargés de l’éxécution du présent Arreté[nota 19].

Tra il 31 gennaio e il 1 marzo del 1803 fu dunque rasa al suolo a colpi di cannone e polvere nera.

Descrizione

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Introduzione: viaggi e visite pastorali

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Anonimo, Veduta del domo d'Alessandria della Paglia, acquerello, metà XVIII secolo, Biblioteca Reale di Torino. Il disegno contestualizza la cattedrale nella platea major[nota 20].
 
Anonimo, Veduta del domo d'Alessandria per di dietro, ibidem. È raffigurata la zona absidale composta dalle consuete absidi a tracciato semicircolare[nota 21].
 
Gian Battista Rossi, La torre civica e campanile annessa alla antica Cattedrale di Alessandria, riproduzione di disegno, matita su carta bianca.

Nell'arco del XVIII secolo si possono riscontrare alcune descrizioni della cattedrale di San Pietro che possono aiutare alla comprensione delle aree circostanti e degli spazi interni. Un interessante manoscritto del 1775[50], redatto dal canonico casalese Giuseppe De Conti, racconta il suo punto di vista durante un viaggio da Casale a Roma[nota 22]: «Fra gl’edifici sagri (Alessandria) può primo vantarsi della sua Cattedrale isolata, vasta a trè navi, con esterni in semigottico gusto alternati di mattonelle e pietre con sobrii portichetti, e gallerie. Alla porta maggiore prospiciente sulla Piazza tiene un peristilio barbaro di rimarco. Nell’interno fà pompa della Cappella di S. Giuseppe, ben frescata sulle volte, e con un’icona in tela nell’altare di qualche considerazione. V’è anche la Cappella della Salve bene abbellita di marmi, pitture, dorature. L’architetto di questo tempio fu nel 1300 mastro Bottino di Casal S.t. Evasio, come sta scolpito in una lapide, riportata dal Ghilini storico di questa città. La Piazza maggiore, che tiene davanti è spaziosa di forma quadrilunga quasi regolare».

Molto importanti, per la descrizione degli edifici religiosi, sono le visite pastorali diocesane dei vescovi. Una, del vescovo Giuseppe Tomaso de Rossi del 22 giugno 1760[51], presenta le strutture interne nei verbali della sua visita: «Visitavit Corpus dictæ Ecclesiæ Cathedralis, quod constat tribus Alis, quarum media est major, reliquæ duæ laterales sunt minores. In Capite majoris attollitur altissima Testudo alluminata finestris, et fulcitur duobus [...] ibus Presbyterii, ac duabus Columnis; subtus dictam Testudinem efformantur quatuor magni arcus, et in medio illius qui est in prospectu fulgent Insignia praefacti DD. Episcopi in tela picta espressa, et hinc inde illa praefatæ Ill.me Civitatis expressa pariter ut supra. Sequuntur hinc inde pariter in dicta Ala tres alii magni Arcus, in eorum singuli includentes duos alios minores, qui sustentantur a sex columnis comprehensis supra relatis. Haec ala major, quemadmodum et praedictæ laterales, est opere fornicato constructa [...]»[nota 23].

Alessandria fu una delle prime tappe che Donatien-Alphonse-François de Sade scelse durante il Voyage d’Italie, dopo la fuga precipitosa dalla Francia. Si fermò a dormire la notte del 26 luglio 1775 e descrisse così la piazza e la chiesa: « [...] La piazza è lunga, ma mal costruita. Vi si stava costruendo, quando la visitai, un edificio abbastanza piacevole, ma che da solo non l’abbelliva mai. La cattedrale, di tipo gotico e senza alcun ornamento esteriore, prende da sola quasi un intero lato della piazza e nasconde un municipio discreto, situato su una specie di prolungamento dietro alla piazza.»[52].

Contesto urbanistico: Platea Maior

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Piazza della Libertà (Alessandria).

Con la fondazione della città di Alessandria, e la contestuale edificazione della cattedrale, nasce anche la Platea Maior[nota 24]. Con la civitas nova il baricentro si sposta da borgo Rovereto alla Platea Maior, posizionata strategicamente nel cuore del nuovo costruito urbano. La piazza si afferma come fulcro centrale rivestendo da subito un ruolo epicentrico del comune. Qui sorsero, formando un complesso direzionale coeso con la cattedrale, il Palatium Vetus, che ospitava gli organi del potere comunale, e il Palatium Novum, sede del municipio. Nel contesto medievale, la Platea Maior non era quindi soltanto uno spazio pubblico, ma il cuore pulsante della vita civica, amministrativa e religiosa di Alessandria; i suoi edifici erano anche luoghi di incontro per i cittadini, dove si svolgevano assemblee e discussioni pubbliche.

Come evidenziato nel Codex Statutorum Magnifice Communitatis Atque Diœcæsis Alexandrinæ[53], la "piazza maggiore" riveste un'importanza fondamentale nella storia urbanistica della città. Questo documento, pur nella sua versione stampata del 1547[nota 25], ci offre una visione dettagliata delle funzioni sociali, commerciali e religiose della piazza nel corso dei secoli.

La piazza era un'importante area commerciale, ospitando mercati settimanali e fiere annuali. Il mercato del pesce, delle erbe e dei frutti si teneva sotto i portici della cattedrale, una struttura che, come in altre città medievali[nota 26], fungeva da polo di attrazione per le attività mercantili. Durante le fiere, la piazza si trasformava radicalmente, accogliendo tende e banchi di mercanti provenienti da altre città, il che richiedeva una complessa organizzazione logistica, come evidenziato dalla descrizione delle levatæ e dei ponti che facilitavano il transito e l'accesso agli spazi di mercato inframezzati dal reticolo delle bealere[nota 27].

Oltre ai suoi portici, che come si è visto dimostrano l'interconnessione tra sfera religiosa e commerciale, la cattedrale svolgeva anche un ruolo cruciale nella vita politica della città, ospitando riunioni del consiglio comunale e la torre, con il campanile alla sommità, fungeva da archivio per i documenti municipali.

Del 1845 è una breve pubblicazione delle "Memorie di Pietro Civalieri scritte nel 1845 circa"[54] in cui descrive la piazza e le parti esterne alla cattedrale: « [...] Cosicché lo spazio di facciata al Duomo chiamavasi piazza del Duomo, e quello di fianco piazza di San Giuseppe, ove giocavasi al pallone; e dietro al Duomo eravi anche piazza e v'erano le case dei Ghilini e quelle de' Merlani. [...] Appoggiato al campanile era un arco sotto la cui apertura passavasi per andare intorno al Duomo, e sull'attuale via deJ]e Scuole, e dall'altro lato contro una casuccia con tre portichetti, che serviva da corpo di guardia centrale. [...] L'antica piazza era lunga trabucchi 41 da mezzodì a settentrione. Dal corpo di guardia che era laterale al Duomo, quasi parallelo alla via Ravanal, sino a Porta Trionfale, cioè al Palazzo del Governo, larga trabucchi 20; e dall'angolo della via Crosa al muro del Duomo trabucchi 18; e nel suo complesso di superficie moggia 2,4,8. L'attuale piazza da mezzodì a settentrione trabucchi 42 (il trabucco di più dell'antica è acquistato dal sedime del palazzo del governo, a cui abolivansi li portici). Dall'angolo della Crosa al Palazzo Reale trabucchi 47, con la superficie di moggia 5,7.».

Esterno

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Facciata

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Ancora dalle "Memorie di Pietro Civalieri"[54] in cui descrive la facciata: « [...] Aveva la facciata verso ponente e l'altar maggiore ad oriente, come tutte le antiche chiese, e ad essa venne verso settentrione appoggiato il famoso campanile, il quale consisteva in un corpo di fabbrica quadrato e vasto, che superava nell'altezza la facciata della chiesa, la quale sorgeva nel mezzo, piramidale secondo l'antico stile tedesco, volgarmente chiamato gotico. [...] La facciata della cattedrale era orizzontalmente rigata a strisce rosse e bianche ]e quali si alternavano. Sulle due guglie eransi collocati il gallo e l'angelo trasportati da Casale nell'occasione del sacco dato a quella città nel 1215. [...]».

Fianco meridionale

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Fianco settentrionale

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Zona absidale

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Torre civica e campanile

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La torre civica e campanile rappresenta un esempio significativo delle vicende storiche che hanno caratterizzato le strutture cittadine nel corso dei secoli. Nonostante non sia probabilmente mai stato completato nella sua interezza[55], torre e campanile hanno avuto un ruolo centrale nella vita religiosa e sociale di Alessandria fino alla sua demolizione all'inizio del XIX secolo. Questa struttura era destinata a svolgere una doppia funzione: servire da archivio per il Comune e da campanile per la chiesa. I collegamenti tra la torre e la cattedrale erano garantiti da una scala a chiocciola costruita all'interno delle mura.

Durante il XV secolo, il Comune di Alessandria - detentore di specifici diritti sulla gestione del campanile, diritti spesso fonte di conflitto con l'autorità ecclesiastica, come nel caso della lite sostenuta dal vescovo Deodato Scaglia[55] - si impegnò a garantire il mantenimento e il completamento della struttura. Fu così che venne stabilito un dazio aggiuntivo con lo scopo esplicito di finanziare la costruzione del campanile, situato nella piazza principale vicino alla maggiore chiesa della città, come citato nei documenti del tempo: "ad opus campanillis construendi super plathea mayori et prope Ecclesiam majorem dicte ciuitatis."[55]. Tuttavia, la necessità di costruire il ponte sul Tanaro divenne presto prioritaria e i fondi raccolti furono dirottati verso quell'opera, rallentando i lavori sul campanile[nota 28]. Nel 1488, il 25 gennaio, Gian Galeazzo Maria Sforza ratifica una deliberazione del Comune[55]: «quod interea et donec (pons tanagri) coopertus furit in suspenso remaneat fabrica et constructio campanilis»[nota 29].

Il campanile rimase incompleto fino al XVII secolo quando, nel corso del primo trentennio del secolo, fu deciso di utilizzare un credito che la città vantava nei confronti di Bernardo Guasco per finanziare la realizzazione di pilastri e la copertura del campanile, sotto la direzione di Guido Antonio Lanzavecchia, uno dei "fabricieri" dell'epoca. Si stabilì che il denaro dovesse essere speso entro il mese di novembre dello stesso anno, con l'obbligo per Lanzavecchia di restituire i fondi se l'opera non fosse stata completata entro i termini stabiliti[56].

I lavori, interrotti per trecento anni a causa di guerre e altre calamità, furono dunque ripresi nel 1608, «La Città di Alessandria ripiglio alli diecisette di Settembre con grandissima allegrezza la fabrica del Campanile della sua Chiesa Cathedrale, che dal anno MCCXCI fu cominciata [...]»[57]; e portati a termine nel 1629. In quell'anno, la struttura, ormai completata, fu dotata di campane, come si evince da un ordine di pagamento del 3 agosto 1628 di 100 ducatoni, «per far il Coperto al Campanile»[58]. Sappiamo anche che le campane furono poste il 13 dicembre 1629 grazie alla testimoniznaza lasciata da Girolamo Ghilini: «[...] Fu anche memorabile quest'anno, poiché essendosi finito di coprire la Torre, o sia Campanile del Duomo di Alessandria, vi furono poste alli tredici di Decembre le Campane.»[59].

Il campanile subì ulteriori avversità, in particolare relative alle sue campane. Nel 1745, ad esempio, le campane furono rimosse e il Governatore propose alla città di riscattarle, specificamente quelle dell'orologio e dell'allarme incendi. Questa soluzione, tuttavia, fu di breve durata: le truppe francesi, durante la loro campagna di spoliazione dei campanili italiani, ordinò che le campane fossero nuovamente tolte e inviate alla zecca nazionale[56].

La torre civica/campanile, pur non essendo sopravvissuta ai cambiamenti politici e alle vicissitudini storiche, rimane un simbolo della resilienza e dell'identità culturale di Alessandria, testimoniando le molteplici sfide affrontate dalla comunità nel corso dei secoli.

Così Pietro Civalieri descrive il campanile nelle sue "Memorie"[54]: « [...] e ad essa (la facciata, ndr) venne verso settentrione appoggiato il famoso campanile, il quale consisteva in un corpo di fabbrica quadrato e vasto, che superava nell'altezza la facciata della chiesa, [...] Sulla facciata del campanile v'erano tutti li quadranti orali che sono ora sul palazzo civico (Palazzo del Municipio, ndr) e sulla porta del medesimo eravi il monumento che la tradizione vuole fosse eretto a Gagliaudo, il quale atterrandosi il Duomo fu conservato in un magazzeno e nel 1814 posto suU'angolo dell'attuale Cattedrale.[...]».

Cimitero

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Interno

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La ricostruzione dell'interno è una speculazione basata sulle fonti e su quanto ancora esiste ed è stato traslato nella nuova cattedrale. (riprendere gli incipit, per quelle areee presenti, delle descrizioni di Civalieri & Co. e sviluppare)

Piedicroce

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Piedicroce

Cappella della Beata Maria Vergine della Salve
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  Lo stesso argomento in dettaglio: Madonna della Salve.

Madonna della Salve, e anticamente Madonna dello spasimo, è uno degli appellativi con cui la Chiesa cattolica venera Maria madre di Gesù. È patrona della diocesi di Alessandria[61]. La rappresentazione iconografica è resa in forma di scultura in legno di pioppo che, nella religione cattolica, raffigura Maria sorretta da Giovanni ai piedi della croce[61].

Il fenomeno miracolo del 1489, descritto nell'approfondimento qui a lato, portò alla ristrutturazione di un'altra cappella sullo lato nord della chiesa, precedentemente abbattuta per far posto alla nuova sagrestia, al fine di accogliere il venerato simulacro[62][63][64]. Per la sua decorazione, il maestro Martino de' Verzoni fu incaricato dei lavori producendo un lavoro in marmo per l'altare dedicato alla Beata Maria Vergine, come indicato dalla quietanza del 21 agosto 1490, che ne attestava la realizzazione[65]: «qui fabricavit ornamentum, & opus marmoreum ad altare Beatæ Mariæ Virginis in ecclesia majori»[nota 30]. Il Ghilini descrive la situazione in questo modo: «Era tanta la moltitudine delle persone, che à questa santa Statua concorrevano, che gli Alessandrini fecero fabricar' un Altare, e sopra di esso la collocarono, come in un luogo più onorevole, & opportuno»[66].

Nel contesto delle ristrutturazioni avvenute nel XVI secolo, fu anche trasferito il simulacro della Madonna della Salve nella cappella dedicata alla Purificazione e a san Perpetuo, ricavata nell'absidiola settentrionale nel 1592 come descritto dal Ghilini: «[...] di poi, alli ventiquattro di Aprile, giorno di San Giorgio Martire, fù nel Duomo di questa Città dal suo primiero luogo trasportata la miracolosa statua di Maria Vergine a l'Altare di San Perpetuo nell'istessa Capella a quel Santo dedicata [...]»[67][68].

Nel XVII secolo avvenne una ulteriore ricostruzione interna della cappella della Madonna della Salve, completata intorno al 1649. In quell'occasione, la cappella fu probabilmente sopraelevata per includere una galleria dove furono conservate le reliquie altamente venerabili della Vera Croce e della Sacra Spina, precedentemente situate in una cappella vicina dedicata a san Giovanni Nepomuceno: «[...] diremo, che alli quattordici dell'istesso mese di Settembre, giorno dell'Esaltazione della Santissima Croce, fu levata la Cassa, dove stà il pezzo della sudetta Croce, insieme con la Spina, e l'altre Sante Reliquie, dalla Capella comunemente chiamata della Croce, nel Duomo di Alessandria, e si collocò sotto la volta della Capella ivi contigua della Salve, doppo esser'ella stata riedificata, e di vaghi ornamenti abbellita, come si vede al presente.»[69][70][71].

Cappella di San Giuseppe
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I lavori alla grande cappella di san Giuseppe, situata oltre l'ingresso della navata meridionale, si conclusero dopo il 1594[72], segnando il completamento di un intenso ciclo di rinnovamento funzionale e miglioramento estetico dell'interno della cattedrale durante la seconda metà del XVI secolo.

Dalle "Memorie di Pietro Civalieri"[54] in cui descrive la cappella di san Giuseppe: « [...] A lato della chiesa verso mezzodì erasi posteriormente costrutta una vasta cappella dedicata a San Giuseppe con le elargizioni dell'antica famiglia Sacchi ora estinta. [...] Sulla facciata della Cappella di San Giuseppe eranvi dipinti gli stemmi gentilizi di San Pio V e di Pio VI Braschi. [...]».

L'iscrizione di San Pio V
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Contrariamente a quanto comunemente si crede, l'iscrizione originariamente apposta non è quella rimasta nel tempo. In realtà, sono state realizzate due iscrizioni distinte nel corso dei secoli[73]. La prima iscrizione, storicamente documentata dagli annalisti, rimase in loco per circa centocinquat'anni. Tuttavia divenne sbiadita e quasi illeggibile a causa degli agenti atmosferici e del deterioramento naturale. Nel 1739, specificamente il 9 marzo, fu presa una decisione importante dalla Provvisione, l'organo amministrativo incaricato della cura dei beni della città, che nominò Gerolamo Melazzo per il compito di rinnovare l'iscrizione. L'incarico comprendeva anche il rinfresco dello stemma che, unitamente all'iscrizione, era situata sul muro della cappella rivolta verso la platea maior. Questo rinnovamento fu intrapreso con lo scopo di «rinovare e tener sempre viva la grata memoria di sì gran santo, di detta città patrizio e protettore». Il ripristino venne elogiato come un «lodevole parto di virtuoso ingegno e degna opera di pubblico applauso». Il testo dell'iscrizione è un tributo formale e solenne a pontefice alessandrino, riconosciuto per il suo contributo spirituale e morale alla comunità e alla cristianità tutta. Di seguito il testo integrale della nuova iscrizione[74]:

Pontifici Optimo Maximo
Pio V Alexandrino
Patriæ, Urbis Et Orbis
Patri
A Clemente XI Sanctorvm Fastis Adscripto
Alexandrina Civitas
Materni Amoris, Benemerito Filio
Filialis Obseqvij Mvnificentissimo Patri
Monimentvm
Inivria Temporvm Pene Deletvm
Enixe Renovat
Anno Salvtis MDCCXXXIX
Cappelle laterali
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La disposizione irregolare originaria delle cappelle è indicativa delle varie fasi di costruzione e dei diversi interventi di rifacimento ai quali sono state soggette nel corso dei secoli. Questa progressiva stratificazione architettonica riflette le modifiche stilistiche e le scelte estetiche del tempo, ed è anche testimone delle dinamiche di potere e delle relazioni tra le famiglie aristocratiche della città e la struttura ecclesiastica. Ogni cappella, infatti, era spesso finanziata e decorata secondo le possibilità e i desideri di una specifica famiglia, che in cambio otteneva il diritto di patronato, un simbolo di prestigio e di influenza all'interno della comunità.

Il patrocinio di queste cappelle permetteva alle famiglie nobili di Alessandria di lasciare un segno tangibile del loro legame con la chiesa e di esercitare un'influenza sia culturale che spirituale sulla popolazione. Attraverso le commissioni artistiche, che spesso includevano opere di notevoli artisti del tempo, le famiglie nobili contribuivano sia al decoro della cattedrale sia alla promozione delle arti e della cultura religiosa. La documentazione storica e le fonti dell'epoca, pur frammentarie, permettono di tracciare la storia di alcuni di questi spazi, fornendo dettagli su date di costruzione e su interventi specifici di rifacimento. Tuttavia, molte informazioni restano ancora da chiarire, offrendo ampio spazio per ulteriori ricerche e studi.

La cappella di santa Caterina, situata lungo il lato settentrionale della chiesa, rappresenta un esempio significativo del patrimonio architettonico e artistico religioso del XV secolo all'interno della cattedrale. Essa fu eretta nel 1434 da membri della famiglia Ghilini, come indicato nel testamento di Giacomo Ghilini (*? †1434), dei signori di signori di Marengo e Sezzè[75], che cita esplicitamente il suo impegno e quello di suo cugino D. Christofforo Ghiglinum (*? †1439) nella fondazione di tale cappella all'interno della maggiore chiesa di san Pietro in Alessandria. Il contenuto del testamento recita[76]: «Item legavit Capellæ Sanctæ Catarinæ [...] nu per fundatæ in Ecclesia Sancti Petri Ecclesiæ majoris Alexandriæ per ipsum Testatorem et D. Christofforum Ghiglinum.»[nota 31]. Giacomo Ghilini venne poi seppellitto nella cappella di santa Caterina, e Girolamo Ghilini ne fornisce evidenza nei suoi "Annali":«Verso il fine del mese di Settembre, questa Patria fece perdita di Giacomo Ghilino [...]; ed al di lui corpo fu data sepoltura nella sua Capella sotto il titolo di Santa Cattarina nel Duomo di questa Città.»[77].

Pochi decenni dopo, il 6 giugno 1452, Guglielmo Baschiazza fondò una seconda cappella dedicata a san Silvestro. Questa cappella era collocata tra quella di santa Caterina e l'andito situato dietro alla Torre, arricchendo ulteriormente il complesso ecclesiastico[78].

Sicuramente queste cappelle non sono solo state dei semplici elementi architettonici, sono anche state dei testimoni storici e culturali che avrebbero offerto spunti significativi di comprensione del tessuto sociale e storico alessandrino in epoca medievale e rinascimentale.

Presbiterio
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Tra il 1478 e il 1484, come già scritto, fu eretto il monumento funerario di Marco Cattaneo de' Capitaneis, vescovo di Alessandria[24]: «Die primo mensis martii Marcus de Capitaneis Alexandrinus Episcopus obiit, humaturque in Cathedrali Ecclesia, in cujus honore extat epigramma super marmoreum tumulum ejusdem incisum, ubi legitur: [segue il testo dell'epitaffio in distici elegiaci[nota 32]. Anche gli annalisti Schiavina[79] e Ghilini[80], raccontano del sepolcro di mons. de' Capitaneis: «Tumulatum ejus corpus fuit in sacello maximo templi, quod Cathedrale appellatur, marmoreo sepulcro, non ignobilis structuræ, in cujus fronte hæc carmina legitur: [...]»[nota 33]; «Fù il suo corpo con bella funebre pompa sepellito in un' Avello di marmo con bellissima scoltura fabricato nella Capella maggiore del Duomo di questa Città, sopra di cui si vede la sua statua eccellentemente scolpita con l'Inscrizione in versi del tenore infrascritto spiegata: [...]».

Questo maestoso altorilievo funerario - che si può ancora ammirare, sebbene leggermente deteriorato - è posizionato sulla parete di fondo del corridoio di accesso alla sagrestia del nuovo duomo di Alessandria[81]. L'opera rappresenta un esemplare significativo della scultura funeraria del periodo e riflette l'arte e la devozione religiosa del tempo. L'identità dell'artista, un maestro lombardo pagato con una quietanza per 100 ducati d'oro, rimane oggetto di speculazioni e dibattiti tra gli studiosi. Scrive il marchese Carlo Guasco nel 1781[nota 34]: «Questo marmoreo sepolcro fu dissegnato, ed eseguito per il prezzo di 100 ducati d'Oro, dall'Ingegnere di Milano Maestro Boniforte Solario, come si comprende dall'Istromento di quittanza per la sudetta somma, pagatagli sotto il dì 7 di maggio 1484 da Lorenzo de Fileto Pontremolese, Capellano per l'addietro del vescovo defunto»[82]. Alla medesima fonte attinge Chenna nel 1785, che però riporta altrimenti il nome dello scultore, ascrivendo la realizzazione del sarcofago ad un certo "Pier Antonio de Solerio"[83]. Accogliendo la versione del Chenna, Diego Sant'Ambrogio ha identificato lo scultore con Pietro Antonio Solari, architetto e scultore sforzesco largamente attivo nella Milano della seconda metà del XV secolo[84].

Si riporta l'epitaffio citato più sopra:

Marmoreo Hoc Tvmvlo Svnt Marci Præsvlis Ossa
Clavsa Decvsqve, Salvs Et Pater Vrbis Erat •
Hæc Vidvata Div. Sedesqve Vacaverat Olim
Qvvm Tenvis Mensæ Desiderentvr Opes •
Mittitvr Hic Pastor Qvi Miro Incensvs Amore
Qværit Opes Sparsas Inveterata Novat •
Mvnera Dat Templis, Divinæ Lavdis Honores
Edocvit Clervm, Qvæ Bene Facta Manent •
Hev Tandem Senio Confectvs Morte Qvievit
Ventris Specvlvm, Religionis Honos
Nvnc Anima In Cœlis Patria Meliore Trivmphans
Vtitvr Angelicis Facta Beata Choris
Die Primo Martii In Dominic. 1478 •
[nota 35]
Coro ligneo
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Pietro Canalini, Rilievo della Cattedrale di San Pietro, disegno a penna acquerellato, cm. 47,1 x 40,6 (Scala di 19 Toises = 16,3 cm.), 15 gennaio 1803[85]. L'arredo, e la disposizione dei banchi del periodo quaresimale, sono stati ricavati dalle relazioni delle Visite Pastorali della metà del XVIII secolo.

 
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Legenda

1. Presbiterio
2. Cappella della BMV della Salve
3 Altare di San Francesco Saverio
4 Cappella dei Santi Cristoforfo e Giuliano[nota 36]
5 Cappella di Santa Caterina[nota 37]
6 Cappella della "Madonna dell'Uscetto"
7 Andito del Crocifisso
8 Cappella di San Giuseppe[nota 38]
9 Sagrestia particolare di San Giuseppe
10 Stanza dei Seminaristi
11 Cappella della Santissima Annunziata[nota 39]
12 Cappella dei Santi San Carlo e Agostino[nota 40]
13 Cappella del Santissimo Crocifisso[nota 41]
14 Cappella dei Santi San Carlo e Ambrogio[nota 42]
15 Altare di San Liborio
16 Cappella di Sant'Andrea[nota 43]
17 Sagrestia Capitolare
18 Torre civica e campanile
19 Corte rustica
20 Cimitero
statue, busti, lapidi
raffigurazioni pittoriche
raffigurazioni pittoriche e crocifisso
A. Altare maggiore, 1695[nota 44]
B. Callisto Piazza, San Pietro in Cattedra, Pala d'altare, 1546
C. Rilievo sepolcrale, 1484.
D. Altare della BMV della Salve, XVIII sec.[nota 45]
E. Filippo Parodi, Tre busti di vescovi alessandrini, XVII sec.[nota 46]
F. Ignoto, San Giovanni Nepomuceno, tela, XVIII sec.[nota 47]
G. Ignoto, Martirio di Santa Caterina, Pala d'altare perduta, ?
H. Ignoto, Madonna dell'Uscetto[nota 48], olio su tavola, XIV sec.
I. Due tele, probabilmente di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo
J. Crocifisso ligneo, fine XV sec.[nota 49]
K. Fonte battesimale, perduto
L. Filippo Parodi, Busto di Giacomo Filippo Sacchi[nota 50], XVII sec.
M. Filippo Parodi, San Giuseppe, statua marmorea, 1703[nota 51]
N. Giovan Carlo Aliberti?, Sant'Andrea, olio su tela, perduto
O. Pulpito ligneo, perduto

Esplicative

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  1. ^ Si ricordi, ad esempio, il patto militare e commerciale che il comune di Gamondio strinse con la Repubblica di Genova nel 1146.
  2. ^ Nei primi vent'anni della sua storia la città presenta nelle fonti quattro diverse denominazioni: Alessandria, Cesarea, Palea, Rovereto, oltre alla designazione generica, abbastanza frequente, di civitas nova o nova civitas, ed alla più rara designazione di urbs nova, (Geo Pistarino, p. 15). Il Ghilini nei suoi Girolamo Ghilini, p. 2-1168/1 vuole erroneamente che la nascita della città sia avvenuta il 22 aprile 1168, e cioè lo stesso giorno della fondazione di Roma: « [...] пеl qual giorno Romolo diede principio alla fabrica della Città di Roma [...]». Il Ghilini commette più di un errore: la fondazione di Roma è ufficialmente fissata il 21 aprile, e - in realtà - il nome Cesarea venne imposto dall'imperatore nella Reconciliatio Cæsareæ del 1183 (Monumenta Germaniæ Historica, pp. 181-182), che ben presto venne abbandonato dagli stessi abitanti come un elemento estraneo alla loro coscienza ed individualità collettiva, (Geo Pistarino, p. 15).
  3. ^ Secondo l'usanza del tempo della curia romana si era ancora nel mese di dicembre 1169.
  4. ^ Nel nome del Signore. L’anno dall’incarnazione millecentosettanta, undicesimo del pontificato del nostro signore il sommo pontefice e papa universale Alessandro III, nel mese di gennaio, indizione terza. Noi, Rufino Bianchi e Guglielmo di Bergasce, consoli della città di Alessandria - in presenza dei cardinali Bernardo vescovo portuense, Ubaldo del titolo di Santa Croce, Giovanni del titolo dei Santi Giovanni e Paolo, Ildebrando del titolo della Basilica dei dodici apostoli, Giovanni del titolo di Santa Anastasia, Alberto del titolo di San Lorenzo in Lucina, Guglielmo del titolo di San Pietro in Vincoli, Bosco del titolo di Santa Podenziana, Pietro del titolo di San Lorenzo in Damaso, Giovanni del titolo di San Marco, Teodino del titolo di San Vitale, con i diaconi Iacinale di Santa Maria in Cosmedin, Cencio di Sant’Adriano, Mainfredo di San Giorgio, Ugone di Sant’Eustachio, e Pietro di Santa Maria in Aquiro, e con i testimoni sottoscritti che furono chiamati per rogare quest’atto, cioè Pietro Saraceno siniscalco, Giovanni Ancilla Dei siniscalco, Pietro Buticulario, gli ostiari Alberto e Albertinello - da parte dei Consoli e del Popolo della predetta Città, offriamo “per fustes” e in perpetuo a Dio, al Beato Pietro, a Voi nostro signore Papa Alessandro e ai vostri successori e alla Santa Chiesa Romana, il terreno di nostro pieno diritto che si trova entro la predetta Città e che il popolo della stessa ha acquistato per costituirvi una chiesa. Mediante la stessa investitura vogliamo che detta terra permanga di proprietà della Chiesa di Roma per sempre. Inoltre, in base al volere congiuntamente espresso dai Consoli e dal Popolo, [stabiliamo che] i milites, i mercatores e tutti coloro che possiedono bovini, per ogni casa di proprietà, dovranno pagare ogni anno alla festa di San Martino la somma di tre denari per questa terra; gli altri, per ogni casa di proprietà, un denaro, che pagheranno entro l’ottava di San Martino a chi sarà incaricato dal romano pontefice. I Consoli di volta in volta in carica giureranno inoltre fedeltà a voi e ai vostri successori in ogni circostanza e senza alcuna con- traddizione. Quanto a noi stessi, dichiariamo la nostra fedeltà in base al mandato degli altri Consoli e del Popolo della Città. E il Popolo, quando i singoli Consoli presteranno il loro giuramento, cioè ogni tre anni come è stabilito, giurerà parimenti al romano pontefice ciò che è stato trascritto qui. Io, Folco, notaio e scriba del sacro palazzo di Benevento, Io, Pietro Saraceno, siniscalco, Io, Albertino, ostiario, Io, Guiscardo, Io, Alberto, ostiario, Io, Pietro, buticolario, Io Pietro, detto Ferrario, notaio del Sacro Palazzo, ho visto e letto l’originale di quest’atto e ciò che in esso ho reperito ho trascritto qui, senza aggiungere, togliere o mutare nulla, né un punto, né una lettera, né una sillaba. Io Guglielmo, notaio del Sacro Palazzo, ho visto, letto e sottoscritto l’originale di questo testo. Io, Ottone, notaio del Sacro Palazzo, ho visto, letto e sottoscritto l’originale di questo testo.
  5. ^ Non fu semplice la creazione della diocesi, il territorio della civitas nova e degli octo loci - insisteva su cinque diocesi molto antiche e consolidate: Milano, a cui apparteneva Bergoglio; Pavia a cui apparteneva Rovereto; Tortona, a cui appartenevano Gamondio e Marengo; Asti, a cui appartenevano Quargnento, Solero e Oviglio; Acqui, a cui apparteneva Foro. A tutto ciò va aggiunto che San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia, e altri importanti istituti religiosi, vantava diritti e i possessi sul territorio.
  6. ^ I suddiaconi al tempo di papa Alessandro III rivestivano funzioni diverse da quanto non agisca un suddiacono post conciliare. Ricevevano l'ordinazione direttamente dal papa e a lui rispondevano dei propri servizi alle dirette dipendenze della sede apostolica.
  7. ^ Le notizie relative ad Arduino sono praticamente nulle, a parte sapere che fu vescovo eletto e mai consacrato tale; si sa inoltre che tra il 1176 e il 1177 si dovette nominare un successore.
  8. ^ In italiano: "Ordiniamo che tali disposizioni ora stabilite, come il dono alla maggiore chiesa di Alessandria, che deve essere fatto e imposto ogni anno per il lavoro e la costruzione della stessa chiesa, debbano essere raddoppiate, e che tale raddoppiamento sia effettuato e pagato in modo duplicato.".
  9. ^ In italiano: "Nella nona indizione, il grande tempio della città è stato completato dal Maestro Ruffino Bottino di Casale, come si legge nell'iscrizione sull'arco".
  10. ^ Il disegno è in questa voce riprodotto ed è l'immagine presente nella tabella sinottica in alto.
  11. ^ In italiano: "Questa opera di questa porta fu completata da Inocenzo di Petrobono, nel tempo del (Massario?) Tommaso Pederana, della maggiore chiesa di san Pietro di Alessandria, nel 1384, il sesto giorno del mese di aprile".
  12. ^ Si veda la sezione della pianta della cattedrale
  13. ^ In italiano: "Si deve inoltre notare che gli altari [...] sono stati demoliti per ordine del reverendissimo signore visitatore apostolico, in quanto erano attaccati e fissati alle colonne della chiesa e si trovavano in altri luoghi scomodi".
  14. ^ In italiano: "Nel mese di luglio (1585, ndr.), il grande tempio di Alessandria, ormai deteriorato per posizione e vetustà, ha iniziato a essere restaurato.".
  15. ^ In italiano: "Nello stesso anno, il grande tempio di San Pietro di Alessandria, precedentemente marcio e in declino a causa della vecchiaia, è stato restaurato in quello che ora appare, un esemplare di bellezza e eleganza, con spese sostenute in parte dallo stesso tempio, in parte da Ottavio Vescovo, e in parte dal Collegio dei Canonici. Il santuario di San Giuseppe, che era stato iniziato da tempo, era rimasto incompleto a causa della mancanza di fondi; Ottavio Vescovo ha provveduto a completarlo con alcuni dei redditi del tempio stesso.".
  16. ^ In italiano: "Ho trovato la cattedrale squallida e completamente priva di ornamenti, l'ho resa molto decorosa, ho costruito il pavimento, ho fatto dipingere tutto l'interno rinnovato, ho trasformato tutte le finestre vetrate in una forma moderna, l'ho resa luminosa, ho restaurato tutte le cappelle".
  17. ^ 27 brumaio anno XI.
  18. ^ In italiano: art. 1. La cattedrale della città di Alessandria, che ingombra la piazza d'armi, sarà demolita. I materiali saranno impiegati nelle fortificazioni.
  19. ^ In italiano: art. 2. I ministri dell'Interno, delle Finanze e della Guerra sono incaricati dell'esecuzione del presente decreto.
  20. ^ Interessante, sulla destra, il Palatium Novum del Comune del XIII secolo, sostituito, alla fine del XVIII secolo, dal nuovo palazzo del Municipio.
  21. ^ Il disegno rende riconoscibile una stratificazione architettonica compresa tra la fine del XII e la prima metà XVI secolo.
  22. ^ La fermata ad Alessandria avvenne l’11 novembre 1774.
  23. ^ In italiano: «Ha visitato il Corpo della suddetta Cattedrale, che è composto da tre navate, di cui quella centrale è la maggiore e le altre due laterali sono minori. Al capo della maggiore si eleva una cupola molto alta, illuminata da finestre, e si regge su due [...] del presbiterio, e due colonne; sotto la suddetta cupola sono formati quattro grandi archi, e in mezzo a quello che è di fronte brillano gli stemmi del predetto Vescovo DD., espressi su tela dipinta, e ai lati quelli della suddetta Illustre Città espressi allo stesso modo. Seguono, allo stesso modo in quella navata, tre altri grandi archi, ognuno dei quali include due più piccoli, sostenuti da sei colonne come descritto sopra. Questa navata maggiore, così come le predette laterali, è costruita con una volta a botte.».
  24. ^ Dopo il secondo conflitto mondiale fu denominata "piazza della Libertà".
  25. ^ Il contenuto del corpo degli statuti antecede di 250 anni esatti la pubblicazione a stampa, la cui esecuzione potrebbe essere stata incentivata da un evento commemorativo. Nel 1297, gli "anziani del popolo" di Alessandria organizzarono un testo unificato degli Statuti, incaricando una commissione di giuristi per il riordino di testi preesistenti, alcuni dei quali del XII secolo. Oltre agli Statuti, vennero inserite le "Consuetudini" del 1179 e alcune norme di due gruppi, la “Società di giustizia” e la “Società del popolo”, dei secoli XV e XVI. Il Codex, suddiviso in nove libri, è a volte incompleto e carente ma è stato fondamentale per il diritto locale per circa tre secoli. (Cfr. Codex Statutorum/1969).
  26. ^ Un esempio di come sarebbe potuta presentarsi la struttura mercatale della cattedrale alessandrina, si riscontra ancora osservando la "loggia dei mercanti" posta sul fianco meridionale della cattedrale di san Giorgio di Ferrara.
  27. ^ Il termine "beale" nel contesto del Codex Statutorum di Alessandria si riferisce a un sistema di canali che attraversava e delimitava la città medievale. Questi canali erano fondamentali per la gestione delle acque, particolarmente in un contesto urbano dove la regolamentazione idrica era essenziale per prevenire inondazioni, facilitare il drenaggio e sostenere le attività agricole e commerciali. Il beale rappresentava una caratteristica geografica preminente, probabilmente sfruttata sia per la difesa della città che per l'irrigazione delle terre circostanti. Nel Codex Statutorum, il beale viene menzionato in diversi punti, delineando l'importanza di questa struttura nell'urbanistica medievale. Il canale non solo definiva i confini della Platea Maior, ma era anche integrato nelle infrastrutture della città attraverso una serie di ponti e passaggi sopraelevati (levatæ) che consentivano il transito e l'accesso agli edifici e ai mercati.
  28. ^ Il 13 settembre del 1450 il duca di Milano Francesco Sforza concede alla città di Alessandria di riscuotere per un triennio le entrate del dazio della scannatura, cioè dei macelli, per la costruzione di un ponte in pietra sul Tanaro. Il duca si impegnò inoltre a versare alla città 500 fiorini all'anno, mentre Alessandria si impegnerà a contribuire alla spesa con 1000 fiorini (cfr. ASTo /1450): «Copia capitulorum et conventionum inter Franciscum Sfortiam vicecomitem Mediolani ducem [...] et Civitatem ac Communitatem Alexandriæ occasione illius submissionis factæ dicto domino» (in italiano: "Copia dei capitoli e delle convenzioni tra Francesco Sforza, visconte e duca di Milano, [...] e la Città e la Comunità di Alessandria in occasione di quella sottomissione fatta al detto signore."). La prima pietra del ponte fu collocata il 25 ottobre 1455 presenti Emanuele Trotti, Alberto Guasco, signore di Alice e Antonio I Guasco, marchese di Bisio. I lavori, svolti tra il 1455 e il 1488, sono affidati agli ingegneri ducali Guiniforte e Pietro Antonio Solari. L'impresa fu caratterizzata da varie difficoltà e numerosi incidenti, tanto che allo scadere del XV secolo risulta innalzata solo una parte delle arcate lapidee, mentre un tronco del ponte rimane ligneo. Due inondazioni di rilievo del Tanaro, nel 1463 e nel 1486 rallentarono in tutte e due i casi il compimento ormai prossimo dell'opera, per cui il ponte fu perfezionato solo al termine del XV secolo. Il 10 agosto 1497 vi fu una deliberazione del Consiglio degli Anziani, amministratori della città, per la ricostruzione di quattro arcate crollate del ponte a causa dell'inondazione del 1486. Il sodalizio al quale vennero affidati i lavori si impegnò a consegnare il ponte entro l'anno 1500: «Capitula quædam facta inter comunitatem Alexandriæ ex parte una et incantatores fabricæ pontis Tanagri ex parte altera, eo quod isti renuebant suis expensis reficere quatuor arcus, qui ceciderant per incursum aquarum. Inter cætera statuitur, ut fabrica pontis consummetur ad annum 1500, quo Iubilei festivitas celebratur». (Cfr. Liber Crucis, p. 300.)
  29. ^ In italiano: "Nel frattempo e fino a quando (il ponte sul Tanaro) non sarà completato, la costruzione e la fabbricazione del campanile rimarranno sospese".
  30. ^ In italiano: "colui che realizzò l'ornamento e l'opera marmorea per l'altare della Beata Vergine Maria nella chiesa maggiore.".
  31. ^ In italiano: "Egli lasciò [una donazione] alla Cappella di santa Caterina [...] appena fondata nella chiesa di san Pietro, la chiesa principale di Alessandria, da lui, il testatore, e dal signor Cristoforo Ghilini.".
  32. ^ In italiano: "Il primo giorno di marzo, Marco dei Capitanei di Alessandria, Vescovo, morì e fu sepolto nella Chiesa Cattedrale, in onore della quale esiste un epigramma inciso sul suo sepolcro di marmo, dove si legge: [...]".
  33. ^ In italiano: "Il suo corpo fu sepolto nella cappella maggiore del tempio, chiamato Cattedrale, in un sepolcro di marmo di non ignobile struttura, sulla cui facciata si leggono questi versi: [...]".
  34. ^ Il documento citato rientra nella copia manoscritta dell'articolo relativo ad "Alessandria" compilato dal marchese Guasco per "Delle città d'Italia e sue isole adjacenti" di Cesare Orlandi.
  35. ^ In italiano: In questo sepolcro di marmo sono racchiuse le ossa del vescovo Marco / nobile e padre della città / Queste sedi divine erano state un tempo vedove e prive / quando le necessità della tavola erano sentite. / Qui viene mandato un pastore, acceso da un mirabile amore / che cerca ricchezze sparse e rinnova l'antico. / Doni ai templi, e con l'onore della divina lode / insegna al clero le opere di bene che restano. / Ah, infine, consumato dalla vecchiaia e dalla morte, riposa, / specchio del cuore, onore della religione. / Ora l'anima, trionfando in una patria migliore nei cieli, / godendo con i cori angelici delle opere beate. / Il primo giorno di marzo, anno del Signore 1478.
  36. ^ Patronato della famiglia Ghilini
  37. ^ Patronato della famiglia Ghilini
  38. ^ Patronato della famiglia Sacchi
  39. ^ Patronato della famiglia Lanzavecchia
  40. ^ Patronato della famiglia Gallia
  41. ^ Patronato della famiglia Varzi Castellani de Merlani
  42. ^ Patronato della famiglia Guasco Gallarati
  43. ^ Patronato della famiglia Dal Pozzo
  44. ^ Altare sovrastato dal gruppo marmoreo di Filippo Parodi formato dal Crocifisso abbracciato da due angioletti e adorato dai Santi Baudolino e Pio
  45. ^ Sopra l'altare era posto il miracoloso simulacro ligneo del XV sec.. L'altare è stato recuperato e inserito nella nuova cattedrale come altare della cappella della BMV del Rosario. L'identificazione è resa possibile dall'iscrizione apposta al centro del paliotto; conferma si trova inoltre nell'Inventario del 1840 in cui è menzione dell'altare "già della Salve in marmo nero" nella cappella di San Luigi: dal 1810 anno dell'inaugurazione della nuova Cattedrale al 1874 intitolata a San Luigi Gonzaga, la cappella fu dedicata al Rosario nel 1878 a conclusione dei restauri di Edoardo Arborio Mella (1874 - 1878)
  46. ^ Al centro, Carlo Ciceri, ai lati Deodato Scaglia e Alberto Mugiasca.
  47. ^ Il dipinto era collocato nella navata sinistra, sulla parete tra la cappella dei Santi Cristoforo e Giuliano e la porta della sagrestia capitolare, veniva esposto sull'altare maggiore nel giorno della festa del santo. Le notizie sono desunte dalla Visita del vescovo G. T. De Rossi del 1760; il dipinto è inoltre registrato negli inventari dei beni del Capitolo del 1773 e 1780. In un più recente inventario del 1816 è registrato "Un Altare di marmo col quadro serviente per incona col ritratto di San Giovanni Nepomuceno". Nella nuova Cattedrale, inaugurata nel 1810, il complesso era verosimilmente collocato nella quinta cappella entrando a destra, dal 1810 al 1874 dedicata al Santo. Con i restauri di Edoardo Arborio Mella (1874 - 1878) la cappella venne abolita per creare un atrio e relativa porta laterale e l'altare fu trasferito nel luogo definitivo sempre all'interno della cattedrale..
  48. ^ Il dipinto, raffigurante una "Madonna con Bambino", fu ritrovato nel 1542, secondo la tradizione, venne abbandonato da uno sconosciuto. Era collocato nella Cappella di San Silvestro, contigua alla porta laterale sinistra, donde la denominazione di "Madonna dell'Uscetto". Un primo cenno si trova nella Visita di Gerolamo Confalonieri, delegato del vescovo Ottavio Paravicini, del 1594: "Sancti Siluestri nunc vulgo dicitur Madonna del Uschietto"; nella Visita di monsignor Giuseppe Tommaso De Rossi del 1760 è inoltre una minuziosa descrizione della cappella. Venne conservata nella nuova Cattedrale a partire dal XIX secolo.
  49. ^ Secondo la tradizione è proveniente dalla Chiesa di Santa Maria di Castello e risalirebbe all'XI secolo, ma i caratteri stilistici inducono a posticipare la datazione al XV secolo. Era collocato nell'andito della porta laterale sinistra come risulta dalle Visite dei vescovi M. Arboreo Gattinara (1730) e G. T. De Rossi (1760) "transitus undeque depictus qui ducit extra Ecclesiam, ineoque visitavit Simulacrum SS. mi Cricifixi"; è menzionato nello stesso luogo nell'Inventario degli arredi della Cattedrale redatto nell'occasione della demolizione. La collocoazione nella nuova Cattedrale risale al 1810, anno della sua inaugurazione. Il Crocifisso fu rivestito in lamina di rame dall vita in giù nel XVIII secolo per proteggerlo dai fedeli che asportavano frammenti per devozione personale.
  50. ^ Benefattore della cattedrale. Giacomo Filippo Sacco (Sacchi), vissuto nel XVI secolo, con testamento del 15 novembre 1549 lasciò una cospicua somma per l'edificazione e la dotazione della cappella dei Santi Giuseppe e Perpetuo
  51. ^ Ai fianchi della statua, conservata nella nuova cattedrale, i pannelli laterali, dispersi, del polittico della Purificazione del XVI secolo, con i Santi San Perpetuo e San Girolamo a sinistra e i Santi San Teobaldo e Santa Caterina a destra.
  52. ^ Il coro è conservato nella chiesa dei Santi Alessandro e Carlo di Alessandria. È di forma semicircolare e a doppio ordine di stalli; gli schienali dell'ordine maggiore presentano specchiature mistilinee e sono separate da putti.
  53. ^ Il gruppo marmoreo fu realizzato anch'esso nel 1695, come l'altare maggiore, con i fondi del lascito del vescovo Alberto Mugiasca e consacrato il 31 ottobre di quell'anno dal successore Carlo Ottaviano Guasco. È descritto in tutte le Visite settecentesche. Nella nuova cattedrale fu smembrato con l'utilizzo dei santi ad affiancare il Crocifisso ligneo quattrocentesco nella cappella a questo intitolata; fu quindi in tempi successivi ricomposto nell'ambulacro.
  54. ^ Piano d'appoggio: superficie intarsiata, profilo sagomato; colonna di sostegno: sagomata con volutelle laterali e fronte intarsiato. Le due consolle gemelle sono collocate simmetricamente a ridosso delle pareti laterali del presbiterio della nuova cattedrale. Provengono dalla cappella della Beata Vergine della Salve. Si riscontrano analogie stilistiche con l'altare già della cappella della Salve della cattedrale antica poi traslata nella cappella del Rosario della nuova cattedrale.
  55. ^ I resti dell'architrave fanno parte di una serie di ritrovamenti alla luce delle indagini archeologiche, effettuate nella piazza principale di Alessandria tra il 2002 e il 2003, per sondare quanto rimanga ancora nel sottosuolo della antica cattedrale.
  56. ^ Forse proveniente dalla Cattedrale stessa, dopo la demolizione del 1803, fu trasportato e murato nel luogo ove si trova entro la prima metà del XIX secolo. La tradizione vuole che rappresenti il miracolo alessandrino di San Francesco che, in occasione di un suo passaggio per la città, ammansisce una lupa feroce.
  57. ^ Probabile frammento della primitiva Cattedrale romanica. Dopo la demolizione della Cattedrale fu trasportata e murata sull'estremità sinistra della nuova Cattedrale dal 1815. La tradizione vuole che rappresenti Gagliaudo, astuto contadino eroe dell'epos locale, col carico di una "formaggetta lodigiana".
  58. ^ Crocifissione di Cristo con San Giovanni Evangelista e committente. Nel mezzo è il Crocifisso, sulla destra è rappresentato di profilo il donatore in ginocchio, San Giovanni è in piedi sulla sinistra rappresentato di tre quarti. Il bassorilievo è verosimilmente l'elemento superstite di un più complesso apparato marmoreo. Secondo Giuseppe Amato (cfr. La Cattedrale di Alessandria. Storia e descrizione, Alessandria, p. 17) proverrebbe dalla Cappella di San Bartolomeo, dalla fine del Cinquecento detta del Crocefisso, di patronato della famiglia Varzi Castellani de Merlani, n. 13 di questo rilievo. Salvato dalla demolizione fu trasportato nella nuova Cattedrale inaugurata nel 1810 e murata a lato della porta della sagrestia.

Bibliografiche

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  1. ^ Giulio Ieni, II.
  2. ^ Geo Pistarino, p. 14.
  3. ^ Giovanni Battista Moriondo /II, p. 144.
  4. ^ Atti Municipali.
  5. ^ a b Giulio Ieni, I.
  6. ^ Giovanni Battista Moriondo /II, col 546, 44-45.
  7. ^ Liber Crucis, p. 93.
  8. ^ Testo originale conservato presso l'Archivio di Stato, di Alessandria.
  9. ^ Il Papa concesse alla città l'utilizzo del Vexillum Beati Petri. Cfr. Roberto Livraghi, p. 11
  10. ^ Codice 5077.
  11. ^ Giuseppe Cappelletti, pp. 534-535.
  12. ^ Il documento non menziona il nome del vescovo, che potrebbe essere sia Arduino che il suo successore Ottone Ghilini.
  13. ^ Codex Statutorum, p. 351.
  14. ^ Si vedano: "Indulgentiæ multorum Episcoporum pro Ecclesia maiori Alexandrina", 9 marzo 1289, Giovanni Battista Moriondo /I, n. 240, coll. 258-259; "Indulgentia Nicolai PP. IV. Pro Ecclesia ut supra", 9 dicembre 1289, Giovanni Battista Moriondo /I, n. 248, col. 258; "Indulgentiæ Othonis Archiepiscopi Medionalinsis etc.", 10 dicembre 1292, Giovanni Battista Moriondo /I, n. 250, col. 259.
  15. ^ a b Giovanni Battista Moriondo /I, col. 580, 52-53.
  16. ^ Girolamo Ghilini, p. 53-2.
  17. ^ Guglielmo Schiavina, anno 1585, col. 278/b-c.
  18. ^ La cattedrale di Alessandria, p. 10.
  19. ^ Giovanni Isidoro De Piaggia, p. 26.
  20. ^ «Etiam eodem anno fuit levatum domicilium, & alta turris per homines Alexandriæ, & fuerunt Massarii Gullielmus Mantellus, & Villanus Boninus, & illi de sancto Salvatore se concordaverunt cum communi Alexandriæ». In italiano: "Anche nello stesso anno fu eretta una residenza e una torre alta dagli uomini di Alessandria, e i Massari erano Guglielmo Mantello e Villano Bonino, e quelli di San Salvatore si accordarono con il comune di Alessandria". (Cfr. Giovanni Battista Moriondo /II, col. 730, 41-43).
  21. ^ «Gli Alessandrini [...] ridussero à qualche perfezione il Duomo della Città loro, e diedero principio alla fabrica del Campanile della Catedrale, havendo l'Arcivescovo di Milano Otto Visconti concessa un'Indulgenza a tutti quelli, che avessero fatta limosina per la sudetta fabrica». (Cfr. Girolamo Ghilini, p. 50-1).
  22. ^ [[#CITEREF|]].
  23. ^ Giuseppe Antonio Chenna, II, p. 30.
  24. ^ a b Raffaele Lumelli, col. 603, 34-52.
  25. ^ Guglielmo Schiavina, anno 1585, col. 599/c.
  26. ^ Guglielmo Schiavina, anno 1587, col. 600/b-c.
  27. ^ Girolamo Ghilini, p. 170, n. 3.
  28. ^ Relatio Status Ecclesiæ Alexandrinæ.
  29. ^ Giuseppe Antonio Chenna, II, p. 38.
  30. ^ Giuseppe Antonio Chenna, II, p. 33.
  31. ^ Si tratta di due piante diverse, entrambe a penna e acquarello (27,5 x 29,3 cm. e 38,6 x 29 cm.), annesse alle rispettive carte della controversia, cfr Fabbricieri della Cattedrale /II.
  32. ^ «Supplica del Sig.r Claro Fabriciere per la nova Sacristia che li Sig.ri Capitolari intendono fare» del 24 maggio 1695, cfr. Fabbricieri della Cattedrale /III.
  33. ^ «Concessione de Sig.ri di Provisione di fare una nova Sacristia al Revd.mo Capitolo della Cathedrale» del 28 maggio 1695, cfr. Fabbricieri della Cattedrale /IV.
  34. ^ «Memoria riguardo alla Fabbrica progettata d'una ruova Sacristia [...] impedita da alcuni particolari nell'anno 1695 [...]», cfr. Fabrica Musices Sacrarum.
  35. ^ Giuseppe Antonio Chenna, I, pp. 324-327.
  36. ^ Giuseppe Amato, p. 27.
  37. ^ Visita Pastorale mons. De Rossi.
  38. ^ Giuseppe Antonio Chenna, I, p. 326.
  39. ^ Giuseppe Antonio Chenna, II, pp. 32, 33.
  40. ^ Giuseppe Antonio Chenna, II, pp. 38, 39, 36.
  41. ^ Mancano, o parzialmente incompleti, i riscontri specifici presso i libri mastri delle relative Compagnie: SS.ma Croce, Compagnia della Santa Croce & Santa Spina, Compagnia del Santissimo Sacramento, Compagnia del Suffragio.
  42. ^ «Alli Sig.i Siliprandi, e Peruchetti Pittori d' Architettura, per aver dipinto i contorni a due Cartelloni, ne quali vi sono espresse le immagini di San Pietro [...]», (confesso n. 170, 21 giugno 1769); «Al Sig.r Felice Andrietti Pittore per aver dipinto le imagini di detti Cartelloni da esporsi nella festa di S. Pietro», (confesso n. 171, 22 giugno 1769). Cfr. Confessi.
  43. ^ Per approfondire la vicenda che coinvolse i rinomati pittori di Andorno in competizione con i meno noti Perucchetti e Siliprandi, si veda De Cathedrali & Collegiatis.
  44. ^ Giovanni Battista Rossi, p. 90.
  45. ^ Fabbriceria della Canedrale /I, anno 1765.
  46. ^ Fabbriceria della Canedrale /II, anno 1766.
  47. ^ Fabbriceria della Canedrale /III, anno 1768.
  48. ^ Giovanni Isidoro De Piaggia, p. 25.
  49. ^ Extrait des Registres des Délibérations des Consuls de la République.
  50. ^ Giuseppe De Conti.
  51. ^ Giuseppe Antonio Chenna, p. 349.
  52. ^ D.A.F. De Sade, pp. 41-42.
  53. ^ Codex Statutorum.
  54. ^ a b c d Annibale Civalieri.
  55. ^ a b c d Il Campanile della Cattedrale antica, p. 160.
  56. ^ a b Il Campanile della Cattedrale antica, p. 161.
  57. ^ Girolamo Ghilini, p. 186-1608/4.
  58. ^ Fabbricieri della Cattedrale /I.
  59. ^ Girolamo Ghilini, p. 213-1629/19.
  60. ^ Tarcisio Bertone.
  61. ^ a b Zelia Pastore.
  62. ^ Girolamo Ghilini, p. 112, n. 3
  63. ^ Lorenzo Burgontio, p. 22 segg..
  64. ^ Filippo Ansaldi, p. 39 segg..
  65. ^ Giuseppe Antonio Chenna, II, p. 34.
  66. ^ Girolamo Ghilini, p. 112, n. 4.
  67. ^ Girolamo Ghilini, p. 173, n. 1.
  68. ^ Filippo Ansaldi, pp. 17, 18.
  69. ^ Girolamo Ghilini, p. 279-1648/31.
  70. ^ Giuseppe Antonio Chenna, II, p. 36.
  71. ^ Filippo Ansaldi, pp. 17-18.
  72. ^ Giuseppe Antonio Chenna, II, p. 37.
  73. ^ L'iscrizione di S. Pio V, p. 159.
  74. ^ L'iscrizione di S. Pio V, p. 160.
  75. ^ Francesco Guasco, tav. I.
  76. ^ Gerolamo Sappa, notaio.
  77. ^ Girolamo Ghilini, p. 93, n. 2.
  78. ^ Giuseppe Antonio Chenna, II, p. 39.
  79. ^ Guglielmo Schiavina, anmo 1478, col. 462b-c.
  80. ^ Girolamo Ghilnii, p. 107-1478/2,3.
  81. ^ Giuseppe Amato, p. 38.
  82. ^ Carlo Guasco.
  83. ^ Giuseppe Antonio Chenna, I, pp. 258, 259.
  84. ^ Diego Sant'Ambrogio, p. 178.
  85. ^ Pietro Canalini.

Bibliografia

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Fondi, archivistica

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  • Liber Crucis, in ASCAL, Serie IV, n. 4302, cc. 56v-57r, Alessandria.
  • Codice 5077, in Formularius Cancellariae Curiae Romanae, s. XV, ff. 76-77, Österreichische Nationalbibliothek, Vienna.
  • (LA) Gerolamo Sappa, notaio, Testamento di Giacomo Ghilini, in ACCAL, Fund. Erect. Beneficiorum (1389-1796), tomo unico, fasc. 2, c. 1, copia settecentesca dell'originale, 13 settembre 1434.
  • Relatio Status Ecclesiæ Alexandrinæ facta per Ill.mum el R.mum D.D. Cardinalem Paravicinum eiusdem Ecclesiæ Episcopum, in ASVCV, S. Congr. Concili, Visitationes ad limina, Alexandrin., m. 27A, fol. 141.
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  • Fabrica Musices Sacrarum, in ACCAL, tomo unico, fasc. 15, 1732.
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  • Fabbricieri della Cattedrale, in ASAL, ASCAL, s. I, Atti Municipali, vol. 1776, tomo I, сс. 49г-49v, 62г-62v.
  • Fabbricieri della Cattedrale, in ASAL, ASCAL, s. I, Atti Municipali, vol. 1776, tomo I, c. 77r e segg..
  • Libro delle Entrate et spese fatte per la Capella & Reliquie della SS.ma Croce della Cattedrale di Alessandria, in ASAL, ASCAL, s. III, cat. 11, Culto, m. 1803, fasc. s.n., (1719 - 1730).
  • Libro mastro della Compagnia S. Croce & S. Spina eretta nella Cattedrale, in ACCAL, (dal 1743).
  • Libro de Redditi della Veneranda Compagnia del SS.mo Sacramento della Cattedrale della presente Città d'Alessandria, in ACCAL, (dal 1754).
  • Libro d'Enttrata ed Uscita della Veneranda Compagnia de RR. Sig.ri Sacerdoti detti del Suffragio eretta nella Cappella di S. Giuseppe della Cattedrale [...], in ACCAL.
  • Fabbriceria della Canedrale (1757-1764), in ASAL, ASCAL, s. III, cat. 11, Culto, reg. 1765.
  • Fabbriceria della Canedrale (1758-1767), in ASAL, ASCAL, s. III, cat. 11, Culto, reg. 1765.
  • Fabbriceria della Cattedrale (1767-1771), in ASAL, ASCAL, s. III, cat. 11, Culto, reg. 1767.
  • Fabbriceria della Canedrale (1771-1781), in ASAL, ASCAL, s. III, cat. 11, Culto, reg. 1765.
  • Giuseppe De Conti, Viaggio d’Italia, in BCCM, ms. 091/156, c. 6 v., manoscritto autografo, 1775.
  • Fabbricieri della Cattedrale, tomo I, cc. 7v-8r, in Atti Municipali, vol. 1776, Miscellanea ASAL, ASCAL, s. I, Alessandria.
  • De Cathedrali & Collegiatis (1780-1800), in ACVAL, VII.I.9, tomo III, cc. 7r-12г.
  • Extrait des Registres des Délibérations des Consuls de la République. spedito da Parigi al Prefetto del Dipartimento di Marengo dal Ministro delle Finanze in data 10 frimaio anno XI (1º dicembre 1802), in ASAL, IGDAL, m. 200, Affari speciali dei Comuni, “Alessandria intra Muros” (1814-1825), fasc. s.n., Alessandria.
  • Pietro Canalini, Rilievo della Cattedrale, in ASAL, IGAL m.200:, Affari speciali dei Comuni, "Alessandria intra muros" 1814-1825, fasc. s.n, Alessandria, 1803.

Genealogica, araldica

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  • Francesco Guasco di Bisio, Famiglie Ghilini, Lanzavecchia, Gavigliani, Straneo, in Tavole genealogiche di famiglie nobili alessandrine e monferrine dal secolo IX al XX, vol. 6, opera postuma riveduta e pubblicata dal figlio Emilio, Casale, Tipografia Cooperativa Bellatore, Bosco & C., 1930.

Storica, annalistica e trattatistica

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Biografica

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Pubblicazioni, riviste, studi, ricerche

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  • Filippo Ansaldi, Notizie storiche del miracoloso simulacro della Salve, venerata nella cattedrale di Alessandria, in Accademia degli Immobili, coll. VII, seconda edizione, con correzioni ed aggiunte, Alessandria, Luigi Guidetti, 1843, pp. 9-24.
  • Annibale Civalieri, L'antica cattedrale e la piazza del duomo, in Rivista di Storia Arte Archeologia per le provincie di Alessandria e Asti, n. 1, Alessandria, Società di Storia Arte Archeologia - Accademia degli Immobili, 1893, pp. 151-156.
  • Diego Sant'Ambrogio, Una statua di Pietro Antonio Solari del 1489 nella Cattedrale di Alessandria (PDF), in Rivista di storia, arte, archeologia della provincia di Alessandria, anno VII, fascicolo XXI, Alessandria, Società di storia, arte e archeologia per la provincia di Alessandria, gennaio–marzo 1898.
  • Il Campanile della Cattedrale antica di Alessandria (PDF), in Rivista di storia, arte, archeologia della provincia di Alessandria, anno VII, fascicolo XXII, Alessandria, Società di storia, arte e archeologia per la provincia di Alessandria, aprile-giugno 1898.
  • L'iscrizione di S. Pio V sull' esterno della Cattedrale (PDF), in Rivista di storia, arte, archeologia della provincia di Alessandria, anno VII, fascicolo XXII, Alessandria, Società di storia, arte e archeologia per la provincia di Alessandria, aprile-giugno 1898.
  • Andrea Scansetti, L'orologio del Palazzo Municipale di Alessandria, in Rivista di storia, arte, archeologia della provincia di Alessandria, anno XLII, quadreno II, Alessandria, Società di storia, arte e archeologia per la provincia di Alessandria, aprile-giugno 1933, pp. 273-281.
  • Giovanni Isidoro De Piaggia, Domenico e Giuseppe, architetti Caselli in Alessandria, in Rassegna Economica della Provincia di Alessandria, n. 3, Alessandria, Camera di commercio industria artigianato e agricoltura di Alessandria, 1986, pp. 17-30.
  • Geo Pistarino, La doppia fondazione di Alessandria (1168, 1183) (PDF), in Rivista di Storia Arte Archeologia per le provincie di Alessandria e Asti, volume unico, Alessandria, Società di Storia Arte Archeologia - Accademia degli Immobili, 1997, pp. 5-36.
  • Tarcisio Bertone, Omelia del card. Tarcisio Bertone, su vatican.va, 26 aprile 2009. URL consultato il 9 luglio 2016.

Poetica, narrativa

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  • D.A.F. De Sade, 1974.

Quotidiani, periodici

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Voci correlate

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Altri progetti

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