Albert Einstein

fisico svizzero-tedesco e statunitense (1879-1955)
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Albert Einstein (pronuncia italiana [ˈalbert ˈainstain][1]; tedesca [ˈalbɛɐ̯t ˈaɪnʃtaɪn]; Ulma, 14 marzo 1879Princeton, 18 aprile 1955) è stato un fisico tedesco naturalizzato svizzero e statunitense.

Albert Einstein nel 1947
Medaglia del Premio Nobel Premio Nobel per la fisica 1921
Firma di Albert Einstein

Generalmente considerato il più importante fisico del XX secolo, conosciuto al grande pubblico anche per la formula dell'equivalenza massa-energia, E = mc2 (ovvero l'energia = massa moltiplicata per il quadrato della velocità della luce), riconosciuta come l'equazione più famosa al mondo,[2] e per tutti i suoi lavori che ebbero una forte influenza anche sulla filosofia della scienza,[3][4] nel 1921 ricevette il premio Nobel per la fisica «per i contributi alla fisica teorica, in particolare per la scoperta della legge dell'effetto fotoelettrico»,[5] un passo avanti cruciale per lo sviluppo della teoria dei quanti, sviluppando a partire dal 1905 la teoria della relatività, uno dei due pilastri della fisica moderna insieme alla meccanica quantistica.[6][7]

Eccetto che per un anno a Praga, Einstein visse in Svizzera tra il 1895 e il 1914, periodo durante il quale rinunciò alla cittadinanza tedesca (nel 1896). Poi, nel 1900, ricevette il diploma al Politecnico federale di Zurigo (Eidgenössische Technische Hochschule, ETH). Dopo essere stato apolide per più di cinque anni, assunse la cittadinanza svizzera nel 1901, che tenne per il resto della sua vita. Nel 1905, conseguì un PhD all'Università di Zurigo. Quello stesso anno, ricordato come annus mirabilis, all'età di 26 anni, pubblicò quattro articoli dal contenuto fortemente innovativo, che attirarono l'attenzione del mondo accademico. Dal 1912 al 1914, Einstein insegnò fisica teorica a Zurigo, prima di partire per Berlino, dove fu eletto all'Accademia Reale Prussiana delle Scienze.

Già agli inizi della sua carriera riteneva che la meccanica newtoniana non fosse più sufficiente a conciliare le leggi della meccanica classica con le leggi dell'elettromagnetismo e ciò lo portò a sviluppare la teoria della relatività ristretta nel periodo in cui era impiegato all'Istituto federale della proprietà intellettuale di Berna (1902-1909). Tuttavia successivamente si rese conto che il principio di relatività poteva essere esteso ai campi gravitazionali; quindi nel 1916 pubblicò un articolo sulla relatività generale con la sua teoria della gravitazione. Continuò a trattare problemi di meccanica statistica e teoria dei quanti, e questo lo portò a dare una spiegazione della teoria delle particelle e del moto browniano. Indagò anche le proprietà termiche della luce e gettò le basi per la teoria dell'effetto fotoelettrico. Nel 1917, applicò la teoria della relatività generale per modellizzare la struttura dell'universo.[8][9]

Nel 1933, mentre Einstein era in visita negli Stati Uniti, Adolf Hitler salì al potere. A causa delle sue origini ebraiche, Einstein non fece più ritorno in Germania.[10] Si stabilì negli Stati Uniti e diventò cittadino statunitense nel 1940.[11] Alla vigilia della seconda guerra mondiale, inviò una lettera al presidente Roosevelt nella quale lo avvisava del possibile sviluppo da parte della Germania di "bombe di un nuovo tipo estremamente potenti" e suggeriva agli Stati Uniti di cominciare a lavorare su ricerche di questo tipo. Ciò portò infine al progetto Manhattan. Einstein sostenne gli alleati, ma criticò l'idea di usare la fissione nucleare come arma. Firmò, con il filosofo britannico Bertrand Russell, il Manifesto Russell-Einstein, nel quale si evidenziava il pericolo delle armi nucleari. Fu affiliato con l'Institute for Advanced Study a Princeton, in New Jersey, fino alla sua morte nel 1955.

Oltre a essere uno dei più celebri fisici della storia della scienza, che mutò in maniera radicale il paradigma di interpretazione del mondo fisico, fu attivo in diversi altri ambiti, dalla filosofia alla politica. Per il suo apporto alla cultura in generale è considerato uno dei più importanti studiosi e pensatori del XX secolo. Einstein pubblicò più di 300 articoli scientifici e più di 150 articoli non scientifici.[8][12] I suoi traguardi intellettuali e la sua originalità hanno reso il termine "Einstein" sinonimo di "genio".[13] Eugene Wigner scrisse di Einstein in confronto ai suoi contemporanei:[14]

(EN)

«Einstein's understanding was deeper even than Jancsi von Neumann's. His mind was both more penetrating and more original than von Neumann's. And that is a very remarkable statement.»

(IT)

«La comprensione di Einstein fu più profonda persino di quella di Jancsi von Neumann. La sua mente era sia più acuta sia più originale di quella di von Neumann. E questa è un'affermazione molto notevole.»

Biografia modifica

«Non ho particolari talenti, sono solo appassionatamente curioso.»

Gioventù e studi liceali modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Einstein (famiglia).
 
Einstein bambino con sua sorella Maja

Albert Einstein nacque a Ulma il 14 marzo del 1879 da una benestante famiglia ebraica, figlio di Hermann Einstein, proprietario di una piccola azienda che produceva macchinari elettrici, e di Pauline Koch. Frequentò una scuola elementare cattolica e, su insistenza della madre, gli furono impartite lezioni di violino. All'età di cinque anni il padre gli mostrò una bussola tascabile ed Einstein si rese conto che qualcosa nello spazio "vuoto" agiva sull'ago spostandolo in direzione del nord; avrebbe descritto in seguito quest'esperienza come una delle più rivelatrici della sua vita.

 
Einstein a 14 anni
 
Einstein e Mileva Marić nel 1912

La supposizione che il suo profitto in matematica fosse scarso è sbagliata,[16] basata anche sul fatto che nel sistema scolastico svizzero le votazioni adottano una scala da 1 a 6.[17] Nell'agosto del 1886 Albert riferì alla madre l'ottimo profitto scolastico: «Ieri Albert ha ricevuto la pagella, è nuovamente il primo della classe».[18] Einstein cominciò a studiare matematica insieme con Max Talmud,[19] un amico di famiglia che gli procurò testi scientifici come gli Elementi di Euclide e anche filosofici come la Critica della ragion pura di Kant.[19] All'età di dieci anni iniziò a frequentare il Luitpold Gymnasium, ma si rivelò ben presto insofferente al rigido ambiente scolastico, seppur riportando comunque buoni voti in matematica e in latino.[20] Inoltre suo zio Jakob lo metteva spesso alla prova con problemi matematici che risolveva brillantemente « [...] provando un profondo senso di felicità».[21]

 
Pavia, Officine Elettrotecniche Nazionali Einstein-Garrone

A causa di diversi dissesti economici (nel 1894 gli Einstein avevano fondato, con un socio italiano, le Officine elettrotecniche Nazionali Einstein-Garrone a Pavia, poi fallite[22]) la famiglia Einstein dovette trasferirsi di frequente: dapprima a Monaco di Baviera, poi nel 1894 a Pavia, a Palazzo Cornazzani (dove, curiosamente, aveva già abitato Ugo Foscolo[22][23][24]) dove Albert scrisse il suo primo articolo scientifico, e due anni dopo a Berna in Svizzera. Quando la famiglia si trasferì a Milano Einstein, allora diciassettenne, restò in Svizzera per proseguire gli studi, che presto abbandonò per ricongiungersi con la famiglia.

Il fallimento all'esame d'ingresso al Politecnico di Zurigo nel 1895, tentato nonostante non avesse l'età minima richiesta, in quanto autorizzato con un permesso speciale da parte del rettore Albin Herzog, e non superato per un'insufficienza nel test di francese, fu una dura battuta d'arresto. Pertanto per concludere gli studi superiori fu mandato dalla famiglia ad Aarau dove riuscì a conseguire il diploma nel 1896. Nell'ottobre dello stesso anno ritentò l'esame di ammissione al politecnico, superandolo. Durante il primo anno di studi al politecnico, nel 1896, conobbe Mileva Marić, sua compagna di studi, di cui s'innamorò.[25] Mileva era l'unica donna ammessa a frequentare il politecnico federale svizzero.[26]

Einstein concluse gli studi al politecnico nel luglio del 1900, superando gli esami finali con la votazione di 4,9/6 e classificandosi quarto su cinque promossi. Egli fu l'unico dei laureati a non ottenere un posto come assistente.[27] Nel 1900 gli venne garantito un diploma da insegnante dall'Eidgenössische Technische Hochschule e nel 1901 fu naturalizzato svizzero.[28] In quel periodo Einstein discuteva dei suoi interessi scientifici con un ristretto gruppo di amici, inclusa Mileva.[29]

Nel gennaio 1902 Mileva ebbe una figlia, Lieserl, che morì presumibilmente di scarlattina. Quel parto illegittimo compromise gli studi della giovane che decise di sacrificarsi per la famiglia e la carriera accademica di Albert. Nel 1903 Albert e Mileva si sposarono in municipio. In seguito Mileva avrebbe dato alla luce altri due figli: Hans Albert (1904), che sarebbe diventato ingegnere ed Eduard (1910), con ottime capacità nella musica e negli studi, che fu poi travolto dalla malattia mentale e trascorse gran parte della sua vita tra la casa materna di Zurigo e l'ospedale psichiatrico Burghölzli.

Dopo la laurea Einstein trovò lavoro presso l'ufficio brevetti di Berna. Insieme con l'amico e collega di lavoro Michele Besso fondò un gruppo di discussione chiamato "Accademia Olimpia", dove si discuteva di scienza e filosofia.

1905: l'annus mirabilis modifica

 
Einstein nel 1921

Il 1905 fu un anno di svolta nella vita di Einstein e nella storia della fisica. Nel giro di sette mesi pubblicò sei lavori:

  1. un articolo, ultimato il 17 marzo, che spiegava l'effetto fotoelettrico in base alla composizione della radiazione elettromagnetica di quanti discreti di energia (poi denominati fotoni), secondo il concetto di quanto ipotizzato nel 1900 da Max Planck. Questo studio gli sarebbe valso il Premio Nobel per la fisica nel 1921 e avrebbe contribuito allo sviluppo della meccanica quantistica;
  2. la tesi di dottorato sul tema "Nuova determinazione delle dimensioni molecolari", pubblicata il 30 aprile. Sarebbe diventato lo scritto di Einstein più citato nella letteratura scientifica degli anni settanta;
  3. un articolo, datato 11 maggio, sul moto browniano, che costituiva uno sviluppo della sua tesi di dottorato;
  4. una prima memoria, in data 30 giugno, dal titolo Zur Elektrodynamik bewegter Körper (Sull'elettrodinamica dei corpi in movimento) che aveva come oggetto l'interazione fra corpi carichi in movimento e il campo elettromagnetico vista da diversi osservatori in stati di moto differenti. La teoria esposta nell'articolo, nota successivamente con il nome di Relatività ristretta (o speciale), risolveva i contrasti tra teoria meccanica e teoria elettromagnetica della luce, che avevano caratterizzato la fisica dell'Ottocento, con una revisione dei concetti di spazio e di tempo assoluti;
  5. un'altra memoria sulla relatività ristretta, datata 27 settembre, che conteneva la nota formula E=mc²;
  6. un altro articolo sul moto browniano, pubblicato il 19 dicembre.

L'insegnamento e la vita privata modifica

 
Einstein ed Elsa

Einstein ottenne il dottorato il 15 gennaio del 1906 e insegnò a Berna a partire dal 1908. Nel 1909 pubblicò Über die Entwicklung unserer Anschauungen über das Wesen und die Konstitution der Strahlung, sulla quantizzazione della luce. In questo e in un precedente scritto dello stesso anno dimostrò che l'energia dei quanti di Max Planck deve avere una quantità di moto ben definita. Questo scritto introdusse il concetto di fotone (anche se il termine "fotone" fu usato come tale da Gilbert Lewis nel 1926[30]) e ispirò la nozione di dualismo onda-particella nella meccanica quantistica.

Nel 1911 si trasferì a Praga e nel 1914 fu nominato direttore dell'Istituto di Fisica dell'Università di Berlino, dove rimase fino al 1933. In quegli anni effettuò alcune ricerche sulla meccanica statistica e sulla teoria della radiazione.

Sin dal marzo 1912 aveva iniziato una relazione con la cugina trentaseienne divorziata Elsa Löwenthal e della moglie diceva che era come una dipendente che non poteva licenziare. Per incontrare Elsa spariva per giorni finché andò via da casa, accettando poi di tornarci solo se la moglie avesse rispettato alcune severissime condizioni:

 
L'effetto fotoelettrico, correttamente interpretato da Einsten nel suo annus mirabilis nel 1905
  1. che i suoi vestiti e la biancheria fossero mantenuti in ordine e in buono stato;
  2. che egli ricevesse i suoi tre pasti regolarmente nella sua stanza;
  3. che la sua camera da letto e lo studio fossero sempre puliti e, in particolare, che sulla sua scrivania potesse mettere le mani solo lui.

Mileva avrebbe anche dovuto rinunciare a ogni rapporto personale, astenersi dal criticarlo sia a parole sia con azioni davanti ai figli, e quanto ai rapporti personali con Einstein:

  1. Non doveva aspettarsi intimità;
  2. Doveva smettere immediatamente di rivolgersi a lui se lo richiedeva;
  3. Doveva uscire all'istante dalla stanza e senza protestare se egli lo richiedeva.[31]

Mileva accettò comunque ed egli tornò a casa, ma dopo pochi mesi lei tornò con i figli a Zurigo e nel 1919 i due divorziarono, a fronte di un accordo economico (pensione di reversibilità, aumentare i versamenti e ricevere tutto il denaro del futuro premio Nobel).[32] Nello stesso anno Einstein sposò in seconde nozze la cugina, a cui restò legato fino alla morte di lei nel 1936.

Teoria della relatività generale modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Relatività generale.
 
L'eclissi del 1919 che fornì una prova a sostegno della teoria della relatività generale
 
Vier vorlesungen über Relativitätstheorie (gehalten im Mai, 1921, an der Universität Princeton, Vieweg, Braunschweig) rappresenta il testo originale tedesco della prima edizione di The Meaning of Relativity del 1921

Nel 1915 Einstein propose una teoria relativistica della gravitazione, denominata relatività generale, che descriveva le proprietà dello spaziotempo a quattro dimensioni: secondo tale teoria la gravità non è altro che la manifestazione della curvatura dello spaziotempo.

Einstein dedusse le equazioni del moto da quelle della relatività speciale valide localmente nei sistemi inerziali; dedusse inoltre il modo in cui la materia curva lo spaziotempo imponendo l'equivalenza di ogni possibile sistema di riferimento (da cui il nome di "relatività generale").

In particolare, il potenziale gravitazionale newtoniano viene reinterpretato come l'approssimazione, per campo debole, della componente temporale del tensore metrico: da questo discende il fatto che il tempo scorre più lentamente in un campo gravitazionale più intenso. Alla pubblicazione, la teoria venne accolta con scetticismo da parte della comunità scientifica, perché derivata unicamente da ragionamenti matematici e analisi razionali, e non da esperimenti e osservazioni.[33]

Nel 1917 mostrò il legame tra la legge di Bohr e la formula di Planck dell'irraggiamento del corpo nero. Nello stesso anno introdusse la nozione di emissione stimolata, che sarebbe poi stata applicata alla concezione del laser.

Nel 1919 le predizioni della relatività generale furono confermate dalle misurazioni dell'astrofisico Arthur Eddington effettuate durante un'eclissi solare, che verificarono che la luce emanata da una stella era deviata dalla gravità del Sole.[33] Le osservazioni ebbero luogo il 29 maggio del 1919 a Sobral, in Brasile, e nell'isola di Príncipe, nello Stato di São Tomé e Príncipe.[33]

«Max Planck non capiva nulla di fisica, perché durante l'eclissi del 1919 è rimasto in piedi tutta la notte per vedere se fosse stata confermata la curvatura della luce dovuta al campo gravitazionale. Se avesse capito la teoria, avrebbe fatto come me, sarebbe andato a letto.»

Da allora esperimenti sempre più precisi hanno confermato le predizioni della teoria, prevalentemente nell'ambito dell'astronomia (precessione del perielio di Mercurio e lenti gravitazionali).

L’antisemitismo colpisce Einstein modifica

Le posizioni antimilitariste assunte da Einstein durante la prima guerra mondiale, nonché il crescente clima antisemita in Germania crearono un ambiente particolarmente scomodo. Presto cominciò a ricevere lettere minatorie e ingiurie mentre usciva dal suo appartamento o dall'ufficio. Nel febbraio 1920 un gruppo di studenti interruppe una sua lezione e uno di essi gridò: «Taglierò la gola a quello sporco ebreo!». Fu poi lo stesso Ministro dell'Istruzione a scrivergli una lettera di stima da parte del governo tedesco.[34]

L'antisemitismo divenne anche la molla per attacchi sul campo scientifico, tanto che, per reazione, scrisse un articolo per il Berliner Tageblatt dal titolo La mia risposta, in cui denunciava il fatto che se non fosse stato un ebreo le sue teorie non sarebbero state attaccate in maniera così veemente. Ma quella sua reazione scomposta lo fece pentire di essersi lasciato trascinare dall'ira.[35]

Il clima divenne ancor più pericoloso quando il 24 giugno 1922 fu assassinato il ministro degli esteri tedesco Walther Rathenau, che era ebreo. Era la 350ª vittima per mano della destra dalla fine della guerra.[36]

Il Nobel, la maturità e gli ultimi anni modifica

 
Einstein nel 1921
 
Modulo di domanda di naturalizzazione degli Stati Uniti presentato da Einstein

Il 27 aprile 1920 Bohr giunse a Berlino su invito di Max Planck. Essendo presente a Berlino anche Einstein, si colse l'occasione per un incontro a tre dei più importanti fisici dell'epoca. L'incontro fu estremamente cordiale: seppur diversi caratterialmente si trovarono a loro agio parlando per tutto il tempo di fisica, confrontando le loro idee. «Poche volte, nella vita, una persona mi ha dato tanta gioia con la sua sola presenza come è stato nel suo caso», scrisse successivamente Einstein a Bohr.[37]

Nel 1921 ottenne il Premio Nobel per la fisica per il suo lavoro del 1905 sulla spiegazione dell'effetto fotoelettrico (il premio fu effettivamente assegnato nel 1922). In quegli anni cominciò a dedicarsi alla ricerca di teorie di campo unificate, argomento che lo appassionò fino alla fine, assieme ai tentativi di spiegazioni alternative dei fenomeni quantistici; infatti la sua concezione del mondo fisico mal si conciliava con le interpretazioni probabilistiche della meccanica quantistica. Il più famoso tentativo in questo senso fu il paradosso EPR (Einstein-Podolsky-Rosen) elaborato con Boris Podolsky e Nathan Rosen.

Come sempre, anche in questo periodo si interessò anche di altri campi della fisica, nel 1926, ad esempio, pubblicò un articolo nel quale introdusse il cosiddetto "paradosso delle foglie di tè" per spiegare il motivo dell'esistenza dei meandri fluviali e del perché il percorso dei fiumi non è mai in linea retta.[38][39]

Nel 1927 Einstein venne invitato dal governo italiano a partecipare al Congresso internazionale dei Fisici, che si svolgeva quell'anno a Como in occasione del centenario dalla morte di Alessandro Volta. Egli fu il solo a declinare l'invito per la sua opposizione al regime di Mussolini.[40]

 
La casa di Einstein a Princeton

Nel gennaio del 1933, quando Adolf Hitler salì al potere, Einstein si trovava momentaneamente all'università di Princeton come professore ospite. Il 7 aprile dello stesso anno venne promulgata la "Legge della Restaurazione del Servizio Civile", a causa della quale tutti i professori universitari di origine ebraica furono licenziati. Nell'ottobre del 1933, con l'intensificarsi delle persecuzioni anti-semitiche, decise di trasferirsi negli Stati Uniti. Durante gli anni trenta, con i nazisti al potere, i premi Nobel Philipp von Lenard e Johannes Stark condussero una strenua campagna atta a screditare i suoi lavori, etichettandoli come "fisica ebraica", in contrasto con la "fisica tedesca" o "ariana". Nel 1944, a Rignano sull'Arno, la moglie e le figlie di suo cugino Robert furono uccise da un reparto delle SS, verosimilmente come rappresaglia nei suoi confronti;[41] la strage, a cui si aggiunse l'anno seguente la perdita del cugino, morto suicida, colpì molto Einstein,[42] che aveva acquisito la cittadinanza statunitense nel 1940 e che non rientrò più in Europa, rimanendo negli USA fino alla morte.

 
Brevetto per Refrigeratore di Einstein–Szilard

Oltre all'insegnamento e alle apparizioni in pubblico, presso l'Institute for Advanced Study di Princeton proseguì le sue ricerche, studiando anche alcuni problemi cosmologici e le probabilità delle transizioni atomiche. Negli ultimi anni di vita tentò di unificare la gravità e l'elettromagnetismo, le due forze fondamentali allora conosciute, sebbene si può notare come fosse già iniziato lo studio della forza nucleare forte e della forza nucleare debole, quest'ultima per opera di Enrico Fermi. Nel 1950 descrisse la sua teoria di unificazione, rivelatasi poi parzialmente errata, in un articolo sulla rivista Scientific American.

Durante la sua permanenza a Princeton negli anni cinquanta Einstein strinse amicizia con il matematico austriaco Kurt Gödel, pur avendo un temperamento estremamente diverso da lui,[43] mentre ebbe come vicino di stanza in Dipartimento il fisico-matematico ungherese John von Neumann dal carattere guascone ed estroverso.

Vi è anche una parte della sua personalità collegata a un senso più pratico della scienza. Nel 1929 infatti lavorò insieme con Leó Szilárd a un prototipo di macchina frigorifera ad assorbimento diffusione, realizzando un brevetto innovativo di un refrigeratore funzionante solo con una miscela di acqua, ammoniaca e butano, senza parti in movimento e con consumi elettrici bassissimi. Il brevetto, registrato negli Stati Uniti nel 1930,[44] non fu mai commercializzato perché fu soppiantato commercialmente dal brevetto Servel-Electrolux per gli attuali frigoriferi con ciclo ad assorbimento, oggi noti principalmente per motocaravan e roulotte. Recentemente però sono stati fatti studi volti a un eventuale utilizzo pratico dell'idea alla base del brevetto Einstein-Szilard.[45]

Nel 1952, quando il Presidente d'Israele Chaim Weizmann morì, l'allora Primo Ministro gli offrì l'incarico, ma rifiutò, spiegando di mancare sia dell'inclinazione sia delle esperienze necessarie.[46]

La morte modifica

Il 17 aprile del 1955 fu colpito da una improvvisa emorragia causata dalla rottura di un aneurisma dell'aorta addominale, arteria che era stata già rinforzata precauzionalmente con un'operazione chirurgica nel 1948. Fu ricoverato all'ospedale di Princeton, dove morì nelle prime ore del mattino del giorno dopo (ore 1:15 del 18 aprile 1955) a 76 anni.

Eredità modifica

Aveva espresso verbalmente il desiderio di essere cremato, ma Thomas Stoltz Harvey, il patologo che effettuò l'autopsia, di propria iniziativa rimosse il cervello e lo conservò a casa propria immerso nella formalina in un barattolo sottovuoto per circa 40 anni. Il resto del corpo fu cremato e le ceneri furono disperse in un luogo segreto. Quando i parenti di Einstein furono messi al corrente, per il bene della scienza acconsentirono al sezionamento del cervello in 240 parti da consegnare ad altrettanti ricercatori; la parte più grossa è custodita nell'ospedale di Princeton.[47]

Una targa, sulla facciata della casa, in via Bigli 21 a Milano, ricorda la residenza degli Einstein dal 1894 al 1900. Il padre, Hermann, che aveva una fabbrica di prodotti elettrotecnici in via Lecchi 160, è sepolto al Cimitero Monumentale di Milano.[24][48]

A Berna in Kramgasse 49, si trova la casa dove lo scienziato abitò dal 1903 al 1905, con la moglie Mileva e il figlio Hans Albert nel periodo in cui egli elaborò la teoria della relatività ristretta. L'appartamento al secondo piano ospita oggi un museo.[49]

Pensiero modifica

Einstein filosofo modifica

 
Einstein e Bohr

Sebbene i contributi principali di Einstein siano relativi alla fisica, è indubbio che egli nutrisse un sincero interesse per la filosofia: nella sua vita studiò scritti di carattere filosofico fin dagli anni del liceo (da quando per la prima volta lesse un libro di Kant). Tuttavia egli non si considerò mai un filosofo nel senso stretto del termine: il suo, più che un sistema filosofico, venne definito da Reichenbach un «atteggiamento filosofico».[50]

Nel 1924 contribuì con un breve scritto introduttivo all'edizione del poema di Tito Lucrezio Caro, De rerum natura, curata da Hermann Diels.[51]

Come pensatore e filosofo, era mosso da una profonda ammirazione per i sistemi di Spinoza e Schopenhauer. Del primo era particolarmente affascinato dalla concezione olistica, cioè dall'idea del cosmo come di un tutto ordinato secondo le leggi di un'entità panica impersonale, mentre del secondo condivideva la visione disincantata dell'umanità; inoltre, in tutta la produzione saggistica si può notare come lo stile einsteiniano, lineare e al contempo vibrante e ricco di passi altamente suggestivi, sia avvicinabile a quello di alcuni testi del filosofo tedesco (come dimostrano i caustici aforismi). Nell'ambito della filosofia della scienza, egli affermò l'importanza nei suoi studi dell'opera di David Hume e dell'epistemologia di Ernst Mach, da cui tuttavia si distaccò nella maturità. Smentì invece una sua presunta adesione al positivismo:

«Io non sono positivista. Il positivismo stabilisce che quanto non può essere osservato non esiste. Questa concezione è scientificamente insostenibile, perché è impossibile fare affermazioni valide su ciò che uno "può" o "non può" osservare. Uno dovrebbe dire: "Solo ciò che noi osserviamo esiste": il che è ovviamente falso.»

Einstein sostenne in più occasioni l'importanza dell'epistemologia nella scienza contemporanea (tanto che negli ultimi anni di vita affermò «La scienza senza epistemologia, se pure si può concepire, è primitiva e informe»[52]) ed egli stesso accompagnò il suo lavoro scientifico con una chiara posizione epistemologica, fino ad arrivare a parlare nella sua Autobiografia scientifica di un «credo epistemologico». In esso egli distingue la totalità delle esperienze sensibili (ovvero i dati offerti dalla natura) dall'insieme dei concetti e delle proposizioni di cui fa uso la scienza (cioè la costruzione teorica); il compito del pensiero logico riguarda solo la parte della costruzione teorica, che però a sua volta assume significato solo dalla connessione, puramente intuitiva e non di carattere logico, con le esperienze sensibili. In altre parole, per Einstein il sistema dei concetti e delle proposizioni di cui fa uso la scienza è una semplice creazione umana che però assume valore e contenuto solo nel momento in cui permette il più possibile di collegare e connettere tra loro i dati sperimentali con la maggiore "economia" (o semplicità) di termini e proposizioni stesse.[53]

Alcuni autori hanno evidenziato la rilevanza del pensiero epistemologico di Einstein, come elemento che avrebbe favorito lo scienziato nel formulare un'immagine robusta e coerente della realtà fisica.[54] La sua fiducia nell'intelligibilità dell'universo lo portò a una concezione rigorosamente deterministica, convincendolo che «Dio non gioca ai dadi»[55] in opposizione ai risultati intrinsecamente probabilistici della meccanica quantistica, cui diede comunque indirettamente importanti contributi.[56]

Celebre inoltre è il carteggio che Einstein intrattenne con Sigmund Freud negli anni trenta, in cui si interroga sul Perché la guerra, in un periodo così disastroso per l'umanità compreso tra le due guerre mondiali, ottenendo come risposta dal fondatore della psicoanalisi la natura intrinsecamente aggressiva dell'animo umano.[57] Altrettanto celebre è la raccolta di saggi su varie tematiche Come io vedo il mondo.

Visione politica modifica

Einstein era intransigente come scienziato, così come persona; nel 1913 rifiutò di firmare un manifesto a favore della guerra che gli veniva proposto da un buon numero di scienziati tedeschi. Risponde a questa proposta con un rischioso Appello agli Europei firmato con lo psicologo Georg Friedrich Nicolai nel 1914, in cui invitò a rifiutare le logiche guerrafondaie proponendo invece di unire gli sforzi per un'Europa unita.[58]

L'autorevolezza di Einstein si fece sentire inoltre non solo nel campo della fisica, ma anche in ambito sociale, politico e culturale, in particolare sul tema della non violenza di Gandhi:

«Credo che le idee di Gandhi siano state, tra quelle di tutti gli uomini politici del nostro tempo, le più illuminate. Noi dovremmo sforzarci di agire secondo il suo insegnamento, rifiutando la violenza e lo scontro per promuovere la nostra causa, e non partecipando a ciò che la nostra coscienza ritiene ingiusto.»

 
Albert Einstein nel 1921

Einstein si considerò sempre un pacifista[59] e un umanista,[60] e negli ultimi anni della sua vita, anche socialista. Descrivendo il Mahatma Gandhi, Albert Einstein disse «Le future generazioni difficilmente potranno credere che qualcuno come lui sia stato sulla terra in carne e ossa». «Gandhi, il più grande genio politico del nostro tempo, ci ha indicato la strada da percorrere. Egli ci ha mostrato di quali sacrifici l'uomo sia capace una volta che abbia scoperto il cammino giusto». «Dovremmo sforzarci di fare le cose allo stesso modo: non utilizzando la violenza per combattere per la nostra causa, ma non-partecipando a qualcosa che crediamo sia sbagliato».

Come Gandhi, inoltre, Einstein si fece assertore del valore etico e salutistico del vegetarianismo, abbracciando egli stesso questo stile alimentare.[61]

L'FBI raccolse un fascicolo di 1427 pagine sulla sua attività e raccomandò che gli fosse impedito di emigrare negli Stati Uniti secondo lo Alien Exclusion Act, aggiungendo che, insieme con altri addebiti, Einstein credeva, consigliava, difendeva o insegnava una dottrina che, in senso legale, era stata ritenuta dai tribunali, in altri casi, « [...] capace di permettere all'anarchia di progredire indisturbata» e che portava a « [...] un governo solo di nome». Aggiunse anche che Einstein « [...] era stato membro, sostenitore o affiliato a 34 movimenti comunisti tra il 1937 e il 1954» e che « [...] inoltre lavorò come presidente onorario in tre organizzazioni comuniste».[62]

 
Albert Einstein nel 1931

Einstein si oppose ai governi dittatoriali e per questo motivo (e per le sue origini ebraiche) abbandonò la Germania subito dopo la presa del potere da parte del partito nazista. Il 30 gennaio 1933 lo scienziato era in viaggio di ritorno in Germania dopo un soggiorno negli Stati Uniti; appresa la notizia dell'ascesa di Adolf Hitler mentre si trovava in Belgio, dopo qualche esitazione decise di interrompere il viaggio e ritornare oltre Atlantico su invito dell'Institute for Advanced Study a Princeton.[63]

Tra i vari aneddoti su Einstein ricorre spesso quello secondo cui quando espatriò negli Stati Uniti, sulla richiesta di dichiarare la sua razza d'appartenenza, avrebbe risposto "umana".[64] Nessun dato reale sembra supportarlo; nell'unico documento sul suo passaggio per Ellis Island risulta invece registrato come ebreo.[65]

In principio fu favorevole alla realizzazione della bomba atomica al fine di prevenirne la costruzione da parte di Hitler e per questo scrisse anche una lettera[66] (del 2 agosto del 1939 probabilmente scritta da Leó Szilárd) al presidente Roosevelt, incoraggiandolo a iniziare un programma di ricerca scientifico-tecnologica per sfruttare l'energia nucleare a scopi civili, dichiarando nella lettera[66] per il presidente che essa poteva essere utilizzata anche per creare delle bombe molto potenti. Roosevelt rispose creando un comitato per studiare la possibilità di usare l'uranio come arma nucleare. Successivamente il Progetto Manhattan assorbì tale comitato.

Einstein, insieme con Albert Schweitzer e Bertrand Russell, combatté contro i test e le sperimentazioni militari della bomba atomica. Successivamente invece non fu ascoltato quando, nel 1945, si oppose al lancio della stessa bomba sul Giappone.

Insieme con Russell firmò il Manifesto Russell-Einstein, che dette vita alla Pugwash Conferences on Science and World Affairs.

Tuttavia, dopo la guerra, Einstein fece pressioni per il disarmo nucleare e per l'istituzione di un governo mondiale. Attribuiamo a lui la frase:

«Non so con quali armi verrà combattuta la terza guerra mondiale, ma la quarta verrà combattuta con clave e pietre.»

Non fu un sostenitore del sionismo, anche se sostenne l'insediamento ebraico nell'antica sede del giudaismo, e fu attivo nell'istituzione dell'Università Ebraica di Gerusalemme, in cui pubblicò (1930) un volume intitolato About Zionism: Discorsi e Conferenze del Professor Albert Einstein e a cui donò i suoi scritti. D'altra parte si oppose al nazionalismo ed espresse scetticismo rispetto alla soluzione di uno Stato-nazione ebraico, preferendo la soluzione "binazionale" (binational solution), ovvero la creazione di un unico Stato, ma con il riconoscimento di cittadinanza e pari diritti per tutti gli abitanti, a prescindere da etnia o religione. Insieme con altri intellettuali ebrei (tra cui Hannah Arendt) il 4 dicembre 1948 scrisse una lettera al New York Times in cui veniva fortemente criticata la visita negli Stati Uniti di Menachem Begin, definendo i metodi e l'ideologia del suo partito "Tnuat Haherut" (formato dopo lo scioglimento ufficiale dell'Irgun) come ispirati a quelli dei partiti nazisti.[67] Nel 1950, con altre illustri personalità, s'impegnò inutilmente per la salvezza di Milada Horáková, condannata a morte dal regime comunista cecoslovacco. In tarda età (1952) gli fu offerto il posto di secondo capo di Stato del nuovo Stato di Israele, ma declinò l'invito con la giustificazione di non avere le capacità necessarie.

Einstein e il socialismo modifica

 
Busto di Albert Einstein al Deutsches Museum di Monaco di Baviera

Scrisse nel 1929:

«Rendo omaggio a Lenin come a colui che ha dedicato tutte le sue forze alla realizzazione della giustizia sociale, sacrificando a questo fine la propria individualità. Non considero pratici i suoi metodi, ma una cosa è certa: uomini del suo genere sono i guardiani e i restauratori dell'umanità.[52]»

Nell'articolo del 1949 Perché il socialismo?, Albert Einstein descrisse il disordine economico della società capitalistica moderna come fonte di un male da superare. Egli era contrario ai regimi totalitari dell'Unione Sovietica e di altri paesi, ma era favorevole a un socialismo democratico che combinasse un'economia pianificata con un profondo rispetto per i diritti umani. Difatti per Einstein il vero scopo del socialismo era precisamente di superare e andare al di là della "fase predatoria dello sviluppo umano", per anticipare un modello di società nuovo che conciliasse il benessere del singolo individuo con quello della comunità intera.

La visione religiosa modifica

Benché di famiglia giudaica, Einstein non credeva negli aspetti strettamente religiosi del giudaismo, ma considerava sé stesso giudeo da un punto di vista culturale. Einstein fu socio onorario della Rationalist Press Association sin dal 1934.

Einstein in età adulta rifiutava nel complesso l'idea di un Dio personale (ritenendola una forma di antropomorfismo) tipica della concezione giudaico-cristiana, come testimonia una lettera personale nel 1954,[68] dove scriveva:

«Io non credo in un Dio personale e non ho mai negato questo fatto, anzi, ho sempre espresso le mie convinzioni chiaramente. Se qualcosa in me può essere chiamato religioso è la mia sconfinata ammirazione per la struttura del mondo che la scienza ha fin qui potuto rivelare.»

E ancora, sulla morte:[68]

«Non riesco a concepire un Dio che premi e castighi le sue creature o che sia dotato di una volontà simile alla nostra. E neppure riesco né voglio concepire un individuo che sopravviva alla propria morte fisica; lasciamo ai deboli di spirito, animati dal timore o da un assurdo egocentrismo, il conforto di simili pensieri. Sono appagato dal mistero dell'eternità della vita e dal barlume della meravigliosa struttura del mondo esistente, insieme al tentativo ostinato di comprendere una parte, sia pur minuscola, della Ragione che si manifesta nella Natura.»

In una sua lettera manoscritta datata 3 gennaio 1954 (quindici mesi prima della morte) indirizzata al filosofo Eric Gutkind, che gli aveva inviato una copia di un suo libro sulla Bibbia, Einstein ribadisce ancora le sue concezioni scrivendo:

«…Per me, la parola Dio non è niente di più che un'espressione e un prodotto dell'umana debolezza, e la Bibbia è una collezione di onorevoli ma primitive leggende, che a dire il vero sono piuttosto infantili. Nessuna interpretazione, non importa quanto sottile, può farmi cambiare idea su questo. Per me la religione ebraica, come tutte le altre, è un'incarnazione delle superstizioni più puerili…»

Questa importante missiva,[68] acquistata all'asta nel 1955 da un privato e rimasta per molto tempo sconosciuta, è stata venduta a Londra il 15 maggio 2008 per 214.000 euro dalla casa d'aste Bloomsbury.[69][70][71]

Era affascinato dal panteismo di Spinoza («Io credo nel Dio di Spinoza che si rivela nella ordinaria armonia di ciò che esiste, non in un Dio che si preoccupa del fato e delle azioni degli esseri umani»), ma rifiutava l'etichetta di panteista. Una volta in risposta alla domanda: «Lei crede nel Dio di Spinoza?», Einstein rispose così:

«Non posso rispondere con un semplice sì o no. Io non sono ateo e non penso di potermi chiamare panteista. Noi siamo nella situazione di un bambino piccolo che entra in una vasta biblioteca riempita di libri scritti in molte lingue diverse. Il bambino sa che qualcuno deve aver scritto quei libri. Egli non conosce come. Il bambino sospetta che debba esserci un ordine misterioso nella sistemazione di quei libri, ma non conosce quale sia. Questo mi sembra essere il comportamento dell'essere umano più intelligente nei confronti di Dio. Noi vediamo un universo meravigliosamente ordinato che rispetta leggi precise, che possiamo però comprendere solo in modo oscuro. I nostri limitati pensieri non possono afferrare la forza misteriosa che muove le costellazioni. Mi affascina il panteismo di Spinoza, ma ammiro ben di più il suo contributo al pensiero moderno, perché egli è il primo filosofo che tratta il corpo e l'anima come un'unità e non come due cose separate.»

La posizione di Einstein verso la religione ammette una 'attitudine religiosa' dinanzi al mistero e alla bellezza della natura, un'attitudine che però, come sopra accennato, appare piuttosto differente da un'impostazione tradizionale di tipo ebraico-cristiana. Albert Einstein sembra infatti rigettare, pur rifiutando esplicitamente l'ateismo, una concezione di Dio personale, come testimoniato dal seguente passaggio tratto da Il Mondo come io lo vedo (1934):[72]

«Fu l'esperienza del mistero - seppure mista alla paura - che generò la religione. Sapere dell'esistenza di qualcosa che non possiamo penetrare, sapere della manifestazione della ragione più profonda e della più radiosa bellezza, accessibili alla nostra ragione solo nelle loro forme più elementari - questo sapere e questa emozione costituiscono la vera attitudine religiosa; in questo senso, e solo in questo, sono un uomo profondamente religioso. Non posso concepire un Dio che premia e punisce le sue creature, o che possiede una volontà del tipo che noi riconosciamo in noi stessi. Un individuo che sopravvivesse alla propria morte fisica è totalmente lontano dalla mia comprensione, né vorrei che fosse altrimenti; tali nozioni valgono per le paure o per l'assurdo egoismo di anime deboli. A me basta il mistero dell'eternità della vita e la vaga idea della meravigliosa struttura della realtà, insieme allo sforzo individuale per comprendere un frammento, anche il più piccino, della ragione che si manifesta nella natura.»

Fu accusato di ateismo dal vescovo di Boston O'Connell, che lo accusò altresì di corrompere la morale attraverso queste sue idee, e di questo Einstein soffrì molto. In realtà Einstein non aveva nemmeno una grande opinione dell'ateismo militante:[43]

«Gli atei fanatici sono come schiavi che ancora sentono il peso delle catene dalle quali si sono liberati dopo una lunga lotta. Sono creature che – nel loro rancore contro le religioni tradizionali come "oppio delle masse" – non possono sentire la musica delle sfere.»

E ancora:[73]

«Trovi sorprendente che io pensi alla comprensibilità del mondo (nella misura in cui ci sia lecito parlarne) come a un miracolo o a un eterno mistero. A priori, tutto sommato, ci si potrebbe aspettare un mondo caotico del tutto inafferrabile da parte del pensiero. Ci si potrebbe (forse addirittura si dovrebbe) attendere che il mondo si manifesti come soggetto alle leggi solo a condizione che noi operiamo un intervento ordinatore. Questo tipo di ordinamento sarebbe simile all'ordine alfabetico delle parole di una lingua. Al contrario, il tipo d'ordine che, per esempio, è stato creato dalla teoria della gravitazione di Newton è di carattere completamente diverso: anche se gli assiomi della teoria sono posti dall'uomo, il successo di una tale impresa presuppone un alto grado d'ordine nel mondo oggettivo, che non era affatto giustificato prevedere a priori. È qui che compare il sentimento del "miracoloso", che cresce sempre più con lo sviluppo della nostra conoscenza. E qui sta il punto debole dei positivisti e degli atei di professione, che si sentono paghi per la coscienza di avere con successo non solo liberato il mondo da Dio, ma persino di averlo privato dei miracoli. La cosa curiosa, certo, è che dobbiamo accontentarci di riconoscere il "miracolo", senza poter individuare una via legittima per andar oltre. Capisco che devo ben esplicitare quest'ultima considerazione in modo che non ti venga in mente che, indebolito dall'età, io sia divenuto vittima dei preti.»

In una lettera del 24 gennaio 1936 che egli scrisse in risposta a un bambino, che gli aveva chiesto se anche gli scienziati pregassero e per che cosa, dopo aver detto che per uno scienziato ogni evento è riconducibile alle leggi di natura e quindi non risulta influenzabile dalla preghiera, aggiunse: "Però, chiunque sia seriamente impegnato nella ricerca della scienza si convince che un qualche spirito, molto superiore a quello dell‘uomo, è manifesto nelle leggi dell`universo." (Albert Einstein, Dear Professor Einstein. Albert Einstein`s letters to and from Children, ed. by Robert Schulmann, Prometheus Book, New York 2002, p. 129).

Sebbene fosse ebreo, Einstein ammirava molto la figura storica di Gesù:[74]

– Fino a che punto è influenzato dalla cristianità?
– Da bambino ho ricevuto un'istruzione sia sul Talmud che sulla Bibbia. Sono un ebreo, ma sono affascinato dalla figura luminosa del Nazareno».
– Ha mai letto il libro di Emil Ludwig su Gesù?
– Il libro di Ludwig è superficiale. Gesù è una figura troppo imponente per la penna di un fraseggiatore, per quanto capace. Nessun uomo può disporre della cristianità con un bon mot.
– Accetta il Gesù storico?
– Senza dubbio! Nessuno può leggere i Vangeli senza sentire la presenza attuale di Gesù. La sua personalità pulsa a ogni parola. Nessun mito può mai essere riempito di una tale vita.

Riguardo alla relazione tra scienza e religione egli nel 1950 in Out of My Later Years, scrive: «La scienza senza la religione è zoppa, la religione senza la scienza è cieca». E ancora: «La scienza, contrariamente a un'opinione diffusa, non elimina Dio. La fisica deve proporsi non solo di sapere com'è la natura, ma anche di sapere perché la natura è così e non in un'altra maniera, con l'intento di arrivare a capire se Dio avesse davanti a sé altre scelte quando creò il mondo».[75]

Circa la chiesa cattolica durante la seconda guerra mondiale, a Einstein è stata attribuita questa posizione riportata a pagina 38 del numero del Time del dicembre 1940:[76]

«Essendo amante della libertà, quando avvenne la rivoluzione in Germania, guardai con fiducia alle università… Ma le università vennero zittite. Allora guardai ai grandi editori dei quotidiani... Ma anche loro vennero ridotti al silenzio, soffocati nell'arco di poche settimane. Solo la Chiesa rimase ferma in piedi a sbarrare la strada alle campagne di Hitler per sopprimere la verità. Prima io non ho mai provato nessun interesse particolare per la Chiesa, ma ora provo nei suoi confronti grande affetto e ammirazione, perché la Chiesa da sola ha avuto il coraggio e l'ostinazione per sostenere la verità intellettuale e la libertà morale…»

Einstein sapeva dell'articolo del Time Magazine in cui era citata la sua affermazione e sulla quale alcuni chiedevano maggiori dettagli,[77] ma non scrisse mai alla rivista per farla rettificare, anzi c'è una sua lettera del 1943, autenticata dall'esperta Catherine Williamson,[78] in cui lui stesso dice che l'affermazione riportata dal Time Magazine è riconducibile a una sua dichiarazione, anche se lui era stato un po' più moderato.[79] In una lettera successiva rifiuta tuttavia la paternità di questa frase, sostenendo che la sua dichiarazione fu travisata e modificata a tal punto da non poterla più riconoscere come sua. Inoltre specifica che la citazione non riflette il suo pensiero generale riguardo alla Chiesa.[80]

Il diplomatico e studioso ebreo Pinchas Lapide riporta nei suoi testi un'altra versione della frase pubblicata sul Time, comunque molto simile:[81]

«Solo la Chiesa cattolica protestò contro l'attacco furioso di Hitler contro la libertà. Fino ad allora io non ero stato interessato alla Chiesa, ma oggi io sento grande ammirazione per la Chiesa, che, sola, ebbe il coraggio di combattere per la verità spirituale e la libertà morale.»

Nel complesso Einstein aveva una concezione religiosa sui generis, il cui carattere è ancora oggetto di discussione tra gli studiosi, incentrata sull'idea che l'universo è determinato da leggi che il pensiero umano può scoprire e comprendere. In questo senso la sua concezione religiosa aveva anche aspetti fideistici, perché riconosceva che non si danno argomenti razionali che possano giustificare incontrovertibilmente come l'universo sia, a priori, governato da leggi scientifiche e comprensibile alla mente umana.

La posizione di Einstein su Dio è stata largamente strumentalizzata dagli opposti partiti della disputa teismo/ateismo. Certo è che Einstein rifuggiva da qualunque facile definizione. Senz'altro espresse rispetto per i valori religiosi adottati dalle tradizioni giudaiche e cristiane, pur non condividendone la concezione del divino.

Riconoscimenti modifica

A Einstein sono stati dedicati:

Albero genealogico modifica

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Rupert Einstein (1759-1834) Naphtali Hirsch ben David Einstein (1733-1799)  
 
Helene Handle Steppach (1737-1790)  
Abraham Ruppert Einstein (1808-1868)  
Rebecca Rebecka Einstein Obernauer (1770-1853) Samuel Obernauer (1744-1795)  
 
Judith Mayer Obernauer Hilb (1748-1773)  
Hermann Einstein (1847-1902)  
Heinrich Haium Moos (1772-1845) Hayum Haymann Moos (1745-1815)  
 
Lia Heilbronner (1745-1802)  
Helene Hendel Einstein Moos (1814-1887)  
Veronika Fanny Schmal (1782-1866) Isak Oberdorf Schmal (1744-1816)  
 
Johanna Charlotte Bernheim (1751-1796)  
Albert Einstein (1879-1955)  
Zadok Lob Dorzbacher (1783-1852) Loeb Samuel Dorzbacher  
 
Golius Lob  
julius Judas Rudolf Dorzbacher Koch (1816-1895)  
Blumele Sontheimer (1786-1856) Loeb Moses Sontheimer (1745-1831)  
 
Vogele Juda Nordstetten (1751-1807)  
Pauline Koch (1858-1920)  
Gedalja Chajim Bernheimer (1788-1873) Jakob Simon Bernheimer (1756-1790)  
 
Lea Hajm (1753-1833)  
Jutle Jette Bernheimer (1825-1886)  
Elise Elcha Elsa Weil (1789-1872) Bernard Beerle Weil (1750-1840)  
 
Roesle Weil Katz (1760-1826)  
 

Opere modifica

Nella cultura di massa modifica

Cinema modifica

Note modifica

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  55. ^ «Dio non gioca a dadi» è il modo con cui viene in genere riportato il pensiero di Einstein, che in realtà disse: «Sembra difficile dare una sbirciata alle carte di Dio. Ma che Egli giochi a dadi e usi metodi "telepatici" [...] è qualcosa a cui non posso credere nemmeno per un attimo» (cit. in Bill Bryson, Breve storia di (quasi) tutto, TEA (2008), ISBN 978-88-502-1549-2)
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  78. ^ New Einstein Letter Credits Church - YouTube, su youtube.com. URL consultato il 29 gennaio 2015 (archiviato il 4 maggio 2015).
  79. ^ 1943 Albert Einstein Letter, su pbs.org. URL consultato il 30 aprile 2013 (archiviato il 5 novembre 2012).
  80. ^ H. Dukas, B. Hoffmann, Albert Einstein, the Human Side: New Glimpses from His Archives, su books.google.it, Princeton Univ. Press, 1979 (archiviato il 1º dicembre 2017).
  81. ^ [Only the Catholic Church protested against the Hitlerian onslaught on liberty. Up till then I had not been interested in the Church, but today I feel a great admiration for the Church, which alone has had the courage to struggle for spiritual truth and moral liberty. – Albert Einstein (Pinchas E. Lapide, Three Popes and the Jews, p.251, New York: Hawthorn Books, Inc., 1967) ]
  82. ^ (EN) Einstein Prize Archiviato il 3 ottobre 2017 in Internet Archive.

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