Utente:Facquis/Sandbox/Squadrismo (riorganizzazione)

Lo squadrismo fu un fenomeno politico-sociale verificatosi in Italia a partire dal 1919 che consistette nell'uso di squadre d'azione paramilitari armate che avevano lo scopo d’intimidire e reprimere violentemente gli avversari politici, specialmente quelli appartenenti al movimento operaio; fu in breve tempo assorbito dal fascismo che lo usò come strumento della propria affermazione[1].

Sono state elencate varie cause e fattori concomitanti della violenza squadrista: la motivazione principale fu la lotta di classe dei possidenti contro l'organizzazione sindacale operaia e contadina, condotta soprattutto per iniziativa dei proprietari, ma talvolta anche per reazione alle violenze operaie del biennio rosso; a essa si accompagnarono però altre concause: la lotta per il potere amministrativo a livello locale; le finalità propagandistiche e intimidatorie degli atti di violenza; gli effetti psicologici e sociologici della prima guerra mondiale da poco conclusa, la quale aveva esacerbato i conflitti sociali e abituato gli animi alla violenza; la debolezza dell'apparato repressivo dello Stato, che non contrastò adeguatamente lo squadrismo; altre cause ancora, che tennero in vita le squadre anche dopo che queste ultime ebbero vinto lo scontro di classe contro gli operai e i contadini, vale a dire: le ambizioni dei ras locali, l'esigenza di conquistare definitivamente il potere politico, le lotte di potere interne al fascismo, il cameratismo fra gli squadristi[2].

Info da cronologia violenza da incorporare modifica

Lo squadrismo agrario modifica

 
Palazzo d'Accursio a Bologna, teatro dell'omonima strage.

Ulteriori atti squadristici avvennero poi a Mantova, Brescia e Padova e nel 1920 in tutte le principali città dell'Italia settentrionale cominciarono a essere formate squadre d'azione armate e alle dipendenze del Fascio di combattimento locale.

Il 15 luglio a Bologna, al termine di una manifestazione della Federterra per rivendicare l'occupazione delle terre incolte, scoppiano incidenti tra i manifestanti ed un gruppo di ufficiali aderenti alle squadre nazionaliste dei Sempre Pronti per la Patria e per il Re che sparano sui contadini: resta ferita mortalmente la bracciante Geltrude Grassi che spira cinque giorni dopo[3].

Il 1º luglio a Masi Torello (FE) una guardia campestre è assassinata da un gruppo di socialisti. Il 10 luglio ad Imola, durante alcuni scontri tra fascisti ed anarchici rimase ucciso il dirigente sindacale Edgardo Fabbri, segretario del locale sindacato della cooperativa macchine agricole. Pur non essendo Fabbri iscritto al fascio, gli squadristi approfittano della sua morte per scatenare un'ondata di violenze contro militanti e le istituzioni anarchiche imolesi. Un anarchico viene ridotto in fin di vita. Il 15 luglio a Panicale, nel corso di una manifestazione sindacale, i carabinieri sparano ed uccidono 6 contadini. Il 17 luglio a Monterongriffoli di Montalcino (SI), l'arresto di tre contadini da parte dei carabinieri, impegnati a proteggere dei crumiri che stavano mietendo il grano, scatena una rissa. Le forze dell'ordine sparano uccidendo tre manifestanti e ferendone sei[4]. Il 20 luglio squadristi fascisti aggrediscono i deputati Alceste Della Seta e Giuseppe Emanuele Modigliani.

Continuano le violenze ad Imola: il 18 luglio è ucciso presso il Santuario della Beata Vergine del Piratello il simpatizzante fascista Ugo Argilli[5]. Si scatena una nuova ondata di violenze fasciste contro le principali istituzioni socialiste della cittadina romagnola. Il 22 luglio si registrano ad Imola nuovi gravissimi scontri tra i fascisti e gli anarchici: resta ucciso l'anarchico Vincenzo Zanelli e rimane ferito mortalmente lo squadrista Vincenzo Nanni che spirerà il giorno seguente[6].

Il 19 settembre 1920 una squadra fascista uccide a San Rocco di Guastalla (RE) il comunista Paolino Mantovani.

Il 14 ottobre 1920 a Bologna le guardie regie caricano i dimostranti che cercano di liberare dalle carceri cittadine, note come il Casermone, alcuni manifestanti arrestati: sul terreno restano 4 manifestanti (il consigliere comunale socialista Erminio Zucchini, gli anarchici Augusto Fuzzì, Calisto Vacchi e Oreste Donati), il viceispettore Giuseppe La Volpe e il brigadiere Salvatore Colamasi. Il 16 ottobre, dopo i funerali delle due guardie uccise negli scontri di due giorni prima, gli squadristi bolognesi comandati da Leandro Arpinati assaltano il Caffè della Borsa, ritrovo abituale dei socialisti. Resta ucciso da un colpo di pistola il commerciante Giuseppe Fabbri che si trovava casualmente nel posto[7]. Il 30 ottobre una squadra fascista, comandata da Arpinati, assalta nuovamente il Caffè della Borsa a Bologna. Nella spedizione punitiva rimase ferito mortalmente l'operaio socialista Guido Tibaldi[8].

Il 4 novembre 1920, nel secondo anniversario della vittoria nella prima guerra mondiale, avvengono pesanti scontri in varie località tra squadristi, nazionalisti e militanti di sinistra. A Bologna i fascisti distruggono la Camera del lavoro, il deputato socialista Ercole Bucco ordina alle guardie rosse di non difendere la Camera e nascondere le armi nel proprio appartamento. A Verona i fascisti tentano di assaltare il comune per issarvi il Tricolore al posto della bandiera rossa. I socialisti difendono il municipio con le armi e inizia una sparatoria con gli squadristi che tentano di introdursi dal retro. In questi frangenti il deputato socialista Policarpo Scarabello, che affiancava i difensori all'interno del comune, muore dilaniato dall'esplosione di una bomba a mano che lui stesso teneva in tasca. A Sestri Levante un anarchico lancia una bomba su un concerto patriottico, muore Vincenzo Cappellini; a Ferrara viene ucciso un socialista; a Ragusa i nazionalisti assaltano il municipio socialista, mentre in provincia muoiono negli scontri tre socialisti e una bambina.

Il 7 novembre, a Firenze è ucciso a revolverate il giovane Guido Fiorini e una bomba sbriciola lo studente Guido Bolaffio, entrambi fascisti, e ferisce altre 10 persone. Squadre armate fasciste invadono il municipio di Castel San Pietro, nel bolognese, e devastano le sedi della Camera del lavoro, della Lega barrocciai e della Lega coloni.

L'8 novembre – a Ravenna, i socialisti uccidono il repubblicano Guglielmo Malatesta.

Il 21 novembre 1920, a Bologna, strage di Palazzo d'Accursio, durante l'insediamento del neo-sindaco socialista Enio Gnudi, un nutrito gruppo di squadristi si fece strada verso Palazzo d'Accursio a colpi di pistola.[9][10]. Ne conseguì un serrato scontro a fuoco che coinvolse fascisti Guardie Regie e Guardie Rosse, con la deflagrazione di alcune bombe a mano, lanciate dall'interno del palazzo dalle guardie rosse convinte di affrontare i fascisti che entravano in comune[11]. Nella sala del palazzo comunale una persona non identificata sparò contro i consiglieri di minoranza e uccise il mutilato di guerra Giulio Giordani, eletto consigliere comunale democratico-radicale, che divenne così il primo martire del fascismo[12] nelle liste dei nazional-fascisti[9]. L'episodio è considerato l'inizio delle attività squadriste in Val Padana.[13]

Il 10 dicembre una squadraccia fascista fiorentina, capitanata tra gli altri dai futuri parlamentari Italo Capanni e Manfredo Chiostri, assassina l'anziano colono popolare Giovanni Sitrialli a Fagna di Scarperia[14].

Il 22 dicembre 1920 si verifica l'eccidio del Castello Estense: a Ferrara i fascisti organizzano un corteo funebre per commemorare la figura di Giulio Giordani occupando la piazza. I socialisti, rispondendo con le armi alle provocazioni appositamente organizzate dai fascisti, cadono nella trappola fascista: l'indignazione per le uccisioni si riversa quasi per intero sui socialisti, pur essendo entrambe le parti ugualmente responsabili, perché l'episodio dell'incidente del Castello ha avuto l'apparenza di un'imboscata[15].

Il 31 dicembre a Correggio una squadra di fascisti carpigiani e modenesi uccide i socialisti Mario Gasparini e Agostino Zaccarelli.

Ottobre 1920 modifica

Il 14 ottobre 1920 socialisti e anarchici proclamano lo sciopero generale contro le ingerenze dei governi occidentali in Russia. Avvengono violenti scontri con forze dell'ordine e squadristi. A Trieste viene ucciso il fascista redattore de Il Popolo d'Italia; a Milano avvengono forti scontri tra anarchici e fascisti, in cui i carabinieri sparano su entrambi i contendenti lasciando ucciso lo squadrista Armando Morganti; forze dell'ordine uccidono due socialisti anche a Brescia e in provincia di Taranto. A San Giovanni Rotondo i Carabinieri, fiancheggiati da una formazione paramilitare locale nota come Arditi di Cristo, spara sul corteo festante dei socialisti nel giorno dell'insediamento della nuova giunta rossa. Rimasero uccisi tredici manifestanti ed un carabiniere.

1922 modifica

Novembre modifica

Il 27 novembre 1922 a Cagliari, in seguito a una manifestazione fascista scoppiarono tumulti in strada e gravi incidenti in cui si registrarono numerosi feriti e venne ucciso l'antifascista Efisio Melis.

Dicembre modifica

Nel dicembre 1922 - e quindi quando Mussolini era già al governo - avvenne la strage di Torino. Vennero uccise 11 persone, sindacalisti e attivisti politici antifascisti, prelevati dalle loro abitazioni (a cui poi venne dato fuoco) e uccise sotto gli occhi dei familiari. Ad alcuni di loro venne fracassato il cranio. L'azione nasceva dall'uccisione di due squadristi, morti per motivi che poco avevano a che vedere con la politica.

1923 - 1924 modifica

La notte del 23 maggio 1923 un gruppo di squadristi assassina a bastonate il parroco di Argenta Giovanni Minzoni.

La sera del 27 febbraio 1924 Antonio Piccinini, socialista candidato alle elezioni politiche di aprile, viene prelevato dalla sua casa di Reggio Emilia da un gruppo di squadristi fascisti. Il suo corpo verrà ritrovato il giorno dopo con segni di sevizie e torture legato ad un albero lungo la ferrovia Reggio Emilia-Ciano d'Enza.

Il 12 settembre 1924 Armando Casalini, vicesegretario generale delle Corporazioni, viene ucciso su un tram con tre colpi di pistola da Giovanni Corvi, che affermò di voler così vendicare Giacomo Matteotti.

Storia modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Cronologia della violenza squadrista in Italia 1919-1924.

La nascita del fascismo modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Sansepolcrismo.
 
Gruppo di arditi, agitanti il pugnale
 
Manifestazione di protesta organizzata dall'Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi di Guerra

La smobilitazione avvenuta al termine della prima guerra mondiale aveva prodotto una grande quantità di reduci, che una volta rientrati nella vita civile si ritrovarono disoccupati e senza concrete prospettive di lavoro. Ai reduci lo Stato non concedeva alcun riconoscimento particolare per il ruolo ricoperto in guerra, anche se svolto nel ruolo di ufficiale di complemento o in unità di élite come gli arditi. Alcuni di loro si erano battuti a favore dell'interventismo e avevano combattuto come volontari, perché mossi da ideali nazionalisti e irredentisti, pertanto al loro ritorno alla vita civile proseguirono la loro azione politica organizzandosi in maniera più o meno spontanea,[16] sia per propagandare la loro visione politica, sia per contrastare le organizzazioni socialiste, accusate di "disfattismo"[17] a causa delle loro posizioni neutraliste nei confronti della guerra.[18] Dal canto loro i socialisti trascurarono i sentimenti e le richieste dei combattenti, alienandosene la simpatia.[19] I reduci andarono allora a formare, insieme a futuristi, sindacalisti rivoluzionari e alle associazioni di difesa sociale, squadre organizzate per combattere contro i socialisti, che in quel momento si trovavano in forte ascesa.[20] Non mancavano elementi di ogni classe sociale tra i quali predominavano gli studenti universitari.[21]

Lo squadrismo contrastò infatti apertamente le iniziative politiche dei marxisti, considerate provocatorie e offensive nei confronti della Patria e dei reduci di guerra[22]: l'ammainamento del tricolore (a favore della bandiera rossa) nelle istituzioni guidate dai socialisti, l'erezione di monumenti di carattere antimilitarista, l'esaltazione di imboscati e disertori in spregio agli ex-combattenti[23]. Uno di questi disertori, Francesco Misiano, fu eletto in Parlamento, suscitando la violentissima reazione degli squadristi di Roberto Farinacci che, il 13 giugno 1921, lo cacciarono con la forza dall'aula di Montecitorio[24]. Particolarmente pesanti furono anche e soprattutto le aggressioni fisiche, talvolta mortali[25], nei confronti di reduci, decorati e ufficiali dell'Esercito[26] (i fascisti giustificheranno le loro prime azioni proprio come rappresaglia a queste azioni[27]).

 
La prima sede dei Fasci Italiani di Combattimento e del Popolo d'Italia, detto "Il Covo", qui l'ufficio di Mussolini

Il 23 marzo 1919 Mussolini fondò a Milano i Fasci italiani di combattimento, un'organizzazione idealmente fondata sul sansepolcrismo, una scelta programmatica che esprimeva confuse istanze di rinnovamento in materia di politica e di economia[28], associando tendenze socialiste e tendenze nazionaliste. Inoltre la presenza di elementi di origine futurista e arditista conferiva al fascismo intransigente un suo carattere di sovversione e di opposizione ai valori e alla cultura tradizionali della borghesia[29]. Fu questo il momento in cui il futurista Filippo Tommaso Marinetti, in un suo articolo pubblicato nel 1919, propose una sintesi fra nazionalismo e anarchia, basata sull'esperienza futurista che aveva esaltato "sia il patriottismo sia l'azione distruttiva degli amanti della libertà"[30]. Ma l'originario progetto politico mussoliniano di creare uno schieramento progressista imperniato sul combattentismo rivoluzionario era destinato fin dall'inizio al fallimento, a causa di vari fattori: prima di tutto perché il Fascio di Milano, che aveva elaborato il programma di San Sepolcro, era molto più a sinistra di quanto non fossero gli altri Fasci; poi perché i Fasci avrebbero potuto realizzare tale programma solo ottenendo l'appoggio delle masse degli operai e dei contadini, che invece davano il loro consenso al Partito Socialista Italiano (PSI) e alla Confederazione Generale del Lavoro (CGdL)[31]. La maggioranza delle squadre formatesi autonomamente nelle città del nord Italia andarono andò in breve tempo a confluire nei Fasci italiani di combattimento. Ciononostante, a causa del basso numero di adesioni, almeno per tutto il 1919 l'iscrizione coincideva spesso con l'attività di squadrista.[32]

Lo squadrismo urbano modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Assalto all'Avanti!.

Il 15 aprile 1919, a Milano dopo una manifestazione di protesta gli anarchici organizzano un corteo verso piazza Duomo, ma incrociano al passaggio una colonna formata da arditi, futuristi, nazionalisti, sindacalisti rivoluzionari, fascisti ed ex ufficiali, in tutto circa 200 uomini, che li disperdono con armi da fuoco uccidendo l'operaia Teresa Galli. La colonna capitanata da Filippo Tommaso Marinetti e Ferruccio Vecchi si dirige quindi verso la sede dell'Avanti!, dalle cui finestre viene sparato un colpo che uccide un mitragliere di guardia al giornale: gli altri militari lasciano quindi campo libero agli assalitori che distruggono i macchinari. Nelle fasi successive vennero uccisi dai fascisti un passante ed un soldato in licenza. La prima azione squadrista dell'assalto all'Avanti! diede così inizio al progressivo allontanamento del fascismo e la classe operaia.[33] Mussolini tempo dopo ebbe a dire al riguardo:

«Nel complesso erano alcune centinaia di uomini, suddivisi in gruppi agli ordini di ufficiali, e ovviamente ubbidivano tutti a me. Io ero una specie di capo di questo piccolo esercito.»


Nuovi scontri si ebbero durante la campagna elettorale per le elezioni del 1919. Il 13 novembre 1919, dopo che un comizio fascista a Milano si è svolto regolarmente con l'intervento di Mussolini, a Lodi si verificano gravissimi incidenti in occasione di un comizio fascista al teatro cittadino Gaffurio: qui una consistente massa di manifestanti attacca il teatro, scagliandosi contro il palco, per impedire il comizio. Alcuni fascisti rispondono esplodendo colpi di pistola, che provocano un morto ed alcuni feriti. «Il gruppo fascista, rimasto padrone del teatro, è arrestato quasi per intero dalla forza pubblica finalmente sopraggiunta; l’elenco dei carcerati di Lodi comprende alcuni nomi destinati a diventare famosi nell’ambiente fascista e squadrista; vi sono, tra gli altri, Italo Bresciani, Leandro Arpinati, Arconovaldo Bonaccorsi, Luigi Freddi e Asvero Gravelli».[35] Il 14 novembre 1919, a Milano, si chiude la campagna elettorale fascista con un comizio di Marinetti in piazza Sant'Alessandro. Colonne di squadristi, armati di bastoni, prima si recano alla sede del Popolo d'Italia, poi ingaggiano violenti scontri con le forze dell'ordine in piazza Duomo. Gli scontri sconvolgono la città fino a notte fonda con spari, cariche di cavalleria e getti di idranti. In seguito agli scontri verranno arrestati cinquanta Arditi (compresi Arpinati e Ferrari) e sequestrati armamenti. Il 17 novembre 1919, a Milano, dopo la vittoria elettorale socialista avvengono grandi scontri. Le forze dell'ordine si frappongono tra arditi e fascisti da una parte e socialisti, provocanti per la vittoria riportata, dall'altra. Dopo violenti scontri generali, un ardito lancia una bomba thévenot nei pressi della sede dell'Avanti!, ferendo una dozzina di persone. La notte stessa viene arrestato quasi tutto lo Stato maggiore ardito e fascista (compresi Mussolini, Marinetti, Vecchi) e sequestrate numerose armi. Il 1º dicembre 1919 aggressione da parte di studenti e militanti del Partito Nazionalista contro i deputati socialisti che, al mattino, abbandonarono la Camera all'entrata del re al grido di "Viva il socialismo! Viva la repubblica socialista". Questi fatti portarono alla proclamazione di uno sciopero di solidarietà nelle maggiori città italiane, che provoca gravi incidenti: a Torino un corteo di operai provoca scontri con degli studenti, che causano la morte di tre persone, a Milano tumulti provocati dai manifestanti causano la morte di tre operai e del carabiniere Luigi Cordola, mentre a Bologna una pattuglia di poliziotti, spalleggiati da alcuni nazionalisti, uccide l'anarchico Amleto Vellani[36][37].

Durante il "biennio rosso", nelle principali città italiane sorsero gruppi di volontari che si organizzarono in "leghe antibolsceviche", allo scopo di sostituire i dipendenti pubblici durante gli scioperi, assicurando la circolazione dei mezzi di trasporto pubblico e la pulizia delle strade. Questi volontari, perlopiù di estrazione borghese e mossi da ideali nazionalisti e antisocialisti, furono i precursori dello squadrismo urbano, che fra il 1919 e l'estate del 1920 si realizzò soprattutto in attacchi dimostrativi contro manifestazioni socialiste e sedi del movimento operaio[38]. Tra il 20 e il 29 gennaio 1920 il sindacato ferrovieri indice uno sciopero generale dei trasporti. Giovani nazionalisti assicurano il servizio, gestendo in prima persona la circolazione dei treni in molti casi. Gli scioperanti sabotano i binari, abbattono linee elettriche, attaccano i convogli e compiono attentati dinamitardi in risposta.

Le azioni squadriste - di norma caratterizzate da violenze contro persone e cose - avevano lo scopo, secondo ciò che affermavano gli squadristi, di impedire la realizzazione in Italia di una rivoluzione di ispirazione bolscevica e di rispondere alle crescenti rivendicazioni sociali degli operai e dei braccianti: gli squadristi cercarono di giustificare ideologicamente la loro attività presentandola come una risposta alle violente azioni e al clima di agitazione politica socialista e anarchica, nonché come un'affermazione di quei valori nazionalisti che (secondo gli squadristi) erano stati vilipesi dal socialismo; tale giustificazione ideologica valse a nascondere, soprattutto agli occhi degli attivisti più giovani, il reale carattere di classe delle azioni squadriste, ammantandole di illusorie motivazioni morali[39]. La giovane età della gran parte degli squadristi ha fatto interpretare ad alcuni autori la rivoluzione fascista come una rivoluzione generazionale[40].

Nonostante alcuni tentativi da parte di Mussolini di riavvicinare il PSI (principalmente nel 1919[41] e nel 1921[42]) i socialisti non condividevano le idee nazionaliste di fascisti, futuristi, sindacalisti rivoluzionari, interventisti, fiumani, reduci e arditi. Il tentativo di Mussolini di riavvicinarsi ai socialisti lo portò a polemizzare con tutti i movimenti politici degli ex combattenti[43]. Il fallimento del progetto politico sansepolcrista divenne evidente con la disfatta fascista alle elezioni politiche del 16 novembre 1919, nelle quali i Fasci di combattimento mancarono l'obiettivo di concordare una lista unitaria nazionale della sinistra interventista, anche a causa delle forti diffidenze che specialmente i repubblicani e i sindacalisti rivoluzionari nutrivano nei confronti del fascismo e dello stesso Mussolini, accusati, il primo di essere un movimento apparentemente rivoluzionario ma in realtà reazionario e il secondo di eccessiva spregiudicatezza[44]. In queste elezioni i Fasci di combattimento riuscirono a presentare una propria lista solo per la circoscrizione di Milano, ottenendo in tutto 4 657 voti (su circa 270 000 votanti) e nessun eletto[45].

Lo squadrismo nella Venezia Giulia modifica

 
L'incendio del Narodni Dom di Trieste ad opera delle squadre d'azione il 13 luglio 1920.

Nella Venezia Giulia, assegnata all'Italia con il trattato di Saint Germain, e che quindi viveva un periodo di forte esaltazione nazionalistica, l'adesione ai Fasci italiani di combattimento assunse subito caratteri di massa. Ciò fu dovuto principalmente alla vicinanza della Venezia Giulia stessa al confine orientale che, sottoposto a rivendicazioni territoriali e politiche (irredentismo), convogliò sui Fasci di combattimento le simpatie dei nazionalisti. A questi si aggiunsero inoltre numerosi legionari dannunziani reduci dell'Impresa di Fiume, che ne costituirono il nerbo iniziale. La prima squadra d'azione giuliana venne formata a Trieste il 20 maggio 1920 e furono queste squadre delle città provinciali e di campagna quelle grazie alle quali il fascismo irruppe, a partire dalla fine del 1920, in tutta la Valle Padana e oltre.[46]

Il 6 luglio a Fiume un gruppo di militari italiani, spalleggiati da alcuni civili, aprirono il fuoco su alcuni soldati francesi del contingente interalleato che presidiava la città: 9 soldati transalpini restano uccisi.

Il 12 settembre 1919, a Fiume Gabriele D'Annunzio proclamò l'annessione al Regno d'Italia della città quarnerina dando vita all'Impresa di Fiume. Il giorno prima, D'Annunzio aveva chiesto sostegno a Mussolini con una lettera.[47]

Il 24 maggio 1920, a Roma, durante un corteo studentesco irredentista per la Dalmazia e contro il governo, avvengono violenti scontri con le forze dell'ordine. Muoiono cinque guardie regie e due arditi, più una bambina. Nella notte viene arrestato Giuseppe Bottai e numerosi irredentisti. Per protesta contro gli incidenti e gli arresti, i legionari fiumani oltrepassano il fiume Eneo (il vecchio confine fra la città di Fiume e il Regno di Croazia) e devastano la borgata di Sušak.

Il 13 luglio 1920, a Trieste, il Fascio Triestino di Combattimento convoca una manifestazione in Piazza dell'Unità invitando la popolazione a "reagire contro i fatti di Spalato" del giorno precedente, nel corso dei quali erano stati uccisi due militari italiani disarmati (ten. Tommaso Gulli e motorista Aldo Rossi, della regia nave Puglia) e un manifestante croato.[48] Durante il comizio del segretario cittadino Francesco Giunta, viene accoltellato, in circostanze mai chiarite, Giovanni Nini, diciassettenne cuoco del vicino albergo Bonavia.[49] Appena si sparge la notizia della morte del cuoco, qualcuno dal palco annuncia che un "ex combattente" è stato accoltellato da uno slavo[50]: tre squadre di camicie nere, armate di taniche di benzina, si dirigono verso il Narodni Dom, sede delle principali associazioni politiche, culturali ed economiche slovene e croate di Trieste.[12] Durante il tragitto, i manifestanti devastano diversi negozi gestiti da sloveni, alcune sedi di organizzazioni slave e socialiste, la sede del consolato jugoslavo di via Mazzini, e gli studi di diversi professionisti, tra cui quello dell'avvocato Josip Vilfan, uno dei principali leader politici sloveni di Trieste.[48] Quando i manifestanti giungono davanti al Narodni Dom, circondato da circa quattrocento fra militari, carabinieri e guardie rege, dal secondo piano vengono gettate due bombe a mano e partono colpi di fucile. Ci sono otto feriti, tra cui il tenente in licenza Luigi Casciana, che morirà la settimana successiva. I militari a quel punto cominciano a sparare verso l'edificio, lasciando via libera agli squadristi che penetrano nell'edificio e appiccano il fuoco.[51] La ricostruzione della dinamica della sparatoria tuttavia è tuttora controversa.[52][53] Per sfuggire alle fiamme, il farmacista lubianese Hugo Roblek, ospite dell'Hotel Balkan (una delle strutture ospitate all'interno del Narodni Dom) si getta da una finestra e perde la vita, mentre tutti gli altri presenti si pongono in salvo.[12] Secondo la stampa dell'epoca, il rapido propagarsi dell'incendio, con numerosi scoppi, sarebbe stato favorito dal fatto che gli slavi avrebbero celato all'interno dell'Hotel Balkan un arsenale di esplosivi e armi[54]. Renzo De Felice definisce l'incendio del Balkan "il vero battesimo dello squadrismo organizzato" e sottolinea come quest'episodio (assieme alla devastazione della tipografia dell'"Avanti!" avvenuta a Roma il 21 luglio) costituisca un salto di qualità per la violenza squadrista, che da allora inizia a perdere la caratteristica della occasionalità e ad assumere invece il requisito della premeditazione[55]. Nello stesso giorno, ci sono aggressioni antislave anche a Fiume da parte dei legionari dannunziani[12], mentre il 14 luglio viene dato alle fiamme il Narodni dom di Pola e a Pisino viene incendiata la sede del giornale sloveno cattolico Pučki Prijatelj[56]

Il 6 settembre i fascisti assaltano la Camera del Lavoro di Pola. L'attacco viene respinto dagli operai. I Carabinieri, intervenuti in difesa dei fascisti, sparano e uccidono il giovane socialista Vincenzo Foragioni.[12] Il 9 settembre, a Trieste, i fascisti assaltano il corteo funebre di Foragioni; negli incidenti di piazza che seguono, muore il marittimo Stefano De Radio; successivamente gli scontri si estendono a tutto il quartiere operaio di San Giacomo e costano la vita ad Angela Cremese (uccisa da un colpo vagante mentre è affacciata alla finestra), all'operaio Bruno Taboga, alla guardia regia Giovanni Giuffrida e al caporale della brigata Sassari Antonio Sessa. Il giorno seguente il quartiere di San Giacomo viene espugnato a colpi di cannone dalla Brigata Sassari. L'azione costa la vita ad altre cinque persone. I carabinieri, rincalzati da una squadra di fascisti, perquisiscono il circolo di cultura di Valdoltra, vicino a Muggia: i socialisti resistono, e un difensore, l'operaio Santin, rimane ucciso.[12] Sempre il 10 settembre, gli squadristi assaltano il Narodni Dom di Pola[senza fonte]. L'11 settembre un gruppo di fascisti assassina nella sua casa di Scarlino il capolega socialista Gabriello Dani[57]. Tra il 24-29 dicembre 1920, con il Natale di sangue ha tragico epilogo l'Impresa di Fiume.

Lo sviluppo dello squadrismo agrario modifica

Nei primi due decenni del secolo si svilupparono due importanti dinamiche nel mondo agricolo.

Nel 1901 a Bologna avvenne la costituzione di Federterra, legata al Partito Socialista prima e al Partito Comunista d'Italia poi. In essa confluirono la maggior parte delle leghe contadine e finirà per monopolizzare il mercato del lavoro nel decennio successivo con l'obiettivo di "proletarizzare" i mezzadri, anziché aiutarli a diventare proprietari dei terreni che lavoravano.[58]

Tra il 1911 e il 1921, d'altra parte, il numero dei piccoli proprietari terrieri era notevolmente aumentato, quasi fino a raddoppiare[59], avendo spesso acquistato le terre dai grandi proprietari terrieri.

La rottura tra mezzadri e leghe socialiste avvenne per sfiancamento dei primi: da una parte i continui e usuranti scioperi proclamati da queste ultime (culminati nel 1920), che spesso causavano la perdita del raccolto; dall'altra parte dai boicottaggi (ad esempio la mutilazione del bestiame) e dalla violenza esercitata per obbligarli a rispettare le decisioni delle leghe stesse.[60] Federterra organizzò anche tribunali speciali, che disponevano misure di isolamento nei confronti dei proprietari più riottosi, tra le quali vi era il divieto di vendere o acquistare presso le cooperative rosse. Ciò provocava il collasso delle aziende agricole, dato il carattere monopolista delle cooperative stesse.[61]

Un esempio di questa violenza avvenne il 18 settembre 1920, quando il coltivatore cattolico Arcangelo Solferini fu ucciso per non aver aderito alle disposizioni delle leghe rosse.[62]

Il potere socialista crebbe enormemente fino al 1920, quando la maggior parte delle amministrazioni comunali e provinciali dell'Emilia e della Romagna furono conquistate dal Partito Socialista Italiano. Da quel momento le organizzazioni sindacali socialiste ottennero il monopolio della gestione del lavoro, mentre le cooperative socialiste furono in grado di imporre i prezzi delle derrate alimentari, gestire direttamente le imposte comunali (su immobili, attività produttive e famiglie) e concedere in affitto a chi volevano i terreni municipali.[63]

«Inoltre nella valle Padana i coltivatori diretti, gli affittuari ed i mezzadri spesso si rivolsero contro i lavoratori giornalieri e si unirono alle squadre. A questo proposito è impossibile trascurare il contributo della violenza socialista alla formazione dello squadrismo agrario. A Ferrara almeno furono per lo più i piccoli affittuari a correre i maggiori pericoli; due furono uccisi ed altri tre feriti durante gli scioperi generali del luglio-agosto 1920. Anche nella pacifica provincia di Rovigo, dove Matteotti fece di tutto per ostacolare l'intimidazione, membri delle organizzazioni cattoliche contadine furono spesso assaliti.
Mentre questo clima di intimidazione contribuì senza dubbio a provocare la reazione ed a giustificarla agli occhi dell'opinione pubblica, bisogna accuratamente distinguere tra violenza socialista e violenza fascista. La prima era normalmente non organizzata, più o meno spontanea e molto raramente sfociò in assassinii deliberati. Se non nel caso di coloro che boicottavano gli scioperi, la violenza contro le persone era normalmente ritenuta superflua, poiché i socialisti ritenevano di avere le forze, la ragione e la storia dalla loro parte. Per i fascisti agrari, d'altro canto, il terrore programmato era lo scopo della loro attività. [...] I fascisti, infatti, spesso provocavano deliberatamente l'indignazione popolare per potere avere un alibi per intervenire con la forza.»

 
Giovane fascista della prima ora. 1921

Le squadrismo agrario modifica

 
Manifestazione delle squadre d'azione a Roma
 
Squadra d'azione "Disperata" di Firenze

Dopo la sconfitta del movimento operaio, avvenuta nel settembre 1920 (con la fine dell'occupazione delle fabbriche), iniziò a svilupparsi lo squadrismo agrario, il quale, nelle zone rurali, forte dell'appoggio anche finanziario da parte dei proprietari terrieri, iniziò a colpire gli uomini e le sedi del PSI e della CGdL[65]. Lo squadrismo agrario ebbe alcuni punti di contatto con lo squadrismo urbano: in primo luogo perché, in Valle Padana, ebbe origine da nuclei di squadristi urbani di Bologna e di Ferrara; in secondo luogo perché anche gli squadristi agrari erano accesamente antisocialisti e antibolscevichi; in terzo luogo perché anche lo squadrismo agrario era nazionalista e difendeva le ragioni degli ex combattenti[66]. Al di là dei suddetti punti di contatto, lo squadrismo agrario si differenziò da quello urbano, in quanto ebbe carattere più nettamente reazionario e inequivocabilmente di destra ed ebbe quale unico obiettivo reale la difesa degli interessi delle classi possidenti[67][68][69].

I fascisti iniziarono quindi ad affermarsi solo nella seconda metà del 1920, ma a quell'epoca il fascismo si profilava ormai chiaramente come un movimento orientato a destra[70]. La vera nascita dello squadrismo è collocata nell'autunno 1920 dopo la strage di Palazzo d'Accursio.[71]

I grandi proprietari terrieri della Valle Padana si avvalsero dello squadrismo, provvedendolo di denaro e di armi, allo scopo di smantellare l'apparato organizzativo del movimento operaio e contadino: perciò la violenza squadrista si abbatté soprattutto sulle amministrazioni comunali a guida socialista, sui sindacati, sulle cooperative e sulle società di mutuo soccorso; in tale opera di distruzione, lo squadrismo si avvalse sovente della connivenza di autorità pubbliche e forze dell'ordine; la reazione padronale fu originata, più che dalla paura di una rivoluzione proletaria (che diventava sempre più improbabile, vista la debolezza del movimento operaio che fece seguito alle sconfitte del biennio rosso), dal desiderio di azzerare tutta una serie di miglioramenti sindacali che erano stati conseguiti dal socialismo riformista negli anni precedenti[72].

Uno degli obiettivi che il padronato cercò di conseguire appoggiando le violenze squadriste fu quello di spingere lo Stato ad abbandonare il suo ruolo neutrale nelle controversie di lavoro: capitalisti e agrari affermavano, infatti, che le squadre provvedevano alla difesa della proprietà contro la "violenza rossa", difesa che - secondo il punto di vista padronale - lo Stato trascurava di esercitare. Nei fatti, invece, all'inizio del 1921 il movimento operaio e contadino aveva già cessato di costituire una minaccia per l'ordinamento sociale e, quando commetteva delle violenze, queste erano ormai perlopiù in risposta alle violenze fasciste; cosicché, in realtà, la "violenza rossa", contro cui il padronato chiedeva di essere tutelato, altro non era - secondo l'espressione di Renzo De Felice - che "l'estrema difesa proletaria delle proprie libertà e dei propri diritti sindacali"[73].

Vi è perciò un marcato contrasto fra, da una parte, la realtà dello squadrismo (braccio armato di un movimento politico, quello fascista, che storicamente è stato "soprattutto reazione borghese-capitalistica contro la classe lavoratrice"[74]), e, dall'altra, il mito che gli squadristi coltivarono di loro stessi: mito secondo cui gli squadristi vollero considerarsi espressione genuina e incorrotta di istanze popolari e rivoluzionarie[75].

Una caratteristica dello squadrismo, anticipata dai futuristi nelle loro manifestazioni interventiste, fu la capacità di far ricorso alla piazza mobilitando rapidamente minoranze attive e aggressive, realizzando così una forma di violenza politica nuova per l'epoca, tanto che fu capace di scompaginare il partito socialista, basato su un'organizzazione minuziosa e ramificata attraverso una rete fittissima di leghe, camere del lavoro, cooperative, sindacati, enti locali, etc.[76][77] Questo tipo di violenza era parte integrante della strategia con la quale il fascismo intendeva conseguire la sua ascesa al potere.

Nella situazione italiana di allora, la volontà di costruzione di un sindacalismo fascista si scontrava con le organizzazioni socialiste, di stampo leninista e internazionalista.

 
Manifestazione dei Fasci italiani di combattimento a Bologna nel 1921.
 
Camicie nere
 
Squadristi veneti in marcia

Definiti da Gabriele D'Annunzio "scherani dello schiavismo agrario"[78][79], gli squadristi delle campagne distrussero, usando la violenza, le organizzazioni politiche e sindacali della sinistra, leghe bracciantili e cooperative, a tutto vantaggio dei proprietari terrieri, degli affittuari e anche dei commercianti che soffrivano la concorrenza delle cooperative rosse[80].

Tuttavia, una parte dello squadrismo agrario, che faceva capo a esponenti quali Dino Grandi, Italo Balbo, Edmondo Rossoni, cercò non solo di svolgere un'azione meramente antisocialista, ma anche di organizzare i contadini, dopo la distruzione delle leghe rosse, in sindacati fascisti[81]. Ma già nel corso del 1921 fu chiaro che il ruolo del sindacalismo fascista era puramente demagogico e che la reale sostanza di esso era la difesa degli interessi padronali[82].

A partire dal 1921 il fascismo riuscì a costituire delle roccaforti importanti, concentrate soprattutto nella pianura padana (come Bologna e Ferrara), dalle quali si estesero anche ai centri secondari più vicini.[83]

In questa fase la maggior parte degli squadristi era composta da giovani studenti nazionalisti, reduci di guerra (perlopiù arditi e legionari fiumani) e componenti delle vecchie formazioni paramilitari, che avevano già contrastato i socialisti durante il cosiddetto biennio rosso.[84]

Le azioni squadriste contro i socialisti, soprattutto nelle campagne, attirarono l'interesse dei piccoli proprietari terrieri e dei latifondisti che, non essendo riusciti a costituire una propria organizzazione politica, finanziarono quella dei Fasci Italiani di Combattimento[85]. Non di rado gli stessi figli dei proprietari terrieri e dei mezzadri militarono attivamente nelle squadre d'azione. Tra i tanti esempi si possono citare quelli di Cesare Forni e di Enea Venturi.

Lo sviluppo del fenomeno squadrista nelle campagne diventa vigoroso quando, impostosi come valida risposta alla sinistra agli occhi dei proprietari terrieri, questi cominciarono a finanziare generosamente le squadre fasciste, addirittura con forme di vera e propria autotassazione interna tra gli agrari maggiormente preoccupati dallo sviluppo delle leghe contadine e bracciantili rosse[86][87].

Il "biennio nero" modifica

Tra il 1921 e il 1922 l'Italia fu scossa da qualcosa di simile a una guerra civile[88] tra fascisti e antifascisti, che fu vinta sul campo dai primi, sia perché militarmente erano più forti, sia perché godevano sovente dell'appoggio di vasti settori dell'apparato statale; gli squadristi godevano inoltre della simpatia dell'opinione pubblica borghese e conservatrice, rappresentata in particolare dai più importanti organi di stampa, che tennero spesso un atteggiamento tutt'altro che imparziale[89].

Con riferimento al primo semestre del 1921 sono state contate, nella sola pianura padana, almeno 726 distruzioni operate dalle squadre fasciste: 17 giornali e tipografie, 59 case del popolo, 119 camere del lavoro, 107 cooperative, 83 leghe contadine, 8 società mutue, 141 sezioni socialiste o comuniste, 100 circoli di cultura, 10 biblioteche popolari o teatri, 28 sindacati operai, 53 circoli operai ricreativi, un'università popolare[90].

Secondo la stima di uno storico, fra il 1921 e il 1922 i fascisti uccisero in tutto circa tremila persone[91]. Secondo un'altra stima, circa cinquecento o seicento furono le vittime della violenza fascista nel solo 1921[92].

Gli squadristi uccisi fra il 1919 e la marcia su Roma furono in tutto 425, di cui 4 nel 1919, 36 nel 1920, 232 nel 1921 e 153 fra il 1º gennaio e il 31 ottobre 1922[93].

 
La Squadra d'azione di Lucca nel 1922

Con il consolidarsi del movimento fascista, l'azione dello squadrismo iniziò ad assumere un carattere sistematico e organizzato, avente come orizzonte una vera e propria contro-rivoluzione sia ai danni dei sempre meno determinati tentativi rivoluzionari (ma anche solo riformisti) socialisti e bolscevichi, sia dello Stato liberale, quando esso non si allineava alle posizioni fasciste o si mostrava troppo "tiepido" nei loro confronti. Ciò cominciò ad avvenire a partire dal 1920 nei confronti dei primi, con il refluire del "tentativo velleitario" rappresentato dall'occupazione rossa delle fabbriche[94] e la conseguente esplosione dello squadrismo agrario, la cui azione venne inizialmente diretta a un'offensiva volta al sistematico smantellamento del sistema di leghe, cooperative e sindacati degli altri movimenti di massa (popolari, socialisti e poi comunisti).

Durante le agitazioni sociali del biennio rosso, le classi possidenti avevano incontrato notevoli difficoltà a organizzare la propria autodifesa. Queste difficoltà indussero i possidenti a fare ricorso a ex combattenti, arditi, futuristi, categorie che erano avvezze a esercitare la violenza ed eventualmente pronte anche a uscire dalla legalità[95]. Da tali categorie provennero perlopiù i dirigenti del movimento fascista, i quali, dunque, si posero a servizio degli interessi della borghesia, anche se non rinunciarono a manifestare un certo disprezzo per la passività dei borghesi; tale disprezzo è espresso, ad esempio, nel seguente commento di Arpinati, che nell'aprile del 1920 era capo del fascio di Bologna[96]:

«Certo è che questa borghesia bolognese [...] non si è mossa se non quando si è sentita, coll'ultimo sciopero, minacciata nella propria sicurezza e nel proprio portafoglio[96][97]»

Nel 1920, di fronte allo sviluppo impetuoso del fenomeno squadrista, la dirigenza fascista si rese conto delle sue potenzialità ancora sostanzialmente inespresse per dare sfogo politico al movimento. Alla fine del 1920 fu lo stesso segretario dei Fasci di Combattimento Ugo Pasella a comunicare che l'obbiettivo principale del fascismo diventava quello di potenziare il suo apparato paramilitare, considerato di priorità strategica assoluta[98].

La crescita del fenomeno squadrista anche nel 1921, giunta ben oltre gli obbiettivi locali di difesa delle classi medie e degli agrari, determinò nuovi problemi. Primo fra tutti fu proprio quello riguardante la convivenza con queste due ultime classi, in quanto la crescita numerica e qualitativa dello squadrismo, unita alla massiccia conquista territoriale nelle province, rese da questo momento il movimento stesso una realtà autonoma decisa a conseguire i propri scopi politici (che andavano a collidere con gli interessi economici della classe borghese e possidente) senza compromessi. Una volta distrutto il sistema economico-finanziario-sindacale socialista, lo squadrismo trovò perciò un nuovo nemico nei latifondisti e nei grandi proprietari terrieri, che ne avevano favorito l'ascesa, e nei commercianti, rei di non uniformarsi ai prezzi popolari "suggeriti".[97]

Già a partire dalla fine del 1920, infatti, esponenti squadristi cercarono di caratterizzare il movimento come un'organizzazione che tentava di rigenerare moralmente e materialmente la patria, lottando da una parte contro il bolscevismo rosso e bianco, dall'altra contro i settori più egoisti della borghesia e le sue rappresentanze liberaldemocratiche[99].

Queste istanze "rivoluzionarie" del primo fascismo derivavano, secondo l'analisi di alcuni storici, dalle origini prettamente piccolo-borghesi del movimento, che lo ponevano in polemica sia col capitale sia col proletariato; tuttavia, fra la fine del 1920 e l'inizio del 1921, sotto la guida di Mussolini il fascismo si allineò sempre più agli interessi del grande capitale; gli elementi fascisti che erano maggiormente legati alla loro origine piccolo-borghese tentarono invano di preservarne l'originaria "carica rivoluzionaria", rinchiudendosi nello squadrismo[100].

«La lotta contro il bolscevismo era un mezzo, non era un fine. Mirava molto più lontano. Così ebbe inizio la rivoluzione fascista contro la classe dirigente e contro il vecchio regime»

Nel luglio del '21 si ebbe un episodio che sembrò attestare la prevalenza dello squadrismo, e quindi di Farinacci che ne era il capo a livello nazionale, al vertice del fascismo oltre che per la forza d'urto e la capacità di diffusione nelle province, anche per la capacità di imporre le sue vedute politiche alla direzione nazionale. Durante il patto di pacificazione, con cui Mussolini tentò di trovare un accordo con i socialisti, la sollevazione dello squadrismo capeggiata da Farinacci, Marsich e dal Fascio bolognese, fu totale e portò alle dimissioni di numerosi esponenti di primo piano. Questa intransigenza compatta in tutto lo squadrismo, unita all'esasperazione dopo i recenti fatti di Sarzana, portò Mussolini a tornare sui suoi passi[101].

In occasione di questo episodio, gli squadristi intransigenti non mancarono di sottolineare come il compito della rivoluzione non dovesse limitarsi a combattere i "sovversivi", ma dovesse opporsi anche alla reazione bianca:

«Il fascismo deve opporre un'uguale fermezza nei confronti delle due forze che avevano fatto precipitare l'Italia verso la guerra civile: lo Stato-liberale e socialdemocratico e la plutocrazia bancaria»

Lo squadrismo nel regime fascista modifica

 
Gruppo di fascisti partecipanti alla marcia su Roma, si riconosce un mutilato e un paio di ex combattenti con l'elmetto
 
Devastazione di una sede sindacale della CGL a Roma, con falò sulla strada delle carte e suppellettili ivi rinvenute

Dopo la marcia su Roma, tuttavia, il compromesso tra il fascismo e i suoi "fiancheggiatori" (vale a dire le classi dirigenti statali moderate e conservatrici: l'alta burocrazia, la classe politica del vecchio regime liberale, le forze sociali di cui queste ultime erano espressione e che continuavano a detenere l'effettivo potere politico ed economico), compromesso sul quale si reggeva il governo di Mussolini, si risolse sempre più a vantaggio dei "fiancheggiatori" e a discapito della componente "rivoluzionaria" del fascismo; il partito fascista risultò pertanto completamente amputato di qualsiasi "velleità rivoluzionaria" e ridotto sempre più a un mero strumento dello Stato[103].

In questo predominio dei "fiancheggiatori", che perdurò e si rafforzò durante tutto il regime fascista, il grande sconfitto fu Roberto Farinacci, e con lui l'ala "intransigente" ed ex squadrista; Farinacci, man mano che il regime si consolidava, venne battuto politicamente da Mussolini, poi estromesso dalla segreteria del PNF e reso ininfluente, in una "parabola discendente" che ebbe inizio nell'ottobre 1925[104].

La sconfitta politica di Farinacci e della componente ex-squadrista "rivoluzionaria" dipese, secondo un'autorevole analisi storica, dalla debolezza della sua base sociale piccolo e medio-borghese, divisa al suo interno e incapace di egemonia nei confronti della altre classi sociali[105].

«Da qui la debolezza di fondo di Farinacci e del fascismo "rivoluzionario", la loro delusione e il loro arroccarsi su di un intransigentismo tanto sterile quanto carico di represse velleità di rivincita, che - a seconda delle circostanze - si sarebbero manifestate sotto forma ora di improvvisi e bestiali scoppi di violenza, ora di sfoghi imperialistici, ora (specialmente dopo l'andata al potere di Hitler in Germania) di pressioni per un'alleanza con le altre forze fasciste "rivoluzionarie" europee, ora di accettazione di nuovi miti pseudorivoluzionari come quello razzista, ecc. [...] Una volta che Mussolini aveva accettato [...], pur di non essere estromesso dal potere, la trasformazione della "rivoluzione fascista" in una operazione trasformistico-autoritaria su vastissima scala [...], è evidente che per lui non vi era alcuno spazio politico per l'intransigentismo farinacciano; ma - anzi - questo doveva finire per apparirgli l'elemento di maggiore dissonanza rispetto alla sua politica, tale non solo da non poter essere accettato, ma da dover essere respinto nel modo più vigoroso [...]»

Secondo questa analisi, il compromesso tra fascismo e forze conservatrici si ruppe solo nel luglio 1943; con il crollo repentino del regime fascista, le due componenti su cui esso si reggeva si separarono: la componente "intransigente" ed ex-squadrista diede origine alla Repubblica Sociale Italiana, mentre la componente conservatrice, in un'ennesima operazione trasformistica, "toltasi la camicia nera, cercò, e in buona parte riuscì, a scaricare le proprie pesanti responsabilità sul fascismo, presentandosi nelle vesti di una delle sue numerose vittime"[107].

Lo squadrismo e Mussolini modifica

 
Squadristi

Lo squadrismo e Mussolini non ebbero sempre un rapporto idilliaco: quest'ultimo tollerava poco le intemperanze degli squadristi, che mettevano a rischio la sua autorità all'interno del fascismo e la strategia di trattativa con le istituzioni[108]. Infatti molti dei ras erano rapidamente ascesi a posizioni di potere personale che potevano mettere in forse il primato del futuro Duce. Personaggi come Italo Balbo (ras di Ferrara), Roberto Farinacci (Cremona) o Giuseppe Caradonna (pugliese) rappresentavano l'ala dura del fascismo, poco disposta al compromesso con le forze dell'Italia liberale e propensi a spingere a fondo sugli aspetti rivoluzionari[109]. Negli ultimi mesi prima della marcia su Roma molti squadristi, delusi dall'atteggiamento ritenuto eccessivamente moderato, arrivarono a cantare (sull'aria di Bombacè):

"Chi ha tradito tradirà:
se con noi non marcerà
anche a Mussolini
botte in quantità"[110].

In questa ottica diversi autori - a partire dal De Felice - ritengono che dietro molte delle scelte più radicali di Mussolini (la marcia su Roma, la rivendicazione politica dell'omicidio Matteotti, le cosiddette leggi fascistissime) vi fossero pressioni, addirittura minacce fisiche, da parte dei ras più importanti[111].

Con la normalizzazione le squadre fasciste tendono a essere assorbite nell'establishment e nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN), mentre i suoi esponenti vengono o accantonati ed emarginati, oppure coinvolti nel potere e neutralizzati. Fa eccezione Roberto Farinacci, il cui potere, anche dopo la fine della sua segreteria nazionale, continuò a reggersi fino all'ultimo sulle squadre nel suo "feudo" cremonese.[112] Anche se per diversi anni dopo le leggi fascistissime si verificheranno episodi di violenza squadrista, questi andarono via via scemando nel corso degli anni.[senza fonte] Lo squadrismo in qualche maniera risorge con la Repubblica Sociale Italiana (RSI), quando i vecchi squadristi messi in disparte durante il regime (primo tra tutti Alessandro Pavolini) tornarono alla ribalta.

Tuttavia, numerosi storici[113] rilevano come, al di là di qualche aggressione anche clamorosa, fino al fallimento delle iniziative socialiste (moti per il carovita del luglio 1919, occupazione delle fabbriche del settembre 1920), Mussolini abbia addirittura corteggiato i vertici dei rivoluzionari di sinistra per cercare un possibile accordo e procedere uniti. Tuttavia la discriminante nazionalista, accesa ancor più dai fatti di Fiume, rese impossibile ogni accordo e, man mano che diminuiva la forza delle azioni socialiste e bolsceviche, crebbe quella fascista.

Analisi del fenomeno modifica

Le cause dello squadrismo modifica

È storicamente accertato che, sebbene i principi politici, economici, culturali e sociali delle istanze fasciste abbiano avuto origine prima della guerra, la violenza fascista fu anche (sebbene non esclusivamente) una risposta alla violenza socialista del biennio rosso[114]. Ebbe perciò un carattere inizialmente di rappresaglia nei confronti di un vero e proprio potere sovrano extra-statale creato dal partito socialista nelle zone dove si trovava più radicato.[115][116][117][118]

Tuttavia è storicamente priva di fondamento la tesi giustificatoria che fu talvolta invocata dai fascisti, secondo cui lo squadrismo sarebbe stato motivato dalla necessità di rispondere con la violenza alle "violenze bolsceviche" e sarebbe stato finalizzato a sventare il rischio di una rivoluzione comunista. Ci fu, infatti, una netta sproporzione fra l'entità delle violenze socialiste durante il biennio rosso e l'impatto ben maggiore della violenza fascista nel periodo 1921-22:

«Nel corso dei due anni della loro "tirannia" i "bolscevichi" non devastarono neppure una volta l'ufficio di una associazione degli industriali, degli agrari o dei commercianti; non obbligarono mai con la forza alle dimissioni nessuna amministrazione controllata dai partiti conservatori; non bruciarono neppure una tipografia di un giornale; non saccheggiarono mai una sola casa di un avversario politico. Tali atti di "eroismo" furono introdotti nella vita italiana dagli "antibolscevichi." Inoltre va notato che mentre i delitti commessi dai "bolscevichi" negli anni 1919-20 furono quasi sempre compiuti da folle eccitate, le "eroiche" imprese degli "antibolscevichi" troppo spesso furono preparate e condotte a sangue freddo da appartenenti a quei ceti benestanti, che hanno la pretesa di essere i custodi della civiltà.»

Anni dopo, Gaetano Salvemini, pur riconoscendo qualche giustificazione alle primissime azioni squadriste del 1919 e dei primi mesi del 1920, evidenziò che l'attività degli squadristi successiva al biennio rosso non era più interpretabile come una reazione a precedenti violenze "bolsceviche" (benché tale fosse quasi sempre il pretesto addotto dagli squadristi). Infatti, secondo Salvemini, dopo la fine del biennio rosso lo squadrismo ebbe il carattere di un'offensiva antisindacale violenta e indiscriminata, che fu diretta contro tutte le organizzazioni operaie (non solo socialiste, comuniste o anarchiche, ma anche cattoliche e repubblicane); offensiva che si esercitò fuori dalla legalità e che, secondo Salvemini, risultò vittoriosa non in virtù del sedicente "eroismo" degli squadristi, bensì in virtù dell'appoggio economico da parte degli industriali e dei proprietari terrieri, nonché in virtù del sostegno, più o meno palese, da parte delle autorità militari, della polizia e della magistratura:

«Foraggiando i fascisti, gli industriali, i proprietari terrieri e i banchieri non compivano nessuna azione che esorbitasse dai loro diritti. Il capitale, come il lavoro, è una forza sociale, ed era naturale che i capitalisti fornissero fondi alle loro 'guardie bianche', così come gli operai e i contadini contribuivano a mantenere i loro propagandisti e i loro organizzatori.
Persino gli atti di violenza commessi dai fascisti nei primissimi mesi della loro controffensiva possono considerarsi con una certa indulgenza. Dato che polizia e magistratura erano impotenti nella difesa dei privati cittadini contro la forza preponderante dei sindacati e del loro arbitrio, era ben giustificato che tali cittadini cercassero di difendersi per mezzo di metodi illegali.
Ma quando si sia riconosciuto tutto questo, rimane il fatto che, specialmente a partire dai primi del 1921, parlare di un fascista ucciso o ferito nel corso della guerra civile come di un 'eroe' o di un 'martire,' nella maggioranza dei casi è tanto assurdo quanto usare questi termini per un bandito, che rimanga inaspettatamente ucciso da una delle sue supposte vittime. Senza dubbio per fare il bandito ci vuole del coraggio, ma tale coraggio non va confuso con l'eroismo. La verità è che sia da una parte che dall'altra vi furono aggressori e aggrediti, assassini e vittime, imboscate ed assalti su terreno aperto, atti di coraggio e di tradimento; ma i fascisti, sostenuti economicamente da industriali, proprietari terrieri e commercianti, e politicamente da polizia, magistratura e autorità militari, godettero di una forza schiacciante.»

Inoltre nessuna reale possibilità di una rivoluzione comunista sussisteva più in Italia nel biennio 1921-22:

«È risaputo da tutti che il presupposto secondo cui il fascismo sorse per difendere l'Italia dal pericolo del bolscevismo non è comprovato dai fatti. [...] Un pericolo bolscevico non c'era stato neanche nel 1919 o nel 1920. I disordini, gli scioperi e qualche tumulto furono conseguenze della guerra più o meno comuni a tutti i paesi. In Italia sembrarono particolarmente allarmanti ai turisti stranieri e ai commercianti, delusi nella loro ricerca di facili piaceri e di comodi affari, ma avrebbero potuto essere affrontati con la resistenza ordinaria dell'organismo nazionale e con la elasticità delle istituzioni liberali, come avvenne in Francia e altrove.»

Pertanto, autorevole storiografia nega che il carattere violento e totalitario del fascismo sia interpretabile come una mera risposta al bolscevismo, e afferma invece che tali caratteristiche siano intrinseche al fascismo stesso:

«In ogni modo, è storicamente certo che non fu la rivoluzione bolscevica ad aprire nell'Europa occidentale la via al totalitarismo [...] ma fu la "marcia su Roma", l'instaurazione del regime fascista e l'inizio di un inedito esperimento di dominio politico; tutto ciò avvenne per impulso autonomo, insito nella natura stessa del fascismo, e avvenne quando persino Mussolini affermava pubblicamente, fin dal 1921, che parlare ancora di "pericolo bolscevico" in Italia era una sciocchezza.»

L'accondiscendenza delle istituzioni allo squadrismo modifica

Nonostante il loro carattere violento e intimidatorio, le azioni squadriste riscossero inizialmente un ampio consenso da parte degli strati più reazionari e più conservatori della borghesia[123]; in questo modo gli squadristi poterono avvalersi della connivenza di vasti settori dell'apparato dello Stato, soprattutto a livello periferico, i quali dimostrarono una significativa "tendenza a favorire, anche sfacciatamente, i fascisti"[124]. Nelle zone in cui furono più forti, infatti, i fascisti furono favoriti dai funzionari statali (in particolare da quelli di livello inferiore), dalle Forze dell'Ordine, dalla magistratura e anche dall'esercito, che talvolta fornì loro armi ed equipaggiamenti. Infatti, molti funzionari e militi delle Forze dell'Ordine tendevano a considerare come "naturale" una loro alleanza con il fascismo contro il comune nemico "sovversivo" e "bolscevico" (anche perché, durante il biennio rosso, i socialisti avevano spesso infierito contro di loro con insulti e violenze)[124].

«...Se nella prima metà del '21 i fascisti poterono spadroneggiare in vaste zone d'Italia, condurre quasi impunemente la loro offensiva contro le organizzazioni "rosse" e influenzare notevolmente i risultati della consultazione elettorale del 15 maggio ciò non fu dovuto a volontaria debolezza del governo, ma a cause oggettive e soprattutto alle simpatie e alle connivenze che essi godevano tra le forze che avrebbero dovuto assicurare l'ordine e il libero svolgimento della campagna elettorale e delle votazioni. Invece di agire imparzialmente contro tutti i perturbatori dell'ordine pubblico, in moltissimi casi queste forze favorivano infatti i fascisti a danno dei loro avversari.»

Tale atteggiamento favorevole agli squadristi da parte di forze dell'ordine e magistratura è dimostrato da una statistica ufficiale, secondo cui, dall'inizio dell'anno fino all'8 maggio 1921, risultavano all'autorità di P.S. 1.073 casi di violenza tra socialisti e fascisti (di cui 964 denunciati all'Autorità giudiziaria), in conseguenza dei quali, però, erano stati arrestati 1.421 socialisti e solo 396 fascisti[125]. Ciò fece sì che, nel 1921, la situazione dell'ordine pubblico in Italia fosse caratterizzata, secondo uno storico autorevole, "dal discatenamento su vasta scala della più brutale violenza fascista e dalla incapacità dello Stato non solo di contenerla, ma perfino di far rispettare la legge laddove era più sfacciatamente violata e addirittura calpestata"[126].

Secondo uno storico, "una consistente minoranza di prefetti, commissari e questori sostenne attivamente l'attività squadristica, talvolta in modo così evidente da costringere il governo a disporre trasferimenti d'ufficio, censure e altri provvedimenti disciplinari"[127].

La complicità fra potere esecutivo e squadristi è sarcasticamente commentata da una canzone popolare dell'epoca:

«'Sti quattro delinquenti co' le facce come er sego
portavano la morte e il me ne frego
anche noi ce ne saressimo fregati
se il governo come a lor ci avesse armati...»

Peraltro, quando accadeva che le Forze dell'Ordine si opponessero agli squadristi, questi ultimi, anche se ben provvisti in uomini e in armi, erano sbaragliati senza difficoltà[129]. Tra i principali episodi in cui gli squadristi subirono repressioni da parte della forza pubblica ed ebbero la peggio in scontri sanguinosi con le Forze dell'Ordine, si possono menzionare i Fatti di Cittadella[130] e i Fatti di Sarzana[131].

Verso la fine del 1920, non solo i conservatori, ma anche esponenti popolari e liberali consideravano il fascismo uno strumento utile sia a ridurre la forza delle organizzazioni sindacali e politiche di stampo socialista, sia a fare pressione sul governo per indurlo a parteggiare in modo più risoluto a favore delle classi possidenti e ad abbandonare l'atteggiamento di neutralità nei conflitti sindacali che aveva caratterizzato il liberalismo giolittiano[132]. Come documento di questa simpatia di cui il fascismo inizialmente godeva presso gli ambienti moderati, è stato citato ad esempio un commento attribuito ad Alcide De Gasperi:

«Noi non condividiamo il parere di coloro i quali intendono condannare ogni azione fascista sotto la generica condanna della violenza. Ci sono delle azioni in cui la violenza, anche se assume l'apparenza di aggressione, è in realtà una violenza difensiva, cioè legittima.»

Il ruolo di Giolitti modifica

Si è molto discusso, in sede storiografica, a proposito del ruolo del Governo Giolitti V nei mesi cruciali tra la fine del 1920 e la prima metà del 1921, quando si ebbe il tumultuoso sviluppo della violenza squadrista.

Alcuni storici accusano senza mezzi termini Giovanni Giolitti di aver consapevolmente favorito lo squadrismo, lasciandogli campo libero, allo scopo di indebolire il Partito socialista, ridurne la rappresentanza parlamentare, favorire la scissione tra massimalisti e riformisti, per poi cooptare nel governo questi ultimi; una volta che fosse riuscita tale manovra, l'intenzione di Giolitti sarebbe stata poi quella di riprendere in mano la situazione dell'ordine pubblico e risospingere nuovamente i fascisti ai margini del quadro politico[134][135].

Contro questa interpretazione, si è obiettato che non esistono documenti comprovanti un'azione positiva del governo Giolitti volta a favorire lo squadrismo, ma anzi Giolitti e il ministero degli Interni emanarono in quei mesi varie circolari e direttive, con cui si raccomandava ai prefetti di mantenere l'ordine pubblico, non tollerare illegalità né violenze da qualunque parte provenissero, assicurare il pacifico svolgimento delle consultazioni elettorali, vigilare sull'imparzialità e sull'obiettività delle forze dell'ordine, ecc.[136]; tali direttive del Governo centrale risultarono purtroppo inefficaci e furono disapplicate dagli organi periferici dello Stato per responsabilità esclusiva di questi ultimi, avendo trovato i fascisti, come sopra si è detto, estese complicità e connivenze, a livello locale, con le strutture di base della polizia, della magistratura e dell'esercito[137].

Altri, ancora, hanno sottolineato come le complicità fra lo squadrismo e l'esercito non fossero limitate alla base di quest'ultimo, ma coinvolgessero anche gli alti comandi[138]; e hanno osservato che, seppure non ci sono prove che il governo Giolitti abbia direttamente aiutato gli squadristi, di fatto l'azione di Giolitti finì per aprire politicamente la strada al fascismo, in quanto nella primavera del 1921 lo statista piemontese decise di sciogliere la Camera e di formare, per le successive elezioni politiche, liste di "blocco nazionale" comprendenti anche esponenti fascisti[139].

Fu dunque per calcolo politico se Giovanni Giolitti tenne nei confronti del movimento fascista un atteggiamento benevolo, volto a utilizzarlo per contrastare i socialisti[140], in quanto intenzionato a "costituzionalizzarlo" dopo essere arrivato al potere, ritenendo di esaurirne le potenzialità (a causa della perdita degli appoggi di coloro che temevano un'eventuale rivoluzione bolscevica) una volta venuti meno i loro avversari[141].

Lo squadrismo nella mitologia del regime fascista modifica

Alla figura dello squadrista furono intitolate due cacciatorpediniere in servizio nella Regia Marina di classe Soldati, il Camicia Nera (varato nel 1938, rinominato Artigliere nel 1943 e poi ceduto all'URSS come riparazione di guerra) e lo Squadrista (varato nel 1942, rinominato Corsaro nel 1943 e affondato l'anno successivo).

Nel decennale della marcia su Roma fu girato un lungometraggio di Giovacchino Forzano, intitolato Camicia Nera, nel quale accanto a nomi importanti dell'allora industria cinematografica italiana, recitavano anche semplici popolani dei luoghi in cui furono effettuate le riprese[142].

Note modifica

  1. ^ Squadrismo, su treccani.it, Enciclopedia Treccani. URL consultato il 26 novembre 2022.
  2. ^ Adrian Lyttelton, Cause e caratteristiche della violenza fascista: fattori costanti e fattori congiunturali, in Luciano Casali (a cura di), Bologna 1920; le origini del fascismo, Bologna, Capelli, 1982, pp. 33-55.
  3. ^ D-sign.it, Grassi Geltrude - Storia e Memoria di Bologna, su www.storiaememoriadibologna.it. URL consultato il 14 gennaio 2024.
  4. ^ [Toscana Novecento - L’eccidio di Monterongriffoli, 17 luglio 1920.]
  5. ^ Biblioteca Comunale di Imola - Uccisione di Ugo Argilli e assalto al circolo Andrea Costa
  6. ^ Biblioteca Comunale Imola - Uccisione di Vincenzo Zanelli e di Francesco Nanni
  7. ^ Storia e Memoria di Bologna - Fabbri Giuseppe
  8. ^ Storia e Memoria di Bologna - Tibaldi Guido Giuseppe
  9. ^ a b Salvatore Lupo, Il fascismo: la politica in un regime totalitario, Donzelli, 2005, p. 66
  10. ^ Non è chiaro chi abbia aperto il fuoco per primo: secondo Jonathan Dunnage (The Italian police and the rise of Fascism: a case study of the Province of Bologna. 1897-1925, Greenwood Pub. Inc., 1997, p. 105) è probabile che siano stati i fascisti e che i socialisti abbiano risposto al fuoco
  11. ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi, Milano, Oscar Mondadori, 2009, p. 299
  12. ^ a b c d e f Mimmo Franzinelli, Squadristi, Milano, Oscar Mondadori, 2009.
  13. ^ Almanacco della Repubblica a cura di Mario Ridolfi, Bruno Mondadori, 2003, p. 48
  14. ^ Patria Indipendente - Nello, il Mugello e la Resistenza
  15. ^ Paul Corner, Il fascismo a Ferrara 1915-1925, Laterza, Roma-Bari, 1974, p. 121
  16. ^ Mario Piazzesi, Diario di uno squadrista toscano
  17. ^ Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario, p. 420: "Il 16 ottobre (1918) venne organizzata a Roma una riunione dei rappresentanti delle maggiori organizzazioni interventiste... (nella quale) venne proposto di 'ricercare i disfattisti ovunque si nascondano, ricorrendo ad azioni energiche e dirette sia contro di essi sia contro gli uffici sia contro i negozi dove si potranno nascondere'. Il giorno dopo una delegazione del Fascio parlamentare si recò da Orlando e gli chiese energici provvedimenti contro i 'disfattisti' e in particolare contro i socialisti"
  18. ^ Roberto Vivarelli, Storia delle origini del fascismo, volume I, Il Mulino, 2012, pp. 94-95
  19. ^ Sven Reichardt, Camicie nere, camicie brune, Bologna, Società Editrice Il Mulino, 2009, p. 179: "Soprattutto i socialisti, dopo la fine della guerra, avevano guardato con odio e disprezzo ai circa 154 mila ufficiali in congedo dell'esercito, i quali erano spesso andati in guerra direttamente dalla scuola o dall'università
  20. ^ Giordano Bruno Guerri, "Fascisti", Milano, Oscar Mondadori (Le scie), 1995, pp. 76-77.
  21. ^ Mario Piazzesi, op. cit.
  22. ^ Sven Reichardt, Camicie nere, camicie brune, Bologna, Società Editrice Il Mulino, 2009, p. 342: "La disumanizzazione dell'avversario e la metaforica guerresca dei fascisti furono giustificate con il fatto che la sinistra scorgesse il proprio modello non nella propria nazione, ma in Russia. I fascisti vi colsero un empio vilipendio della nazione: la dissacrazione dei valori nazionali."
  23. ^ Mario Piazzesi, in Diario di uno squadrista toscano, cita dei manifesti socialisti dove un candidato alle elezioni menava vanto di essere stato disertore e condannato: “Nello Tarchiani, tramviere, condannato per diserzione all'ergastolo dal Tribunale Militare”.
  24. ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Mondadori, Milano 2003, p. 338.
  25. ^ Pierluigi Romeo di Colloredo, La Battaglia del Solstizio, Italia, 2008. A causa del ripetersi di simili episodi fu anche proibito agli ufficiali di mostrarsi in uniforme durante la libera uscita.
  26. ^ "In ogni località dove erano alloggiate guarnigioni di Arditi, l'ordine pubblico era periodicamente turbato da aggressioni a cittadini e a esponenti di sinistra [...] La violenza non era da una parte sola, poiché laddove un Ardito, o anche un ufficiale dell'esercito, si trovava da solo in quartieri popolari o in borgate rosse veniva insultato e svillaneggiato, nonché percosso se accennava a una reazione: l'antimilitarismo delle sinistre incolpava i graduati dei lutti bellici. Di simili episodi, abbastanza frequenti nei grandi centri urbani, beneficiò indirettamente il fascismo in termini di popolarità e di adesioni fra gli ufficiali.", Mimmo Franzinelli, Squadristi, Oscar Mondadori, Milano, 2009, pp. 18-19, .
  27. ^ "le manifestazioni socialiste contro la guerra impedirono perfino l'esposizione di tricolori (visti dai socialisti come una provocazione) nel primo anniversario della vittoria, e che gli insulti e gli sputi per i reduci che uscivano in libera uscita in divisa erano all'ordine del giorno" in Marco Cimmino, Il primo dopoguerra; B. Villabruna, Il combattentismo cit. in A. V. Savona – M. L. Straniero: Canti dell'Italia fascista, Garzanti, 1979; Asvero Gravelli, I canti della Rivoluzione, Roma, Nuova Europa, 1929
  28. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. I. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, p. 14.
  29. ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Milano, Mondadori, 2003, p. 3.
  30. ^ Adrian Lyttelton, Cause e caratteristiche della violenza fascista: fattori costanti e fattori congiunturali, in: AA. VV, Bologna 1920; le origini del fascismo, a cura di Luciano Casali, Bologna, Cappelli, 1982, p. 41.
  31. ^ Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario 1883-1920, Torino, Einaudi, 1965, pp. 518-519.
  32. ^ Sven Reichardt, Camicie nere, camicie brune, Bologna, Società Editrice Il Mulino, 2009, p. 148
  33. ^ Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario 1883-1920, Torino, Einaudi, 1965, p. 519.
  34. ^ Sven Reichardt, Camicie nere, camicie brune, Bologna, Società Editrice Il Mulino, 2009, p. 233
  35. ^ 13 novembre 1919: che diluvio al Gaffurio ! (parte seconda) - EreticaMente
  36. ^ Storia e Memoria di Bologna - Vellani Amleto
  37. ^ Storia e Memoria di Bologna - Morte di Amleto Vellani
  38. ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Milano, Mondadori, 2003, pp. 3, 57.
  39. ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Milano, Mondadori, 2003, p. 42: "La virulenza con cui lo squadrismo attaccò le organizzazioni di sinistra e i loro esponenti era sostenuta da motivazioni antiegualitarie e nazionaliste rivendicanti i valori sviliti e negati dal 'sovversivismo'; il velo dell'ideologia nascose a molti giovani il carattere classista di quelle violenze e presentò il fascismo come movimento 'altamente disinteressato e di valore principalmente morale'". Franzinelli cita fra virgolette il saggio di Felicita De Negri, Agitazioni e movimenti studenteschi nel primo dopoguerra in Italia, in "Studi storici", A. XVI, n. 3, 1975, p. 741.
  40. ^ Marcello Veneziani, Rovesciare il 68: pensieri contromano su quarant'anni di conformismo di massa, Mondadori, 2008, p. 21; Curzio Malaparte, La rivolta dei santi maledetti (1923) e L'Europa vivente (1961); Patrizia Dogliani, Storia dei giovani, Pearson Italia S.p.a., 2003, pp. 104 e ss., dove però si parla anche di "controrivoluzione generazionale"; Il Secolo dei giovani: le nuove generazioni e la storia del Novecento, a cura di Paolo Sorcinelli e Angelo Varni, Donzelli, 2004 pp. 142 e ss. dove però è evidenziata anche la prudenza di Mussolini verso l'identificazione integrale del Fascismo a una "rivoluzione generazionale", rivendicata bensì da altri autori fascisti (cfr. Bottai, citato a p. 144); l'interpretazione è anche diffusa all'estero: cfr. Juan J. Linz, Some Notes Toward a Comparative Study of Fascism in Sociological Historical Perspective in Fascism, a reader's guide, Penguin, 1979; Bruno Wanrooij The Rise and Fall of Italian Fascism as a Generational Revolt, in Journal of Contemporary History luglio 1987 vol. 22 no. 3.
  41. ^ F. J. Demers, Le origini del fascismo a Cremona, Roma-Bari, Laterza, 1979.
  42. ^ Renzo de Felice Mussolini il fascista, I, Torino, Einaudi, 1966.
  43. ^ Pietro Nenni, Storia di quattro anni (1919-1922), Roma, Einaudi, 1946: "Fu questa svalutazione del fenomeno combattentistico il primo errore e forse il più fatale".
  44. ^ Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario 1883-1920, Torino, Einaudi, 1965, p. 534.
  45. ^ Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario 1883-1920, Torino, Einaudi, 1965, pp. 570-572.
  46. ^ Almerigo Apollonio, Dagli Asburgo a Mussolini, Goriziana, 2001.
  47. ^ Leandro Castellani, L'impresa di Fiume, su Storia illustrata nº 142, Settembre 1969, p. 36
  48. ^ a b M. Pahor, op. cit.
  49. ^ Nel 1924 il Prefetto Mosconi parlerà de “[…]l'uccisione di un cittadino in un comizio di protesta, ritenuta (sic) opera di uno slavo…” (Antonio Mosconi, I primi anni di governo italiano nella Venezia Giulia, Bologna- Trieste, Lib. Cappelli Editore, 1924, p. 22). Secondo lo storico Attilio Tamaro, irredentista, volontario di guerra, e successivamente diplomatico durante il ventennio fascista, "mentre si svolgeva l'imponente comizio e Francesco Giunta, segretario del fascio, parlava, uno slavo uccise un fascista, che s'era intromesso per salvare un ufficiale da quello aggredito." (A. Tamaro, Venti anni di storia, op. cit., p. 79). Secondo lo storico antifascista C. Schiffrer, "in realtà il disgraziato giovane (il cuoco pugnalato) si trovava lì per caso e quando fu colpito..., secondo le cronache giornalistiche, esclamò: "io non c'entro!". La verità è che a Giunta occorreva la "scintilla", occorreva un morto, ed i suoi provvidero." Cit. in Elio Apih, Italia, Fascismo ed Antifascismo nella Venezia Giulia (1918-1943), op. cit., p. 124).
  50. ^ Notizia tratta dalle cronache sul giornale triestino Il Piccolo, raccolte da Sergio Siccardi in La falsa verità sul Ten. Luigi Casciana, Trieste, Fondazione Rustia-Traine, 2010.
  51. ^ Elio Apih, Italia, Fascismo ed Antifascismo nella Venezia Giulia (1918-1943), op. cit., p. 121 e seguenti
  52. ^ Scrive C. Schiffrer: "Alcuni anni più tardi [...] uno dei peggiori caporioni del fascismo triestino si vantò di aver fissato lui stesso, quella mattina, una camera all'albergo, di avervi trasportato valigie contenenti bombe, recipienti di benzina ed altro materiale incendiario, e di aver compiuto lui gli atti di provocazione". Cit. in Elio Apih, Italia, Fascismo ed Antifascismo nella Venezia Giulia (1918-1943), op. cit., p. 124. La ricostruzione di Schiffrer è però considerata "poco fondata" dalla storica Marina Cattaruzza: "Tale versione si basa su una testimonianza orale di seconda mano, prodotta asseritamente nel 1943 da fascisti che si trovavano in carcere in seguito alle devastazioni di negozi ebrei". M. Cattaruzza, L'Italia e il confine orientale: 1855-2006, Bologna, Il Mulino, 2007, p. 143.
  53. ^ Si veda anche, per una ricostruzione più dettagliata, L'incendio del Narodni Dom a Trieste di M. Kacin Wohinz, in Vivere al confine. Sloveni e italiani negli anni 1918-1941, Gorizia, GMD, 2005, pp. 79 ss.
  54. ^ Si vedano le cronache sul giornale triestino Il Piccolo, raccolte da Sergio Siccardi in La falsa verità sul Ten. Luigi Casciana, Trieste, Fondazione Rustia-Traine, 2010.
  55. ^ Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario. 1883-1920, Torino, Einaudi, 1965, p. 624.
  56. ^ M. Cattaruzza, op. cit., p. 144.
  57. ^ Il Tirreno - Cent’anni fa l’omicidio di Dani, il contadino ucciso dai fascisti, su iltirreno.gelocal.it. URL consultato il 27 giugno 2022 (archiviato dall'url originale il 27 giugno 2022).
  58. ^ Sven Reichardt, Camicie nere, camicie brune, Bologna, Società Editrice Il Mulino, 2009, pp. 173-174
  59. ^ Sven Reichardt, Camicie nere, camicie brune, Bologna, Società Editrice Il Mulino, 2009, p. 173:"Dal 1911 al 1921 l'aliquota dei piccoli proprietari di terra fra gli occupati in agricoltura salì dal 18,3% al 32,4%"
  60. ^ G. Sabbatucci e V. Vidotto, Storia contemporanea, Il Novecento, Bari, Editori Laterza, 2008, p. 78: "Questo sistema, nato quasi spontaneamente sull'onda delle lotte dei braccianti, non era privo di aspetti autoritari (chi si sottraeva alla disciplina della lega veniva "boicottato", in pratica bandito dalla comunità) e celava al suo interno non pochi motivi di debolezza."
  61. ^ Sven Reichardt, Camicie nere, camicie brune, Bologna, Società Editrice Il Mulino, 2009, p. 174: "Speciali tribunali di Federterra decidevano forme di boicotaggio che portavano al quasi totale isolamento di quanti erano colpiti dal provvedimento; costoro non riuscivano più ad acquistare alimenti o indumenti negli spacci delle cooperative socialiste, o a vendere alimenti o indumenti negli spacci delle cooperative socialiste, o a vendere alle cooperative i propri prodotti. In taluni casi gli fu persino negata l'assistenza medica."
  62. ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi, Milano, Oscar Mondadori, 2009, p. 295
  63. ^ Sven Reichardt, Camicie nere, camicie brune, Bologna, Società Editrice Il Mulino, 2009, p. 174: "Potevano disporre del ricavato di imposte localmente stabilite sugli immobili, sulle attività produttive e a carico delle famiglie, potevano concedere in affitto i terreni comunali, esercitare la sorveglianza sulle attività produttive, e avevano competenza in materia di piani regolatori e di assistenza sociale."
  64. ^ Adrian Lyttelton, Cause e caratteristiche della violenza fascista: fattori costanti e fattori congiunturali, in: AA. VV, Bologna 1920; le origini del fascismo, a cura di Luciano Casali, Bologna, Cappelli, 1982, pp. 45-46.
  65. ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Milano, Mondadori, 2003, p. 4.
  66. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. I. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, p. 13.
  67. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. I. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, pp. 3, 13, 16-17, 116, 153, 212, 248-252.
  68. ^ Renzo De Felice, Breve storia del fascismo, Milano, Mondadori, 2001, p. 12.
  69. ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Milano, Mondadori, 2003, pp. 4, 59.
  70. ^ Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario 1883-1920, Torino, Einaudi, 1965, pp. 519, 589-590.
  71. ^ Padania: il mondo dei braccianti dall'Ottocento alla fuga dalle campagne, p. 183.
  72. ^ Alceo Riosa - Barbara Bracco, Storia d'Europa nel Novecento, Milano, Mondadori Università, 2004, p. 74.
  73. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. I. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, p. 21.
  74. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. I. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, p. 4.
  75. ^ Adrian Lyttelton, La conquista del potere. Il fascismo dal 1919 al 1929, Roma-Bari, Laterza, 1974, pp. 86-87: "Sia la realtà che il 'mito' dello squadrismo esercitarono sul fascismo un'influenza potente e tenace. Gli squadristi sentirono, non senza fondamento, che i veri fascisti erano loro; e i picchiatori, gli uomini del manganello, erano diffidenti nei confronti dei politici, dei 'chiacchieroni'. Lo squallido retroscena dello squadrismo - la dipendenza dalla connivenza delle autorità di polizia e dai fondi forniti dagli industriali e dagli agrari - fu dimenticato; e i capi delle squadre, spesso provenienti dalla più umile piccola borghesia o di origini addirittura sottoproletarie, si considerarono, con maggiore o minore buona fede, l'incarnazione di un fascismo populista, vicino alle aspirazioni originarie del tempo di guerra e libero da ogni manipolazione di borghesi o politici 'parassiti'".
  76. ^ Renzo de Felice Mussolini il rivoluzionario. 1883-1920, Torino, Einaudi, 1965.
  77. ^ Luca Leonello Rimbotti, Fascismo di sinistra, Roma, Settimo Sigillo, 1989.
  78. ^ Per la definizione dannunziana del fascismo come "schiavismo agrario" cfr. Renzo De Felice, Mussolini il fascista. I. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, pp. 218, 257 in nota.
  79. ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Milano, Mondadori, 2003, p. 59.
  80. ^ Giampiero Carocci, Storia del fascismo, Roma, Newton Compton, 1994, p. 16
  81. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. I. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, p. 15
  82. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. I. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, pp. 249-250
  83. ^ Paul Corner, Il fascismo a Ferrara 1915-25, Laterza, Roma-Bari, 1974, pp. 119-155.
  84. ^ Sven Reichardt, Camicie nere, camicie brune, Bologna, Società Editrice Il Mulino, 2009, p. 161
  85. ^ Sven Reichardt, Camicie nere, camicie brune, Bologna, Società Editrice Il Mulino, 2009, p. 171
  86. ^ "I Fasci di combattimento schierati contro leghe rosse e leghe bianche sollecitarono i finanziamenti privati, giustificati coi benefici arrecati dall'intervento repressivo delle squadre d'azione. Si istituì una tassazione parallela, col versamento regolare di somme commisurate all'estensione delle tenute". Mimmo Franzinelli, Squadristi, Milano, Oscar Mondadori, 2009, p. 67.
  87. ^ "Nel 1921, mentre gli industriali puntavano non tanto sul fascismo quanto su Giolitti, gli agrari delle regioni settentrionali e i grandi proprietari di quelle centrali aderivano o appoggiavano in modo più univoco il fascismo". Giampiero Carocci, Storia del fascismo, Newton, 1994. p. 17
  88. ^ L'espressione "guerra civile" con riferimento al biennio 1921-22 è attestata in: Gaetano Salvemini, Le origini del fascismo in Italia. Lezioni di Harvard, a cura di Roberto Vivarelli, Milano, Feltrinelli, 1979 (quarta edizione), p. 321: "Circa tremila persone persero la vita per mano fascista durante i due anni di guerra civile"; inoltre in: Paolo Spriano, Storia del Partito comunista italiano. I. Da Bordiga a Gramsci, Torino, Einaudi, 1967, p. 172: "Lo svolgimento stesso della guerra civile nel 1921-22 indica quale sproporzione esista sul terreno degli scontri armati tra i comunisti e i fascisti".
  89. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. I. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, pp. 22-23: "...fatto ancora più importante per l'influenza che aveva sull'opinione pubblica media - l'avallo che lo squadrismo trovava nella grande stampa d'informazione. Divenute le azioni squadriste un fatto ormai quotidiano, questa stampa ne attribuiva normalmente la responsabilità ai 'rossi', ai 'sovversivi' o si manteneva nel generico, parlando di 'conflitti', senza specificarne la responsabilità. [...] E questo spiega come già a quest'epoca nascesse e andasse prendendo piede la leggenda che se l'Italia era stata salvata dal 'pericolo rosso' ciò era dovuto al fascismo [...]".
  90. ^ Giorgio Candeloro, Storia dell'Italia moderna. Volume ottavo. La prima guerra mondiale, il dopoguerra, l'avvento del fascismo, Milano, Feltrinelli, 1996 (sesta edizione), p. 353. Candeloro precisa che "si tratta peraltro di dati certamente incompleti".
  91. ^ Gaetano Salvemini, Le origini del fascismo in Italia. Lezioni di Harvard, a cura di Roberto Vivarelli, Milano, Feltrinelli, 1979 (quarta edizione), p. 321: "Circa tremila persone persero la vita per mano fascista durante i due anni di guerra civile".
  92. ^ Adrian Lyttelton, Cause e caratteristiche della violenza fascista: fattori costanti e fattori congiunturali, in: AA. VV, Bologna 1920; le origini del fascismo, a cura di Luciano Casali, Bologna, Cappelli, 1982, p. 39.
  93. ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Milano, Mondadori, 2003, p. 169.
  94. ^ Lelio Basso, lezione citata nonché Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario, cit. et alia
  95. ^ Adrian Lyttelton, Cause e caratteristiche della violenza fascista: fattori costanti e fattori congiunturali, in: AA. VV, Bologna 1920; le origini del fascismo, a cura di Luciano Casali, Bologna, Cappelli, 1982, pp. 41-2.
  96. ^ a b Adrian Lyttelton, Cause e caratteristiche della violenza fascista: fattori costanti e fattori congiunturali, in: AA. VV, Bologna 1920; le origini del fascismo, a cura di Luciano Casali, Bologna, Cappelli, 1982, p. 42.
  97. ^ a b A. D'Orsi La rivoluzione antibolscevica, Angeli, Milano, 1985
  98. ^ A. Lyttelton La conquista del potere - Il fascismo dal 1919 al 1929, Roma-Bari, Laterza, 1974, p. 84.
  99. ^ Renzo de Felice Autobiografia del fascismo, Bergamo, Minerva Italica, 1978, p.63
  100. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. II. L'organizzazione dello Stato fascista 1925-1929, Torino, Einaudi, 1968, pp. 5-6; in queste pagine De Felice riprende e commenta l'analisi condotta da Guido Dorso, La rivoluzione meridionale, seconda edizione, Roma 1945.
  101. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. I. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, pp. 143-160.
  102. ^ Renzo de Felice Mussolini il fascista, I, op. cit., p. 143
  103. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. II. L'organizzazione dello Stato fascista 1925-1929, Torino, Einaudi, 1968, pp. 8-9.
  104. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. II. L'organizzazione dello Stato fascista 1925-1929, Torino, Einaudi, 1968, pp. 131-136.
  105. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. II. L'organizzazione dello Stato fascista 1925-1929, Torino, Einaudi, 1968, p. 66.
  106. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. II. L'organizzazione dello Stato fascista 1925-1929, Torino, Einaudi, 1968, pp. 66-67.
  107. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. II. L'organizzazione dello Stato fascista 1925-1929, Torino, Einaudi, 1968, p. 10.
  108. ^ Renzo de Felice, Mussolini il Rivoluzionario, Einaudi - 2005
  109. ^ Mario Piazzesi, Diario di uno squadrista toscano, Roma, Bonacci, 1980
  110. ^ G. Galli, I partiti politici in Italia - vol. 1, UTET, Torino, 1994, e G. B. Guerri, Fascisti, Mondadori, Milano 1995, secondo il quale nel 1921 Cremona venne fatta tappezzare da Farinacci con manifesti recanti questo stornello.
  111. ^ Renzo de Felice, Mussolini il Rivoluzionario, Einaudi, 2005
  112. ^ Giuseppe Pardini. Roberto Farinacci ovvero della Rivoluzione Fascista, Le Lettere, 2007
  113. ^ Lelio Basso, lezione tenuta il 30 gennaio 1961 in Savona-Straniero, Canti dell'Italia fascista, Garzanti, 1978, nonché Paolo Spriano, L'occupazione delle fabbriche – settembre 1920, Einaudi, 1964
  114. ^ Adrian Lyttelton, Cause e caratteristiche della violenza fascista, op. cit., p. 45
  115. ^ Luigi Preti, Le lotte agrarie nella Valle padana, Einaudi. "In periodo di sciopero gli incendi dei fienili, la distruzione dei raccolti, l'uccisione dei capi di bestiame, le violenze ai proprietari e ai contadini coltivatori diventavano frequentissimi"
  116. ^ Renzo De Felice, Interpretazioni del fascismo, Laterza, 2005.
  117. ^ Valerio Castronovo, Renzo De Felice, Pietro Scoppola, L'Italia del Novecento, Utet, 2004.
  118. ^ Fabio Fabbri, Le origini della guerra civile, Utet, 2009.
  119. ^ Gaetano Salvemini, Le origini del fascismo in Italia. Lezioni di Harvard, a cura di Roberto Vivarelli, Milano, Feltrinelli, 1979 (quarta edizione), p. 303.
  120. ^ Gaetano Salvemini, Le origini del fascismo in Italia. Lezioni di Harvard, a cura di Roberto Vivarelli, Milano, Feltrinelli, 1979 (quarta edizione), pp. 309-310. Il testo di Salvemini risale al 1943.
  121. ^ Giuseppe A. Borgese, Golia. Marcia del fascismo, supplemento a "Libero", Roma, 2004, p. 181. (Prima edizione inglese New York, 1937; prima edizione italiana Milano, Mondadori, 1947).
  122. ^ Emilio Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, Roma-Bari, Laterza, 2011 (sesta edizione), p. X.
  123. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. I. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, pp. 20-21.
  124. ^ a b Renzo De Felice, Mussolini il fascista. I. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, p. 27.
  125. ^ a b Renzo De Felice, Mussolini il fascista. I. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, p. 35.
  126. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. I. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, p. 39.
  127. ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Milano, Mondadori, 2003, p. 97
  128. ^ Citato in: Alessandro Portelli, L'ordine è già stato eseguito. Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria, Milano, Feltrinelli, 2012, p. 71. Citato anche in: Salvatore Lupo, Il fascismo. La politica in un regime totalitario, Milano, Feltrinelli, 2013, p. 72, che riprende Portelli.
  129. ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Mondadori, Milano 2003, p. 82
  130. ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Milano, Mondadori, 2003, p. 327
  131. ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Milano, Mondadori, 2003, pp. 120-129, 344-345.
  132. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. I. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, p. 22.
  133. ^ Giordano Bruno Guerri, Fascisti, Milano, Oscar Mondadori (Le scie), 1995, p. 77.
  134. ^ Angelo Tasca, Nascita e avvento del fascismo. L'Italia dal 1918 al 1922, vol. I, Bari, Laterza, 1967, pp. 187-188, 194.
  135. ^ Gaetano Salvemini, Le origini del fascismo in Italia. Lezioni di Harvard, a cura di Roberto Vivarelli, Milano, Feltrinelli, 1979 (quarta edizione), p. 292.
  136. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. I. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, pp. 25-26.
  137. ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista. I. La conquista del potere 1921-1925, Torino, Einaudi, 1966, pp. 26-35.
  138. ^ Giorgio Candeloro, Storia dell'Italia moderna. Vol. VIII. La prima guerra mondiale, il dopoguerra, l'avvento del fascismo, Milano, Feltrinelli, 1996 (sesta edizione), pp. 347-348.
  139. ^ Giorgio Candeloro, Storia dell'Italia moderna. Vol. VIII. La prima guerra mondiale, il dopoguerra, l'avvento del fascismo, Milano, Feltrinelli, 1996 (sesta edizione), p. 350.
  140. ^ Renzo De Felice, Breve storia del fascismo, Milano, Oscar Storia Mondadori, 2009, p. 12: (Il movimento fascista fu) "...aiutato da contingenze favorevoli: l'atteggiamento di Giolitti nei confronti del fascismo e la vera e propria esplosione del fascismo agrario. A Mussolini era sin troppo chiaro come quello assegnato da Giolitti al movimento fosse un valore strumentale..."
  141. ^ Renzo De Felice, Breve storia del fascismo, Milano, Oscar Storia Mondadori, 2009, pp. 15-16: (L'accesso al potere di Mussolini) "Tale intendimento doveva tenere conto della necessità da più parti rilevata - da Giolitti per primo al "Corriere della Sera" di Albertini,... - di "costituzionalizzare" il fascismo: necessità dettata in gran parte dalla crisi che aveva colpito le organizzazioni di sinistra. Una crisi che non rappresentava comunque per il fascismo un fattore del tutto positivo: se la piccola e media borghesia si erano appellate ad esso contro la sinistra, una volta esaurita la "minaccia rossa", il fascismo appariva meno "seducente" e quindi meno meritevole di sovvenzioni."
  142. ^ Il Morandini, Zanichelli editore

Bibliografia modifica

Volumi modifica

  • Alberto Acquarone e Maurizio Vernassa, Il regime fascista, Bologna, Il Mulino, 1974.
  • Elio Apih, Italia, Fascismo ed Antifascismo nella Venezia Giulia (1918-1943), Bari, Editori Laterza, 1966.
  • Marco Bernabei, Fascismo e nazionalismo in Campania (1919-1925), Edizioni di storia e letteratura, Roma, 1975.
  • Manlio Cancogni, Storia dello squadrismo, Milano, Longanesi, 1959.
  • Giorgio Candeloro, Storia dell'Italia moderna. Volume ottavo. La prima guerra mondiale, il dopoguerra, l'avvento del fascismo, Milano, Feltrinelli, 1978.
  • Giampiero Carocci, Storia del fascismo, Newton, 1994.
  • Ferdinando Cordova, Il fascismo nel mezzogiorno. Le Calabrie, Rubbettino, 2003.
  • Renzo De Felice, Mussolini il Rivoluzionario, Einaudi, 2005.
  • Renzo De Felice, Le interpretazioni del fascismo, Laterza, 2005.
  • Renzo De Felice, Autobiografia del fascismo, Bergamo, Minerva Italica, 1978.
  • Renzo De Felice, Breve storia del fascismo, Oscar Storia Mondadori, Milano, 2009.
  • Renzo De Felice, Mussolini il fascista, I, Torino, Einaudi, 1966.
  • Manfredo De Simone, Pagine eroiche della Rivoluzione Fascista, Casa Editrice Imperia, 1925. Ora in Ernesto Zucconi (a cura di), I Caduti dimenticati 1919-1924, Novantico, Pinerolo, 2002.
  • Alberto Del Fante, Giulio Giordani, martire del fascismo, Bologna, Galleri, 1934.
  • Angelo D'Orsi, La rivoluzione antibolscevica, Angeli, Milano, 1985.
  • Fabio Fabbri, Le origini della guerra civile, Utet, 2009.
  • Mimmo Franzinelli, Squadristi: protagonisti e tecniche della violenza fascista, 1919-1922, Milano, Mondadori, 2003.
  • Giovanni Gentile, Origini e dottrina del fascismo, Istituto Nazionale di Cultura Fascista, 1934.
  • Antonio Gramsci, Socialismo e fascismo: l'Ordine Nuovo 1921-1922, Einaudi, 1966.
  • Asvero Gravelli, I canti della Rivoluzione, Nuova Europa, 1926.
  • Giordano Bruno Guerri, Fascisti, Oscar Mondadori (Le scie), Milano, 1995.
  • Emilio Lussu, Marcia su Roma e dintorni, Milano, Mondadori, 1968.
  • Adrian Lyttelton, Cause e caratteristiche della violenza fascista, in Bologna '20, Bologna, Cappelli, 1982.
  • Paolo Nello, L'avanguardia giovanile alle origini del fascismo, Laterza, Bari, 1978.
  • Giuseppe Pardini, Roberto Farinacci ovvero della Rivoluzione Fascista, Le Lettere, 2007.
  • Francesco Perfetti, Fiumanesimo, sindacalismo e fascismo, Bonacci, 1988.
  • Sven Reichardt, Camicie nere, camicie brune, Società Editrice Il Mulino, Bologna, 2009.
  • Massimo Rocca, Il primo fascismo, Roma, Volpe, 1964.
  • Angelo Tasca, Nascita e avvento del fascismo. L'Italia dal 1918 al 1922, a cura di Sergio Soave, Firenze, La Nuova Italia, 1995. (La prima edizione francese apparve a Parigi nel 1938; la prima edizione italiana, con una nuova prefazione dell'autore, a Firenze nel 1950; ulteriore edizione Bari, Laterza 1965, con una premessa di Renzo De Felice).
  • Nicola Tranfaglia, La prima guerra mondiale e il fascismo, TEA, 1995.
  • Roberto Vivarelli, Storia delle origini del fascismo. L'Italia dalla grande guerra alla marcia su Roma, 3 voll., Bologna, Il Mulino, 1991.

Saggi modifica

Diari personali modifica

  • Bruno Frullini, Squadrismo fiorentino, Vallecchi, 1933.
  • Mario Piazzesi, Diario di uno squadrista toscano, Seb, 2010.

Filmografia modifica

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica