Friedrich Nietzsche

filosofo tedesco (1844-1900)
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Friedrich Nietzsche, nato Friedrich Wilhelm Nietzsche, citato in alcune traduzioni italiane come Federico Nietzsche (Röcken, 15 ottobre 1844Weimar, 25 agosto 1900) è stato un filosofo, filologo e saggista tedesco.

Friedrich Nietzsche fotografato da Gustav Adolf Schultze nel 1882
Firma di Friedrich Nietzsche

È annoverato come un pensatore originale e a tratti problematico da un punto di vista interpretativo: la sua produzione filosofica ha influenzato il pensiero culturale del mondo occidentale nel XX secolo e contemporaneo. Il suo pensiero fu un'autentica cesura nei confronti del passato e consistette in una apertura a nuovi modi di fare filosofia tramite l'informalità e la provocazione[1][2].

Scrisse vari saggi e opere aforistiche sulla morale, sulla religione (in particolare quella cristiana, schierandosi in favore dell'ateismo), sulla cultura contemporanea e la annessa decadenza dei valori metafisici-religiosi che, assieme all'eredità culturale socratica, hanno sostenuto le vicissitudini del singolo individuo, ora perso e smarrito nel nichilismo; le sue riflessioni sono intrise di una profonda lucidità e avversione alla metafisica e da una forte carica critica, sempre sul filo dell'ironia e della parodia con un accentuato richiamo stilistico derivante dai moralisti francesi, come Montaigne, e dai filosofi illuministi, come Voltaire[3].

Il pensiero di Nietzsche, per quanto indipendente, si inserisce nella corrente dell'esistenzialismo: viene considerato come uno dei pensatori più complessi di tutta la filosofia addirittura mondiale, dato il suo modo di filosofare con la poesia, gli aforismi, la psicologia ed i sofisticati riferimenti metaforici a concetti scientifici, filosofici, religiosi e mitologici. Ancor oggi viene definito uno spartiacque tra la filosofia ottocentesca e novecentesca, ed è indubbiamente uno tra i pensatori più influenti della cultura e della filosofia del XX secolo.

Biografia modifica

«All'osservatore frettoloso la sua figura non presentava nulla che desse nell'occhio: l'uomo di media statura, dagli abiti estremamente semplici, ma anche estremamente curati, dai tratti distesi e dai capelli castani pettinati all'indietro, poteva facilmente passare inosservato. Il contorno della bocca, sottile e quanto mai espressivo, veniva quasi interamente nascosto dai grossi baffi pettinati in avanti, aveva una risata sommessa, un modo di parlare senza fragore, un'andatura cauta e meditabonda con le spalle che un po' s'incurvavano; era difficile immaginare un uomo del genere in mezzo a una folla: portava su di sé il segno di chi resta in disparte, di chi sta da solo. D'incomparabile bellezza e di tale nobiltà di forma da attirare involontariamente lo sguardo erano invece le mani… Il contegno suscitava l'impressione di segretezza e di riservatezza. Nella vita di ogni giorno era di una grande cortesia e di una mitezza quasi femminile.»

Anni giovanili modifica

 
Carl Ludwig Nietzsche, padre di Friedrich

Friedrich Wilhelm Nietzsche nasce a Röcken, piccolo villaggio della Prussia meridionale (Sassonia-Anhalt), oggi municipalità della città di Lützen, nei pressi di Lipsia, il 15 ottobre 1844; viene chiamato così in onore del re Federico Guglielmo IV di Prussia il quale compiva quarantanove anni proprio nel giorno della nascita di Nietzsche. Successivamente il filosofo abbandonò il suo secondo nome "Wilhelm".[4] Il primo nome, Friedrich, fu anche un omaggio al nonno Friedrich August Ludwig Nietzsche (1756-1826), autore di scritti pedagogici, religiosi e commentari biblici.

Apparteneva a una stirpe di pastori protestanti, ed era il figlio maggiore di Carl Ludwig Nietzsche, pastore ed ex precettore alla corte dei duchi di Altenburg, di idee monarchiche e reazionarie, e di Franziska Oehler, figlia a sua volta di un pastore luterano. Nel 1846 e nel 1848 nascono altri due figli, Elisabeth e Joseph (quest'ultimo morto nel 1850, per un'improvvisa febbre cerebrale non meglio specificata).[5]

 
Franziska Oehler, madre di Friedrich (1850 circa)

Il 27 luglio 1849 muore il padre, a 36 anni, dopo un anno di "apatia cerebrale" (secondo Elisabeth dovuta a una caduta, secondo altri probabilmente un tumore cerebrale, un ictus, un incidente dovuto a epilessia del lobo temporale o la stessa malattia cerebrale non meglio identificata che avrebbe poi colpito il figlio, i cui primi segni si erano manifestati due anni prima). In seguito a tali disgrazie la famiglia si trasferisce nella vicina Naumburg ove convive con la nonna materna di Nietzsche e due sorelle nubili di suo padre. Dopo la morte della nonna nel 1856, la famiglia si trasferì in una propria casa, ora Nietzsche-Haus, casa-museo e centro studi.

Qui Friedrich inizia gli studi di lettere classiche e religione; frequenta la scuola pubblica maschile e poi, successivamente, una scuola privata, dove stringe amicizia con Gustav Krug e Wilhelm Pinder, i suoi primi amici ognuno dei quali proveniva da famiglie di tutto rispetto. In casa apprende la musica e il canto. Si impegna in composizioni musicali vocali e strumentali, compone poesie, legge Goethe e Byron.

Nel 1854 ha iniziato a frequentare il Domgymnasium di Naumburg, ma già distintosi per le sue non comuni doti intellettuali, avendo mostrato particolari talenti sia in musica sia nel campo linguistico, viene ammesso come allievo a Schulpforta, un complesso collegiale riconosciuto a livello internazionale. Inizia così a frequentare il liceo (Gymnasium) Landesschule di Pforta come interno beneficiante di una borsa di studio ecclesiastica. Qui studia tra il 1858-1864, sperimentando per la prima volta la lontananza dall'ambiente familiare, diventando prima amico di Paul Deussen (futuro indologo di fama) e in seguito di Carl von Gersdorff; troverà anche il tempo per lavorare sulle sue prime originali composizioni poetiche e musicali.

Nel 1860 insieme agli amici Krug e Pinder che lo avevano raggiunto per studiare anche loro a Pforta, fonda l'associazione Germania, con la quale si propone di sviluppare i suoi interessi letterari e musicali. Per questa associazione scrive alcuni saggi, come Fato e volontà e Libertà della volontà e fato, visibilmente ispirati dalla lettura di Fato e altri saggi di Ralph Waldo Emerson, specie quelli inclusi in Condotta di vita (1860), un'opera che è stata recentemente ritenuta fondamentale nella genesi del pensiero di Nietzsche.[5] In questo periodo Nietzsche comincia a soffrire di un male che lo tormenterà tutta la vita, l'emicrania. È inoltre molto miope, soffre di anisocoria pupillare congenita e di problemi gastrici cronici.

 
Nietzsche nel 1861, all'età di 17 anni

Frequenta anche il vecchio poeta bohémien Ernst Ortlepp, un ex allievo di Pforta che ora vive gironzolando nei dintorni. Assieme a Ortlepp, eccentrico, blasfemo, forse omosessuale[6] e spesso ubriaco, conosce l'opera del poeta allora quasi sconosciuto Friedrich Hölderlin, che verrà presto considerato il preferito dal ragazzo; compone anzi un saggio in cui scrive che il poeta pazzo ha sollevato la coscienza all'idealità più sublime: l'insegnante che gli ha corretto il compito, pur dandogli un buon voto, gli consiglia però vivamente di occuparsi in futuro di scrittori più sani, più lucidi, in definitiva "più tedeschi"[7]. Ortlepp verrà infine trovato morto in un fosso, dove probabilmente era caduto, in stato di ubriachezza, battendo la testa.

Il particolarmente accurato studio qui condotto delle lingue classiche e dell'antico ebraico, lo mettono in grado di leggere importanti fonti primarie; dopo gli esami finali all'ormai diciannovenne viene consegnato un attestato finale che gli assegna un giudizio eccellente in religione, tedesco e latino, un buono in greco e un sufficiente in francese e invece uno scarso in ebraico, matematica e disegno; nel commento conclusivo del corpo docente si legge: "la commissione esaminatrice gli ha rilasciato, ora che lascia la regia scuola territoriale per studiare filologia e teologia all'università di Bonn, il certificato di maturità e lo congeda nella speranza che un giorno applicandosi sempre con serietà e coscienziosità possa conseguire buoni risultati nella sua professione".[8]

 
I membri della Burschenschaft Franconia nel 1865; Nietzsche è in seconda fila, seduto, di profilo, con la mano destra sulla tempia

Conclusi gli studi secondari nel 1864, comincia gli studi nella facoltà teologica all'Università di Bonn per volere materno, studi che regge per appena una sessione, dopodiché s'iscrive assieme all'amico e compagno di studi Deussen alla Burschenschaft (corporazione studentesca) della Franconia. È quest'ultimo a riferire del celebre episodio della "casa di malaffare" di Colonia come "contributo alla comprensione del modo di pensare di Nietzsche". Nel febbraio del 1865 il filosofo gli raccontò di essere stato condotto surrettiziamente in tale luogo dalla sua guida locale e, imbarazzatissimo, scappò via dopo aver suonato un po' il pianoforte per darsi un contegno di fronte a "una mezza dozzina di apparizioni in lustrini e veli".[9] Questo episodio, secondo l'autore, è rivelativo di ciò che Nietzsche pensava delle donne: esse dovevano "consacrarsi al servizio ed alla cura dell'uomo, e già a Pforta diceva talvolta un po' per scherzo: 'Io avrò bisogno di tre donne solo per me'. Del resto non fu mai sua intenzione rimanere scapolo". In seguito, quando si seppe che a Nietzsche era stata diagnosticata, forse erroneamente, la neurosifilide come causa del suo declino cognitivo e fisico dopo il 1888, diversi studiosi pensarono che avesse contratto la malattia da un rapporto sessuale con una prostituta proprio in quel bordello, basandosi proprio sul passo dei Ricordi di Deussen, che pure non ne aveva molta stima come filosofo e che esclude però (come sarà ipotizzato invece da altri come Thomas Mann, modellando su Nietzsche il personaggio di Adrian in Doctor Faustus) che tale rapporto sia stato effettivamente consumato, in quell'occasione o in seguito; Deussen conclude che "da questo episodio e da tutto ciò che so di Nietzsche sono portato a credere che a lui ben si applicano le parole di una biografia di Platone: mulierem nunquam attigit [non toccò mai una donna]".[N 1] Riguardo a ciò si inserirono in seguito altre controverse teorie come quella di Joachim Köhler esposta in Nietzsche. Il segreto di Zarathustra[N 2].

Già nei suoi saggi sul fato degli anni immediatamente precedenti sosteneva che la ricerca storica ha oramai screditato gli insegnamenti centrali della religione. Nello stesso periodo legge la Vita di Gesù di David Friedrich Strauß la quale sembra aver avuto un profondo effetto sul giovane. Scrivendo alla sorella, profondamente devota, una lettera a riguardo della propria perdita della fede, afferma: "se si vuol lottare per la pace dell'anima, si deve credere; ma se vuoi esser un devoto della verità, allora devi domandare".

 
Arthur Schopenhauer

Nel 1865 si iscrive all'Università di Lipsia per continuare a seguire le lezioni di filologia classica di Friedrich Ritschl, già suo insegnante a Bonn. Studia Teognide e la Suida, ma è più affascinato da Platone e soprattutto da Ralph Waldo Emerson e Arthur Schopenhauer, che avrebbero influenzato tutta la sua produzione. Soprattutto quest'ultimo, con la sua opera Il mondo come volontà e rappresentazione doveva risvegliare un appassionato e duraturo interesse filosofico.

Nel 1866 legge anche la Storia del materialismo di Friedrich Albert Lange; qui le descrizioni della filosofia anti-materialistica di Immanuel Kant, dell'ascesa del materialismo nel continente europeo, della crescente preoccupazione nei riguardi dell'evoluzionismo di Darwin e infine dell'atmosfera generale di ribellione all'autorità tradizionale incuriosirono notevolmente Nietzsche. Conosce nel 1867 Erwin Rohde, futuro autore di Psiche e nel frattempo approfondisce lo studio dell'opera di Diogene Laerzio, Omero, Democrito e del succitato Kant, mentre un suo saggio su Teognide appare nella rivista filologica Rheinisches Museum, diretta da Ritschl.

 
Nietzsche nel 1868, in uniforme da artigliere

Il 9 ottobre comincia il servizio militare, avendo firmato per un anno come volontario, nel reggimento di artiglieria a cavallo dell'esercito prussiano di stanza a Naumburg. Nel marzo dell'anno successivo si infortuna seriamente allo sterno; mentre sta mandando il suo cavallo al galoppo colpisce violentemente con il petto il pomo della sella, strappandosi due muscoli del fianco sinistro: dopo sei mesi trascorsi immobilizzato, a ottobre si congeda anticipatamente. Tornato a Lipsia, l'Università lo premia per il suo saggio sulle fonti di Diogene Laerzio e lo assume come insegnante privato. L'8 novembre 1868 conosce Richard Wagner in casa dell'orientalista Hermann Brockhaus.[5]

Professore a Basilea modifica

Grazie all'appoggio di Ritschl, il 13 febbraio 1869 ottiene la cattedra di lingua e letteratura greca dell'Università di Basilea come filologo classico, pur non avendo ancora completato né il proprio dottorato né ricevuto alcun certificato di abilitazione all'insegnamento; il 28 maggio tiene la prolusione d'insediamento sul tema Omero e la filologia classica, mentre l'Università di Lipsia gli concede la laurea sulla base delle sue pubblicazioni nel Rheinisches Museum. All'età di 25 anni Nietzsche chiede l'annullamento della sua precedente cittadinanza prussiana e diventa apolide:[10] lo rimarrà ufficialmente per il resto dei suoi giorni.

 
Cosima e Richard Wagner (Vienna, 1872)

Dal 17 maggio aveva cominciato a frequentare, nella villa di Tribschen, sul lago dei Quattro Cantoni nei pressi di Lucerna, Richard e Cosima Wagner, rimanendone fortemente colpito: «Ciò che imparo laggiù, che vedo e ascolto e intendo, è indescrivibile. Schopenhauer, Goethe, Eschilo e Pindaro vivono ancora». Nel periodo fra il 1869 e il 1870 collabora, come correttore di bozze (e più in generale come informale segretario-factotum), alla redazione di un'autobiografia di Wagner,[11] destinata a non vedere la luce prima del 1911,[12] ma alla cui conoscenza il filosofo allude apertamente, e con ironia, in uno scritto degli anni 1880:

(DE)

«Man verspricht uns eine Selbstbiographie Richard Wagner’s: wer zweifelt daran, dass es eine kluge Selbstbiographie sein wird?…»

(IT)

«Ci viene promessa un'autobiografia di Richard Wagner: chi dubita che sarà un'autobiografia avveduta?...»

Anche dopo la rottura ideologica con Wagner, conserverà sempre grande stima per Cosima, considerandola, tra le sue conoscenze, l'unica persona al suo stesso livello intellettuale.[13]

All'inizio del 1870 Nietzsche tiene a Basilea alcune conferenze ("Il dramma musicale greco", "Socrate e la tragedia"), che anticipano il suo primo volume, La nascita della tragedia (1872). A Basilea conosce il già famoso storico Jacob Burckhardt e stringe amicizia con il vicino di stanza alla pensione in cui risiede, il professore di teologia Franz Camille Overbeck, che gli rimarrà vicino fino alla morte e sarà grande estimatore delle sue opere, nonostante la sua posizione accademica rendesse la cosa alquanto imbarazzante, considerate le vedute di Nietzsche in materia di religione.[5] Conosce anche l'opera di Afrikan Špir e ne rimane profondamente influenzato.

Allo scoppio della guerra franco-prussiana (1870-1871) chiede di essere temporaneamente esonerato dall'insegnamento per partecipare, come infermiere addetto al trasporto dei feriti, alla guerra. Dopo appena due settimane passate al fronte contrae però la difterite e un principio di dissenteria, tanto che deve venire a sua volta curato ed è quindi congedato il 21 ottobre.[14] Osserva con pacato scetticismo e con un certo distacco la nascita dell'impero tedesco ad opera di Otto von Bismarck.

Nella sua risposta polemica intitolata Filologia del futuro, l'allora ancor giovane ma già affermato Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff critica fortemente la mancanza di metodologia accademica utilizzata da Nietzsche per scrivere la Nascita della tragedia dallo spirito della musica, per seguire un approccio invece molto più speculativo; solamente Rohde, già insegnante a Kiel, e Wagner ne difendono la forma schierandosi al suo fianco; osservando il profondo isolamento in cui s'è venuto a trovare in quest'occasione all'interno della comunità filologica, tenta senza successo di passare di ruolo come professore di filosofia.

 
Nietzsche nel 1872

Nel frattempo scrive La visione dionisiaca del mondo, abbozza La tragedia e gli spiriti liberi e un dramma intitolato Empedocle, in cui vengono anticipati con molta chiarezza molti dei temi che verranno in seguito ripresi nelle opere della maturità. Fra il 1873 e il 1876 scrive le quattro Considerazioni inattuali[5], le quali rappresentano un orientamento sempre più volto a una forte critica culturale del suo tempo: David Strauss, il confessore e lo scrittore; Sull'utilità e il danno della storia per la vita; Schopenhauer come educatore e infine Richard Wagner a Bayreuth. Nel 1873 cominciava anche ad accumulare le note che sarebbero state pubblicate postume sotto il titolo di La filosofia nell'epoca tragica dei greci.

Le Inattuali sfidano la cultura tedesca allora in via di sviluppo sul solco dell'esempio dato e delle linee suggerite da Schopenhauer e Wagner; incontrò in questo momento Malwida von Meysenbug e Hans von Bülow, e iniziò anche una stretta amicizia e collaborazione con Paul Rée, studioso di filosofia di origine ebraica il quale a partire dal 1876 lo influenzò positivamente nel respingere il pessimismo tragico che pervadeva i suoi primi scritti, e lo indirizzò così verso un fase "illuministica".

Rimasto profondamente deluso dal Festival di Bayreuth del 1876 (l'anno della prima rappresentazione di Sigfrido e Il crepuscolo degli dei, dove la banalità degli spettacoli e la bassezza del pubblico lo respinsero intimamente), Nietzsche comincia ad allontanarsi sempre più dal vecchio maestro Wagner, anche se la rottura ufficiale vi sarà solo con la pubblicazione di Umano, troppo umano (sottotitolato "Un libro per spiriti liberi") nel 1878-1879. Incontra il musicista per l'ultima volta nel 1877. Wagner muore improvvisamente a Venezia nel 1883. Negli anni successivi sarà il soggetto critico di due saggi, Il caso Wagner e Nietzsche contra Wagner, in cui il filosofo attacca, più che la musica, il wagnerismo culturale per i suoi legami col Völkisch e il nazionalismo tedesco, e il riavvicinamento alla religione tradizionale avvenuta col Parsifal del 1882, giudicato opera cristiana e decadente.

Lavoro come filosofo indipendente modifica

 
Lou Von Salomé, Paul Rée e Nietzsche nel 1882

«Dalla mia infanzia non ho mai trovato nessuno che avesse in comune con me le angosciose istanze del sentimento e della coscienza [...] La malattia mi porta, sempre più, al più spaventevole scoraggiamento. Non invano sono stato tanto profondamente ammalato e non invano lo sono in genere tuttora.»

Per motivi di salute (emicranie frequenti e dolori agli occhi, possibili sintomi della malattia che lo colpirà più tardi), ma anche indubbiamente per dedicarsi con assiduità ininterrotta alla sua attività filosofica, Nietzsche all'età di 34 anni (pressappoco la stessa età in cui suo padre fu colpito dalla propria malattia, cosa che angosciava Nietzsche) abbandona l'insegnamento. Gli viene riconosciuta una modesta pensione che costituirà, da quel momento in poi, l'unico suo reddito. Inizia la sua esistenza da perfetto apolide, con i suoi pellegrinaggi da viandante senza casa e senza patria.

 
Casa Nietzsche a Sils Maria

Nietzsche si sposta spesso da un luogo all'altro per trovare climi che possano essere più favorevoli per la sua salute cagionevole e vive così fino al 1889 come autore indipendente in diverse città. Trascorre molte estati in località montane o termali, soprattutto a Sils Maria (dove la sua abitazione, la cosiddetta Casa Nietzsche, è aperta a visite e soggiorni), dove riferisce una sorta di "esperienza mistica" in cui avrebbe intuito l'eterno ritorno, e in Alta Engadina in Svizzera. Trascorre invece preferibilmente i suoi inverni nelle città italiane, sulla riviera ligure a Genova e Rapallo, infine a Torino. Sue altre mete frequenti e amatissime sono Venezia e la francese Nizza.[5]

Nel 1881, quando la Francia occupò la Tunisia, aveva intenzione di recarsi a Tunisi per vedere l'Europa da fuori, ma poco dopo ha abbandonato una tale idea, probabilmente per motivi di salute. Occasionalmente tornò a Naumburg per visitare la sua famiglia, e, soprattutto in questo periodo, lui e la sorella continuarono ad avere periodi di conflitto e di ripetute riconciliazioni.

Durante un breve viaggio in traghetto a Messina e Taormina frequenta "l'Arcadia" locale e inizia a scrivere Così parlò Zarathustra. Durante la Pasqua del 1882, tramite la comune amica e nota scrittrice femminista Malwida von Meysenbug, incontra a Roma Lou von Salomé, una giovane studentessa russa in viaggio d'istruzione attraverso l'Europa. Si danno appuntamento presso la Basilica di San Pietro e Nietzsche la saluta con queste parole: «Da quali stelle siam caduti per incontrarci qui?». A maggio, durante una gita sul lago d'Orta passa alcune ore di intimità con questa ragazza ventunenne "intelligentissima". In seguito, la Salomé non ricordò se avesse baciato il filosofo, del quale comunque rifiutò una proposta di matrimonio (come del resto quella dell'amico di entrambi Paul Rée che le aveva presentato Nietzsche e con il quale si era formato una sorta di rapporto triadico filosofico-sentimentale).

Questo incontro, proseguito poi attraverso due anni di intensi scambi affettivi e culturali, è molto particolare, in quanto si tratta di una delle rare esperienze sentimentali-affettive di Nietzsche con una donna di cui si abbia conoscenza.[5] Nietzsche continuò poi a frequentare i due amici, reiterando proposte di matrimonio alla Salomé e baciandola due volte di seguito in pubblico, cosa che provocò la gelosia della sorella Elisabeth e il disappunto della madre Franziska, che ritenevano Lou una donna frivola e inadatta.[15]

Il rapporto con madre e sorella diviene di nuovo molto teso. Nietzsche non partecipa al matrimonio di Elisabeth nel 1885 con l'ex insegnante e agitatore antisemita Bernhard Förster, che disprezza. In seguito Lou von Salomé si allontanò da Nietzsche e Ree, terminando questa sorta di amore platonico, sposando poi Carl Andreas e avendo numerose relazioni, come quella con Freud e con Rainer Maria Rilke. Questa delusione, e il rancore che cominciò a provare per lei[15], spinsero Nietzsche a continuare alacremente il lavoro sullo Zarathustra, che portò a termine nel 1885, mentre la salute però peggiorava.

«Mi faccio coraggio quanto posso, ma una melanconia senza pari si impossessa ogni giorno di me, specialmente la sera [...] A che serve? [...] La vita è un esperimento[16], ma si ha un bel dire e un bel fare, lo si paga sempre a troppo caro prezzo.»

Ancora nel 1888 è di nuovo in rotta con la famiglia, come si evince da un passo di Ecce homo che sarà censurato dalla sorella nella prima edizione: «Se cerco qual è la più profonda antitesi di me stesso, [...] ritrovo sempre mia madre e mia sorella - credermi imparentato con una tale canaille sarebbe un bestemmiare la mia divinità. [...] confesso che la più profonda obiezione contro l'"eterno ritorno" [...] è sempre mia madre e mia sorella».

Ultimo periodo e collasso mentale modifica

«La testimonianza si trova scritta addirittura nei miei libri: i quali, riga per riga, sono libri vissuti per una volontà di vita e con ciò stesso, in quanto creazione, rappresentano un'aggiunta reale, un di più di quella vita stessa.»

«La follia è nei singoli qualcosa di raro - ma nei gruppi, nei partiti, nei popoli, nelle epoche è la regola.»

 
Nietzsche e la madre Franziska (1892)

Nel 1888, avendo già molte pubblicazioni alle spalle, Nietzsche si trasferì a Torino, città che apprezzò particolarmente, e dove scriverà L'Anticristo, Il crepuscolo degli idoli ed Ecce Homo (pubblicato postumo).

Nel 1889 avvenne infine il famoso crollo mentale di Nietzsche, probabile effetto di una patologia neurologica: è datata 3 gennaio 1889 la prima crisi di follia in pubblico;[5] mentre si trovava in piazza Carignano, nei pressi della sua casa torinese, vedendo il cavallo adibito al traino di una carrozza fustigato a sangue dal cocchiere,[N 3] abbracciò l'animale, pianse, finendo per baciarlo; in seguito cadde a terra urlando in preda a spasmi. Per molti è un episodio leggendario e Nietzsche si sarebbe piuttosto limitato a fare vistose rimostranze e schiamazzi per i quali venne fermato e ammonito dalla polizia municipale.[18] Alla luce delle testimonianze riferite da Davide Fino, proprietario dell'alloggio affittato da Nietzsche, a Karl Strecker (alla fine del 1888) e alla sorella del filosofo, Elisabeth (nel 1889), si dovrebbe distinguere il presunto episodio "del cavallo" dal "crollo" di Nietzsche. Il primo risalirebbe alla fine '88, mentre il secondo consisterebbe nella caduta dalla scalinata di piazza Carlo Alberto, dopo di che venne accompagnato a casa e "giacque due giorni sul divano, sempre parlando concitatamente da solo o scrivendo".[19]

 
La casa di Nietzsche a Torino, in piazza Carlo Alberto

Le cause non sono mai state chiarite con certezza, ma sono state ipotizzate diverse possibilità come la MELAS (un'encefalomiopatia ereditaria), un meningioma[20], e altre[N 4] come, ad esempio, neurosifilide[21][22][N 5][23]; epilessia del lobo temporale[24][25][26][27][28][29] (la stessa patologia di Dostoevskij), unita alla nota emicrania, forse con aura[25], disturbo bipolare (o disturbo schizoaffettivo) e avvelenamento cronico da mercurio[N 6], metallo pesante tossico usato (assieme all'altrettanto tossico arsenico) come farmaco anti-sifilitico, prima dell'avvento degli antibiotici e somministrato effettivamente a Nietzsche, almeno tramite frizionamento cutaneo, durante il ricovero (è probabile che l'uso del mercurio per presunta sifilide fosse causa comune di morti in ospedali psichiatrici, come potrebbe essere accaduto decenni prima a Robert Schumann[30]); se l'emicrania, la malattia mentale e i problemi di vista congeniti furono infatti attribuiti alla neurosifilide, Nietzsche potrebbe essere stato vittima di avvelenamento non intenzionale fino a portarlo alla demenza vascolare da ictus e al deterioramento cognitivo da neurotossicità; demenza frontotemporale; arterite temporale[27][31] (una vasculite delle arterie cerebrali); infine, dato che Nietzsche ebbe anche una serie di ictus che causarono paralisi e demenza vascolare, essi potrebbero essere stati causati da una malattia preesistente specifica quale l'arteriopatia cerebrale genetica, o CADASIL,[N 7] una demenza ereditaria causata da micro-infarti cerebrali multipli subcorticali.[32][33] La CADASIL è considerata un'ipotesi accreditata poiché è una sindrome ereditaria solamente per via paterna, e occorre ricordare che la famiglia materna era sana (almeno fisicamente, è probabile invece che ci fossero casi di depressione, e secondo Paul Julius Möbius una sorella di Franziska si sarebbe suicidata), mentre sia il padre sia il nonno che il fratello di Nietzsche morirono per una malattia cerebrale non identificata, che esordì forse con un ictus.[34]

Nietzsche nell'ultima fase della malattia, in una ricostruzione cinematografica ricavata da fotografie originali scattate a Weimar (tratta dalle ultime sequenze del film "I giorni di Nietzsche a Torino", di J. Bressane, Brasile, 2001)

La sorella Elisabeth tenterà poi di nascondere la diagnosi di sifilide che fu ipotizzata in manicomio attribuendo la follia a uso di sonniferi e farmaci antidolorifici, come morfina, oppio e cloralio assunti per l'emicrania e l'insonnia negli anni precedenti.

Sempre nello stesso periodo del crollo, Nietzsche scrive delle lettere ad amici e conoscenti che sono solitamente classificate sotto il nome di Biglietti della follia: in essi la sua crisi mentale appare ormai in uno stato avanzato, anche se lo stile non è affatto diverso da quello classico, somigliante a quello poetico, altisonante e aulico delle ultime opere. Uno dei biglietti è indirizzato al re d'Italia Umberto I di Savoia, suo coetaneo (moriranno lo stesso anno) che Nietzsche apostrofa come "mio figlio"[35], forse a causa di una leggera somiglianza fisica.[36] Tre, firmati "Dioniso" o "Zagreo", vennero inviati a Cosima Wagner, chiamata nelle lettere "Arianna", la mitologica moglie del dio, e fa dei riferimenti ai suoi ultimi tre libri (L'anticristo, Ecce Homo e Il crepuscolo degli idoli).

«Alla principessa Arianna, mia amata. Che io sia un uomo, è un pregiudizio. Ma io ho già vissuto spesso fra gli uomini e conosco tutto ciò che gli uomini possono provare, dalle cose più basse fino a quelle più alte. Sono stato Buddha tra gli indiani e Dioniso in Grecia, – Alessandro e Cesare sono mie incarnazioni, come pure Lord Bacon, il poeta di Shakespeare. Da ultimo, ancora, sono stato Voltaire e Napoleone, forse anche Richard Wagner... Ma questa volta vengo come Dioniso il vittorioso, che farà della terra una giornata di festa... Non avrei molto tempo... I cieli si rallegrano che io sia qui... Sono stato anche appeso alla croce...»

Pochi giorni dopo, viene ricoverato dall'amico Franz Camille Overbeck, teologo protestante e suo ex insegnante, a causa del suo stato alterato, che passava da momenti di esaltazione a tristezza profonda, prima in una clinica psichiatrica a Basilea (Svizzera) in cura dal dottor Wille, che gli diagnostica una "paralisi progressiva" di incerta origine e ipotizza per la prima volta la sifilide sulla base probabilmente di dati anamnesici erronei: l'affermazione del confuso Nietzsche di aver contratto "due volte" la lue nel 1866 probabilmente confondendosi con il colera, che ritenne anni addietro d'aver contratto appunto due volte, e l'anisocoria pupillare ereditata dalla madre e presente dall'infanzia (a causa forse di essa, della miopia e dell'emicrania, negli ultimi anni la vista di Nietzsche era molto peggiorata), che i medici scambiarono per il segno neurologico sifilitico detto pupilla di Argyll Robertson.

Uscito dalla clinica di Basilea, viene trasferito poi dalla madre a Naumburg (Assia, Germania), poi a Jena, in clinica dal dottor Otto Binswanger, esperto di paralisi e demenza, famoso per aver studiato la malattia eponima simile alla CADASIL, il quale conferma la diagnosi di Wille dichiarando privatamente a Overbeck che Nietzsche soffre di demenza paralitica da sifilide, menzionando un ipotetico contagio del 1886, mentre ufficialmente parla però di una possibile eredità famigliare della patologia dopo aver analizzato i sintomi che portarono alla morte padre e fratello; Binswanger, suscitando le ire di Franziska che ne scrive a Overbeck, sostiene che anche Elisabeth a suo parere ha "un che di esaltato". Anche il dottor Ziehen appoggia la diagnosi di sifilide, mentre Binswanger obietta comunque con Gast che l'unica stranezza è l'insolita lunga sopravvivenza all'infezione e alla paralisi luetica, per cui non si poteva attribuire l'intero decorso come derivato dalla lue.[37] Nel 1890 viene trasferito nella casa della madre, per esser assistito da lei stessa e da due infermieri. La famiglia Nietzsche, specie la sorella, non accettò mai queste diagnosi (neurosifilide o patologia neurologica ereditaria), considerandole entrambe lesive dell'onore.[37]

Nei primi tempi pare abbastanza lucido, ma irritabile e senza più interesse per la filosofia e la scrittura, che pare non comprendere. Dopo alcuni anni dal suicidio del marito (giugno 1889)[38], Elisabeth Nietzsche ritorna dal Paraguay, a causa dei debiti nel 1893 e decide di occuparsi del fratello e della sua opera. Già dal 1892 Nietzsche gradualmente perde la memoria, e non riconosce le persone, salvo certi momenti di lucidità.[39]

Nietzsche trascorre il suo tempo in un mutismo quasi totale, passeggiando con amici o suonando il pianoforte, fino all'aggravarsi delle condizioni fisiche (numerose paralisi, forse accentuate dalle eccessive dosi di farmaci per tenere sotto controllo gli attacchi di follia); talvolta parla con gli ospiti, ma è assente e i suoi ragionamenti spesso confusi. Nel 1893 perde l'uso delle gambe (secondo i medici a causa di tabe dorsale in forma paraplegica, una delle manifestazioni della neurolue), ed è costretto a spostarsi con una sedia a rotelle, mentre dal 1894 soffre di perdita della parola, indici di danni cerebrali e spinali diffusi[39], anche se Sax racconta di una visita di un amico a Nietzsche nel 1899 in cui, secondo la testimonianza, il filosofo era ancora in grado di comunicare, in certi momenti, e non era incosciente, anche se poco reattivo, almeno fino all'ultimo anno di vita (pur all'oscuro del grande dibattito che i suoi scritti cominciavano a suscitare in Europa). Al visitatore che tentava di interloquire con lui, nel 1899, Nietzsche avrebbe risposto "ho davvero scritto alcuni buoni libri?".[22]

Dopo il 1895 visse in stato semi-catatonico, rispondendo solo se sollecitato dalla sorella o dai familiari. Nel 1897 muore di tumore la madre, e nel 1898 e 1899 è colpito nuovamente da ictus, come già anni prima.[22]

Rudolf Steiner descrive ne La mia vita l'incontro con il filosofo avvenuto nel 1896 e da lui definito come "ottenebrato". In quell'incontro egli affermò di essere riuscito a percepire "chiaroveggentemente", secondo le sue teorie più tarde di matrice antroposofico-teosofica, il corpo eterico parzialmente distaccato dal corpo fisico nella zona del capo (per gli antroposofi il distacco del corpo eterico avviene durante il sogno, altrimenti è causa di malattia mentale).[40]

«Là, disteso sul divano, giaceva l'Ottenebrato, con la sua fronte mirabilmente bella di artista e di pensatore. Erano le prime ore del pomeriggio. Gli occhi, pur essendo spenti, apparivano ancora pervasi d'anima; ma di quanto li circondava non accoglievano più che un'immagine a cui era ormai negato l'accesso all'anima. Stavamo dinanzi a lui, ma Nietzsche non lo sapeva. Eppure si sarebbe ancora potuto credere che quel volto spiritualizzato fosse l'espressione di un'anima la quale, nel corso del mattino, avesse intensamente pensato e volesse ora riposare un momento. Credetti che la scossa interiore da me provata si trasformasse in comprensione per il genio il cui sguardo mi fissava senza vedermi. La passività di quello sguardo, lungo e fisso, sprigionò la comprensione del mio proprio sguardo, che in quel momento poté lasciar agire la forza animica dell'occhio, senza che l'altro occhio lo incontrasse. E si presentò alla mia anima di Nietzsche, quasi librata sul suo capo, illimitatamente bella nella sua luce spirituale; liberamente aperta ai mondi spirituali nostalgicamente invocati, ma non trovati, prima dell'oscuramento: incatenata però ancora al corpo, conscio di essa soltanto quando il mondo spirituale era ancora per lei nostalgia...»

Gli ultimi anni e la morte modifica

 
Nietzsche nel 1899, un anno prima della morte

Trasferitosi nel 1897 assieme a Elisabeth nella casa di Weimar (Turingia, Germania), dove la sorella ha fondato tre anni prima il Nietzsche-Archiv (a cui collaborava appunto il giovane Steiner, allora di idee nichiliste modellate su Stirner e Nietzsche), vi muore di polmonite il 25 agosto 1900.[22] Nonostante il suo dichiarato e profondo ateismo, per volontà di parenti e amici viene seppellito con cerimonia religiosa nel cimitero di Röcken.[41] Anche se Nietzsche si era espresso contro i concetti di "sacro" e "santità" numerose volte, durante il funerale Peter Gast lo elogiò affermando "santo sia il tuo nome per tutte le generazioni future!". Postumi escono i rimanenti manoscritti, i Frammenti e il manoscritto "ricostruito" da Gast ed Elisabeth de La volontà di potenza, nonché il libro autobiografico di incerta attribuzione Mia sorella ed io, che secondo i pochi studiosi che ne sostengono l'autenticità, almeno parziale, sarebbe l'ultimo scritto, redatto da Nietzsche durante l'internamento in manicomio e nel 1890 a casa della madre.

Quanto la malattia abbia influenzato il pensiero filosofico di Nietzsche è materia di discussione fra gli studiosi da sempre. La natura della sua follia - almeno per un periodo creativa - rimane ancora parzialmente un mistero, data la plausibilità di tutte le ipotesi. Nei frammenti teorizzava l'autodistruzione della reputazione tramite una follia volontaria come una forma di ascesi superiore. Come molti hanno ipotizzato,[42] la causa del collasso nervoso, in un ambito meno medico e più filosofico, o meglio la concausa che lo spinse al crollo, fu l'enorme sforzo creativo cui si sottopose negli anni precedenti, nonostante la salute che si stava deteriorando. Lo stesso Nietzsche (forse consapevole della sua precarietà: "come mio padre sono già morto, come mia madre vivo ancora, e invecchio", scrive in Ecce Homo) accenna forse a questo sforzo in un famoso aforisma:

(DE)

«Wer mit Ungeheuern kämpft, mag zusehn, dass er nicht dabei zum Ungeheuer wird. Und wenn du lange in einen Abgrund blickst, blickt der Abgrund auch in dich hinein.»

(IT)

«Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro. E se tu riguarderai a lungo in un abisso, anche l'abisso vorrà guardare dentro di te»

Pensiero modifica

 
Nietzsche nel 1862

«Un giorno sarà legato al mio nome il ricordo di qualcosa di enorme – una crisi, quale mai si era vista sulla terra, la più profonda collisione della coscienza, una decisione evocata contro tutto ciò che finora è stato creduto, preteso, consacrato. Io non sono un uomo, sono dinamite.»

La filosofia di Nietzsche prende le mosse dal suo complesso retroterra culturale, specialmente di filologo classico, ammiratore della tragedia greca e poi entusiasta estimatore della nuova musica post-romantica di Wagner, della quale si fa promotore sul piano estetico e filosofico, scorgendo in essa una spinta per la rinascita dello spirito tedesco. A ciò si connette strettamente un intenso studio delle filosofie presocratiche, ad esempio quella di Eraclito, e una loro affermazione rispetto all'egemonia tradizionale dell'impianto socratico-platonico.[43]

Fondamentale per la formazione del giovane Nietzsche è altresì la lettura, nel 1866-67, de Il mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer, incontro definito dal filosofo "caso divino". Così, in una riflessione registrata in una pagina autobiografica, Nietzsche ricorda la prima lettura del capolavoro schopenhaueriano:

«In esso ogni riga gridava la rinuncia, la negazione e la rassegnazione, lì io guardavo il mondo come dentro uno specchio, e insieme la mia vita e la mia anima, investito di orrore; in esso come fosse un Sole, il grande occhio dell'arte mi fissava, staccandomi dal mondo; io vi vedevo malattia e salvezza, esilio e rifugio e inferno quanto paradiso.»

Fase tragica e wagneriana modifica

Spirito apollineo e spirito dionisiaco modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Apollineo e dionisiaco.

Nella sua prima vera opera di argomento filosofico, La nascita della tragedia (1872), la tragedia greca viene vista come la massima espressione dello slancio vitale o "spirito dionisiaco", impulsivo e irrazionale, che si coniuga e nello stesso tempo si contrappone a quello apollineo, che rappresenta l'ordine e la razionalità. Il pensiero apollineo e quello dionisiaco sono perciò così definiti:

«Finora abbiamo considerato il pensiero apollineo e il suo opposto, il dionisiaco, come forze artistiche che erompono dalla natura stessa, senza mediazione dell'artista umano e in cui gli impulsi artistici della natura trovano anzitutto e in via diretta soddisfazione: da una parte come mondo di immagini del sogno, la cui perfezione è senza alcuna connessione con l'altezza intellettuale o la cultura artistica del singolo; dall'altra parte come realtà piena di ebbrezza, che a sua volta non tiene conto dell'individuo e cerca di annientare l'individuo e di liberarlo con un sentimento mistico di unità.»

Ne La nascita della tragedia, Nietzsche individua per la prima volta in Socrate il corruttore della tragedia attica, e nella sua influenza sul tragediografo Euripide l'origine del prevalere dello spirito apollineo su quello dionisiaco, espresso dalla vecchia tragedia di Sofocle ed Eschilo. Non a caso Euripide presenta una rappresentazione che può essere vista come negativa della religione dionisiaca ne Le baccanti.[44] La corruzione dello spirito tragico è da Nietzsche considerata come l'originaria decadenza cui si deve una visione astratta e intellettualizzante della vita e della morale, determinata dall'"intellettualismo etico" socratico.

 
Ritratto di Nietzsche

Altrettanto forte è l'avversione di Nietzsche nei confronti di Platone, che egli considera autore di una concezione del mondo fondata sull'idealità metafisica dell'anima data dall'astrazione e sull'allontanamento dal corpo, ossia l'essenza umana e nobile. Da Platone egli ritiene esser nata quella continuità ideologica che lega la filosofia parmenidea con Platone e poi Plotino e, ancora, il cristianesimo (definito "platonismo per il popolo").

Nietzsche attacca, quindi, i tradizionali valori fondamentali della società (della metafisica, del cristianesimo, della democrazia, e del nazionalismo),[45] sostenendo la natura meramente metaforica e prospettica di qualsiasi principio trascendente e della stessa morale, così come di ogni concezione tradizionale. Il suo obiettivo era di smascherare la falsità e l'ipocrisia del sistema culturale su cui si fondava l'Europa dei suoi tempi e in particolare il mondo germanico, ma tutta la storia dell'Occidente è vista come un lungo processo di decadenza dell'uomo, come negazione della vita, quando invece l'affermazione della libertà avrebbe dovuto essere il destino dell'uomo.

I grandi valori della cultura occidentale, quali la verità, la scienza, il progresso, la religione, sono così da smascherare nella loro mancanza di fondamento e nella loro natura di mera finzione. C'è nell'uomo una sostanziale paura verso la creatività della vita e la volontà di potenza, che produce valori collettivi sotto la cui giurisdizione la vita viene disciplinata, regolata, schematizzata.

Un tale nichilismo è tuttavia soggetto, nelle opere di Nietzsche, a una caratterizzazione più profonda e problematica, che egli giunge a delineare in due aspetti fondamentali. La prima forma di nichilismo, il nichilismo passivo (di cui un esempio è ravvisato in Schopenhauer) coincide con la perdita di fiducia dell'uomo europeo verso i valori della propria civiltà; coincide con la "diminuzione vitale", caratterizzata diversamente come perversione della volontà di potenza. Con nichilismo attivo, invece, Nietzsche intende l'atteggiamento che, fattosi forte di una demolizione dei vincoli metafisici che sopprimevano la forza vitale, si propone come creatore di nuove tavole di valori attraverso la loro trasvalutazione.

Deve tenersi presente che le determinazioni che portano Nietzsche al nichilismo derivano dal convincimento della necessità del distacco oggettuale e relazionale che portano da un lato all'affermazione non di un valore determinato ma di valori fluenti che sono alla base della trasvalutazione e che dall'altro consentono nell'analisi della oggettività di disceverare l'oggetto e l'altro ma nello stesso tempo di racchiudere il pensiero in sé stesso a realizzare proprio attraverso tale distacco la volontà di potenza.

È attraverso tale chiusura del pensiero in sé stesso che viene determinato il nichilismo di Nietzsche anche in quanto costituente la scissione dell'interno dall'esterno e attraverso cui si realizza la possibilità di cogliere l'opposizione dicotomica nel pensiero tra razionale in quanto sistematico e irrazionale in quanto nichilistico e distruttivo, rispetto alla quale dinamica si coglie una prospettiva della distinzione e del pari operativismo di nichilismo esteriore e di nichilismo interiore, processo in cui il nichilismo interiore correlato, tramite il dionisiaco, all'istinto ossia alla soddisfazione pone nello stesso tempo la relazione alla volontà di potenza fattori che si relazionano all'esaltazione del dionisiaco come irrazionale anche in quanto fattore non comprimibile e dunque enucleante appieno la possibilità di realizzare la volontà di potenza.

Da tale aspetto fondamentale di Nietzsche connotante il distacco oggettuale e la relazione con l'altro deriva anche il suo apprezzamento, da un lato, della caratteristica della assenza di compassione, che è uno dei fondamenti a base della trasvalutazione e che se non così fondata entrerebbe in contraddizione con il suo nichilismo e dall'altro il suo apprezzamento per i passi biblici e per l'ebraismo che si fondano sulla giustizia divina e in particolare sulla legge dell'"occhio per occhio e dente per dente" cui si unisce appunto quel distacco alla cui base vi è un'assenza di affettività che consente l'affermazione del valore del momento in rispondenza alla volontà di potenza e alla necessità di esistenza dell'esterno anche come altro-soggetto.

 
Nietzsche (a destra) con Erwin Rohde e Carl von Gersdorff nell'ottobre 1871

L'uomo, per Nietzsche, ha dovuto illudersi per dare un senso all'esistenza, in quanto ha avuto paura della verità, non essendo stato capace di accettare l'idea che "la vita non ha alcun senso", che non c'è nessun "oltre" di essa e che va vissuta con desiderio e libero abbandono pieno di "fisicità". Se il mondo avesse un senso e se fosse costruito secondo criteri di razionalità, di giustizia e di bellezza, l'uomo non avrebbe bisogno di auto-illudersi per sopravvivere, costruendo metafisiche, religioni e morali. L'umanità occidentale, passata attraverso il cristianesimo, percepisce ora un senso di vuoto, trova che "Dio è morto", cioè che ogni costruzione metafisica vien meno davanti alla scoperta che il mondo è un caos irrazionale. Fino a che non sorgerà l'Oltreuomo, cioè un uomo in grado di sopportare l'idea secondo cui l'Universo non ha un senso, l'umanità continuerà a cercare dei valori assoluti che possano rimpiazzare il vecchio dio (inteso come qualsiasi tipo di realtà ultraterrena e non come semplice entità quale potrebbe essere il Dio cristiano); dei sostituti idolatrici quali, ad esempio, lo Stato, la scienza e il denaro.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Libero arbitrio (Nietzsche).

La mancanza, però, di un senso metafisico della vita e dell'universo fa rimanere l'uomo nel nichilismo passivo, o disperazione nichilista. Le parole di Sileno a Re Mida mostrano un profondo pessimismo simile a quello di Sofocle, di Leopardi, di Schopenhauer e dei suoi discepoli diretti. Sileno è individuato come portatore della saggezza dionisiaca, ovvero del senso tragico dell'esistenza, celato dai greci stessi attraverso l'apollineo, in quanto impossibile da tollerare per l'uomo comune.

«L'antica leggenda narra che il re Mida inseguì a lungo nella foresta il saggio Sileno, seguace di Dioniso, senza prenderlo. Quando quello gli cadde infine tra le mani, il re domandò quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l'uomo. Rigido e immobile, il demone tace; finché, costretto dal re, esce da ultimo fra stridule risa in queste parole: "Stirpe miserabile ed effimera, figlia del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo[46] non sentire? Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto."»

È tuttavia possibile uscire da tale nichilismo, senza ricercare la morte o l'ascesi, comprendendo questa visione e riconoscendo che è l'uomo stesso la sorgente di tutti i valori e delle virtù della volontà di potenza (fase del nichilismo attivo). L'uomo, ergendosi al di sopra del caos e della mancanza di senso della vita, può generare propri significati e imporre la propria volontà. Chi riesce a compiere questa impresa è l'Oltreuomo, cioè l'uomo che ha compreso che è lui stesso a dare significato alla vita. Attraverso le tre metamorfosi dello spirito, di cui parla nel primo discorso del testo Così parlò Zarathustra, Nietzsche mostra come il motto "Tu devi" vada trasformato dapprima nell'"Io voglio", e infine in un sacro "Dire di sì", espresso dalla figura del fanciullo giocondo.

Ovviamente il nichilismo attivo non giustifica i modelli valoriali proposti nel corso dei secoli per dare senso alla realtà, poiché questi non sono altro che il frutto dello spirito apollineo e, pertanto, non corrispondono all'effettiva essenza dell'uomo, che è dionisiaco, ossia legato inscindibilmente a quei "valori" (vitalità, potenza) intrinseci alla sua natura terrena:

«Si trasformi l'Inno alla Gioia di Beethoven in un quadro e non si rimanga indietro con l'immaginazione, quando i milioni si prosternano rabbrividendo nella polvere: così ci si potrà avvicinare al Dionisiaco. [...] e ai colpi di scalpello dell'artista cosmico dionisiaco risuona il grido dei misteri eleusini: "Vi prosternate milioni? Senti il creatore, mondo?".»

Per una rinascita del tragico in Germania modifica

Nel primo testo filosofico di Nietzsche La nascita della tragedia del 1872, che è anche una messa a fuoco della sua cultura classica e della mitologia greca, egli concentra la sua attenzione sulle origini del teatro nell'antica Grecia. Si serve di e teorizza perciò due concetti-base, che diverranno poi "ideologici" per lo stesso autore e portatori di numerosi valori, lo spirito dionisiaco e lo spirito apollineo. Il dionisiaco (dal dio Dioniso) in quanto "ebbrezza" rappresenta l'elemento dell'affermazione della vita, della spontaneità, dell'istinto umano, della giocosità e raffigurerà nelle successive opere la volontà di potenza. È l'impulso che esprime la forza vitale propria dell'oltreuomo nella sua totale libertà, l'ebbrezza che trova la sua manifestazione più compiuta nella musica e nella danza.

 
Nietzsche nel 1864

Il "dionisiaco" gioca dialetticamente con il proprio contraltare, l'"apollineo", ovvero l'armonia delle forme e del vivere. Quando Dioniso vive è Apollo a dormire, viceversa quando Apollo si rappresenta ed è in superficie, Dioniso è "sotterraneo". Il dionisiaco è un continuo ciclo "vita-morte-vita", attraverso il quale tutte le arti sono state create e si sono modificate. L'apollineo è la luce del giorno razionalizzata nell'arte plastica degli scultori dell'epoca classica. L'"apollineo" rappresenta anche la ratio umana che porta equilibrio nell'uomo, che è capace di concepire l'essenza del mondo come ordine e che lo spinge a produrre forme armoniose rassicuranti e razionali. Senza di esso, nell'uomo ci sarebbe un'esplosione di emozioni incontrollate e bisognose di essere controllate.

Molto complesso è lo studio che il filologo Nietzsche fa delle arti greche e della tragedia in particolare. Nel "ditirambo" del coro tragico greco era insito lo spirito dionisiaco (Nietzsche lo chiama appunto "ditirambo dionisiaco"). Nella parola come sempre Nietzsche ricerca la chiave per l'interpretazione della realtà e per portare alla luce ciò che i concetti hanno di arcano dentro. In quanto filologo, ancor prima che filosofo, è sempre il "verbo" il suo primo amore. Dal ditirambo, che è il nucleo del "coro", al testo poetico in cui è scritto il dramma, si svolge la continua alternanza dei due dèi greci Apollo e Dioniso, fino alla suprema e sublime armonia.

L'analisi delle origini della tragedia greca, scorre lungo il testo nietzschiano attraversando tutta la storia di questo lungo percorso, da Archiloco a Euripide, passando per Eschilo e Sofocle fino alla sua stessa fine: la morte della tragedia avvenne per mano di Socrate ovvero di ciò che il filosofo ha rappresentato per la grecità e le sue espressioni artistiche.

Ma come la tragedia ebbe origine dalla musica, Nietzsche auspica che allo stesso modo possa rinascere. Da qui la critica profonda e sentita all'"Opera", in quanto genere artistico in cui vivono inconciliabili contraddizioni di carattere estetico e filosofico. Forte è l'esortazione del filosofo al musicista Richard Wagner - al quale era dedicata l'opera - e ad altri non specificati artisti contemporanei affinché ritrovino e ridestino l'ebbrezza dionisiaca insita nella musica e su di essa, assieme al mito tragico, inaugurino una nuova epoca tragica:

(DE)

«Meine Freunde, ihr, die ihr an die dionysische Musik glaubt, ihr wisst auch, was für uns die Tragödie bedeutet. In ihr haben wir, wiedergeboren aus der Musik, den tragischen Mythus – und in ihm dürft ihr Alles hoffen und das Schmerzlichste vergessen! Das Schmerzlichste aber ist für uns alle - die lange Entwürdigung, unter der der deutsche Genius, entfremdet von Haus und Heimat, im Dienst tückischer Zwerge lebte. Ihr versteht das Wort - wie ihr auch, zum Schluß, meine Hoffnungen verstehen werdet.»

(IT)

«Amici miei, voi che credete nella musica dionisiaca, sapete anche che cosa significhi per noi la tragedia. In essa noi abbiamo, rinato dalla musica, il mito tragico – e in questo potete sperare tutto e dimenticare ciò che è più doloroso! Ma ciò che è più doloroso per tutti noi - il lungo degrado nel quale, lontano da casa e dalla sua patria, al servizio di perfidi nani, è vissuto il genio tedesco. Voi capite quello che dico, così come, infine, capirete le mie speranze.»

Fase illuministica modifica

Secondo Eugen Fink, che per primo ha parlato dell'"Illuminismo di Nietzsche"[47] questo percorso, che inizia con Umano, troppo umano (1878-1880), coincide con l'avvento della scrittura aforistica, e risulta caratterizzato dal ripudio dei vecchi maestri, come Schopenhauer e, in particolare, Wagner. Nietzsche rinnega la stima e l'amicizia personale con il musicista, di cui tanto aveva ammirato L'Anello del Nibelungo e il Tristano e Isotta, in quanto simboli dell'umana lotta nel tentativo di convivere con i propri impulsi annullandosi nella materia, al di fuori di qualsiasi concetto religioso. Ora lo accusa di essere diventato un tipico decadente, che con il Parsifal ricade nel più becero misticismo cristiano, quale ridicola rappresentazione di un mondo fasullo e immaginario.

In questo periodo, il filosofo abbandona la "metafisica dell'artista" (anche questa una definizione del sopracitato Fink), per privilegiare la scienza. Considererà l'arte come il residuo di una cultura mitica. Il redentore della cultura non sarà più l'artista o il genio (come invece pensava Wagner) ma il filosofo educato "alla scuola della scienza". Sarà illuminista,[48] nel senso che si troverà impegnato in un'opera di critica della cultura tramite la scienza, che egli ritiene sia un metodo di pensiero, piuttosto che un insieme di tutte le scienze particolari. Un metodo critico di tipo storico e genealogico, perché non esistono realtà immutabili e statiche, ma ogni cosa è l'esito di un processo che va ricostruito.

I concetti base di questo periodo sono lo spirito libero e la filosofia del mattino. Lo spirito libero si identifica con il viandante, cioè con colui che grazie alla scienza riesce a emanciparsi dalle tenebre del passato, inaugurando una filosofia del mattino che si basa sulla concezione della vita come transitorietà e come libero esperimento senza certezze precostituite.

Fase nichilistica modifica

«Ciò che non mi uccide, mi rende più forte.»

L'ultima fase è caratterizzata dai concetti più celebri della sua filosofia: nichilismo attivo, relativismo, oltreuomo, trasvalutazione dei valori, eterno ritorno e volontà di potenza.

Per quanto riguarda lo sviluppo del pensiero di Nietzsche, è stato osservato nella ricerca che, sebbene egli abbia trattato temi "nichilistici" (pessimismo, identificazione del nirvana con il nulla e il non-essere, come in Schopenhauer[49]) a partire dal 1869, l'uso concettuale del nichilismo ha avuto luogo per la prima volta in appunti manoscritti a metà del 1880. In questo periodo viene pubblicata un'opera allora popolare, Lo sviluppo del nichilismo di Karlowitz[50] che ricostruisce il cosiddetto "nichilismo russo" di stampo vagamente anarchico, sulla base dei resoconti dei giornali russi, opera che fu significativa per la terminologia di Nietzsche in generale.[51]

Contro Socrate, Platone e cristianesimo modifica

 
Sculture presso la tomba di Nietzsche a Röcken, rappresentanti il filosofo e sua madre; la lapide non è il sepolcro di Nietzsche (che si trova accanto al muro), ma parte del monumento commemorativo.

Riprendendo le sue precedenti idee, nella fase illuministica e poi nichilistica, il filosofo attacca platonismo e cristianesimo. Secondo Nietzsche la decadenza è il rifiuto dell'amore per la vita e della creatività, della spontaneità del vivere naturale e nello stesso tempo "tragico", dunque dello spirito dionisiaco. Per lui colui che per primo ha condizionato negativamente la civiltà occidentale verso questo annullamento della vita è stato Socrate: l'errore di Socrate è di aver sostituito alla vita il pensare alla vita e la conseguenza di ciò è il non-vivere.

Socrate ritiene che la ragione sia l'essenza dell'uomo e che le passioni, residuo di animalità, possano e debbano essere dominate. Per Socrate una vita fondata sulla ragione è una vita felice, mentre una vita dominata dalle passioni è destinata a dolorosi conflitti e turbamenti. Nietzsche sostiene che l'accettazione della condanna a morte per Socrate, che obbedisce alle leggi pur ritenendole ingiuste e, come riportato da Platone, ringrazia Asclepio dopo aver bevuto la cicuta dicendo ai discepoli che gli sono debitori di un gallo, rappresenta l'estrema affermazione degli errori del filosofo e del suo rifiuto dei valori vitali a favore della metafisica. Nietzsche ritiene infatti che Socrate ringrazi il dio della medicina per averlo guarito dalla malattia del vivere: «Queste ridicole e terribili "ultime parole" significano per chi ha orecchie: "O Critone, la vita è una malattia!"»[52]

Anche Platone ha indirizzato la vita verso un mondo astratto e irreale, e in questo processo di decadenza si inserisce poi il cristianesimo, "platonismo per il popolo". Quest'ultimo ha prodotto un modello di uomo malato e represso, in preda a continui sensi di colpa che avvelenano la sua esistenza, dettati dal motto cristiano del continuo pentimento e della richiesta implorata di salvezza e perdono.

«Al cristianesimo la malattia è necessaria, pressappoco come alla grecità è necessaria un’esuberanza di salute - rendere malati è la vera intenzione recondita dell'intero sistema procedurale della Chiesa per salvare se stessa [...] una religione che ha insegnato a fraintendere il corpo, che non vuole sbarazzarsi delle superstizioni dell'anima, che fa dell'insufficiente nutrimento un "merito", che nella salute combatte una specie di nemico, di diavolo, di tentazione, che vuole dare da intendere che si possa portare in giro un'"anima perfetta" in un cadavere di corpo.»

Perciò l'uomo cristiano, al di là della propria maschera di serenità, è psichicamente tormentato, nasconde dentro di sé un'aggressività rabbiosa contro la vita ed è animato da risentimento contro il prossimo. Nietzsche crea in questo periodo le metafore del guerriero e del sacerdote: il primo rappresenta il manifestarsi della volontà di potenza, il secondo invece, timoroso dei propri mezzi, costituisce il "sottomesso" che a una morale dei forti, antepone una morale dei deboli, facilmente accessibile, che costituisce la negazione vera e propria dell'incondizionata gioia di vivere.

Più che con la figura di Gesù (verso cui manifesta simpatia, considerandolo un "santo anarchico, sia pure un po' idiota", che se fosse vissuto a lungo avrebbe ritrattato la sua dottrina[53]) Nietzsche è polemico contro il Cristianesimo («la parola “cristianesimo” è un equivoco -, in fondo è esistito un solo cristiano e questi morì sulla croce. Il "Vangelo" morì sulla croce»[54], scrive) ideato da Paolo, in quanto religione dei «poveri di spirito», fondata sul risentimento e sulla cattiva coscienza.

«Si legga Lucrezio, per capire che cosa ha combattuto Epicuro: non il paganesimo, ma il "cristianesimo", intendo dire la corruzione delle anime per mezzo dei concetti di colpa, pena e immortalità. Egli combatteva i culti sotterranei, l'intero cristianesimo latente - negare l'immortalità allora era già una vera redenzione. Ed Epicuro avrebbe vinto, ogni spirito ragguardevole nell'impero romano era epicureo: in quella apparve Paolo. Paolo: l'odio dei Ciandala contro Roma, incarnato, fatto genio: il giudeo, l'eterno giudeo par excellence. Il cristianesimo come formula per superare – e per assommare – i culti sotterranei d'ogni sorta, quelli di Osiride, della grande Madre, di Mitra, per esempio: in questa intuizione sta il genio di Paolo.»

L'idiozia del Cristo, invece, non deve però caricarsi di una sola accezione negativa: "idiota" è l'individuo che non partecipa della collettività, del modus intellegendi condiviso, e sposta la sua attenzione verso la propria interiorità abbandonando la realtà: probabilmente un riferimento a L'idiota di Dostoevskij, scrittore cristiano a cui Nietzsche si sente legato per lo psicologismo, e al protagonista Myškin, che viene visto dall'autore russo come un Cristo moderno, un uomo ideale e "ingenuo", che finisce per impazzire.[55]

Il filosofo accusa però proprio la religione cristiana di creare questo equivoco e di essere uno pseudo-umanesimo, colpevole di «agire pietosamente verso tutti i malriusciti e i deboli»,[56] opponendosi alla vera filantropia e all'aggressività naturale della lotta per l'esistenza: «I deboli e i malriusciti devono perire, questo è il principio del nostro amore per gli uomini.»[57] Riguardo alla "salute", anche questo passo può essere interpretato e derivato dalla lettura dell'intellettuale russo, che scrive nel Diario di uno scrittore che il suo interesse per personaggi problematici deriva dal fatto "che moltissime persone sono malate appunto della loro salute, cioè di una smisurata sicurezza della propria normalità (...) Questi uomini pieni di salute non sono così sani come credono, ma, al contrario, sono molto malati e debbono curarsi"[58]. La vera salute è quindi l'opposto della salute intesa dai più. Nietzsche contesta soprattutto il fatto che «l'individuo fu considerato dal cristianesimo così importante, posto in modo così assoluto, che non lo si poté più sacrificare, ma la specie sussiste solo grazie a sacrifici umani».[59] Il filosofo deve comunque porsi come maestro verso chi può e vuole liberarsi dalla sua condizione approdando alla vera salute:

«Mite è Zarathustra con gli ammalati. In verità egli non s’irrita nè del modo con cui cercano di consolarsi nè della loro ingratitudine. Possano risanare, superare sè stessi, e crearsi un corpo più perfetto! E neppur s'adira Zarathustra col convalescente, che segue con trepida tenerezza la sua illusione ed a mezzanotte s'aggira intorno alla tomba del suo Dio: ma nelle lagrime di costui egli vede ancora l'indizio del corpo ammalato. E ammalati ve n’ebbe sempre di molti tra i poeti ed i cercatori di Dio: e tutti odiavano furiosamente chi aspirava alla conoscenza e quella più recente tra le virtù che ha nome sincerità. Guardarono sempre all’indietro, essi, verso tempi più oscuri [...]. Troppo bene conosco costoro che si credono simili a Dio: essi vogliono imporre la fede e chiamano il dubbio peccato. E per ciò ascoltano volentieri i predicatori della morte e predicano essi stessi i mondi soprannaturali. Ascoltate piuttosto, o miei fratelli, la voce del corpo ridonato alla salute: è questa una voce più sincera e più pura. Più sinceramente e puramente parla il corpo sano, il corpo saldo, perfetto: egli vi parla del senso della terra.[60]»

Ribaltando le gerarchie di valori (anche con l'esempio dell'alto albero le cui radici scavano però nella profondità) afferma anche che «"L'uomo è cattivo", così parlano con mio conforto i più saggi. Ah se fosse pur vero anche oggi! Giacché il male è la migliore energia dell'uomo».[61] Specifica anche sempre ne L'anticristo che «il pathos aggressivo appartiene necessariamente alla Forza, tanto quanto il sentimento di vendetta e il ressentiment appartiene alla debolezza». Al forte appartengono anche il "pathos della distanza" (nozione introdotta in Al di là del bene e del male) della casta "aristocratica" e l'intelletto, mentre il contrario, l'uguaglianza anti-gerarchica tra diversi e l'assenza di intelletto, è ciò che rende debole e malriuscito un individuo, nonché suddito del padrone. La vittoria della morale degli "schiavi ringhianti" mascherata da compassione universale, democrazia e diritti umani, secondo Nietzsche, ha rovesciato i valori tradizionali di bellezza e nobiltà sostituendoli con la venerazione della debolezza e della miseria.[62]

«Nessuno oggi ha più il coraggio di vantare diritti particolari, diritti di supremazia, un sentimento di rispetto dinanzi a sé e ai suoi pari – un pathos della distanza... La nostra politica è malata di questa mancanza di coraggio! – L'aristocraticità del modo di sentire venne scalzata dalle più sotterranee fondamenta mercé questa menzogna dell'eguaglianza delle anime; e se la credenza nel «privilegio del maggior numero» fa e farà rivoluzioni, – è il cristianesimo, non dubitiamone, sono gli apprezzamenti cristiani di valore quel che ogni rivoluzione ha semplicemente tradotto nel sangue e nel crimine!»

Queste nozioni di tipo tradizionalista-aristocratico, assieme a quella più ribelle e individualista dell'oltreuomo e alla volontà di potenza verranno distorte poi dal nazionalsocialismo, specialmente con lo sviluppo della teoria della razza superiore e con l'eugenetica nazista (Nietzsche, pur avversando la mentalità del "giudeo", respinge l'antisemitismo).

Nonostante questo, Nietzsche dichiara relativi e falsi i concetti di bene e male, che dovranno essere superati, in quanto «quel che si fa per amore, è sempre al di là del bene e del male.»[63] Sempre nelle ultime opere, descrive il cristianesimo come la religione della decadenza ("decadénce"), così come il buddhismo, che al contempo (a differenza del primo) ammira in quanto non lotta contro il peccato ma contro il dolore.

«Indipendentemente dal fatto che sono un decadente, sono anche il suo contrario

Le pagine finali di L'Anticristo sono un durissimo e sarcastico attacco a questa religione, la cosiddetta "legge contro il cristianesimo", definito un vizio ("Il cristianesimo diede da bere del veleno ad Eros. Costui non ne morì, ma degenerò in vizio", scrive altrove).

«Data nel dì della salute, nel primo giorno dell'anno uno (– il 30 settembre 1888 della falsa cronologia)
Guerra mortale contro il vizio: il vizio è il Cristianesimo

Prima proposizione. – Viziosa è ogni specie di contronatura. La più viziosa specie d'uomo è il prete: egli insegna la contronatura. Contro il prete non si hanno motivi, si ha la prigione.
Seconda proposizione. – Partecipare ad un ufficio divino è un attentato alla pubblica moralità. Si deve essere più severi contro i protestanti che contro i cattolici, più severi contro i protestanti liberali che contro quelli di stretta osservanza. Il delittuoso dell'essere cristiani cresce vieppiù ci si avvicini alla scienza. Il criminale dei criminali è quindi il filosofo.
Terza proposizione. – Il luogo esecrando in cui il Cristianesimo ha covato le sue uova di basilisco sia distrutto pietra su pietra e sia il terrore di tutta la posterità quale luogo abominevole della terra. Su di esso si allevino serpenti velenosi.
Quarta proposizione. – La predicazione della castità è istigazione pubblica alla contronatura. Ogni disprezzo della vita sessuale, ogni contaminazione della medesima mediante la nozione di «impurità» è vero e proprio peccato contro il sacro spirito della vita.
Quinta proposizione. – Chi mangia allo stesso tavolo con un prete sia proscritto: con ciò egli si scomunica dalla retta società. Il prete è il nostro Ciandala – lo si deve mettere al bando, affamare, menare in ogni specie di deserto.
Sesta proposizione. – Si chiami la storia «sacra» sia chiamata col nome che merita in quanto storia maledetta; le parole «Dio», «salvatore», «redentore», «santo» siano usate come oltraggi, come epiteti da criminali.
Settima proposizione. – Il resto è conseguenza.
L'Anticristo»

In Così parlò Zarathustra Nietzsche dichiara nel prologo la sua avversione al trascendente:

(DE)

«Ich beschwöre euch, meine Brüder, bleibt der Erde treu und glaubt Denen nicht, welche euch von überirdischen Hoffnungen reden! Giftmischer sind es, ob sie es wissen oder nicht. Verächter des Lebens sind es, Absterbende und selber Vergiftete, deren die Erde müde ist: so mögen sie dahinfahren!»

(IT)

«Vi scongiuro, fratelli, restate fedeli alla terra e non credete a quelli che vi parlano di sovraterrene speranze! Essi sono degli avvelenatori, che lo sappiano o no. Sono spregiatori della vita, moribondi ed essi stessi avvelenati, dei quali la terra è stanca: se ne vadano pure!»

Da ciò la proposta di Nietzsche di una trasmutazione o inversione dei valori. Si proclama egli stesso il "primo immoralista" della storia; egli non intende tuttavia proporre l'abolizione di ogni valore o l'affermazione di un tipo di uomo in preda al gioco sfrenato degli istinti[64], ma contrappone ai valori antivitali della morale pessimistica tradizionale una nuova tavola di valori a misura del carattere terreno dell'uomo.[65] Per Nietzsche l'uomo è nato per vivere sulla Terra, la sua esistenza è interamente corpo, realtà sensibile. Infatti Zarathustra afferma: io sono corpo tutto intero e nient'altro.[66] L'anima, secondo Nietzsche, è solo un'immagine metaforica e semplicistica della ricchissima varietà di desideri, inclinazioni e sensazioni che attraversano il corpo in ogni istante: questa rivendicazione della natura terrestre dell'uomo è implicita nell'accettazione totale della vita che è propria dello spirito dionisiaco e dell'immagine dell'oltreuomo. La Terra non è più l'esilio e il deserto dell'uomo, ma la sua dimora gioiosa.

Morte di Dio modifica

 
Friedrich Nietzsche, disegno di Hans Olde, da serie di fotografie dello stesso autore (1899)
  Lo stesso argomento in dettaglio: Dio è morto.
(DE)

«Gott ist tot! Gott bleibt tot! Und wir haben ihn getötet![67][68]»

(IT)

«Dio è morto! Dio resta morto! E lo abbiamo ucciso noi!»

L'affermazione della libertà e della spontaneità presuppone il superamento dei condizionamenti, delle regole, degli obblighi derivanti dalle credenze religiose o comunque dal riferimento a entità metafisiche. Ma comporta anche una conseguenza che pochi hanno la forza sufficiente per affrontare: assumersi la piena e definitiva responsabilità di ogni decisione, di ogni azione. Ogni comportamento è soggetto a una decisione individuale in quanto non esistono più valori trascendenti sui quali appiattirsi in modo conformistico.[69] I contemporanei di Nietzsche dimostrano in mille circostanze di non essere più guidati dalla fede come poteva accadere agli uomini del Medioevo ma, per non essere obbligati ad affrontare le proprie responsabilità, non vogliono riconoscerlo neppure di fronte a sé stessi.

Celebre è la figura dell'"uomo folle"[70][71] ("der tolle Mensch"), prefigurazione dell'Oltreuomo, ne La gaia scienza, che gira in pieno giorno con una lanterna accesa, urlando "Cerco Dio!", attirandosi così lo scherno dei presenti (si tratta di una parodia del famoso episodio in cui il filosofo cinico Diogene di Sinope cerca l'uomo, narrato da Diogene Laerzio). Alla richiesta di spiegazioni l'uomo afferma che Dio è morto, ovvero che nessuno crede più veramente. Ma nell'atto stesso di compiere questa affermazione si trova di fronte allo scetticismo e all'indifferenza, quando non alla derisione.[70] Egli stesso si definisce come il "testimone" di un omicidio compiuto dall'intera umanità. E allora: "Vengo troppo presto" egli ammette, poiché gli uomini non sono ancora pronti ad accettare questo cambiamento epocale. I valori tradizionali sono sempre più pallidi («non è il nostro un eterno precipitare? E all'indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? (...) Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? – Non si è fatto piú freddo? Non seguita a venire notte, sempre più notte?») sempre più estranei alla coscienza, ma i nuovi valori, quelli della gioiosa accettazione della vita e della fedeltà alla terra, sono ancora al di là dell'orizzonte: "Questo enorme evento è ancora per strada e sta facendo il suo cammino", ma come l'uomo ha annunciato "anche gli dèi si decompongono" e le stesse chiese non sono altro che "le fosse e i sepolcri di Dio".[70]

L'annuncio della morte di Dio ha una straordinaria efficacia retorica e forse anche per questo non è stato sempre compreso a fondo: taluni interpreti si sono limitati a leggerlo come l'ennesimo attacco al Cristianesimo e non ne hanno percepito la profondità e la complessità. Infatti Nietzsche con questa affermazione intende annunciare la fine di ogni realtà trascendente, indipendentemente dal culto che predichi tale realtà. Egli considera ciò come il compimento di un processo nichilistico necessario, le cui radici si ritrovano nell'atto di omissione e di oblio del dionisiaco, che ha consentito all'apollineo, nel corso della secolarizzazione, di trovare modelli metafisici ragionevoli, capaci di giustificare il "senso dell'essere", ma che prima o poi, secondo l'autore tedesco, avrebbero dovuto fare i conti con la vera essenza vitale della natura umana, quale, appunto, il dionisiaco, ossia ciò che lega alla terra e alla vita.

Nietzsche è anche considerato, e non senza buoni motivi, come uno dei precursori dell'esistenzialismo ateo moderno per alcuni elementi etici che lo anticipano, per quanto questo si caratterizzi per aspetti di pessimismo esistenziale che in Nietzsche sono in gran parte assenti.

Oltreuomo e volontà di potenza modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Oltreuomo e Volontà di potenza.
(DE)

«Man muss noch Chaos in sich haben, um einen tanzenden Stern gebären zu können.»

(IT)

«Bisogna avere ancora il caos dentro di sé per generare una stella danzante.»

Nietzsche propugna dunque l'avvento di un nuovo tipo di uomo, libero dalle dottrine di metafisica platonico-cristiana e di moralità plebea socratica, il quale vive come si nota similmente ad un nobile greco, individualista e capace di liberarsi dai pregiudizi e dai vecchi schemi, di smascherare con il metodo genealogico l'origine umana troppo umana dei valori, nonché di farsi consapevolmente creatore di valori nuovi: l'oltreuomo. Non sarebbe corretto definire un uomo del genere superuomo: super indica sopra, quindi "super-uomo" vuol dire "colui che è sopra gli uomini" e li schiaccia.[72] Secondo l'interpretazione di Gianni Vattimo, introdotta nel suo testo Il soggetto e la maschera, il termine oltre-uomo, ovvero colui che ha superato l'uomo ed è andato oltre la sua condizione, rispecchia molto meglio la visione di Nietzsche. Inoltre, oltre-uomo sarebbe la traduzione letterale del tedesco Übermensch, mentre super-uomo dovrebbe essere tradotto come Oben-Mensch.[73]

 
La pietra alla memoria di Nietzsche presso il lago di Sils, Sils-Maria, alta Engadina; durante una visita in questo luogo e al vicino lago di Silvaplana, secondo il suo racconto, ebbe l'intuizione dell'eterno ritorno dopo l'esperienza "mistica" vissuta «all'inizio dell'agosto 1881 [...] 6000 piedi sopra il mare e molto più in alto di tutte le faccende umane.»
  Lo stesso argomento in dettaglio: § Nietzsche e la politica.

L'oltreuomo, secondo la comune interpretazione (Vattimo, Colli, Montinari), non schiaccia invece gli altri ma procede al di là delle convenzioni e dei pregiudizi che attanagliano l'uomo. Esso ha dei valori differenti da quelli della massa degli uomini, quella massa che ha aderito alla filosofia dei sacerdoti e degli imbonitori per farsi schiava di essi. Egli solo è in grado di non sostituire ai vecchi idoli quelli nuovi, ma fondare il nuovo mondo, e l'uomo attuale non è altro che "una corda tesa tra la scimmia e l'oltreuomo" stesso, secondo le parole di Nietzsche.[72] Nei frammenti confluiti nella Volontà di potenza Nietzsche afferma che ciò che lui racconta "è la storia dei prossimi due secoli. Io descrivo ciò che viene, ciò che non può fare a meno di venire: l'avvento del nichilismo. Questa storia può già ora essere raccontata".[74] L'oltreuomo è colui che ha compreso che è lui stesso a dare significato alla vita e fa sua la cosiddetta "morale aristocratica" che "dice sì" alla vita e al mondo.[72] Egli non conosce bene e male, è al di là di essi, anche ciò che è negativo per gli uomini normali per lui diventa un male minore a volte pur necessario; anche i mali sono necessari: Zarathustra fa l'esempio del fare la guerra o delle "passioni" come calunnia, invidia, diffidenza, che solo l'oltreuomo può sopportare e trasformare in virtù.[75] Più nulla che è considerato "male" scaturisce fuori dall'interno: "l'uomo è qualcosa che deve essere superato. Per questo devi amare le tue virtù: perché perirai per causa loro", in seguito all'invidia e alla gelosia prodotte e scagliate contro l'uomo superiore dagli altri umani, gli ultimi uomini. Essi provano infatti ressentiment: esso è uno dei frutti della morale degli schiavi ovvero del moralismo cristiano che incapace di assurgere alle vette del superuomo si piega ed esalta i valori dell'umiltà e della rinuncia predicati dall'altruismo e dall'egualitarismo cristiano da cui si generano sentimenti di odio.

«Dove realmente l'uguaglianza è penetrata ed è durevolmente fondata, nasce quell'inclinazione, considerata in complesso immorale, che nello stato di natura sarebbe difficilmente comprensibile: l'invidia. L'invidioso, quando avverte ogni innalzamento sociale di un altro al di sopra della misura comune, lo vuole riabbassare fino ad essa. Esso pretende che quell'uguaglianza che l'uomo riconosce, venga poi anche riconosciuta dalla natura e dal caso. E per ciò si adira che agli uguali le cose non vadano in modo uguale.»

Con l'amicizia dionisiaca, caratterizzata dal sano naturale egoismo non ci sono più risentimento e incomprensione. L'oltreuomo conosce e supera il senso tragico della vita trasformandolo in gioia e piacere, da qui l'ammirazione di Nietzsche sia per la tragedia greca (in particolare Eschilo), quale mezzo educativo all'eroica tragicità della vita, sia per il prometeico istinto dell'uomo rinascimentale (l'"uomo universale" o il condottiero spregiudicato) che nella sua completezza teorica e pratica sapeva tendere oltre l'"umano troppo umano"; con una magnificenza creatrice, culturale e politica, che quell'impulso vitale, "al di là del bene e del male", comporta. Per lui, e ai suoi tempi, quest'uomo era ancora stato incarnato recentemente, in particolare, da Napoleone e Goethe.[72] L'oltreuomo è discepolo di Dioniso poiché accetta la vita in tutte le sue manifestazioni, nel piacere del divenire inteso come alternanza di vita e morte, gioia e dolore: «La vita è una sorgente di piacere: ma per colui nel quale parla lo stomaco guasto, padre dell'afflizione, tutte le fonti sono avvelenate»[76], così "dove beve anche la plebe".[77]

«Poiché prevedo che fra breve dovrò presentarmi all'umanità col più grave problema che le sia mai stato posto, mi pare indispensabile dire chi sono. [...] Io non sono affatto un orco, un mostro di immoralità: sono il contrario di quella specie d'uomo che finora è stata onorata come virtuosa. [...] Sono un discepolo del filosofo Dioniso, preferirei essere un satiro piuttosto che un santo. [...] L'ultima cosa che io mi sognerei di promettere sarebbe di migliorare l'umanità. Io non innalzo nuovi idoli; gli antichi forse potrebbero imparare da me che cosa significhi avere i piedi d'argilla. Rovesciare gli idoli - così io chiamo gli ideali - ecco il mio compito. [...] Chi sa respirare l'aria che circola nei miei scritti, sa che è l'aria delle grandi altezze, che è un'aria fine. [...] La filosofia nel senso in cui finora l'ho interpretata e vissuta io, è libera vita tra i ghiacci, in alta montagna, è la ricerca di tutto ciò che vi è di strano e di enigmatico nell'esistenza, di tutto ciò che finora era inibito dalla morale.»

L'oltreuomo affronta la vita con "pessimismo coraggioso", unisce il fatalismo (amor fati) alla fiducia e si è liberato dai logori concetti del bene e del male attraverso un'elitaria indifferenza a valori etici che considera morti. Per l'oltreuomo ogni istante è il centro del suo tempo di cui è sempre protagonista. L'eterno ritorno, cioè l'eterna ripetizione, è la dottrina che Nietzsche mette a capo della nuova concezione del mondo e dell'agire umano. Per Nietzsche ogni momento del tempo, cioè l'attimo presente, va vissuto in modo spontaneo, senza continuità con passato e futuro, perché passato e futuro sono illusori: infatti ogni momento si ripete identico nel passato e nel futuro, come un dado che, lanciato all'infinito (poiché il tempo è infinito), darà un numero infinito di volte gli stessi numeri, in quanto le sue scelte sono un numero finito. Il vero oltreuomo è, in conclusione, colui che danza - non più in catene - liberamente e con leggiadria; è il risvegliato del corpo, lo spirito libero tout court.[72]

Eterno ritorno modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Eterno ritorno.
 
L'Uroboro, il serpente che si morde la coda, simbolo esoterico della ciclicità del tempo. Un chiaro riferimento a questo simbolo è il "serpente" di cui scrive Nietzsche in Così parlò Zarathustra: «Un'aquila volteggiava in larghi circoli per l'aria, ad essa era appeso un serpente, non come una preda, ma come un amico: le stava infatti inanellato al collo» [L'aquila è l'oltreuomo per il quale il tempo come "eterno ritorno" non è un ostacolo alla sua volontà di potenza che domina il tempo. (N.d.R.)][78]

«Che accadrebbe se un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: “Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione [...]. L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!". Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: "Tu sei un dio e mai intesi cosa più divina"?.[79]»

Nietzsche elabora un suo modo di intendere il tempo liberandolo dal trascendente e quindi dalla fiducia nell'avvenire. In Così parlò Zarathustra (nel capitolo Della visione e dell'enigma, §2), Zarathustra (protagonista dell'opera) racconta di aver avuto una visione mentre scalava un monte. L'eterno ritorno dell'uguale, più spesso detto soltanto eterno ritorno, significa che l'universo rinasce e rimuore in base a cicli temporali fissati e necessari, ripetendo eternamente un certo corso e rimanendo sempre sé stesso.

In senso più specifico, l'eterno ritorno è uno dei capisaldi della filosofia di Friedrich Nietzsche. Il ragionamento che sta dietro al semplice – ma spesso incompreso – concetto di Nietzsche è il seguente: in un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione si ripeterà necessariamente infinite volte.[80] Ad esempio, tirando infinite volte tre dadi a sei facce, ognuna delle 216 combinazioni comparirà infinite volte. Mentre è spiegato in termini poetici ne La gaia scienza e Così parlò Zarathustra, egli lo spiega in termini quasi scientifici nei Frammenti postumi, e questa formulazione ha affascinato molti fisici e matematici successivi:[81][82][83][84][85]

«La misura della forza del cosmo è determinata, non è "infinita": guardiamoci da questi eccessi del concetto! Conseguentemente, il numero delle posizioni, dei mutamenti, delle combinazioni e degli sviluppi di questa forza è certamente immane e in sostanza "non misurabile"; ma in ogni caso è anche determinato e non infinito. È vero che il tempo nel quale il cosmo esercita la sua forza è infinito, cioè la forza è eternamente uguale ed eternamente attiva: fino a questo attimo, è già trascorsa un’infinità, cioè tutti i possibili sviluppi debbono già essere esistiti. Conseguentemente, lo sviluppo momentaneo deve essere una ripetizione, e così quello che lo ha generato e quello che da esso nasce, e così via: in avanti e all’indietro! Tutto è esistito innumerevoli volte, in quanto la condizione complessiva di tutte le forze ritorna sempre. Se mai, a parte ciò, sia esistito qualcosa di uguale, è assolutamente indimostrabile. Sembra che la situazione complessiva plasmi di nuovo, fin nei minimi particolari, le qualità, talché due diverse situazioni complessive non possono avere nulla di uguale. In una situazione complessiva, può esservi qualcosa di uguale, per esempio due foglie? Ne dubito: ciò presupporrebbe che esse avessero una nascita assolutamente uguale, e con ciò dovremmo supporre che, indietro, fino a tutta l'eternità, vi sia stato qualcosa di uguale, nonostante tutti i mutamenti delle situazioni complessive, e la creazione di nuove qualità - ipotesi impossibile!»

L'eterno ritorno nello Zarathustra modifica
 
Nietzsche nel 1875

«Ecco, tu [Zarathustra] sei il maestro dell'eterno ritorno [....] Vedi, noi sappiamo ciò che tu insegni: che tutte le cose eternamente ritornano e noi con esse, e che noi siamo stati già, eterne volte, e tutte le cose con noi. Tu insegni che vi è un grande anno del divenire, un'immensità di anno grande: esso, come una clessidra, deve sempre di nuovo rovesciarsi, per potere sempre di nuovo scorrere, e finire di scorrere ("...damit es von neuem ablaufe und auslaufe").»

Nel capitolo dello Zarathustra intitolato La visione e l'enigma, Nietzsche introduce sotto forma di mito poetico e simbolico il pensiero dell'eterno ritorno dell'uguale (già evocato nel capitolo Della redenzione, allorché Zarathustra si rifiuta di enunciare ciò che insegna alla volontà, ossia il volere a ritroso),[N 8] attraverso il dialogo tra il profeta e il nano, personificazione dello spirito di gravità: «Tutte le cose diritte mentono. Ogni verità è ricurva, il tempo stesso è un circolo» è l'opinione del nano. Questa prima interpretazione è però giudicata come troppo superficiale («Tu, spirito di gravità! – replica infatti Zarathustra – non prendere la cosa troppo alla leggera!»)[89] e portatrice di una generica professione di fede nella circolarità e insensatezza del tutto (nichilismo passivo)[90]. Nella seconda parte però, Zarathustra espone la sua controinterpretazione della visione della "porta carraia" - dalla quale si dipartono le due "strade infinite", quella del passato e quella del futuro - che aggiunge caratteri essenziali alla prima interpretazione del nano. La novità di questa controinterpretazione consiste nel fatto che Zarathustra va a fondo e tocca l'argomento decisivo che pone il punto di svolta dal nichilismo passivo al nichilismo attivo.[90] Non solo tutto ciò che diviene deve essere già stato vissuto, ma soprattutto la porta stessa, l'attimo presente, deve già essere stata in passato. Si è dunque raggiunto il piano di passaggio dal nichilismo passivo al nichilismo attivo, quindi dall'eterno ritorno come pensiero paralizzante, all'eterno ritorno come liberazione dal simbolico (viene confutata in parte la prima interpretazione del nano). L'attimo è compreso nell'eterno circolo di passato e futuro.

Successivamente, Zarathustra è come ridestato dall'ululato di un cane che gli permette di cambiare scena. Egli vede il cane quasi chiedere aiuto vicino a un pastore, che è come soffocato da un serpente, la cui testa esce dalla sua bocca. Il serpente, nello specifico, indica l'eterno ritorno ed è come se il pastore fosse soffocato da questa concezione dell'eterno circolo del tempo. Un gesto fondamentale, fa tornare il sorriso sulle sue labbra, ormai non più sofferenti, del pastore ("mai prima al mondo aveva riso un uomo, come lui rise!"): questi infatti aveva morso e staccato la testa al serpente, indicando così allegoricamente l'accettazione dell'eterno ritorno. È importante sottolineare come l'accettazione dell'eterno ritorno sia dovuta a una decisione del pastore: se questi non avesse mai morso la testa al serpente, non sarebbe mai stato in grado di accettarlo e di istituirlo. Vi è quindi un attimo in cui il pastore istituisce, cioè vuole, il ripetersi eterno della vita e dell'istante.[N 9]

Solo se l'attimo che l'uomo vive è immenso, cioè ingloba in sé tutto il suo significato, si può volerlo sempre di nuovo. L'uomo che può volere l'eterno ritorno è un uomo felice, a cui la vita dà attimi “immensi”, come testimonianza piena di esistenza e significato. In quest'opera è possibile vedere il ruolo di Nietzsche come "difensore" di un tempo qualitativo, qualificato nella sua densità dai contenuti vissuti. Famosa la definizione dell'"imperativo categorico" di Nietzsche: "vivere in modo da poter desiderare di rivivere questa stessa vita in ripetizione eterna".[91] Correlata alla tematica dell'eterno ritorno e quindi al principio del movimento è la trasvalutazione dei valori che da alcuni è stata intesa come capovolgimento dei valori.

Il capovolgimento reca in sé l'affermazione di un valore ulteriore. Mentre la trasvalutazione è legata al fluire del valore stesso senza preminenza di alcuno in particolare, e quindi al superamento del valore. Riprendendo Nietzsche quando parla di Eraclito, l'unico filosofo a cui si sente legato, afferma che il movimento reca in sé la possibilità dell'annientamento. Tradotto in termini filosofici e legato questo concetto a quello caro a Nietzsche della trasvalutazione, non vi può essere una morale né un valore assoluto ma valori istintuali che si annientano nel movimento. Se non fosse così si considererebbe Nietzsche un moralista o un idealista.

L'amor fati modifica

La caratteristica principale dell'oltreuomo è proprio la piena accettazione che la vita non ha senso logico, si ripete ed è casuale, ma nonostante ciò egli la desidera in qualunque aspetto si presenti.[72]

«Lo stato più alto che un filosofo possa raggiungere è la posizione dionisiaca verso l'esistenza: la mia formula perciò è amor fati. [...] A tal fine occorre comprendere i lati finora negati dell'esistenza non solo come necessari bensì come desiderabili... per sé stessi come i lati più fecondi, più potenti, più veri dell'esistenza, in cui la volontà di essi si esprime più chiaramente [...] Ho scoperto come un altro e più forte tipo d'uomo debba necessariamente escogitare l'innalzamento e il potenziamento dell'uomo in un'altra direzione: esseri superiori, al di là del bene e del male... la mia formula per la grandezza dell'uomo è amor fati: non volere nulla di diverso, né dietro né davanti a sé, per tutta l'eternità.»

«Voglio imparare sempre di più a vedere come bello ciò che è necessario nelle cose; allora io sarò uno di quelli che fanno le cose belle. Amor fati: lasciate che sia il mio amore d'ora in poi! Non voglio fare la guerra contro ciò che è brutto. Non voglio accusare; io non voglio nemmeno accusare chi accusa. Guardare lontano sarà la mia unica negazione. E tutto in tutto e su tutto: un giorno desidero essere solo uno che dice sempre di sì.»

La trasvalutazione dei valori modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Trasvalutazione dei valori.

«Sono giunto alla conclusione ed esprimo il mio giudizio. Io condanno il cristianesimo, levo contro la chiesa cristiana la più tremenda di tutte le accuse che siano mai state sulla lingua di un accusatore. Essa è per me la massima di tutte le corruzioni immaginabili; essa ha avuto la volontà dell'estrema corruzione possibile. La chiesa cristiana non lasciò nulla di intatto nel suo pervertimento, essa ha fatto di ogni valore un disvalore, di ogni verità una menzogna, di ogni onestà un'abiezione dell'anima. [...] E noi computiamo il tempo di quel dies nefastus con cui ebbe inizio questa fatalità - dal primo giorno del cristianesimo! E perché non invece dal suo ultimo giorno? - da oggi? Trasvalutazione di tutti i valori!...»

La trasvalutazione dei valori è un'esigenza che riguarda sia l'ambito della morale (relativismo etico o meglio prospettivismo, vedere anche il rapporto di Nietzsche col positivismo e il "fatto", legato al concetto della volontà di potenza), sia tutti quei principi della conoscenza in cui l'uomo ha finora creduto come se fossero verità oggettive. Le intuizioni e le idee nascono da una particolare prospettiva. Questo significa che esistono molti possibili schemi concettuali, o prospettive in cui può essere formulato un giudizio di verità o di valore. Ciò equivale a dichiarare che non esiste un modo di vedere il mondo che sia "veritiero", ma non significa necessariamente che tutte le prospettive siano egualmente valide.

Il prospettivismo nietzschiano nega che un oggettivismo di tipo metafisico sia qualcosa di possibile e afferma che non ci sono valutazioni oggettive in grado di trascendere una qualsiasi formazione culturale o le designazioni soggettive. Questo significa che non ci sono fatti oggettivi e che non è possibile la comprensione o la conoscenza di una cosa in sé. La verità viene così intesa come una totalità derivata dall'incorporazione dei differenti punti di vista. La verità viene fatta "da" e "per" l'individuo e la società.

«Molte cose che questo popolo approva, sono per un altro un'onta ed una vergogna: questo io ho trovato. Molte cose che qui erano chiamate cattive, le ho trovate là ammantate di porpora.»

Il punto di vista di Nietzsche differisce secondo alcuni enormemente dai vari tipi o correnti del relativismo, che considerano la verità di una particolare proposizione logica come qualcosa che complessivamente non può essere valutata in relazione ad una "verità assoluta", a prescindere dalla cultura e dal contesto nel quale le prospettive nascono e si incrementano. Pur riconoscendo diverse correnti di pensiero come erronee o fuorvianti, Nietzsche ritiene che sia stato utile esservici precedentemente riconosciuti, poiché un tempo hanno svolto un ruolo efficace al fine di accrescere la volontà di potenza. È il positivismo che ha preteso di assegnare ai fatti studiati dalla scienza valutazioni oggettive in grado di trascendere la formazione culturale o le credenze soggettive. In realtà non ci sono fatti oggettivi e non è possibile la comprensione o la conoscenza di una cosa in sé. Non esiste l'assolutismo gnoseologico o etico, e occorre pertanto una costante trasvalutazione dei valori filosofici, scientifici ecc. secondo le prospettive individuali.

«Se io formulo la definizione del mammifero, e in seguito vedendo un cammello, dichiaro: 'ecco un mammifero' in tal caso viene portata alla luce senza dubbio una verità, ma quest’ultima ha un valore limitato, a mio avviso; è completamente antropomorfica e non contiene neppure un solo elemento che sia "vero in sé" reale ed universalmente valido, a prescindere dall'uomo»

La verità, fatta "da" e "per" l'individuo e la società, è quindi una totalità che ha incorporato, per trarne vantaggio, differenti punti di vista e prospettive:

«Che cos'è dunque la verità? Un esercito mobile di metafore, metonimie, antropomorfismi, in breve una somma di relazioni umane che sono state sublimate, tradotte, abbellite, poeticamente e retoricamente, e che dopo un lungo uso sembrano a un popolo solide, canoniche e vincolanti: le verità sono illusioni delle quali si è dimenticato che appunto non sono che illusioni (...)[94]

Nietzsche si rifà anche alla morale pagano-romana per trasvalutare i valori in senso anti-cristiano e antipositivista:

«Devo aggiungere che in tutto il Nuovo Testamento emerge appena una sola figura a cui si debba rendere onore? Pilato il governatore romano. Prendere sul serio un affare tra Ebrei – è qualcosa di cui non riesce a rendersi conto. Un ebreo di più o di meno – che importa?... La nobile ironia di un romano al cui cospetto vien fatto un abuso spudorato della parola "verità", ha arricchito il Nuovo Testamento dell'unica parola che abbia valore – che è la critica, l'annientamento stesso di quello: "che cos'è la verità?

Dal cristianesimo Nietzsche vede derivare quelli che lui considera mali politici, la democrazia di massa e il socialismo.

«Il veleno della dottrina dei «diritti uguali per tutti» – è stato diffuso dal cristianesimo nel modo più sistematico; procedendo dagli angoli più segreti degli istinti cattivi, il cristianesimo ha fatto una guerra mortale ad ogni senso di venerazione e di distanza fra uomo e uomo, cioè al presupposto di ogni elevazione, di ogni sviluppo della cultura – con il risentimento delle masse si è fabbricato la sua arma principale contro di noi, contro tutto quanto v'è di nobile, di lieto, di magnanimo sulla terra, contro la nostra felicità sulla terra … Concedere l'«immortalità» a ogni Pietro e Paolo, è stato fino a oggi il più grande e il più maligno attentato all'umanità nobile. [...] Gli ebrei hanno raggiunto quel miracolo di inversione di valori, grazie al quale la vita sulla terra ha, per un paio di millenni, acquistato un fascino nuovo e pericoloso. I loro profeti fusero il ricco, senza dio, malvagio, violento, sensuale in un unico concetto e furono i primi a coniare la parola mondo come un termine di infamia. È questa l'inversione di valori (con cui è coinvolto l'impiego della parola povero come sinonimo di santo ed amico) che risiede nel significato del popolo ebraico. Con loro si inizia la rivolta degli schiavi nella moralità.[96]»

In alcune delle ultime pagine dell'Ecce homo, l'ultima opera di Nietzsche terminata pochi mesi prima del crollo, citando ancora Voltaire attacca ancora questa inversione dei valori: «e tutto ciò fu creduto, sotto il nome di Morale! — «Écrasez l’infâme». (...) Sono stato compreso? — Dioniso contro il Crocifisso...», concludendo che bisogna quindi effettuare una scelta decisa se stare col cristianesimo e il nichilismo passivo o col dionisiaco e il nichilismo attivo creatore di nuovi valori.[97][98]

Complessità del pensiero modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Influenza e fortuna del pensiero di Nietzsche e Oltreuomo.
 
Francobollo commemorativo tedesco emesso per il 110º anniversario della morte di Nietzsche

La particolarità del pensiero di Nietzsche, la sua unicità, ha sempre generato nella critica degli interrogativi. Una delle domande che ci si è posti nella storia della critica a Nietzsche è la considerazione su qual è il "vero" Nietzsche ovvero quale fosse il suo reale intento e cosa volesse comunicare nelle sue opere ovvero quanto di ciò che ha lasciato è filtrabile in maniera lucida separandolo dalla parabola discendente della sua malattia mentale.[99]

La sua filosofia, infatti, è in bilico tra la negazione totale della cultura e del pensiero occidentale (si veda la sua critica al razionalismo, importantissimo nella filosofia occidentale) e la creazione di un nuovo sistema di valori, incentrati sulla figura dell'Oltreuomo, sull'eterno ritorno e sulla volontà di potenza. Nietzsche, infatti, voleva senza dubbio eliminare il campo da ogni "mito", che appartenesse alla morale religiosa (da lui definita "morale dei vinti") o alla filosofia, con i miti laici di progresso, razionalismo, positivismo e idealismo. Tuttavia è lecito domandarsi se questa volontà distruttrice dei valori sia solo fine a sé stessa, frutto di un orientamento nichilista, ossia la base necessaria da cui far partire la creazione di un nuovo sistema di valori.

La filosofia di Nietzsche propone notevoli spunti di riflessione, che in parte spiegano la difficoltà di quest'autore di essere pienamente compreso nel suo tempo, nell'Ottocento, e la sua successiva riscoperta nel XX secolo. È il caso di ricordare che il Novecento vede l'arrivo alla ribalta di un esistenzialismo molto lontano da quello di Kierkegaard e che per molti aspetti Nietzsche è un anti-Kierkegaard in aperta concorrenza con la sua visione del mondo. Lo "scacco" kierkegaardiano per Nietzsche diventa il pretesto per una via a una vittoria sul destino di cui l'Oltreuomo si fa profeta.

Il pensiero di Nietzsche, se da un lato è la negazione di quelle correnti di pensiero basate sull'ottimismo metafisico e deterministico dell'idealismo hegeliano è anche contro l'ottimismo scientistico. Di esso era portatore il positivismo, con la sua idea di continuità del progresso. Incentrato il primo sul "tutto è bene" perché "così deve andare" necessariamente, l'ideale di progresso del secondo gli suona ingenuo e falso.

Sotto un altro punto di vista, per quanto Il mondo come volontà e rappresentazione sia uno dei testi chiave per la formazione di Nietzsche, egli ha poco della semplice considerazione pessimistica della realtà, propria di Schopenhauer. La sua filosofia, infatti, rifiuta ogni passiva accettazione della realtà, sia nel senso del "tutto è bene" hegeliano e sia quella del "tutto progredisce" positivistico e neppure il "tutto è sofferenza", di Schopenhauer. Essa, rivela piuttosto una sorta di titanismo romantico, ma in una nuova Weltanschauung (Visione del mondo) che è post-romantica.

In Italia modifica

 
Targa alla memoria di Friedrich Nietzsche, con epigrafe e ritratto realizzati da Antonio Rubino, sulla casa dove il filosofo abitava in piazza Carlo Alberto a Torino, apposta dal podestà della città nel 1944 per il centenario della nascita

Notevole importanza rivestì per Nietzsche il contatto con la cultura e l'ambiente italiani, che in più di un'occasione fecero da stimolo alle sue riflessioni filosofiche.[100] Nietzsche amava soggiornare in Italia, dove si recava spesso per curare i suoi malanni e dove sosteneva di ritemprarsi.[100] Egli definiva il carattere italico come «il più fine» per la sua capacità di sapersi esprimere argutamente e con paradossi, «il più ricco» per la creatività e la varietà delle scenografie urbane e «il più libero» dai condizionamenti metafisici e religiosi.[101] In Italia Dio era già morto prima, e in maniera più definitiva, che altrove.[101] Del genio italico diceva:

«[...] ha usato nel modo di gran lunga più libero e fine ciò che ha preso a prestito e ci ha messo dentro molto di più di quello che ne ha ricavato, essendo il genio più ricco, che più poteva donare.»

Nietzsche contrapponeva in particolare la cultura italiana a quella tedesca, ravvisando in quest'ultima un oscurantismo e un moralismo che, sorto con Martin Lutero e la riforma protestante, e permeando di sé l'età moderna, aveva finito per prevalere su Roma, provocando la controriforma cattolica.

«Cesare Borgia papa... Mi capite? Ebbene sì, questa sarebbe stata la vittoria, alla quale io anelo; con quella, il cristianesimo sarebbe stato eliminato! Che avvenne? Un frate tedesco, Lutero, venne a Roma. Questo frate, con nel sangue tutti gli istinti vendicativi di un prete fallito, a Roma tuonò contro il Rinascimento. [...] Invece di comprendere con la più profonda gratitudine il prodigio accaduto, il superamento del cristianesimo nella sua sede, da quello spettacolo il suo odio intese trarre il suo solo nutrimento. Lutero "vide" la corruzione del papato, mentre era palmare esattamente l'opposto: la vecchia corruzione, il peccato originale, il cristianesimo, non sedeva più sul seggio del papa! Bensì la vita! Bensì il grande sì a tutte le cose alte, belle, audaci! [...] E Lutero ripristinò la chiesa!»

Nietzsche riteneva perciò che la teologia protestante fosse peggiore di quella cattolica,[102] ravvisando nella mentalità dei popoli meridionali, dalle radici essenzialmente elleniche, una maggiore attitudine all'ozio, un'apertura mentale agli aforismi e ai paradossi, nonché un'indulgenza verso le passioni e gli istinti.[103] A Napoli sperimentò come la bellezza non «affascina tutta in un colpo, ma esercita una presa che si insinua lentamente»; a Messina, scriverà gli Idilli, mentre Napoli gli ispirò anche l'epigrafe dell'ultimo capitolo della Gaia scienza è dedicato a Sanctus Januarius (intendendo sia il mese di gennaio, dedicato a Giano, che la figura di san Gennaro, di cui scrive a Overbeck: "Avete anche voi una 'primavera' come noi? Questi sono i veri 'miracoli di San Gennaro'!"). Genova gli procurò «una felicità malinconica vivere in mezzo a questa confusione di stradicciole, di voci: un'ebbrezza di vita». Venezia lo indusse talmente a struggersi per la musica di Richard Wagner che «quando cerco un'altra parola per musica, trovo sempre soltanto la parola Venezia». A Roma si identificò nel gesto donante, triste e inappagato, della statua del Tritone. A Firenze constatò come il «grande stile» di Palazzo Pitti sarebbe rimasto ineguagliato dalle epoche successive della Controriforma, mentre di Torino tessé l'elogio della pianificazione urbana e del nuovo stile emergente di architettura.[100]

Nietzsche conobbe anche, a Basilea, durante un viaggio nel 1871, Giuseppe Mazzini, il capo dei repubblicani italiani, che gli fece un'ottima impressione.[104] Era nota pure la sua ammirazione per Niccolò Machiavelli e il suo Principe, definiti, assieme a Tucidide, "terapia contro il platonismo"[105]. È significativo che l'ultimo Nietzsche creativo, prima della malattia, lavorerà a Torino fino alla sua crisi, che lo coglierà proprio nella città piemontese nel gennaio 1889, quando venne riportato in Germania (a Torino è ancora visibile la targa che commemora la permanenza del filosofo in una casa del centro durante la scrittura di Ecce Homo).

Nietzsche e la politica modifica

 
Friedrich Nietzsche in un ritratto di Edvard Munch

«Stato si chiama il più freddo di tutti i mostri freddi (aller kalten Ungeheuer). È freddo pur nel mentire; e questa è la menzogna che esce dalla sua bocca: "Io, lo Stato, sono il popolo". [...] Là dove lo Stato cessa d'esistere, solo lì inizia l'uomo (da beginnt erst der Mensch) che non è inutile: là comincia la canzone della necessità, la melodia unica ed insostituibile (die einmalige und unersetzliche Weise). Là dove lo Stato cessa d'esistere – ma guardate un po' là, miei fratelli! Non vedete voi l'arcobaleno e i ponti dell'Oltreuomo?»

Benché sostanzialmente poco interessato alla politica, Nietzsche espresse anche opinioni riguardanti la gestione dello Stato e della società. Nietzsche difende spesso i valori pagano-aristocratici contro quelli cristiano-democratici, in quanto per lui i valori cristiani rispecchiano una visione falsa e nichilistica della vita che porta alla corruzione e al disgregamento della società. Quindi è stato avvicinato talvolta a un pensiero reazionario nostalgico. Tuttavia il fatto che egli detesti ogni organizzazione statale moderna, nonché il suo rifiuto dell'autorità, lo hanno fatto considerare un filosofo antipolitico.[106] Nietzsche più che farsi politico denuncia tutti gli ideali politici del suo tempo. Egli è stato spesso associato anche al pensiero anarchico e individualista.

Sebbene il filosofo tedesco abbia criticato l'anarchismo,[107] il suo pensiero si dimostrò influente per molti pensatori all'interno di quello che può essere definito come movimento anarchico.[108] C'erano molte cose che attiravano gli anarchici a Nietzsche: il suo odio per lo Stato, il suo disgusto per la condotta sociale irrazionale del "gregge", il suo anti-cristianesimo, la sua diffidenza nei confronti dell'effetto del mercato e dello Stato sulla produzione culturale, il suo desiderio superomista, ossia il desiderio di un nuovo essere umano che non doveva essere né padrone né schiavo[108] e portatore di nuovi valori. Ciò potrebbe essere il risultato dell'associazione, in questo periodo, tra le idee del filosofo e quelle di Max Stirner.[109]

  Lo stesso argomento in dettaglio: § Stirner e Nietzsche.

L'associazione tra Nietzsche e l'anarchia dura tuttora, in alcuni ambienti filosofici, ad esempio in Michel Onfray, o in chi si rifà alla teoria dell'anarca di Ernst Jünger.

Molto discusso, come detto, è l'uso fatto degli scritti di Nietzsche da parte del fascismo e del nazismo, basandosi sulle interpolazioni e le opere curate dalla sorella, nazista e antisemita convinta. Nietzsche fu l'unico vero filosofo che Benito Mussolini studiò in maniera approfondita, restando da lui (oltre che da Stirner) fortemente ammaliato in gioventù. Dalla sua dottrina del superuomo egli trasse il senso da dare alla "rivoluzione fascista" che si sarebbe accinto a compiere di lì a poco.[110] Adolf Hitler invece visitava spesso il museo di Weimar dedicato a Nietzsche, e si faceva ritrarre fotograficamente mentre ostentava la contemplazione del busto del filosofo e, nel 1943, regalò a Mussolini un'edizione completa di lusso dell'opera omnia di Nietzsche.[111]

 
Elisabeth Förster-Nietzsche (1894)

Il pensiero di Nietzsche, certamente aristocratico e anti-democratico, non può comunque essere considerato come precursore del nazismo, ma semmai della sola rivoluzione conservatrice.[112] La vasta popolarità di Nietzsche tra i nazisti scaturì in parte dai deliberati sforzi di Elisabeth Förster-Nietzsche, sorella del filosofo che ne curò le pubblicazioni dopo il suo tracollo psichico, divenendo peraltro a un certo punto un'aperta simpatizzante del partito nazionalsocialista (tanto che, quando nel 1935 morì, il Führer partecipò ai suoi funerali).

Per di più, Mazzino Montinari, nel corso della pubblicazione di opere postume di Nietzsche durante gli anni sessanta, scoprì che Elisabeth, "creando" — per così dire — La volontà di potenza mediante l'attività di revisione redazionale di frammenti postumi, ne aveva tagliato degli estratti, cambiato l'ordine, aggiunto titoli di sua invenzione, inserito passaggi di altri autori copiati da Nietzsche come se fossero stati scritti da Nietzsche stesso, e così via.[112]

In definitiva si può dire che il vero pensiero di Nietzsche consideri lo Stato come un idolo sostitutivo del vecchio Dio (per questo non formula una sua proposta politica per i contemporanei, come fece Karl Marx), quindi da uccidere anch'esso, perché sorga infine l'oltreuomo. A causa dell'associazione tra il nazismo e Nietzsche, le sue opere saranno interdette alla maggioranza delle persone in Germania Est sotto il regime comunista (1949-1990)[113] (non venivano stampate e vendute e le biblioteche potevano prestarle solo a persone la cui "affidabilità" e ortodossia marxista-leninista erano riconosciute) e la tomba del filosofo abbandonata e dimenticata, fino al successivo restauro avvenuto negli anni '90, quando anche il Nietzsche-Archiv venne completamente riaperto.[114]

D'altronde anche sulla questione dell'oltreuomo o superuomo è prevalsa oggi la prima interpretazione, data da Gianni Vattimo; tuttavia è stata contestata dal filosofo Domenico Losurdo, il quale critica Nietzsche affermando esplicitamente che egli appoggiasse una società schiavistica comandata dal Superuomo aristocratico (non dall'industriale[115]), talvolta argomentando che gli schiavi negli Stati Uniti venivano trattati meglio dei moderni operai e accusandolo anche per l'appoggio all'eugenetica.[115] Losurdo descrive Nietzsche come filosofo "totus politicus" e come "ribelle aristocratico" e conia per la sua filosofia la definizione di radicalismo aristocratico; sulla schiavitù cita in particolare passi in cui Nietzsche parla sarcasticamente del movimento abolizionista e di Harriet Beecher Stowe (autrice de La capanna dello zio Tom), utilizzando idee della letteratura anti-Tom in cui lo schiavismo era descritto come una società benevola e patriarcale.[115]

«Se si vogliono degli schiavi – e di essi si ha bisogno – non si devono educare come padroni [...] gli schiavi sotto ogni riguardo vivono più sicuri e più felici del moderno operaio (Arbeiter) e il lavoro (Arbeit) degli schiavi è ben poca cosa rispetto a quello dell'operaio.»

Questa moralità aristocratica degli scritti degli ultimi anni, accreditata soprattutto dal nazismo, è spesso invece considerata, dalla maggioranza dei commentatori, come una metafora della superiorità dell'uomo-filosofo sull'uomo comune, anziché come una reale proposta di società tradizionale, come intesa sia da filosofi di sinistra, come Losurdo stesso, sia da pensatori di estrema destra come Julius Evola, sia da intellettuali critici come Gilbert Keith Chesterton, che interpretano Nietzsche in maniera letterale[116], ma anche da studiosi dei testi come Maurizio Ferraris.[117]

L'interpretazione letterale di testi che fanno così ampio uso di metafore, come quella fatta da Losurdo, è stata invece contestata da molti studiosi[118] e pensatori che si sono definiti "nietzscheani", come Michel Onfray.[119] Più che di precursore del nazismo e sostenitore di una società che sottometta i deboli, da molti critici è invece visto come un elitario indifferente e aristocratico, per cui la non sopravvivenza dei deboli è un qualcosa di naturale, non organizzato e non voluto.

«Il verbo di Nietzsche mi ripugna profondamente; stento a trovarvi un’affermazione che non coincida con il contrario di quanto mi piace pensare; mi infastidisce il suo tono oracolare; ma mi pare che non vi compaia mai il desiderio della sofferenza altrui. L’indifferenza sì, quasi in ogni pagina, ma mai la Schadenfreude, la gioia per il danno del prossimo, né tanto meno la gioia del far deliberatamente soffrire. Il dolore del volgo, degli Ungestalten, degli informi, dei non-nati-nobili, è un prezzo da pagare per l’avvento del regno degli eletti; è un male minore, comunque sempre un male; non è desiderabile in sé. Ben diversi erano il verbo e la prassi hitleriani

Nel periodo fra le due guerre mondiali, alcuni ideologi nazisti impiegarono intensivamente vari espedienti per promuovere la propria ideologia, e segnatamente Alfred Rosenberg o Alfred Baeumler nella sua interpretazione de La volontà di potenza, e strumentalizzando in senso razziale, arianista (mescolando pseudoscientificamente la teoria della razza ariana e il nordicismo, con la storia reale degli indoarii e dei dravidi) e pangermanico, le frasi di Nietzsche come il celebre riferimento, presente ad esempio, in Genealogia della morale, alla "bestia bionda, avida di preda e di vittoria"[120]. Sempre sulla questione del presunto anti-storico rapporto tra Nietzsche e il nazismo (che fu invece negato da Heidegger durante il suo periodo di adesione al regime) i nazionalsocialisti impiegarono alcuni concetti affini e isolate affermazioni (ad esempio una lettera alla sorella in cui si definì "inguaribile europeo e anti-semita"[121]), o i passi in cui parla di miglioramento della razza, di iperborei e di ariani, a volte cedendo alla mentalità colonialista, all'eugenetica e all'eurocentrismo, asservendoli alla teoria della razza superiore o al suprematismo, argomento toccato da Nietzsche molto poco.

«Il cristianesimo, nato da radici ebraiche e comprensibile solo come una crescita su questo suolo, rappresenta il movimento contrario a qualunque morale di allevamento, di razza, di privilegio: questa è l'anti-ariana per eccellenza della religione cristiana, la rivalutazione di tutti. Valori ariani, la vittoria dei valori Tschandala, la buona novella predicata ai poveri, e la base, la rivolta generale di tutti gli oppressi, i miseri, i falliti, i meno favoriti, contro la "razza": l'odio eterno del Tschandala come la religione dell'amore...»

«In latino, malus (al quale metto accanto mélas) potrebbe essere designato l’uomo volgare, in quanto individuo dal colore scuro, soprattutto nero di capelli ("hic niger est"), l'autoctono preariano del suolo italico, che per il colore della pelle si distaccava, con la massima evidenza, dalla bionda razza dominante, cioè quella ariana dei conquistatori: il gaelico mi ha quanto meno offerto il caso esattamente corrispondente – fin (per esempio nel nome Fin-Gal), il termine distintivo dell'aristocrazia e infine il buono, nobile, puro, originariamente la testa bionda in antitesi agli scuri abitanti primevi dai capelli neri. I Celti, sia detto incidentalmente, erano senz’altro una razza bionda; si cade in errore se si mette in relazione a una qualche origine celtica o a una qualche mescolanza di sangue – come fa ancora Virchow – quelle zone di una popolazione completamente nera di capelli che si possono osservare sulle più accurate carte etnografiche della Germania: è piuttosto la popolazione tedesca preariana a predominare in quei luoghi. (La stessa cosa vale all'incirca per l’intera Europa: in sostanza, la razza sottomessa ha finito per riprendere qui il sopravvento, con il suo colore, la forma larga del cranio e forse perfino con i suoi istinti intellettuali e sociali: chi ci garantisce che la moderna democrazia, l’ancor più moderno anarchismo, e specialmente quella tendenza alla “commune”, alla forma piú primitiva di società, che è oggi comune a tutti i socialisti d’Europa, non debba significare essenzialmente un enorme contraccolpo – e che la razza dei conquistatori e dei signori, quella degli ariani, non sia per soccombere anche fisiologicamente?...)»

La filosofia di Nietzsche, nei suoi concetti principali, si mostra quasi sempre come non razzista (nel senso contraria o poco interessata al "razzismo scientifico" in voga all'epoca e alle sue derivazioni sociopolitiche, pur non negando il concetto di razza umana ampiamente accettato al tempo), contro lo Stato onnipotente di derivazione hegeliana (messo in atto e portato all'estremo dal totalitarismo nazista), e il nazionalismo tedesco (noto il suo fastidio per le figure di Bismarck e del kaiser Guglielmo II), definendosi lui stesso come "anti-antisemita". La sua avversione colpisce la cultura "semita" giudaico-cristiana europea e la mentalità "giudaica" (sulla scia di Schopenhauer), ma non parlò mai di una "razza ebraica" come inferiore o nemica. Altrove scrive che "gli ebrei sono il genio morale dell'Europa"[121], e al contempo "il popolo più fatale della storia del mondo. Anche nei loro effetti più remoti essi hanno falsificato l’umanità"[121], in quanto radice del cristianesimo. Scrisse però anche molti passi diretti esplicitamente contro gli antisemiti, e le origini ebraiche di Paul Ree non costituirono per lui un problema, mentre lo furono le convinzioni antisemite di Wagner, della sorella e del cognato.[121] Non solo sull'antisemitismo (Nietzsche si colloca più su un antigiudaismo culturale che colpisce anche i cristiani, esemplificato dalle citate critiche alla "mentalità giudaica" di san Paolo presenti ne L'anticristo), anche sul razzialismo separatista e il concetto di "purezza della razza" esprime sostanzialmente un giudizio molto negativo. Nietzsche è difatti favorevole ad una mescolanza razziale.

«Dove le razze sono mescolate, c'è la fonte di una grande cultura.»

«[Gli ebrei sono il popolo] che ha avuto la storia più dolorosa, e a cui si devono l’essere umano più nobile (Cristo), il saggio più puro (Spinoza), il libro più possente e la legge più influente del mondo.»

«Gli ebrei sono più interessanti dei tedeschi la loro storia presenta problemi ben più fondamentali. [...] Zarathustra ha affascinato gli antisemiti; e c’è persino una sua particolare interpretazione antisemita che mi ha fatto molto ridere.»

«Farò fucilare tutti gli antisemiti.»

«Mai avere a che fare con chiunque sia compromesso con questo imbroglio sfacciato a proposito delle razze.»

«Il maledetto antisemita mi rovina allievi, amici, influenza; ha fatto di me e di Richard Wagner dei nemici; è la causa di una radicale rottura fra me e mia sorella. [...] Un giorno gli ebrei verranno chiamati gli scopritori e precursori degli Europei.[121]»

«Wagner aveva acconsentito passo dopo passo a tutto ciò che io depreco — anche all'antisemitismo.»

«Dappertutto l'efficienza e superiore intelligenza degli Ebrei, il capitale di spirito e di volontà da essi accumulato di generazione in generazione in una lunga scuola di dolore, sono destinati a prevalere in misura tale, da risvegliare invidia e odio, sicché oggi in quasi tutti gli Stati, quanto più essi tornano ad assumere un atteggiamento nazionalistico, dilaga il malcostume letterario di condurre gli Ebrei al macello come capri espiatori di tutti i possibili mali pubblici e interni.»

«Ovunque giunga, la Germania guasta la civiltà.»

Opinione sulla pena di morte modifica

Nietzsche contestò il concetto filosofico di libero arbitrio e la funzione rieducativa della pena, considerando la morte del criminale come l'unico atto che restituisce dignità al suo gesto (come il suicidio nella morale greco-romana), assolvendolo dalla colpa e liberandolo dall'umiliazione del pentimento, imposto dalla morale cristiana:

(DE)

«Es giebt keine Erlösung für den, der so an sich selber leidet, es sei denn der schnelle Tod.»

(IT)

«Per colui che soffre talmente di sé stesso, non vi è redenzione, se non la rapida morte.»

Ne la Genealogia della morale (1887), Nietzsche sostenne che il valore della pena non debba essere quello di destare il senso di colpa né di rieducare il criminale, ma soltanto quello di punire in chiave extramorale «un cagionatore di danni, un irresponsabile frammento di fatalità». Separando nettamente il diritto dalla morale, e ribaltando la prospettiva di Cesare Beccaria in chiave diametralmente opposta, Nietzsche considerò positivamente la situazione in cui il criminale si senta moralmente sollevato dal proprio gesto allorché si trovi «nell'impossibilità di avvertire come riprovevole la sua azione, la specie del suo atto in sé: vede infatti esercitata al servizio della giustizia esattamente la stessa specie di atti e quindi approvata, esercitata con tranquilla coscienza»[122]

Al momento però di esprimere un giudizio sull'applicazione pratica della pena capitale nel mondo a lui contemporaneo, egli sembra schierarsi contro, attaccando quello che non è indice di energia spirituale dell'oltreuomo, ma un freddo rituale dello stato borghese, che egli giudica più colpevole dell'assassino stesso:

«Come è che ogni esecuzione ci offende più di un omicidio? È la freddezza dei giudici, sono i meticolosi preparativi, è il sapere che qui un uomo viene usato come mezzo per spaventarne altri. Giacché la colpa non viene punita, se anche ce ne fosse una: questa è negli educatori, nei genitori, nell'ambiente, in noi, non nell'omicida, intendo le circostanze determinanti.»

Rapporti con Hegel e il positivismo modifica

Per Hegel c'è la Storia, per Nietzsche la genealogia. Nel pensiero di Nietzsche, nonostante il suo confronto con Hegel sia raramente esplicitato nelle opere, prevale una radicale contestazione dell'hegelismo: i più rilevanti punti di distanza fra i due filosofi tedeschi possono essere individuati nel diverso atteggiamento nei confronti della dialettica, oggetto di una critica aggressiva da parte di Nietzsche, essendo vista da lui come una pretesa del pensiero di ridurre la caoticità della vita e del mondo entro categorie fisse e stabili, e in particolar modo in una visione sistematica della filosofia, che era invece un tratto centrale dell'opera di Hegel.

Nella sua seconda considerazione inattuale Nietzsche fa esplicito riferimento alla filosofia hegeliana come la maggior causa di una diffusa idolatria del fatto nella cultura tedesca. Per Nietzsche, infatti, il tentativo di categorizzare e insieme divinizzare il processo storico annienta la forza vitale propria di ogni uomo e veicola una concezione della storia epigonale e giustificatrice. La filosofia di Hegel è ritenuta da Nietzsche un tradimento in danno alla vita, in quanto tentativo di fermare ciò che non si può fermare (la vita, dinamica per antonomasia) in un sistema di pensiero.

Analogo è il suo giudizio nei confronti dei positivisti: rei di spiegare la realtà mediante leggi meccanicistiche fisse, essi restano afflitti dallo stesso errore di Hegel ed epigoni. Nietzsche è distante dal pensiero di Hegel anche in ordine alla supposizione hegeliana che esista una forza meramente razionale manifestantesi nella storia, che tratterebbe gli uomini come banali strumenti della propria astuzia. All'affermazione hegeliana secondo cui "tutto ciò che è razionale è reale, tutto ciò che è reale è razionale" ossia comprensibile dalla ragione filosofica e manifestazione di questa razionalità storica, Nietzsche risponde che «l'irrazionalità di qualcosa non è affatto una ragione contro la sua esistenza, ma piuttosto una condizione di questa».[123] Egli contesta la concezione storicista e razionale di hegeliani e positivisti:

«Contro il positivismo, che si ferma ai fenomeni: "ci sono soltanto i fatti", direi: no, proprio i fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni. Noi non possiamo constatare nessun fatto "in sé".»

Nietzsche ripudia la "tirannide della ragione sugli uomini" (per usare le sue parole), per cui biasima Socrate, Platone, Cartesio, gli illuministi e anche i positivisti del suo tempo. Questo atteggiamento di profonda messa in discussione del filone razionalistico-idealistico confluito in Hegel e Immanuel Kant (idealismo che per Nietzsche comprende anche il cristianesimo) della filosofia occidentale comporta allo stesso tempo una ridiscussione totale della tradizione metafisica, di cui Hegel si ritiene invece l'ultimo elaboratore.

Sussistono nondimeno talune analogie con alcuni aspetti dell'illuminismo. Malgrado il suo netto orientamento antirazionalista, è possibile accostare il pensiero di Nietzsche ad alcuni autori illuministi - nonché osservare un profondo retroterra di tipo razionalista, o meglio razionale, in alcune delle sue convinzioni e dei suoi ragionamenti - per quanto riguarda il rifiuto generale della metafisica e dell'ascesi; è tra l'altro significativo che egli abbia dedicato la sua opera Umano, troppo umano a Voltaire. L'ideale ascetico è visto in particolare da Nietzsche come una minaccia alla forza vitale insita nell'uomo. Più che di rifiuto del razionalismo, vi è quindi un rifiuto dell'idealismo.[124]

Kierkegaard modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Influenza di Kierkegaard su Nietzsche.

Nietzsche può essere accomunato a Søren Kierkegaard: entrambi hanno un orientamento prettamente esistenziale ed entrambi sono considerati precursori dell'esistenzialismo novecentesco.[125] Nietzsche però non condivide il cinismo della vita che porta inevitabilmente alla disperazione, e impedisce all'uomo di accettare con gioia l'esistenza, oltre a non condividere le credenze cristiane di Kierkegaard.

Rapporti con altri autori modifica

 
Nietzsche (il terzo in piedi da sinistra) alla Societät di Friedrich Wilhelm Ritschl

Sulle basi ut supra è incentrata la polemica contro la religione in generale e il cristianesimo in particolare: anche queste istanze rinnegano la forza vitale innata in ciascuno. La condanna colpisce anche Arthur Schopenhauer, seppur ammirato in gioventù da Nietzsche. Quest'ultimo imputa al suo vecchio maestro di aver generato l'ennesima morale, fondata sulla pietà e, in ultima analisi, sull'ascesi.

Nietzsche, a ogni modo, è influenzato da alcuni concetti di Schopenhauer: ammette l'idea di una forza irrazionale, la volontà ("wille") respingendone la nozione sinistra che ne aveva prospettato Schopenhauer e la rinomina volontà di potenza ("wille zur macht"), annoverandola quale forza benevola, esemplificata essenzialmente dal suo famoso oltreuomo. Il forte interesse giovanile verso Schopenhauer, portò Nietzsche a leggere i discepoli di quest'ultimo, e cioè Eduard von Hartmann, Julius Bahnsen e Philipp Mainländer.

Egli, tuttavia, non pensava che, questi autori, fossero autentici prosecutori del messaggio schopenhaueriano. Parla difatti di Mainländer, dopo aver affermato in uno scritto giovanile "È ora di riscoprirlo!", ne La gaia scienza (Die fröhliche Wissenschaft), nel seguente modo: "Sarebbe possibile considerare Mainländer, dilettante e precocemente senile, turiferario sentimentale e apostolo della verginità, come un vero e proprio tedesco?!... Né Bahnsen, né Mainländer e né, in particolare, Eduard von Hartmann, danno una sicurezza in materia di gestire la questione se il pessimismo di Schopenhauer, il suo orrore di guardare a un Dio privato, stupido, cieco, folle, e a un discutibile Mondo, insomma il suo onesto sguardo d'orrore, non sia stato soltanto un caso eccezionale tra i tedeschi, ma possa essere, bensì, considerato come un tema generalmente tedesco" (§ 357).

Tuttavia, occorre notare che Nietzsche stesso mutuò proprio da Mainländer, la celebre espressione "Dio è morto" (sebbene con intenti diversi, significando la morte di Dio per Nietzsche un surplus di vitalismo immanente): la morte progressiva di Dio - dalla "superessenza unitaria" all'"essenza fenomenica nel molteplice", presente nel mondo attuale, sino alla "dissoluzione nullificante" - è, difatti, il cuore della filosofia stessa di Mainländer.

L'ultimo Nietzsche, prima della malattia, si appassionò anche al Tolstòj della "conversione" (lo stesso Tolstòj che lo definì «un vivace tedesco posseduto da manie di grandezza, con idee limitate, folle»[126]). Nietzsche lo «leggeva e compulsava avidamente, riconoscendo in lui lo stesso mito al quale anch'egli si sentiva forzato: la consumazione del confine tra "arte" e "vita", tra "volontà" e "realtà"».[127] Altre influenze di Nietzsche furono i citati Ralph Waldo Emerson, Voltaire e l'illuminismo materialista, e secondo Bataille i libertini del XVIII secolo.[128] Nietzsche lesse e stimò anche la poesia e la filosofia pessimista e nichilista di Giacomo Leopardi, che, come lui, vedeva, almeno in parte, nelle illusioni dell'arte e dei miti il mezzo per sottrarsi a una vita di dolore e al grigio presente.[129][130]

Darwinismo sociale modifica

Nietzsche, che pure ben può dirsi avversario del positivismo, è in parziale sintonia con il darwinismo e più in particolare con le categorie di «lotta per la vita», «selezione naturale» e «survival of the fittest».[131] Egli però dilata questo assunto al di là della mera sopravvivenza: secondo Nietzsche c'è un «darwinismo» selettivo anche nella società umana: gli individui mirano a conseguire il predominio e la supremazia, sotto lo stimolo della «volontà di potenza». Darwin sarà d'altronde aspramente criticato da Nietzsche per il suo ottimismo progressista. Inoltre, Nietzsche critica Darwin per la preponderanza da lui data all'ambiente esterno quale principio regolatore dell'evoluzione[132][133] e alla sopravvivenza quale fondamentale istinto vitale: la «filosofia da mercante del signor Spencer: assoluta mancanza di un ideale, al di fuori di quello dell'uomo medio».[134] Altra sua critica a Darwin fu quella sui concetti di «individuo» e «specie» come erano creduti: «I concetti di "individuo" e di "specie" sono egualmente falsi e dovuti alla prima impressione. "Specie" esprime solo il fatto che una quantità di esseri simili si presentano nello stesso tempo e che il ritmo di crescita ulteriore e di mutamento è per molto tempo rallentato, sicché le piccole continuazioni e gli accrescimenti di fatto non vengono molto in considerazione (una fase di sviluppo, in cui lo svilupparsi non diventa visibile, sicché sembra che si sia raggiunto un equilibrio, e viene resa possibile la falsa rappresentazione che si sia qui conseguito uno scopo – e che ci sia stato uno scopo nello sviluppo...)».[135]

Dostoevskij e Stendhal modifica

Particolare importanza ebbe poi per Nietzsche la scoperta di Stendhal e di Dostoevskij (quest'ultimo definito, nel Crepuscolo degli idoli, «l'unico psicologo da cui avrei qualcosa da imparare»). In una lettera indirizzata a Franz Overbeck (febbraio 1887) scrive:

«Di Dostoèvskij qualche settimana fa non sapevo nemmeno il nome, io, uomo incolto che non legge i giornali. Il caso, in una libreria, mi fece posare lo sguardo su un libro suo, tradotto da poco in francese: L'esprit souterrain[136] (la stessa cosa fortuita mi accadde a vent'anni per Schopenhauer, a trentacinque per Stendhal). L'istinto di parentela (o come diavolo dovrei chiamarlo?) parlò; la mia gioia fu straordinaria; devo risalire alla mia conoscenza con Rouge et Noir per ricordarmi una gioia altrettanto viva.[137]»

Stirner e Nietzsche modifica

 
Ritratto di Max Stirner, profilo a matita (particolare dal Ritratto dei Liberi) realizzato da Friedrich Engels diversi decenni dopo su richiesta di John Henry Mackay

La filiazione diretta di alcune idee di Nietzsche da quelle di Max Stirner è discussa. Nietzsche come si sa fu amico di Wagner per un certo periodo (e seguace di Schopenhauer come lui), e il compositore fu concittadino postumo di Bayreuth, città di origine di Stirner. Bernd Laska sostiene che Nietzsche si ispirò a Stirner (il dibattito sulle sue opere era noto grazie a Marx ed Engels), ma non riconobbe esplicitamente i suoi debiti nei confronti del filosofo e anzi confidò ad alcuni suoi allievi (sempre secondo Laska) il timore di essere accusato di plagio nei suoi confronti. Negò di aver mai letto il suo libro principale, L'Unico e la sua proprietà, cosa che invece risultò alcuni anni dopo la sua morte.[138] Questa opinione di Laska è però criticata da altri.

Nei commentari dell'edizione critica Colli-Montinari e nelle numerose biografie sul filosofo gli autori sostengono che Nietzsche non abbia mai espresso alcun timore di plagio con i suoi allievi, anche perché, negli anni in cui Nietzsche insegnò, la disciplina di cui era docente era filologia classica e non filosofia. Nietzsche pare inoltre che non fosse in possesso di alcun libro di Stirner, o non risultano tali volumi nel suo archivio.[139]

L'opinione di Laska si basa invece sul fatto che Adolf Baumgartner, allievo di Nietzsche, avrebbe preso in prestito L'Unico e la sua proprietà dalla biblioteca universitaria di Basilea su consiglio di Nietzsche stesso e sul fatto che in un discorso tra Nietzsche e la moglie di Franz Camille Overbeck (secondo la testimonianza della donna) comparve il nome di Stirner:

«Una volta, quando mio marito era uscito, [Nietzsche] si intrattenne un attimo con me e fece il nome di due tipi originali, che lo stavano occupando e nei cui scritti coglieva un'affinità con se stesso. Come sempre quando acquistava consapevolezza di relazioni interiori, era su di morale e felice. [...] "Stirner [...] quello sì!" E comparve un tratto solenne sul suo viso. Mentre osservavo con apprensione quel suo atteggiamento, questo si mutò nuovamente, egli fece con la mano un movimento come per scacciare qualcosa, difensivo, e mi sussurrò: "Ora Ve l'ho pure detto, ma non volevo parlarne. Lo dimentichi di nuovo. Si parlerà di un plagio, ma Voi non lo farete, lo so".[138][140]»

Sempre secondo le medesime testimonianze Nietzsche avrebbe definito l'opera di Stirner come «la più temeraria e consequenziale dai tempi di Hobbes». Nietzsche intravide ne L'Unico e la sua proprietà un nucleo su cui costruire la pars destruens del proprio nichilismo e da Stirner trasse spunti per Il crepuscolo degli idoli. Come si filosofa col martello.[140]

Influenza di Nietzsche su pensatori e artisti successivi modifica

 
Statue e busti di Nietzsche al museo di Weimar

Nella sua critica all'idealismo e a Kant, alle presunte "fantasie metafisiche", all'"immoralità" della morale e alla retorica filosofica accademica, Nietzsche può essere considerato il più autorevole precursore dell'etologia,[141] dell'epistemologia evoluzionista,[142] nonché della psicoanalisi, e la sua opera contribuì a renderla in seguito possibile:[143] Nietzsche ha prodotto influssi di assoluto rilievo in svariati ambienti e su numerose personalità della letteratura e della politica del XX secolo. È inevitabile, a tal proposito, riferirsi a Stefan George, così come in Italia a Gabriele D'Annunzio, che nel suo lavoro mostrò di aver manifestamente recepito il mito dell'oltreuomo, con la conseguente esaltazione, ai limiti del titanismo, di orgoglio e volontà, fondendo il superomismo con l'estetismo (il tema dell'estetica è toccato anche da Nietzsche).

Nietzsche venne talora considerato tra i precursori del nazionalsocialismo, anche se l'interpretazione del suo pensiero fornita dal filosofo nazista Alfred Baeumler fu un'opera di oculata distorsione faziosa perpetrata al fine di sostenere l'ideologia del partito nazionalsocialista, compiuta adulterando e strumentalizzando l'opera dell'intellettuale, cominciata già dalla sorella Elisabeth.

Com'effetto della notevole ambiguità e scarsa esplicitazione dei contenuti nei proprî scritti, le opinioni di Nietzsche vennero e tuttora vengono interpretate con l'intenzione di porre l'intellettuale ora in ottica reazionaria, conservatrice ed elitaria, adesso come progressista, anticonformista ed individualista dedito alla frantumazione d'ogni cultura di massa. Fra i varî tentativi di adoperare gli scritti dell'intellettuale, che in vita mai si schierò con alcuna ideologia politica, viene e deve venire ricordata l'interpretazione dello studioso Georges Bataille, il quale rinnegò qualsiasi associazione dell'eredità intellettuale dello scrittore con l'ideologia nazista. Evidenti influenze del pensiero di Nietzsche sono altresì riscontrabili nell'originale metafisica concreta di Pavel Aleksandrovič Florenskij; nella psicoanalisi di Sigmund Freud e in quella di Carl Gustav Jung (psicologia analitica)[144]; nella filosofia "eraclitea" del detto Alfred Baeumler, così come più in generale nella cosiddetta Konservative Revolution della sfera culturale tedesca tra le due guerre, attraverso tra gli altri Oswald Spengler, Ernst Jünger, Thomas Mann e lo stesso Martin Heidegger; o ancora nel futurismo italiano, nell'individualismo moderno, nell'oggettivismo della romanziera russo-americana Ayn Rand, in Howard Phillips Lovecraft, Robert Musil, Hermann Hesse, Henry de Montherlant, Pierre Drieu La Rochelle e Rainer Maria Rilke, negli aforismi dello scrittore "reazionario" colombiano Nicolás Gómez Dávila ("Nietzsche sarebbe l'unico abitante nobile di un mondo derelitto. Solo la sua scelta potrebbe esporsi senza vergogna alla resurrezione di Dio"[145]), più recentemente nel transumanesimo, in alcuni discorsi e opere del mistico indiano Osho[146][147], e nel postmodernismo critico.

Tra gli autori contemporanei che apertamente rivendicano la propria filiazione nietzscheana troviamo tra gli altri Guillaume Faye, Alain de Benoist (fondatore della Nouvelle Droite) e l'anarco-edonista Michel Onfray.[N 10] Va rammentata, del resto, la notoria affinità spirituale che legava il pittore Giorgio de Chirico al pensatore che qui si commenta.[148] Nietzsche influenzò anche lo scrittore rumeno Emil Cioran che prese da lui il suo pessimismo e nichilismo, radicalizzandoli (in Cioran il nichilismo torna ad essere passivo e schopenhaueriano).

Secondo Sossio Giametta, ammiratore del pensatore di Röcken, nonostante l'affermazione di essere un "filosofo immoralista"

«Nietzsche è soprattutto un grande poeta che ha scritto in prosa ed anche un moralista, perché avendo negato la logica ha negato la filosofia come contemplazione della realtà. Per lui l'uomo può comprendere solo sé stesso, e quindi ha sostituito la logica con la psicologia.[149]»

Altre critiche al pensiero di Nietzsche modifica

 
La tomba di Nietzsche a Röcken, dietro la casa natale, accanto alla sorella e ai genitori.

Critiche del pensiero di Nietzsche arriveranno dalla corrente esistenzialista del Novecento, in particolare da Martin Heidegger per il quale centro della riflessione filosofica è un nuovo corso metafisico sul senso dell'essere. In particolare Heidegger criticherà i concetti di volontà di potenza e oltreuomo come perdita di valori fondamentali da parte dell'individuo; nonostante ciò Heidegger riprenderà da Nietzsche alcune idee, come l'analisi del nichilismo.

Forti critiche a Nietzsche saranno pronunciate dalle correnti spiritualiste, idealiste e religiose (tra chi sostenne la follia come conseguenza delle sue idee o le sue idee come originate da una mente alterata), ad esempio dal cattolico Gilbert Keith Chesterton, il quale sosterrà anche la non novità delle idee nicciane in dure prese di posizione:

«Non riesco a pensare che uno sprezzo cosmopolita del patriottismo sia semplicemente questione di opinioni, così come non credo che uno sprezzo nietzscheano per la compassione sia semplicemente una questione di opinioni. Penso che entrambe siano eresie tanto orribili che il loro trattamento non dev'essere tanto mentale quanto morale, sempre che non sia solo un caso clinico. Gli uomini non sono sempre morti per una malattia, né sono sempre condannati da una delusione; ma finché ne sono a contatto, ne sono distrutti.[150]»

«Come tutti sanno, Nietzsche predicò una dottrina, che egli stesso ed i suoi seguaci mostrano di considerare molto rivoluzionaria; egli sostenne che la comune morale altruistica era stata inventata da una classe di schiavi per impedire il sorgere dì tipi superiori capaci di combatterli e di soggiogarli. Orbene, i moderni, sia favorevoli che contrari, vi alludono sempre come se fosse un'idea nuova e del tutto inaudita. Si suppone con la massima calma ed insistenza che i grandi scrittori del passato, come per esempio Shakespeare, non lo sostennero perché non vi avevano mai pensato, perché l'idea non era passata loro per la mente. Ma rileggete l'ultimo atto del Riccardo Terzo di Shakespeare, e vi troverete, espresso in due versi, non solo tutto ciò che Nietzsche aveva da dire, ma con le sue stesse parole. Riccardo il Gobbo dice ai suoi nobili: "La coscienza non è che una parola usata dai codardi, al principio creata per mantenere i forti in soggezione". Come ho detto, il fatto è chiaro. Shakespeare aveva pensato a Nietzsche ed alla morale del Super-Uomo, ma ne valutò l'esatta portata, e la collocò esattamente al suo posto: cioè nella bocca di un gobbo mezzo dissennato, che parla alla vigilia della sua disfatta. Questa collera contro i deboli è possibile soltanto in un uomo che sia morbosamente coraggioso, ma fondamentalmente malato; un uomo come Riccardo, un uomo come Nietzsche.»

Glossario dei termini filosofici modifica

Amor fati
  • L'amor fati (letteralmente dal latino "amore per il fato, per il destino") è un atteggiamento di accettazione attiva, non assimilabile alla rassegnazione, che consiste nella capacità di fare coincidere la propria volontà con il corso degli eventi così come essi si verificano, ovvero assumendoli nella loro innocente casualità. Si rifiuta in questo modo ogni concezione che tenta di "prevedere" il futuro rinchiudendolo in schemi concettuali che tradiscono il dinamismo proprio dell'esistenza. Questo concetto è strettamente legato all'idea di eterno ritorno. Il concetto di amor fati è mutuato soprattutto da due autori ben noti a Nietzsche: Spinoza, si veda la sua Ethica ed Emerson, si veda il crescendo finale del suo saggio Fato.
Apollineo (spirito)
  Lo stesso argomento in dettaglio: Spirito apollineo.
  • Lo spirito apollineo (dal dio greco Apollo) è il tentativo (proprio soprattutto della Grecia antica) di spiegare la realtà tramite costruzioni mentali ordinate, negando il caos che, secondo Nietzsche, è proprio della realtà e non considerando l'essenziale dinamismo della vita. Lo spirito apollineo è la componente razionale e razionalizzante dell'individuo: nasce successivamente allo spirito dionisiaco, del quale rappresenta l'opposto e l'antitesi.
Arte
  • Nella concezione di Nietzsche l'arte assume un importante valore di liberazione dell'uomo dall'oppressione della razionalità, permettendo all'individuo di esprimere la propria creatività e quindi la sua irrazionalità, in un mondo che tende a distruggerla (parallelismi con Schopenhauer).
Cristianesimo
  • Il cristianesimo assume in Nietzsche un valore assolutamente negativo. Il filosofo, infatti, vede nella morale cristiana la negazione della vita, soppiantata da una visione ascetica della stessa in quella che definisce la "morale dei vinti". La sua filosofia nasce anche come negazione di questa morale, ben descritta dalla "morte di Dio", dove "Dio" non è da intendere esclusivamente come la divinità personale, ma anche come il sistema di idee proprie anche del Cristianesimo.
  • Secondo il filosofo anche i cristiani sono guidati dalla volontà di potenza. In particolare, non potendo sopraffare gli altri per potenza e forza, hanno creato una nuova morale, basata sulla debolezza e il ressentiment, che negasse i veri valori di forza ed esaltasse gli ideali opposti di ascesi e pietà.
Dionisiaco (spirito)
  Lo stesso argomento in dettaglio: Spirito dionisiaco.
  • Lo spirito dionisiaco (dal nome del dio Dioniso) è la parte irrazionale dell'individuo e dell'esistenza, la parte caotica e non rinchiudibile all'interno di una trattazione sistematica e ordinata, vera parte dominante della vita vista come ebbrezza, sensualità, esaltazione ed entusiasmo. Dopo Socrate, questa parte dell'uomo viene negata per far posto esclusivamente alla parte razionale.
Libero arbitrio
  Lo stesso argomento in dettaglio: Libero arbitrio (Nietzsche).

Nietzsche radicalizza il concetto di destino di filosofie fataliste come lo stoicismo e teorizza l'assenza del libero arbitrio.

Morte di Dio
  Lo stesso argomento in dettaglio: Dio è morto.
  • Il moto critico nietzschiano non s'arresta e giunge così al "concetto dei concetti", ovvero Dio. Idealismo, evoluzionismo, positivismo e romanticismo son tutte teorie ancora "troppo umane", che si presentano cioè come verità eterne e assolute e che occorre pertanto smascherare. In nome del "sano" istinto dionisiaco dell'uomo greco che ama tutto ciò che la terrestrità sa offrirgli, conduce un attacco a fondo contro il Cristianesimo, la cui vittoria sul mondo antico ha avvelenato l'umanità. Va alla radice della morale tradizionale e ne fa la genealogia, scoprendo che essa è "morale degli schiavi", religione della decadence per eccellenza, dei deboli e dei vinti risentiti contro tutto ciò ch'è nobile, bello e aristocratico. «Che ne è di Dio? Io ve lo dirò. Noi l'abbiamo ucciso. Noi siamo i suoi assassini»; il grido dell'uomo folle sulla piazza del mercato nell'aforisma 125 della Gaia Scienza. Uccidendo Dio, la civiltà occidentale ha cominciato anche via via a eliminare quei valori che sono stati a fondamento di tutta la storia precedente; si perde di conseguenza ogni punto di riferimento (avvento dell'era del Nichilismo). "Dio l'abbiamo ucciso e con lui è scomparso anche l'uomo vecchio, ma quello nuovo (Oltreuomo) è ancor di là dall'apparire". La Morte di Dio è un fatto "del qual non ve ne fu di più grande": un evento che divide la storia dell'umanità. Questo è l'evento annunziato da Zarathustra, profeta dell'epoca nuova, il quale sulle ceneri di Dio innalzerà l'ideale "superumano", novello spirito dionisiaco amante della vita in tutti i suoi risvolti, anche i più tragici e terribili.
Nichilismo
  Lo stesso argomento in dettaglio: Nichilismo.
  • Per il filosofo tedesco il concetto di nichilismo assume diverse accezioni a seconda del contesto in cui lo utilizza.
  • In una prima accezione, il termine viene usato da Nietzsche per descrivere la decadenza cui va incontro la civiltà quando rifiuta la forza vitale e si sottomette alle concezioni razionalistiche e alle etiche ascetiche. Questa tendenza è propria di tutti i sistemi filosofico-morali che hanno negato la natura imprevedibile e casuale della vita e della realtà e si sono tradotti pertanto in una sorta di rifugio, di protezione dell'uomo all'interno di un mondo "metafisico", inteso nel suo significato originario di mondo "oltre la realtà" (e ciò vale sia per le concezioni religiose, sia per quelle razionalistiche tese a creare una visione ordinata della realtà, com'è il caso dell'Iperuranio platonico).
  • Per nichilismo, tuttavia, Nietzsche intende anche il percorso compiuto dall'uomo, a partire dall'illuminismo, per giungere a smascherare i valori tradizionali mettendone in luce la falsità. Al contrario del precedente, questo nichilismo è esclusivamente distruttivo, e porta l'uomo a un senso di impotenza e di smarrimento, ottimamente descritto dall'analisi di Schopenhauer.
  • Esiste, infine, un nichilismo "attivo" e positivo, proprio dello stesso autore, che consiste nell'accettazione del carattere casuale della realtà e della falsità di tutte le credenze. Questo atteggiamento è proprio dell'Oltreuomo.
Razionalismo
  Lo stesso argomento in dettaglio: Razionalismo.
  • Il razionalismo è la tendenza a spiegare la realtà per mezzo di schemi concettuali, imprigionandola in essi. Per Nietzsche, più che con un uso corretto della razionalità, esso è pressoché identificabile con l'idealismo, a cui si contrappone l'irrazionalismo. Questo concetto, dunque, si ricollega a quello di spirito apollineo. L'autore fa coincidere la nascita di questo orientamento con la filosofia di Socrate.
Volontà di potenza
  Lo stesso argomento in dettaglio: Volontà di potenza.
  • La volontà di potenza è la forza creativa propria dell'uomo e di ogni forma di vita, tale da trascendere ogni formalizzazione. Essa rappresenta l'essenza autentica della vita umana. L'Oltreuomo è colui che è capace di assumere su di sé tutto il peso, e la leggerezza, della piena espressione della volontà di potenza. Volontà di potenza è allora "voler che può", non come volontà di dominio, bensì intesa come un "poter esser-oltre". Volontà in questo caso somigliante a quella schopenhaueriana (Volontà istintiva di vita, non derivante dall'Io che vuole coscientemente, ma da istinto innato/naturale). Potenza è "un poter sempre più, qual massima possibilità d'esser, potenzialità assoluta... il poter esser che s'espande al di là e sopra di sé, via conducente a oltreuomo".

Opere modifica

Cronologia modifica

Attribuzioni incerte modifica

Collane di opere di Nietzsche modifica

Edizione italiana delle opere di Nietzsche modifica

Condotta sull'edizione critica dei testi originali stabilita da Giorgio Colli e Mazzino Montinari:

  • Opere di Friedrich Nietzsche
I.1: Scritti giovanili 1856-1864, versione di Mario Carpitella, notizie e note di Giuliano Campioni e Mario Carpitella, Milano, Adelphi, 1998. ISBN 88-459-1358-9.
I.2: Scritti giovanili 1865-1869, a cura di Giuliano Campioni e Mario Carpitella, Milano, Adelphi, 2001. ISBN 88-459-1587-5.
III.1: La nascita della tragedia; Considerazioni inattuali, I-III, versioni di Sossio Giametta e Mazzino Montinari, Milano, Adelphi, 1972.
III.2: La filosofia nell'epoca tragica dei Greci e Scritti dal 1870 al 1873, versione di Giorgio Colli, Adelphi, Milano 1973.
III.3.1: Frammenti postumi 1869-1874, a cura di Mario Carpitella, versione di Giorgio Colli e Chiara Colli Staude, Milano, Adelphi, 1989. ISBN 88-459-0725-2.
III.3.2: Frammenti postumi 1869-1874, a cura di Mario Carpitella, versione di Giorgio Colli e Chiara Colli Staude, Milano, Adelphi, 1992. ISBN 88-459-0884-4.
IV.1: Richard Wagner a Bayreuth; Considerazioni inattuali, IV; Frammenti postumi (1875-1876), versioni di Giorgio Colli, Sossio Giametta e Mazzino Montinari, Milano, Adelphi, 1967.
IV.2: Umano, troppo umano, I; Frammenti postumi (1876-1878), versioni di Sossio Giametta e Mazzino Montinari, Milano, Adelphi, 1965.
IV.3: Umano, troppo umano, II; Frammenti postumi (1878-1879), versioni di Sossio Giametta e Mazzino Montinari, Milano, Adelphi, 1967.
V.1: Aurora e Frammenti postumi (1879-1881), versione di Ferruccio Masini e Mazzino Montinari, Milano, Adelphi, 1964.
V.2: Idilli di Messina; La gaia scienza; Frammenti postumi (1881-1882), versioni di Ferruccio Masini e Mazzino Montinari, Milano, Adelphi, 1965.
VI.1: Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno, versione di Mazzino Montanari, Milano, Adelphi, 1968.
VI.2: Al di là del bene e del male; Genealogia della morale, versioni di Ferruccio Masini, Milano, Adelphi, 1968.
VI.3: Il caso Wagner; Crepuscolo degli idoli; L'Anticristo; Ecce homo; Nietzsche contra Wagner, versioni di Ferruccio Masini e di Roberto Calasso, Milano, Adelphi, 1970.
VI.4: Ditirambi di Dioniso e Poesie postume (1882-1888), versioni di Giorgio Colli, Milano, Adelphi, 1970; 1982.
VII.1.1: Frammenti postumi 1882-1884, versione di Leonardo Amoroso e Mazzino Montinari, Milano, Adelphi, 1982.
VII.1.2: Frammenti postumi 1882-1884, versione di Leonardo Amoroso e Mazzino Montinari, Milano, Adelphi, 1986.
VII.2: Frammenti postumi 1884, versione di Mazzino Montinari, Milano, Adelphi, 1976.
VII.3: Frammenti postumi 1884-1885, versione di Sossio Giametta, Milano, Adelphi, 1975.
VIII.1: Frammenti postumi 1885-1887, versione di Sossio Giametta, Milano, Adelphi, 1975.
VIII.2: Frammenti postumi 1887-1888, versione di Sossio Giametta, Milano, Adelphi, 1971.
VIII.3: Frammenti postumi 1888-1889, versione di Sossio Giametta, Milano, Adelphi, 1974.

Epistolario modifica

  • Epistolario di Friedrich Nietzsche, edizione italiana diretta da Giorgio Colli e Mazzino Montinari; testo critico originale stabilito da Giorgio Colli e Mazzino Montinari
I, 1850-1869, versione di Maria Ludovica Pampaloni Fama, Milano, Adelphi, 1976.
II, 1869-1874, versione di Chiara Colli Staude, Milano, Adelphi, 1976.
III, 1875-1879, versione di Maria Ludovica Pampaloni Fama, Milano, Adelphi, 1995. ISBN 88-459-1172-1.
IV, 1880-1884, versione di Maria Ludovica Pampaloni Fama e Mario Carpitella, Milano, Adelphi, 2004. ISBN 88-459-1833-5.
V, 1885-1889, versione di Vivetta Vivarelli, Milano, Adelphi, 2011. ISBN 978-88-459-2630-3.

Opere di Nietzsche nella collana Piccola Biblioteca Adelphi modifica

I seguenti volumi sono pubblicati nella collana di Adelphi, Milano, con copertina gialla (tra parentesi il n. della collana):

Altre opere di Nietzsche in italiano modifica

  • I filosofi preplatonici, a cura di Piero Di Giovanni, Bari, Laterza 1994 (nuova edizione riveduta e accresciuta 2005).
  • L'arte della parola. Esposizione della retorica antica, a cura di Silvio Tafuri, testo originale a fronte, introduzione di Francesco Tomatis, postfazione di Alessandro Di Chiara, Rapallo, Il ramo, 2012. ISBN 978-88-89351-18-5. (prima edizione in lingua italiana).
  • Intorno a Leopardi, testo originale a fronte, a cura di C. Galimberti, Genova, Il Melangolo 1992, ISBN 978-88-7018-182-1.
  • La nascita della tragedia, ovvero ellenismo e pessimismo, traduzione, introduzione e note a cura di Enrico Ruta, Bari, Laterza, 1919
  • TUTTO SARÀ ALLORA DIONISO. La visione del mondo dionisiaca. Su verità e menzogna. A cura di Pier Davide Accendere e Alessandra Matti, trad. Francesco Tomatis, Giunti Editore, Bompiani, 2023. ISBN 978-88-301-1954-3.

Nella cultura di massa modifica

Film modifica

  • Fight Club (1999) di David Fincher narra di un uomo, annichilito e stanco della propria esistenza, preda dello sfrenato consumismo occidentale a cavallo del Duemila, preda di una terribile insonnia, che lo paralizza in uno stato depressivo. La sua vita cambia con l'incontro con Tyler Durden: un eccentrico venditore di saponette, con il quale apre un fight club.
  • 2001: Odissea nello spazio (1968) di Stanley Kubrick. La narrazione si concentra sul destino dell'umanità, la quale, avendo conquistato lo spazio, soccombe a sé stessa per mano delle proprie creazioni.
  • Apocalypse Now (1979) di Francis Ford Coppola. Vietnam, 1968. L'agente dei servizi segreti militari Willard viene inviato in una missione per recuperare il colonnello Kurtz, un militare statunitense il quale, impazzito, si rifugiò in Cambogia, creando un villaggio dove i suoi soldati lo adorano come una divinità.
  • Donnie Darko (2001) di Richard Kelly. Donnie è un ragazzo affetto da possibile schizofrenia, il quale resiste alla bigotteria sociale impartitagli dalla scuola andando dalla sua psicologa, la quale lo sottopone a sessioni ipnotiche; la sua vita cambia con l'incontro di Frank, un coniglio umanoide il quale gli dice che tra poco tempo il mondo finirà.

Astronomia modifica

L'astronomo belga Eric Walter Elst, lavorando all'Osservatorio reale del Belgio, il 3 aprile 1989 scoprì un asteroide della fascia principale, che nominò come il genio filosofico: 7014 Nietzsche.

Musica modifica

Letteratura modifica

  • La lunga ode di Gabriele D'Annunzio, Per la morte di un Distruttore (F. N. XXV AGOSTO MCM), pubblicata in Elettra, il secondo libro delle Laudi, è la celebrazione di Nietzsche e della sua vita secondo la rilettura e l'interpretazione dannunziana, soffermandosi in particolare sul suo legame con l'Italia
  • Le lacrime di Nietzsche, di Irvin Yalom, in cui l'autore immagina un possibile incontro fra il filosofo e Josef Breuer, approfittandone per mostrare Nietzsche da un punto di vista sia umano sia filosofico.
  • Citato in diverse poesie come Nietzsche di Stefan George e Totò Merùmeni di Guido Gozzano

Fumetti e romanzi modifica

Videogiochi modifica

  • Ogni capitolo della trilogia dei videogiochi jrpg Xenosaga ha come secondo titolo il nome di un'opera del filosofo Nietzsche. Xenosaga Episode I: Der Wille Zur Macht, Xenosaga Episode II: Jenseits von Gut und Böse e Xenosaga Episode 3: Also sprach Zarathustra. Inoltre in ogni capitolo è presente un personaggio chiave il cui nome è ''Wilhelm'' che probabilmente allude al nome completo del filosofo Friedrich Wilhelm Nietzsche.
  • All'interno di una side quest di The Witcher 3 il protagonista incontra un gruppo di npc che affermano di star aspettando l'avvento del "superuomo", procedendo a citare diversi concetti della filosofia nicciana.

Note modifica

Esplicative modifica

  1. ^

    «Non troppo volentieri riporto qui una storia che merita di essere strappata all’oblio (...) Un giorno, nel febbraio del 1865, Nietzsche si recò da solo a Colonia, e si fece guidare da un fattorino a visitare i monumenti. Alla fine lo invitò a portarlo in un ristorante. Questi invece lo condusse in una casa malfamata. "All'improvviso", così mi raccontò Nietzsche il giorno dopo, "mi sono visto circondato da una mezza dozzina di figure in tulle e lustrini, che mi fissavano piene di attese. Per un po' sono rimasto senza parole. Poi per istinto mi sono diretto verso il pianoforte, come fosse l'unica cosa dotata di anima in quella compagnia, e ho accennato alcuni accordi. Questi mi sciolsero dallo sbalordimento e me la svignai". Da questo episodio e da tutto ciò che so di Nietzsche sono portato a credere che a lui ben si applicano le parole di una biografia di Platone: mulierem nunquam attigit [non toccò mai una donna].»

  2. ^ Köhler, benché con deboli prove, riprendendo Hermann Josef Schmidt, ha tentato di spiegare la vita e la filosofia di Nietzsche sostenendo che era omosessuale o bisessuale. Egli ha affermato che la sifilide di Nietzsche, "solitamente considerata come il prodotto del suo incontro con una prostituta in un bordello di Colonia o Lipsia, è altrettanto probabile. Alcuni sostengono che Nietzsche l'abbia contratta in un bordello maschile di Genova". L'ipotesi del bordello omosessuale secondo lui fu confermata da Sigmund Freud che citò il medico di Nietzsche Otto Binswanger come sua fonte. Köhler fa notare le possibili relazioni di Nietzsche con Ortlepp e Paul Rée, e il suo rapporto unilaterale verso Wagner, e scrive che "l'omosessualità di Nietzsche era ampiamente conosciuta nella Società Psicoanalitica di Vienna" e che la pederastia greca era parte integrante della cultura ammirata da Nietzsche, e integrata nel dionisismo e nella sua mitologia (si veda ad esempio il mito di Ampelo), accanto ai rapporti eterosessuali. Tuttavia la maggioranza degli studiosi ha respinto l'ipotesi a causa della mancanza di prove. La stessa tesi viene invece ampiamente ripresa dallo storico della filosofia Rüdiger Safranski nel suo Nietzsche. Biografia di un pensiero
  3. ^ Il raccapriccio per un cavallo frustato a sangue dal suo padrone era un tema già trattato da Dostoevskij – autore che Nietzsche stimava – in alcune pagine di Delitto e castigo. Inoltre, in Schopenhauer come educatore citato in Ditadi 1994, pp. 875-876 – affronta il tema della crudeltà contro gli animali: "Gli uomini più profondi hanno sempre provato compassione per gli animali [...]. È certo una pena ben grave vivere così, come una bestia, tra fame e cupidigia, e senza giungere mai ad alcuna consapevolezza di questa vita; né si potrebbe pensare sorte più dura di quella della bestia da preda che è spinta nel deserto da un tormento che la rode al massimo; di rado è appagata, ma se lo è, lo è solo nel momento in cui l'appagamento diventa pena, cioè nella lotta dilaniante con altri animali o per l'avidità e la sazietà più disgustose. Essere così ciecamente e stoltamente attaccati alla vita, senza alcuna prospettiva di un premio superiore, ben lontani dal sapere che così si è puniti e perché, bensì anelare a questa pena, come a una felicità con la stoltezza di una orribile brama – questo significa essere una bestia [...]. Finché si aspira alla vita come a una felicità, non si è ancora sollevato lo sguardo al di sopra dell'orizzonte della bestia, si vuole soltanto con maggiore consapevolezza ciò che la bestia cerca spinta da cieco istinto. Ma così succede a noi tutti per la maggior parte della vita: in genere non usciamo dalla bestialità, noi stessi siamo le bestie che sembrano soffrire senza senso".
  4. ^ Tra le ipotesi: Tumore cerebrale a lenta progressione, ipotizzato da Leonard Sax (meningioma); demenza frontotemporale, in particolare le varianti della malattia di Pick e demenza frontotemporale con amiotrofia ereditaria precoce P.G. Milanesei, Il caso Nietzsche, Gruppo di Neuroteoretica, Pavia & Brain Connectivity Center, IRCCS Fondazione Istituto Neurologico Nazionale C. Mondino, Pavia, secondo M. Orth e M.R. Trimble; encefalomiopatia mitocondriale ereditaria per via materna Koszka C., Friedrich Nietzsche (1844-1900): a classical case of mitochondrial encephalomyopathy with lactic acidosis and stroke-like episodes (MELAS) syndrome?: la cosiddetta (MELAS), ipotesi diagnostica proposta da C. Koszka
  5. ^ Secondo i medici che lo ebbero in cura.La diagnosi di neurosifilide venne successivamente contestata dal medico Leonard Sax, il quale si discostò da quest'ultima ipotesi; cfr. Il caso Nietzsche[collegamento interrotto] e Nietzsche e Freud cfr. anche Archiviato il 22 luglio 2011 in Internet Archive. Non essendo stata eseguita l'autopsia, solo un'analisi dei resti o un test del DNA sui famigliari potrebbe dare una risposta. Cfr. Rüdiger Safranski, Nietzsche. Biografia di un pensiero, uscita in Germania nel 2000 e tradotta in Italia nel 2001; si trattava della cosiddetta "paralisi generale dell'insano". cfr. Furious Frederich: Nietzsche’s neurosyphilis diagnosis and new hypotheses
  6. ^ La causa del declino psicofisico è ipotizzata essere un insieme di diverse patologie psichiche e neurologiche, secondo E.M. Cybulska e R. Schain: psicosi maniaco-depressiva (disturbo bipolare), malattia psichiatrica di cui probabilmente soffriva fino dalla gioventù, con, secondo D. Hammond, avvelenamento da mercurio Cfr: Dayan, L.; Ooi, C. (October 2005). "Syphilis treatment: old and new". Expert opinion on pharmacotherapy. 6 (13): 2271–80. PMID 16218887. doi:10.1517/14656566.6.13.2271; cfr. Hammond, David (2013). Mercury Poisoning: The Undiagnosed Epidemic, p. 11., usato come farmaco per la diagnosticata sifilide in fase avanzata (in luogo di una malattia psichiatrica). Il mercurio avrebbe causato negli anni i danni neurologici tramite ictus e demenza vascolare, cfr. Cybulska, EM (August 2000). "The madness of Nietzsche: a misdiagnosis of the millennium?". Hospital Medicine. 61 (8): 571–75. PMID 11045229. doi:10.12968/hosp.2000.61.8.1403.
  7. ^ Acronimo per Cerebral autosomal dominant arteriopathy with subcortical infarcts and leukoencephalopathy, in italiano "arteriopatia cerebrale autosomica dominante con infarti sottocorticali e leucoencefalopatia", una malattia neurologica e vascolare incurabile che causa ripetuti micro-infarti cerebrali, provocando dapprima emicrania (di cui soffriva dagli anni 1860), e in seguito demenza, confusione mentale e apatia, sintomi riscontrati in Nietzsche, ma anche in suo padre, data l'ereditarietà della patologia. Tale patologia e i relativi geni sono stati identificati in molte famiglie con origini tedesche. Secondo molti anche il compositore ebreo tedesco Felix Mendelssohn ne era affetto.
  8. ^ Cfr. la nota 134 a pagina 408 dell'edizione Adelphi dello Zarathustra, la quale chiarisce il seguente passaggio: «A questo punto avvenne che Zarathustra improvvisamente si fermasse: pareva uno che fosse terrorizzato all'estremo». Montinari spiega che qui «Zarathustra rinuncia ad enunciare ciò che insegna alla volontà, ‘il volere a ritroso’, la dottrina dell'eterno ritorno».
  9. ^ Volendo l'istante la questione si è spostata al presente, l'uomo che ha riso è l'uomo che ha lasciato fluire ciò che lo soffocava alla gola e che ha preso a mettere fuori quanto aveva dentro; l'uomo che ride è l'uomo che elimina il suo peso. C'è da dire di più. Continuando a leggere l'aforisma della "Gaia scienza" già citato, si troverà che chi ha riso è rinato, ed è rinato alla luce dell'eternità, nel senso che quando il pastore si accorge che può volere qualcosa che neanche il tempo può scalfire, perché il suo presente è destinato a ripetersi comunque in eterno, allora capisce anche che vale la pena volere.
  10. ^ Onfray, nel suo sostegno a una politica di "sinistra dionisiaca" di tipo libertario, da lui contrapposta alla "sinistra del ressentiment" (di tipo marxista-leninista, ad esempio) afferma di essere per l'appunto un "nietzscheano di sinistra", categoria a cui accosta anche Albert Camus: «essere nietzschiano vuol dire questo: vuol dire di sì a tutto quello che la vita propone, invece essere nietzschiano di sinistra è dire di sì a tutto quello che dice di sì alla vita, ma dire di no a tutto quello che dice di no alla vita» (Filosofi in rivolta: Onfray e il gramscismo di Camus Archiviato il 20 dicembre 2014 in Internet Archive.)

Fonti modifica

  1. ^ Gonçal Mayos Solsona, Zambrano e Nietzsche, il cammino del linguaggio (trad. di Federico Sanguinetti).
  2. ^ Copia archiviata, su ub.edu. URL consultato il 5 aprile 2011 (archiviato dall'url originale il 4 gennaio 2012).
  3. ^ L'indagine filosofica di Nietzsche, su tesionline.it.
  4. ^ Kaufmann 1974, pag. 22
  5. ^ a b c d e f g h Cronologia della vita e delle opere di Nietzsche, su filosofico.net.
  6. ^ Vgl. Joachim Köhler, Gefährliche Gottheit, in: stern, Nr. 41, Hamburg 1994, p. 246.
  7. ^ Hayman, Ronald, Nietzsche: A Life Critical, pag. 42. Oxford University Press, 1980
  8. ^ Horst Althaus, Nietzsche. Una tragedia borghese, Bari 1994, pag. 40-41
  9. ^ Deussen Paul, Erinnerungen an Friedrich Nietzsche, F.A. Brockhaus, Leipzig 1901.
  10. ^ Ottiene la risposta ufficiale in un documento datato 17 aprile 1869, commentato da Curt Paul Janz (Friedrich Nietzsche: Biographie, volume 1. Munich: Carl Hanser, 1978): Von diesem Tage an war Nietzsche also staatsrechtlich kein Preusse und kein Deutscher mehr, sondern... staatenlos, oder, wie der Terminus damals in der Schweiz lautete, heimatlos, was auf Nietzsche besonders zutrifft, und er blieb es... Er wurde und blieb Europäer. [Traduzione: "Da quel giorno in poi Nietzsche, in conformità alla legge dello Stato, non era più prussiano e nemmeno tedesco, ma... apolide, o secondo la terminologia usata in Svizzera a quel tempo, "senza-patria", particolarmente appropriata per Nietzsche; e lo rimase... Divenne e rimase Europeo".]
  11. ^ Richard Wagner, Mein Leben — pubblicato da F. Bruckmann, 1911 (prima edizione)
  12. ^ Nota 31 al testo di Genealogia della morale, pag. 171
  13. ^ "C'è un unico caso in cui io riconosco un mio pari - [...] Frau Cosima Wagner è di gran lunga la natura più nobile" (Ecce Homo, cap. 1, par. 3) e ancora: "di gran lunga la voce suprema che abbia sentito in fatto di gusto" (ibidem, cap. 2, par. 3).
  14. ^ Paul Deussen, Erinnerungen an Friedrich Nietzsche, F.A. Brockhaus Leipzig 1901. Cfr. anche: Claudio Pozzoli (a cura di) Nietzsche (nei ricordi e nelle testimonianze dei contemporanei), Rizzoli Milano 1990, p. 63 e 174.
  15. ^ a b Pietro Citati, Lou Salomé la bambina mangiauomini
  16. ^ Riferimento all'aforisma 324 de La gaia scienza: «No. La vita non mi ha disilluso. Di anno in anno invece la trovo più ricca, più desiderabile e più misteriosa – da quel giorno in cui venne a me il grande liberatore, quel pensiero cioè che la vita potrebbe essere un esperimento di chi è volto alla conoscenza – e non un dovere, non una fatalità, non una frode […] "La vita come mezzo della conoscenza" – con questo principio nel cuore si può non soltanto valorosamente, ma perfino gioiosamente vivere e gioiosamente ridere.» (La gaia scienza, Libro quarto, par. 324)
  17. ^ Epistolario, a cura di Barbara Allason, pag. 238, lettera alla sorella febbraio 1886
  18. ^ Anacleto Verrecchia dubita che sia effettivamente avvenuto l'abbraccio: La catastrofe di Nietzsche a Torino (Torino: Einaudi, 1978) alle pag. 208 e 211 ricostruisce la genesi di questo mito, non riportandolo ad altra bibliografia precedente che a un anonimo articolista della Nuova Antologia del 16 settembre 1900, undici anni dopo il fatto.
  19. ^ Nietzsche, nei ricordi e nelle testimonianze dei contemporanei, a cura di Claudio Pozzoli, Rizzoli Milano, 1990, pp. 364-366 e 371-372.
  20. ^ The madness of Dionysus -- six hypotheses on the illness of Nietzsche.
  21. ^ Pia Daniela Volz, Nietzsche im Labyrinth seiner Krankheit. Eine medizinisch-biographische Untersuchung, 1990
  22. ^ a b c d Leonard Sax, What Was the Cause of Nietzsche's Dementia?, Journal of Medical Biography 11 (2003): 47-54 Consultabile qui; Archiviato il 20 ottobre 2014 in Internet Archive..
  23. ^ Orth M., Trimble MR., Friedrich Nietzsche's mental illness--general paralysis of the insane vs. frontotemporal dementia.;
  24. ^ Lampros Perogamvros ,Stephen Perrig,Julien Bogousslavsky &Panteleimon Giannakopoulos, Friedrich Nietzsche and his Illness: A Neurophilosophical Approach to Introspection, Journal of the History of the Neurosciences Basic and Clinical Perspectives, volume 22, 2013 - Issue 2, p. 664-665
  25. ^ a b Giulio Canfarini, Nietzsche, il pensiero in cammino, p. 336, 2021
  26. ^ MM Gomes, Friedrich Nietzsche: the wandering and learned neuropath under Dionisius, 2015
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  34. ^ Patrick McNamara, Dementia [3 volumes]: [Three Volumes], p. 64
  35. ^ «Al mio amato figlio Umberto. La mia pace sia con te! Martedì verrò a Roma e voglio vederti insieme a Sua Santità il Papa. Il Crocefisso»
  36. ^ Il re e il nichilista, un mistero con i baffi
  37. ^ a b Giulio Canfarini, Nietzsche, il pensiero in cammino, pp. 335-336, 2021
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  41. ^ Massimo Fini, Nietzsche, l'apolide dell'esistenza, pag. 399
  42. ^ ad esempio, Fini nell'op. cit.
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  46. ^ In tedesco "das Ersprießlichste"
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  48. ^ Da cui l'ammirazione verso Voltaire che si riscontra in questo periodo.
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  53. ^ F. Nietzsche, Così parlo Zarathustra, parte I, Della libera morte
  54. ^ F. Nietzsche, L’anticristo, trad. di F. Masini, in «Opere», vol. VI, tomo 3, Adelphi 1975, § 39, p. 214
  55. ^ Aldo Magris, Nietzsche, p. 310, Morcelliana, 2003
  56. ^ L'anticristo, Adelphi, 1970, p. 169,
  57. ^ cit. L'anticristo, Adelphi, 1970, p. 169
  58. ^ "Non sapete che moltissime persone sono malate appunto della loro salute, cioè di una smisurata sicurezza della propria normalità, e perciò stesso contagiate da una terribile presunzione, da una incosciente autoammirazione che talvolta arriva addirittura all’infallibilità? […] Questi uomini pieni di salute non sono così sani come credono, ma, al contrario, sono molto malati e debbono curarsi" (F. Dostoevskij, Diario di uno scrittore)
  59. ^ Frammenti postumi 1888-1889, vol. VIII, tomo III, 15 [110], Adelphi, 1974, pp. 257-258
  60. ^ F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, parte I, Dei transmondani (o Di quelli che vivono fuori dal mondo o Di coloro che sognano l'aldilà
  61. ^ Così parlò Zarathustra, parte 4, Dell'uomo superiore
  62. ^ Friedrich Nietzsche, Al di là del bene e del male: Preludio di una filosofia dell'avvenire (Jenseits von Gut und Böse, 1886), Parte nona, "Che cos'è l'aristocratico?" (in Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1976, vol. XXV, pagg. 334-335)
  63. ^ Friedrich Nietzsche, Al di là del bene e del male, aforisma 153, capitolo IV "Sentenze e intermezzi".
  64. ^ F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, parte I, Dell'albero sulla montagna
  65. ^ F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, parte I, Dei predicatori della morte
  66. ^ F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, parte I, Degli sprezzatori del corpo
  67. ^ Opere di Friedrich Nietzsche, volume 5, tomo 2, su scribd.com, Adelphi (archiviato dall'url originale il 28 gennaio 2015).
  68. ^ (EN) Friedrich Nietzsche, su focus.de, Focus Online.
  69. ^ F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Prologo di Zarathustra
  70. ^ a b c

    «Avete sentito di quel folle uomo che accese una lanterna alla chiara luce del mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: "Cerco Dio! Cerco Dio!". E poiché proprio là si trovavano raccolti molti di quelli che non credevano in Dio, suscitò grandi risa. "È forse perduto?" disse uno. "Si è perduto come un bambino?" fece un altro. "Oppure sta ben nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? È emigrato?" – gridavano e ridevano in una gran confusione. L'uomo folle balzò in mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi: "Dove se n'è andato Dio? – gridò – ve lo voglio dire! L'abbiamo ucciso – voi e io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino all'ultima goccia? Chi ci dette la spugna per strofinare via l'intero orizzonte? Che mai facemmo per sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov'è che si muove ora? Dov'è che ci moviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all'indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? – Non si è fatto piú freddo? Non seguita a venire notte, sempre piú notte? Non dobbiamo accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo ancora nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione? Anche gli dèi si decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di piú sacro e di piú possente il mondo possedeva fino ad oggi si è dissanguato sotto i nostri coltelli – chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremmo lavarci? Quali riti espiatòri, quali sacre rappresentazioni dovremo noi inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiamo anche noi diventare dèi, per apparire almeno degni di essa? Non ci fu mai un'azione piú grande – e tutti coloro che verranno dopo di noi apparterranno, in virtù di questa azione, ad una storia più alta di quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi!". A questo punto il folle uomo tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch'essi tacevano e lo guardavano stupiti. Finalmente gettò a terra la sua lanterna che andò in frantumi e si spense. "Vengo troppo presto" proseguì "non è ancora il mio tempo. Questo enorme evento è ancora per strada e sta facendo il suo cammino – non è ancora arrivato fino alle orecchie degli uomini. Fulmine e tuono vogliono tempo, il lume delle stelle vuole tempo, le azioni vogliono tempo, anche dopo essere state compiute, perché siano viste e ascoltate. Quest'azione è ancor sempre piú lontana dagli uomini delle stelle più lontane – eppure son loro che l'hanno compiuta!". – Si racconta ancora che l'uomo folle abbia fatto irruzione, quello stesso giorno, in diverse chiese e quivi abbia intonato il suo Requiem aeternam Deo. Cacciatone fuori e interrogato, si dice che si fosse limitato a rispondere invariabilmente in questo modo: "Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i sepolcri di Dio?".»

  71. ^ Nietzsche, Dio è morto, su filosofico.net.
  72. ^ a b c d e f L'oltreuomo, su sirigu.it. URL consultato il 23 giugno 2013 (archiviato dall'url originale il 3 luglio 2013).
  73. ^ La parola "über" (equivalente all'italiano e al latino "iper"; cfr. Dizionario italiano: Iper), in tedesco ha molti significati, tra cui "oltre", mentre è meno usata per il significato "sopra"/"super", dove sono più comunemente utilizzati "oben" e "auf"; dizionario italiano-tedesco: Sopra Über
  74. ^ "Ciò che io racconto è la storia dei prossimi due secoli. Io descrivo ciò che viene, ciò che non può fare a meno di venire: l'avvento del nichilismo. Questa storia può già ora essere raccontata; perché la necessità stessa è qui all'opera. Questo futuro parla già per mille segni, questo destino si annunzia dappertutto; per questa musica del futuro tutte le orecchie sono già in ascolto. Tutta la nostra cultura europea si muove in una torturante tensione che cresce da decenni in decenni, come protesa verso una catastrofe: irrequieta, violenta, precipitosa; simile ad una corrente che vuole giungere alla fine, che non riflette più ed ha paura di riflettere."
  75. ^ F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Parte I, Delle gioie e delle passioni
  76. ^ F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, parte III, Delle tavole antiche e nuove
  77. ^ F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, parte II, Della plebe
  78. ^ F.Nietzsche, op. cit., p.18
  79. ^ È in questo punto che Nietzsche chiarisce che l'oltreuomo è colui che accetta l'esistenza dell'eterno ritorno.
  80. ^ L'eterno ritorno Archiviato il 4 settembre 2014 in Internet Archive.
  81. ^ Roger Penrose: Sono infiniti i Big Bang che hanno fatto il mondo Archiviato il 17 maggio 2014 in Internet Archive.
  82. ^ Rüdiger Vaas: "Ewig rollt das Rad des Seins": Der 'Ewige-Wiederkunfts-Gedanke' und seine Aktualität in der modernen physikalischen Kosmologie. In: Helmut Heit, Günter Abel, Marco Brusotti (eds.): Nietzsches Wissenschaftsphilosophie. de Gruyter: Berlin, New York 2012, S. 371-390. ISBN 978-3-11-025937-7
  83. ^ Alex Vilenkin, Many Worlds in One. New York: Hill and Wang 2006
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  88. ^ F.Nietzsche, Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno, (1883-1885), III, "Il convalescente" in Opere, Adelphi, Milano 1968 p.5
  89. ^ F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno [1885], III, 46, 2, trad. di M. Montinari, Adelphi, Milano 2012, p. 184.
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  91. ^ citato in Mazzino Montinari, Che cosa ha detto Nietzsche
  92. ^ F. Nietzsche, Ecce homo, a cura di Roberto Calasso, trad. Giorgio Colli, Adelphi 1991
  93. ^ In La Filosofia nell’epoca tragica dei greci e scritti 1870-1873, Piccola Biblioteca Adelphi, 2003, p. 236.
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  95. ^ L’Anticristo, Newton Compton, Roma, 1977, p. 70
  96. ^ da L'anticristo, 43 e Genealogia della morale
  97. ^ Ecce homo, "Perché sono una fatalità"
  98. ^ Giuseppe Potenza, Nietzsche e il problema del nichilismo nella tradizione del pensiero occidentale a partire dalla questione del nulla, 2014, p.236
  99. ^ Mazzino Montinari, Che cosa ha veramente detto Nietzsche Pubblicato da Ubaldini, 1975 ISBN 88-340-0339-X, 9788834003398
  100. ^ a b c Tilmann Buddensieg, L'Italia di Nietzsche. Città, giardini e palazzi, trad. di L. Novati, Scheiwiller, 2007 ISBN 978-88-7644-531-6.
  101. ^ a b Mario Perniola, introduzione a L'Anticristo, in Nietzsche. Edizioni integrali, Newton, Roma 2011 ISBN 978-88-541-4034-9. Perniola individua il risvolto negativo delle qualità attribuite da Nietzsche all'Italia in quello scetticismo diffuso che degenera nel qualunquismo.
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  133. ^ «Darwin sopravvaluta fino all'inverosimile l'influsso delle "circostanze esterne"; l'essenziale del processo vitale è proprio l'enorme potere creatore di forme dall'interno, che usa, sfrutta le "circostanze esterne".» 7[25] Frammenti postumi 1885/1887 - Adelphi
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  141. ^ «Elaborate l'una indipendentemente dall'altra, le teorie di Lorenz e di Riedl si erano mosse in una medesima direzione, entrambe ribaltando uno dei dogmi più resistenti dell'evoluzionismo classico: il dogma dell'unidirezionalità della selezione. Entrambe sostanziando, con osservazioni e ricerche empiriche oltre che con riflessioni teoriche, un'intuizione che già Nietzsche, un secolo prima aveva espresso con molta chiarezza: il darwinismo tradizionale ha sopravvalutato "fino all'inverosimile l'influsso delle circostanze esterne; l'essenziale del processo vitale è proprio l'enorme potere creatore di forme dall'interno che usa, sfrutta le circostanze esterne".» "LA TEORIA EVOLUZIONISTICA DELLA CONOSCENZA ILLUSTRATA ATTRAVERSO CINQUE LIBRI" di M. Celentano
  142. ^ «È probabile vi siano innumerevoli specie di vita e, conseguentemente, anche di rappresentazioni. «Il vero per noi», vale a dire ciò che ci rende possibile l'esistenza in base all'esperienza e il processo è così antico, che è impossibile trasformare il nostro pensiero. A ciò si riducono tutti gli a priori.» (11[136] Frammenti postumi 1881-Adelphi) «Vi son stati innumerevoli modi cogitandi, ma si son conservati solo quelli che portavano avanti la vita organica...» (11[52] Frammenti postumi 1881 - Adelphi) «Nella catena morfologica degli animali, si sviluppa il sistema nervoso e, più tardi, il cervello: si sviluppa il sentire, come, più tardi, si sviluppa il creare immagini e il pensare.» (25[325] Frammenti postumi 1884 - Adelphi) «L'apparato conoscitivo [...] come mezzo dell'apparato della nutrizione.» (25[377] Frammenti postumi 1884 - Adelphi) «NB. Il principio di conservazione dell'individuo (ovvero la paura della morte) non può essere dedotto da sensazioni di piacere e dispiacere, bensì esso è qualcosa che dirige, è una valutazione, che si trova già alla base di tutte le sensazioni di piacere e dispiacere. Solo quelle attività intellettuali che conservavano l'organismo hanno potuto conservarsi; e nella lotta degli organismi queste attività intellettuali si sono continuamente irrobustite e raffinate.» (25[427] Frammenti postumi 1884 - Adelphi).
  143. ^ Dalle teorie di Nietzsche partono linee di sviluppo «che portano alla dottrina degli istinti di Freud e di Pareto e al loro metodo di considerare il pensiero umano come un dispiegamento e prodotto di meccanismi istintuali» (K. Mannheim, Sociologia della conoscenza nell'opera di Nietzsche, Enciclopedia Feltrinelli - Fischer.
  144. ^ Jung considerava Così parlò Zarathustra come il libro che lo influenzò di più e la sua lettura, da giovane, lo colpì moltissimo: «Come per il Faust di Goethe, si trattò di un'esperienza terribile» (C.G. Jung, Ricordi, sogni, riflessioni,1962, p. 139.
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  147. ^ Si vedano: Osho Rajneesh, Zarathustra un dio che danza, Genova, ECIG, 1989. ISBN 88-7545-352-7. e Zarathustra il profeta che ride, Genova, ECIG, 1991. ISBN 88-7545-445-0. (commenti allo "Zarathustra" di Friedrich Nietzsche). Il guru fa riferimento in un passo alle affermazioni di Nietzsche sulla danza e allo shivaismo induista: «In una delle sue lettere, Nietzsche scrive: "Posso credere solo in un dio danzante", ma non riuscì a trovarne. Se avesse conosciuto qualcosa di Shiva, la sua vita sarebbe stata totalmente diversa: Shiva è il dio che danza.»
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