Portale:Venezia Giulia e Dalmazia

"Sì com'a Pola presso del Carnaro, ch'Italia chiude e i suoi termini bagna"

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Ritratto di donna ragusea del tardo XVI secolo, tradizionalmente ritenuto di Flora Zuzzeri

Flora Zuzzeri (nelle fonti il nome proprio viene reso anche come Fiora o Fiore, il cognome anche Zuzeri, Zuzzori, Zuzori, Zuzzari, Zuzari, Zuzzara o Zuzara; in croato Cvijeta Zuzorić) (Ragusa di Dalmazia, 1552 - Ancona, 1 dicembre 1648), è stata una poetessa ragusea, nota per esser stata la musa ispiratrice di alcuni poeti suoi contemporanei. È divenuta nel tempo il simbolo della poetica femminile rinascimentale della Dalmazia.

Vita

Fin dal XV secolo, molte famiglie si erano trasferite da Ragusa ad Ancona: il Comune infatti aveva deliberato la loro ammissione ad abitare e a partecipare alla vita della città come colonia di nuovi cittadini.

Nell'anno 1562, il cittadino raguseo Francesco Zuzzeri si trasferì quindi con la famiglia in Ancona, per tentare nuove fortune esercitando il commercio, ed in particolare il cambio di valuta e la spedizione di merci in Adriatico. Era già maritato da lungo tempo con la nobile Maria Radagli, dalla quale aveva avuto undici figli: cinque maschi e sei femmine. Flora era la seconda delle femmine, e giunse ad Ancona appena undicenne.

In pochi anni, tutta la prole di Francesco Zuzzeri si sposò: una sola delle sorelle di Flora - Margherita, la minore - si accasò con un raguseo, mentre le altre trovarono marito fra i rampolli della nobiltà anconitana. È probabile che Flora conobbe il suo futuro marito - il fiorentino Bartolomeo Pescioni, figlio di Francesco di Domenico - verso il 1569, quando questi andò ad Ancona per curare i propri affari, in attesa di partire per Ragusa in qualità di console fiorentino. Fu così che dopo il matrimonio - celebrato a Firenze il 14 marzo 1577 - Flora Zuzzeri si trasferì nuovamente a Ragusa come giovane moglie del diplomatico: la precedeva la fama della sua singolare bellezza.


 
 
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L'arena di Pola.


 
 
Icona modificaArte
L'Apoxyómenos di Lussino

L'atleta di Lussino, è un'antica statua in bronzo, opera scultorea greca databile tra il I secolo a.C. e il II d.C., rinvenuta nel 1996 nel mare presso Lussino e riportata a galla nel 1999. Alta circa 192 cm., essa si inquadra nella ben nota tipologia dell'Apoxyómenos, ovvero la rappresentazione di un atleta colto nell'atto di detergersi il corpo da polvere e sudore per mezzo di uno strigile.

Secondo l'accademico Nenad Cambi, dell'Università di Spalato, l'opera sarebbe una copia di bottega ellenistica del II-I secolo a.C., risalente a un originale scultoreo greco della metà del IV secolo a.C.

Il professor Vincenzo Saladino, a Firenze, ritiene invece che il prototipo originale risalga a a un'epoca ellenistica, intorno al 300 a.C., di cui l'atleta di Lussino costituisce una riproduzione in copia del I-II secolo d.C.

Un tentativo di attribuzione è stato compiuto dal prof. Paolo Moreno, che ha ricondotto la tipologia della statua a un originale di Dedalo di Sicione.

Scoperta, restauro e destinazione museale

La statua fu scoperta nel 1996 da un turista belga, il sommozzatore René Wouters, presso l'isola di Vele Orjule, a una profondità di circa 45 metri, adagiata tra due rocce sul fondo sabbioso. La notizia venne inizialmente tenuta segreta per motivi di sicurezza e solo nel 1998 venne portata a conoscenza del Ministero della cultura croato. Il ministero deliberò di affrontare una complessa operazione di prospezione subacquea, con recupero della statua e messa in atto dell'opera di restauro. Per ragioni di opportunità, il ministro Bozo Biskupic decise di riportare a galla la statua prima di dare inizio delle esplorazioni, evitando così che immersioni illegali potessero comprometterne la sicurezza. Fu così che il 27 aprile 1999 la statua fu fatta riemergere, per essere sottoposta a un lungo ciclo di desalinizzazione e restauro conservativo, condotto dall'Istituto di restauro croato, con la partecipazione di altre istituzioni scientifiche e accademiche croate, la collaborazione dell'Opificio delle pietre dure di Firenze e di esperti dei Musei civici di Como.

Ultimati gli interventi conservativi, la statua è stata esposta presso il Museo Archeologico di Zagabria dal 17 maggio al 30 settembre 2006. Dal mese di ottobre 2006, e fino al 30 gennaio 2007, l'opera è stata in tour in Italia: esposta a Firenze nelle sale del Palazzo Medici Riccardi, è stata visitata da circa 80.000 visitatori, incrementando di molto la normale affluenza al museo.


 
 
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Villa Perla (già Tarabocchia), sede designata della CI di Lussinpiccolo

La Comunità degli italiani di Lussinpiccolo (in croato: Zajednica talijana Mali Lošinj) è l'associazione che riunisce gli italiani residenti nell'Isola di Lussino, in Croazia.

Gli italiani dell'isola di Lussino

Nell'isola di Lussino i principali centri abitati furono storicamente Ossero, Lussinpiccolo e Lussingrande. Le prime notizie di Lussinpiccolo datano appena al 1398, e si ritiene che i suoi primi abitanti fossero dei fuggiaschi slavi della costa, che si ritirarono nelle isole a seguito delle violenze dei Mongoli, che giungevano fino all'Ungheria.

Nell'alto Adriatico orientale, la presenza di una comunità autoctona prima latina ed in seguito neoromanza è attestata fin dalle prime cronache successive alla conquista romana della regione. La plurisecolare dominazione veneziana produsse da un lato la progressiva sostituzione della lingua dalmatica col veneziano, dall'altro pure degli ampi fenomeni di assimilazione delle popolazioni slave.


 
 
Icona modificaSocietà, economia e politica
Lo stemma della Regione raguseo-narentana

La Regione raguseo-narentana (o raguseo-narentina; croato: Dubrovačko-neretvanska županija) è una Regione della Croazia meridionale. Essa occupa la parte meridionale della Dalmazia (con la penisola di Sabbioncello e le isole di Curzola, Meleda e Lagosta) e confina ad est con la Bosnia ed Erzegovina e a sud con il Montenegro. Capoluogo della Regione è Ragusa.

Geografia

Gran parte della Regione raguseo-narentana costituisce una exclave, in quanto non vi è continuità territoriale con il resto della Croazia. La terraferma croata viene difatti tagliata all'altezza di Neum da una parte costiera di pochi chilometri che costituisce l'unico sbocco al mare della Bosnia-Erzegovina. Per ovviare a questo problema dal novembre 2005 è in costruzione un ponte di 2.300 m che collega la città di Porto Tolero con la penisola di Sabbioncello.

Popolazione

Suddivisione della popolazione secondo le nazionalità (dati secondo il censimento del 2001):

  • 114.621 (93,29%) croati
  • 2.409 (1,96%) serbi
  • 1.760 (1,43%) bosniaci
  • 370 (0,30%) montenegrini
  • 328 (0,27%) albanesi
  • 163 (0,13%) sloveni


 
 
Icona modificaMappe
- La Venezia Giulia (mappa del 1928)
- La Dalmazia nei suoi confini storici e geografici
 
 
Icona modifica2 luglio - Oggi accadde
Nessun evento registrato.


 
 
Icona modificaLa citazione

«(...) Sciat Itala tellus
Haud Ragusinis vicinam serpere terris
Barbariem, ingenuas sed libera stare per artes
Moenia (...)»


 
 
Icona modificaStoria
L'esplosione, ripresa da lunga distanza

La strage di Vergarolla (o anche Vergarola) fu causata dall'esplosione di un deposito di ordigni, avvenuta il 18 agosto 1946 sulla spiaggia di Vergarolla a Pola. L'esplosione provocò la morte di non meno di 80 persone.

In quel periodo l'Istria era rivendicata dalla Jugoslavia di Tito, che l'aveva occupata fin dal maggio 1945. Pola, invece, era amministrata, a nome e per conto degli Alleati dalle truppe britanniche, ed era quindi l'unica parte dell'Istria al di fuori del controllo Jugoslavo.

Le responsabilità dell'esplosione, la dinamica e perfino il numero delle vittime sono tuttora fonte di accesi dibattiti.


 
 
Icona modificaIl personaggio
Roberto de Visiani in una foto dello studio Francesco Benque di Trieste

Roberto de Visiani (in croato Robert Visiani) (Sebenico, 9 aprile 1800Padova, 4 maggio 1878), nato in Dalmazia, è stato uno dei padri dello studio moderno della botanica in Italia. Le piante da lui classificate riportano la sigla "Vis.".

Gli anni della formazione

Concittadino e amico di Niccolò Tommaseo, era figlio di un medico e dopo gli studi giovanili nella sua città natale e al seminario di Spalato, nel 1822 si laureò in medicina presso l'Università di Padova.

Fin da ragazzo coltivò vari interessi, dalla letteratura alle scienze, ma la sua predilezione andò da subito alla botanica, al tempo considerata una branca della medicina: a Padova il suo interesse si focalizzò sul locale Orto botanico, alla cui cura si dedicò fin da studente.

Assistente universitario fino al 1827, ritornò in Dalmazia per dedicarsi all'attività di medico (a Sebenico, Dernis, Cattaro e Budua). I suoi appunti dell'epoca mostrano ancora una volta il suo vero interesse: recandosi a visitare i malati non mancava infatti di raccogliere gli esemplari di centinaia di erbe trovate lungo la strada, che in seguito classificava, descriveva ed archiviava. Nel contempo, manteneva una corrispondenza col proprio maestro padovano, quel professor Giuseppe Antonio Bonato che negli stessi anni cercava di istituire l'insegnamento autonomo della botanica nell'ateneo patavino.

De Visiani scrisse di alcune piante al direttore della "Gazzetta Botanica" ("Botanische Zeitung") di Ratisbona, e poco dopo venne invitato a collaborare alla rivista. Fra il 1828 e il 1830 pubblicò la classificazione e la descrizione di oltre cinquanta specie da lui scoperte.


 
 
Icona modificaLo sapevi che...
...il nome di Dubrovnik fu scritto la prima volta in un documento inviato a Ragusa dal re bosniaco Kulin nel 1189.


 
 
Icona modificaIl libro del giorno

Istria nel tempo. Manuale di storia regionale dell'Istria con riferimenti alla città di Fiume, Unione Italiana, Fiume - Università Popolare, Trieste - Centro di Ricerche Storiche, Rovigno 2006

Un libro scritto principalmente da studiosi italiani della minoranza in Slovenia e Croazia, dedicato in primis ai propri connazionali e poi a chiunque sia interessato alla storia dell’Istria. Questo testo – pensato ed impaginato per entrare nelle scuole – è una delle più belle novità editoriali degli ultimi decenni. Coordinati dal prof. Egidio Ivetic, alcuni fra i più noti nomi di storici della regione hanno collaborato a fare di “Istria nel tempo” un punto d’arrivo ma anche un punto di partenza. Da questo libro si può partire per raccontare finalmente in modo completo e aggiornato – senza pagare dazio alla dittatura di turno – la travagliata storia di una regione di confine. Fra tutti gli interessanti capitoli si segnalano le venti pagine finali, dedicate alla storia della Comunità Nazionale Italiana dal 1947 al 1992. Da questo eccellente studio inizierà un lavoro di sensibilizzazione nelle scuole della minoranza italiana nella regione, che poi – si spera – potrà essere esteso anche alle attuali maggioranze. Niente di meglio della conoscenza reciproca per favorire un rapporto sereno.


 
 
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Geografia (Regioni storiche e attuali, isole principali, province e capoluoghi comunali, fiumi e laghi. I comuni istriani sono tutti nella sezione "Istria". Le località minori non sono state inserite)


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