Regione (Italia)

suddivisione amministrativa di primo livello della Repubblica Italiana
(Reindirizzamento da Autonomia differenziata)

Le regioni sono, assieme ai comuni, alle città metropolitane, alle province e allo Stato, uno dei cinque elementi costitutivi della Repubblica Italiana.

AbruzzoBasilicataCalabriaCampaniaEmilia-RomagnaFriuli-Venezia GiuliaLazioLiguriaLombardiaMarcheMolisePiemontePugliaSardegnaSiciliaToscanaTrentino-Alto AdigeUmbriaValle d'AostaVeneto
Italia suddivisa per regioni

Ogni regione è un ente territoriale con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione, come stabilito dall'art. 114, secondo comma del testo. Le regioni non sono considerate enti locali (comuni, province, ecc.), i quali sono invece disciplinati dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL).

Le regioni, secondo quanto indicato dall'art. 131, sono venti. Cinque di queste sono dotate di uno statuto speciale di autonomia e una di queste (il Trentino-Alto Adige), è costituita dalle uniche due province autonome, dotate cioè di poteri legislativi analoghi a quelli delle regioni a statuto speciale, dell'ordinamento italiano (Trento e Bolzano). Nel rispetto delle minoranze linguistiche, il Trentino-Alto Adige e la Valle d'Aosta sono riportati con le denominazioni bilingui di Trentino-Alto Adige/Südtirol e Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste all'art. 116, come modificato nel 2001.

Storia modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Regionalismo (Italia).

Dopo la proclamazione del Regno d'Italia, l'organizzazione amministrativa venne improntata alla centralizzazione amministrativa e politica;[1] infatti, la legge 20 marzo 1865, n. 2248 disciplinò, tra l'altro, le funzioni di province e comuni. Le province, in particolare, erano la "sede di decentramento dell’amministrazione centrale", con a capo il prefetto, avente il compito di verificare la rispondenza degli atti provinciali e comunali alle leggi statali. I territori vennero divisi in province, mandamenti e circondari, il successivo Regio decreto 10 febbraio 1889, n. 5921 nonché le leggi 21 maggio 1908 n. 269 e 4 febbraio 1915, n. 148 garantirono un più ampio margine di decentramento amministrativo.[1]

Nel Regno d'Italia vi erano i comuni e le province (nonché due enti intermedi soppressi, i mandamenti e i circondari), ma non esistevano ancora le regioni quali enti territoriali: esse infatti nacquero con la Costituzione della Repubblica Italiana del secondo dopoguerra. Già nella seconda metà dell'Ottocento, però, lo statistico Pietro Maestri raggruppò, a fini statistici, gruppi di province in "compartimenti", i quali erano i precursori delle odierne regioni italiane. I compartimenti, però, non erano altro che suddivisioni geografiche a fini statistici, prive di governo o amministrazione. Il termine "regione" come sostituto del termine "compartimento" si avrà per la prima volta nell'Annuario statistico italiano del 1912, riprendendo la dicitura augustea. La partizione dei "compartimenti statistici" di Pietro Maestri si mantenne pressoché immutata nella delimitazione delle "regioni" del secondo dopoguerra, tanto che risulta difficile notare differenze tra i compartimenti del 1870 e le odierne regioni (fatta eccezione per i territori non ancora annessi).[2]

Essendo previste nella Costituzione della Repubblica Italiana, il 31 gennaio 1947 la seconda sottocommissione della Commissione per la Costituzione aveva stabilito che le nuove Regioni avrebbero dovuto essere ventidue: Piemonte, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Emilia, Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Salento, Lucania, Calabria, Sicilia, Sardegna, Valle d'Aosta.

Tuttavia, il testo coordinato dal comitato di redazione prima della votazione finale in Assemblea e distribuito ai deputati il 20 dicembre 1947 all'articolo 31 recitava:

Rispetto alla bozza il numero delle regioni era sceso a diciannove: era stato mutato in Basilicata il nome della Lucania, il Salento era stato inglobato nel resto della Puglia, si accorpavano l'Emilia con la Romagna e l'Abruzzo con il Molise.

La costituzione delle stesse ebbe però luogo solo successivamente con la legge 16 maggio 1970, n. 281 e dal relativo regolamento di attuazione, il D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, i quali decretarono l'istituzione vera e propria delle regioni italiane come enti territoriali. In particolare, il D.P.R. n. 8/1972 regolò le modalità operative del trasferimento delle funzioni amministrative statali alle regioni a statuto ordinario. Le regioni quali enti pubblici parzialmente autonomi con la Costituzione della Repubblica Italiana, entrata in vigore il 1º gennaio 1948, che, agli articoli 114 e 115, prevedeva[3] infatti:

«La Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni.»

«Le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i principî fissati nella Costituzione.»

Il Friuli e la Venezia Giulia furono accorpati nella regione Friuli-Venezia Giulia, mentre gli Abruzzi e il Molise furono accorpati nella regione Abruzzi e Molise. Nel 1963, con l'approvazione di un'apposita legge di modifica costituzionale, in deroga all'art. 132, grazie a una disposizione transitoria che aggirava il limite del milione di abitanti e il referendum tra i cittadini interessati, sarebbe stata concessa l'autonomia al Molise. La regione Abruzzi e Molise venne di nuovo scorporata nelle due regioni Abruzzo e Molise, portando così a venti il numero attuale delle regioni.

Descrizione modifica

Caratteristiche modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Simboli delle regioni d'Italia.

Nell'ordinamento giuridico italiano la regione è:

  • un ente di rilievo costituzionale, cioè previsto come necessario dalla costituzione;
  • un ente autonomo, visto che è dotato di autonomia in diversi ambiti;
  • un ente autarchico, dato che opera in regime di diritto amministrativo e dispone di potestà pubbliche;
  • un ente ad appartenenza necessaria, dato che tutti i cittadini residenti ne fanno parte.

Tutte le regioni posseggono stemma e gonfalone ufficiale.

Organizzazione amministrativa modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Legge Tatarella.

Gli organi della regione sono indicati dall'art. 121 della Costituzione e sono:

La regione è rappresentata dal presidente della giunta regionale (in alcuni statuti regionali è detto presidente della regione) che dal 2000 viene eletto direttamente e democraticamente tramite elezioni regionali a suffragio universale tra tutti i cittadini dei comuni della regione aventi diritto al voto (età maggiore di 18 anni), a meno che lo statuto regionale non preveda l'elezione da parte del Consiglio regionale. Se il presidente della regione viene sfiduciato o si dimette volontariamente con effetti immediati o muore o è impedito permanentemente il Consiglio regionale viene sciolto e vengono indette al più presto nuove elezioni. Fino a che siano instaurati i nuovi organi della regione sono prorogati i poteri dei precedenti organi per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione.

Le funzioni amministrative sono attribuite alla giunta regionale, formata dagli assessori nominati dal presidente della regione in rappresentanza delle forze politiche che lo hanno appoggiato, oltre che allo stesso presidente della regione (equivalente del capo del governo e del consiglio dei ministri a livello statale).

La regione è dotata di un consiglio regionale, eletto dai cittadini maggiorenni residenti nella regione, organo collegiale equivalente del Parlamento a livello statale, composto da consiglieri regionali in rappresentanza di tutte le forze politiche del territorio con funzioni di approvazione del bilancio regionale, delle delibere e provvedimenti emessi dal presidente/giunta. In Sicilia, regione autonoma, prende il nome di parlamento regionale e i suoi membri sono detti deputati e non consiglieri. Il consiglio esercita il potere legislativo per le materie che la Costituzione e gli statuti speciali per le regioni autonome demandano alla potestà legislativa esclusiva o concorrente.

Questi sono organi necessari delle regioni, per cui gli statuti e le leggi regionali non possono disporre diversamente dal dettato costituzionale.

Confini modifica

Sin dalla loro definizione geografico-statistica della seconda metà dell'Ottocento nella forma dei compartimenti, le regioni italiane non ebbero una definizione rigorosa dei loro confini basata sulla cartografia, non essendo altro che dei "nomi geografici" privi di propria amministrazione o potere politico. Proprio perché i compartimenti erano dei raggruppamenti di province, la loro delimitazione non poteva che, in ultima analisi, ricondursi a quella delle province ricomprese.

Con il secondo dopoguerra e l'istituzione delle Regioni come enti territoriali emerse la necessità di definirne i territori con maggior accuratezza. Pur non essendoci state leggi emanate dallo Stato italiano che definissero i confini delle regioni in senso compiuto, gli statuti regionali di ogni singola regione definiscono il territorio della regione stessa. Quest'ultimo è definito, però, sempre facendo riferimento alle province ricomprese da ciascuna regione e, in ultima analisi, ai comuni delle province stesse. A titolo di esempio, l'articolo 7 dello Statuto della Regione Puglia definisce il territorio di competenza come:

«. I comuni i cui territori sono compresi nelle province di Bari, Barletta-Andria-Trani, Brindisi, Foggia, Lecce e Taranto costituiscono la Regione Puglia»

I confini delle Regioni sono pertanto da ricondursi a quelli delle loro Province, ma resta ferma per lo Stato italiano la possibilità di fondere Regioni o crearne di nuove attraverso leggi costituzionali. Allo Stato è anche consentito, con leggi costituzionali, il passaggio di province o comuni da una regione a un'altra preceduta però da approvazione popolare attraverso referendum nelle province o comuni interessati (modifiche dei confini regionali dall'Unità d'Italia). Le facoltà di cui sopra sono sancite dall'art. 132 della Costituzione. L'art. 133 comma 1, invece, sancisce che con leggi, lo Stato italiano possa modificare l'appartenenza dei comuni da una Provincia a un'altra (modificandone in tal modo i confini), oppure istituire nuove Province.

L'art. 133 comma 2 della Costituzione, inoltre, sancisce che le Regioni possono modificare i confini dei comuni esistenti e le loro denominazioni. Secondo lo stesso comma 2 dell'art. 133, la Regione può anche creare nuovi comuni e ridefinirne i confini. Ulteriori disposizioni in tal senso sono forniti dall'articolo 15 del Testo unico sull'ordinamento degli enti locali.

Tipologie modifica

In base allo statuto, che è per le regioni quello che è per lo stato la sua costituzione, è possibile distinguere due grandi categorie:

Regioni a statuto ordinario modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Regione a statuto ordinario.
 
Le 15 regioni a statuto ordinario.

Quindici delle venti regioni italiane sono a statuto ordinario. Lo statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate con intervallo non minore di due mesi. Lo statuto è sottoposto a referendum qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della regione o un quinto dei componenti il Consiglio regionale. Lo statuto sottoposto a referendum non è promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi.

L'autonomia legislativa di queste regioni è stata notevolmente ampliata dalla riforma costituzionale del 2001, approvata sotto il governo Amato II e confermata dal voto popolare durante il governo Berlusconi II.

Tuttavia l'autonomia finanziaria, il cosiddetto federalismo fiscale, pure prevista dall'art. 119 della costituzione riformata, non è ancora operativa, per cui le regioni dipendono ancora dai trasferimenti dello stato centrale. Le regioni dispongono comunque dell'IRAP (imposta regionale sulle attività produttive), di un'addizionale regionale all'IRPEF, di una compartecipazione all'IVA e di altri tributi minori.

Le regioni a statuto ordinario erano previste già nella Costituzione della Repubblica Italiana (1948), ma entrarono in funzione soltanto nel 1970.

Regioni a statuto speciale modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Regione a statuto speciale.
 
Le 5 regioni a statuto speciale.

Cinque regioni sono a statuto speciale, approvati con legge costituzionale nel 1948 (il Friuli-Venezia Giulia nel 1963), come previsto dall'art. 116 della Costituzione.

Lo statuto speciale garantisce una particolare forma di autonomia, ciò è tangibile nell'autonomia impositiva. Il Friuli-Venezia Giulia trattiene per sé il 60% della maggior parte dei tributi riscossi nel territorio regionale, la Sardegna il 70%, la Valle d'Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano il 90% e la Sicilia il 100% (il cui diritto sancito dallo Statuto speciale del 1946 non è stato ancora pienamente attuato). Tali regioni dispongono di notevoli poteri legislativi e amministrativi, come nei settori scuola, sanità, infrastrutture e di conseguenza debbono provvedere al relativo finanziamento principalmente con le proprie risorse, mentre nelle regioni a statuto ordinario le spese sono principalmente a carico dello Stato.

Di conseguenza, le province autonome di Trento e Bolzano (mezzo milione di abitanti ciascuna) dispongono di un bilancio corrispondente a quello del Veneto, sebbene quest'ultimo abbia 4,8 milioni di abitanti. Anche per questo diversi comuni di confine chiedono il passaggio alle più ricche regioni a statuto speciale, come permesso dalla Costituzione (vedi anche progetti di aggregazione di comuni ad altra regione e progetti di aggregazione di comuni al Trentino-Alto Adige).

La prima regione a essere istituita fu la Sicilia nel 1946, con il regio decreto del 15 maggio, prima del referendum istituzionale, e confermato con la legge costituzionale n. 2/1948.

Tre regioni a statuto speciale furono istituite dalla stessa Assemblea costituente nel 1948: la Sardegna, date le forti spinte autonomistiche, se non indipendentistiche come in Sicilia, la Valle d'Aosta per tutelare la minoranza francofona, e il Trentino-Alto Adige per la tutela dei germanofoni ai sensi dell'accordo di Parigi. Nel 1963 fu costituita la regione a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia.

Nel 1972 entrò in vigore il nuovo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, che trasferì la maggior parte dei poteri regionali alle due province autonome di Trento e Bolzano.

Province autonome modifica

La regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle province autonome di Trento e di Bolzano (art 116, secondo comma). Tali province sono dotate di poteri, anche legislativi, corrispondenti a quelli di una regione.

La regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è stata ampiamente esautorata. La presidenza viene assunta a turno dai presidenti delle province di Trento e di Bolzano. Anche il ruolo di Trento come capoluogo è stato ridimensionato, dal momento che la Giunta e il Consiglio si riuniscono anche a Bolzano.

Autonomia ordinaria modifica

Statutaria modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Regione a statuto ordinario.

L'autonomia statutaria viene riconosciuta alle sole regioni a statuto ordinario. Ciascuna regione ordinaria adotta con legge regionale uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Lo statuto regola l'esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali.

Le regioni a statuto speciale sono prive di tale autonomia (cioè del potere-dovere di darsi uno statuto), visto che gli statuti speciali sono leggi costituzionali dello Stato. Tuttavia la legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2, ha modificato gli statuti delle cinque regioni speciali, attribuendo a una legge statutaria la determinazione della forma di governo della regione e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Solo per la regione Trentino-Alto Adige/Südtirol la forma di governo continua a essere disciplinata dallo statuto regionale.

Legislativa modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Potestà legislativa in Italia.

In seguito alla revisione costituzionale del 2001, la potestà legislativa appartiene allo Stato e alle regioni, posti sullo stesso piano; la competenza è attribuita per materie.

La competenza a legiferare può essere:

  • esclusiva dello Stato;
  • concorrente (o ripartita) tra lo Stato e le regioni;
  • residuale delle regioni (interpretata come esclusiva).

Per l'art. 127 della Costituzione "Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione". Così come la Regione " quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale entro 60 giorni dalla pubblicazione di una legge o dell'atto avente valore di legge" (art.127 co. 2).

Regolamentare modifica

L'autonomia regolamentare della regione è definita dall'art. 117 della Costituzione, 6º comma.

La regione ha potestà regolamentare nelle materie su cui ha competenza esclusiva e su quelle in cui la competenza tra Stato e regione è di tipo concorrente. Ha potestà regolamentare nelle materie di competenza esclusiva dello Stato in quanto sia a essa delegata.

La titolarità della potestà regolamentare della regione non è definita a livello costituzionale. La corte costituzionale, nella sentenza n. 313/2003,[5] ha infatti sostenuto la teoria della libertà di scelta degli Statuti delle Regioni, affermando che spetta alla singola Regione, nell'ambito della sua autonomia, decidere quale deve esser l'organo che in concreto svolge la funzione regolamentare.

Il Consiglio Regionale esercita la potestà regolamentare nelle materie di competenza esclusiva statale delegate alle Regioni in base all'art. 117 comma 6 della Costituzione.

Amministrativa modifica

L'autonomia amministrativa della regione è stabilita con l'art. 118 della Costituzione.

L'autonomia amministrativa della regione, come di tutte le pubbliche amministrazioni, deve aderire ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

La regione, con legge regionale, può delegare le funzioni amministrative di cui è titolare ai Comuni, alle Province o alle Città metropolitane.

Prima della modifica costituzionale per opera della legge n. 3/2001 vigeva il principio del parallelismo tra funzione legislativa e funzione amministrativa. Quindi alle regioni spettavano le funzioni amministrative in riferimento alle materie di cui all'art. 117 (anch'esso previgente alla riforma del titolo V).

Inoltre

  1. lo Stato poteva delegare funzione amministrative alle regioni in materie di propria competenza legislativa;
  2. lo Stato poteva attribuire direttamente funzioni agli enti locali, qualora si trattasse di funzioni di interesse strettamente locale;
  3. lo Stato poteva trattenere funzioni presso di sé, qualora si ravvisasse un interesse nazionale;
  4. le regioni avrebbero dovuto utilizzare le proprie funzioni amministrative tramite comuni e province utilizzando lo strumento della delega e dell'avvalimento.

Finanziaria e fiscale modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Federalismo fiscale.

L'autonomia finanziaria della regione è stabilita con l'art. 119 della Costituzione, contenente i principi del federalismo fiscale (finora attuati soltanto in parte).

La regione ha autonomia finanziaria di entrata e di spesa. Stabilisce e applica tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispone di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al proprio territorio.

La regione ha un proprio patrimonio.

Può ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento.

Per disposizione dell'art. 120 della Costituzione la regione non può stabilire dazi sul commercio con le altre regioni.

Autonomia differenziata modifica

Anni 2000 modifica

Successivamente alla revisione costituzionale del 2001, nell'ambito dell'organizzazione della giustizia di pace, delle norme generali sull'istruzione e della tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, nonché di tutte le materie attinenti alla competenza concorrente, le regioni a statuto ordinario possono conseguire – su propria iniziativa, con legge statale approvata a maggioranza assoluta previa intesa con lo Stato – ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia.[6]

Nel 2006 si tenne un nuovo referendum costituzionale che prevedeva di trasferire alle regioni ulteriori compiti, ma fu respinto nel voto.

Progetto di ampliamento dell'autonomia delle regioni (dal 2015) modifica

A partire dal 2015 in Lombardia e in Veneto è partita un'iniziativa del legislatore per ampliare ulteriormente l'autonomia dal governo centrale, al fine di chiedere il trasferimento delle ulteriori 23 competenze spettanti alle Regioni, lo statuto speciale e i 9/10 delle tasse riscosse, in base all'Art. Cost. 116, c. 3 stesso.[7][8] Ne sono scaturiti due referendum consultivi nelle rispettive regioni, dall'esito plebiscitario.[9] Dopo alcune trattative, fu raggiunto un accordo preliminare con il governo nel febbraio 2018.[10]

Con l'inizio della XIX legislatura nel tardo 2022 sono ripresi i lavori per portare avanti l'autonomia fiscale e la ulteriore devolution, giungendo a un primo provvedimento emanato dal governo centrale.[11][12][13]

Controlli modifica

Statali modifica

La legge costituzionale n. 3/2001 ha abolito il comitato regionale di controllo e i controlli sugli atti (amministrativi e anche di legge) della regione, esercitati sino ad allora da cosiddetti commissari del governo. Nei capoluoghi delle regioni speciali e nelle province autonome essi continuano tuttavia a esercitare (almeno in parte) i loro uffici. Nelle altre regioni una parte dei poteri dei commissari viene esercitata dai prefetti dei capoluoghi regionali, in qualità di rappresentanti dello Stato nei rapporti con il sistema delle autonomie.

Quanto al controllo sugli organi regionali, l'art. 120 II prevede: «Il Governo può sostituirsi a organi delle regioni … nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.»

L'art. 126 stabilisce: «Con decreto motivato del presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del presidente della giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge.». Lo scioglimento è deliberato dal Consiglio dei ministri, previo parere della Commissione Parlamentare sugli affari regionali.

Passando poi alla legislazione regionale, l'art. 127 della Costituzione stabilisce: «Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione.»

Quanto allo statuto delle regioni ordinarie, l'art. 123 della Costituzione recita: "Il Governo della Repubblica può promuovere la questione di legittimità costituzionale sugli statuti regionali dinanzi alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla loro pubblicazione".

Regionali modifica

La regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un'altra regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto avente valore di legge (art. 127 Cost.).

La regione, oltre a ricorrere alla giustizia amministrativa, può sollevare un conflitto di attribuzioni di fronte alla Corte costituzionale se vengono lese le sue competenze amministrative.

Validità e limiti di statuti, leggi e regolamenti regionali modifica

In seguito alla riforma costituzionale del 2001, si è avuta, almeno sulla carta, un'inversione dei ruoli di Stato e Regioni, le quali hanno avuto un rafforzamento della loro potestà legislativa. L'articolo 117 della Costituzione definisce i campi in cui solo lo Stato può legiferare (la cosiddetta "potestà legislativa esclusiva", ad esempio nel campo penale). Al secondo comma, invece. sono definiti i campi di "potestà legislativa concorrente", il che significa che le Regioni legiferano nei campi in questione, fatta salva la possibilità per lo Stato di definire con leggi i principi generali da seguire. Per i campi non menzionati nell'art. 117, la competenza legislativa è (o dovrebbe essere) solo delle Regioni (la cosiddetta "potestà legislativa residuale").

Ciò detto, ci sono buoni motivi per ritenere che la ripartizione di cui sopra sia rimasta sostanzialmente disapplicata e che poco o nulla sia cambiato dal 2001. Le ragioni sono almeno due; la prima è che spesso non è possibile attribuire a ciascuna disposizione di legge una categoria univocamente determinata, essendoci spesso delle sovrapposizioni tra le categorie o semplicemente dei dubbi interpretativi.[14] In secondo luogo, resta ferma per lo Stato la possibilità di sostituirsi alle Regioni anche nei campi di legislazione concorrente e residuale, e questa prerogativa è assicurata dall'articolo 120, comma 2. Questa disposizione, che nella Costituzione sarebbe dovuta essere limitata ai casi eccezionali di lassismo o inconcludenza delle Regioni, ha finito con l'essere applicata regolarmente. Un'ulteriore ragione che giustificherebbe la sostituzione dello Stato alle Regioni, deriverebbe dal cosiddetto principio di sussidiarietà contenuto nell'articolo 118 della Costituzione; la sentenza n. 303/2003 della Corte costituzionale ha infatti chiarito che il principio di sussidiarietà autorizza, in caso di necessità, non solo l'attribuzione allo Stato di funzioni amministrative nel campo di competenza delle Regioni, ma anche di quelle più propriamente legislative.[15]

La Corte costituzionale, con le sentenze n. 282/2002 e n. 303/2003 ha in un certo qual senso legittimato l'assunzione di funzioni e l'espansione dei poteri statali, a patto che siano soddisfatti alcuni requisiti quali la non irragionevolezza e il ricorso all'intesa (preventivo esame della Conferenza Stato-Regioni).[16]

Fermo restando quanto detto sopra, per le materie sottoposte a potestà legislativa concorrente (articolo 117 della Costituzione), lo Stato può in teoria, determinare solo i principi fondamentali. Non è però, ben definito che cosa debba intendersi per "principio fondamentale", non essendoci di norma soluzione di continuità tra norme generali e norme particolari. Questo sarebbe un'ulteriore causa di attribuzione allo Stato di prerogative in materie di competenza regionale. Nonostante la riforma costituzionale del 2001, sono ancora oggi utilizzati due criteri dottrinali fondamentali per stabilire se una legge sia di competenza statale o regionale. Questi due criteri sono:[16]

  • il criterio gerarchico;[17]
  • il criterio di competenza.[17]

Statuti regionali modifica

Come sancito dall'articolo 123 della Costituzione, uno dei principali compiti attribuiti agli statuti regionali ordinari è definire la "forma di governo regionale", cioè le funzioni e i limiti degli organi politici regionali, oltreché i "principi fondamentali di organizzazione e funzionamento" nel rispetto del criterio del "numero chiuso delle fonti primarie", cioè l'impossibilità per lo statuto di definire fonti legislative aggiuntive rispetto a quelle definite nella Costituzione per le Regioni.

Lo statuto regionale ordinario, essendo previsto e definito dalla Costituzione, non può non essere "in armonia con la Costituzione" stessa (art. 123 comma 1 della Costituzione). Prima della riforma della Costituzione del 1999, lo statuto doveva essere in armonia non solo con la Costituzione ma anche "in armonia con le leggi della Repubblica", e questo ne limitava fortemente l'ambito di azione. La dottrina ha inoltre chiarito che gli statuti ordinari devono rispettare non solo le norme della Costituzione, ma anche i suoi dettami impliciti desumibili da una lettura attenta di essa come ad esempio il principio democratico e quello di unità e indivisibilità della Repubblica, nonché il principio del numero chiuso delle fonti primarie di cui sopra.[18]

Alcune sentenze della Corte costituzionale, come la n. 201/2008 e la n. 188/2007, hanno chiarito che sono incostituzionali, in quanto violano l'art. 123 della Costituzione, le leggi regionali in contrasto con lo statuto regionale.[19]

La dottrina ha anche esaminato la possibilità che uno statuto possa trattare in aggiunta materie di competenza riservata alle leggi regionali (o, eventualmente, anche ai regolamenti regionali); quindi non solo temi come ad esempio la "foma di governo regionale" e i relativi organi. In particolare, c'è chi si è espresso per l'ammissibiiltà di contenuti statutari siffatti, dal momento che lo statuto è, a norma dell'articolo 123 della Costituzione, esso stesso una legge regionale. Altri invece, (con i dovuti distinguo, a seconda che la materia sia di competenza concorrente o residuale) hanno fatto notare che lo statuto viene approvato o modificato con il cosiddetto "procedimento aggravato" (cioè più complesso e con maggiori garanzie) e, per poter modificare le disposizioni statutarie in questione, servirebbe un altro procedimento aggravato; ne deriverebbe pertanto una maggiore difficoltà per le leggi regionali di intervenire su temi di loro stessa competenza (a norma dell'articolo 123 della Costituzione).[19]

Regolamenti regionali modifica

L'articolo 117 della Costituzione, ai commi 6 e 7, sancisce che:

«La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia.»

Il comma 6 garantisce allo Stato la facoltà di emanare regolamenti nelle materie di legislazione esclusiva di cui all'articolo 117. Lo Stato, però, attraverso leggi, potrebbe delegare le Regioni a emanare regolamenti anche in un ambito particolare la cui competenza è esclusivamente statale, a patto che non siano materie sotto "riserva di legge". Materie sotto "riserva di legge" sono materie la cui competenza non può essere delegata dallo Stato sulla base di specifica disposizione costituzionale (si pensi ad esempio alla materia penale, attribuita allo Stato sotto riserva di legge a norma dell'articolo 25, comma 2 della Costituzione).[20]

Nelle materie di competenza legislativa concorrente e residuale, le Regioni mantengono in teoria la potestà regolamentare, ma resta ferma la possibilità per lo Stato di emanare regolamenti "trasversali", relativi ad ambiti di competenza regionale come accaduto già per l'istruzione (potestà legislativa concorrente) e la cui legittimità è stata avallata dalla Corte costituzionale (sentenza n. 279/2005).[20]

La legge costituzionale n. 1/1999 ha abrogato l'attribuzione della competenza regolamentare al Consiglio regionale e ne ha reso possibile l'attribuzione con statuto alla Giunta.

Amministrazione e costi modifica

Bilanci modifica

Nel 2010 il bilancio consuntivo delle regioni italiane è stato di 208 miliardi di euro, di cui 111 per la sanità, 12,4 per l'amministrazione, 12 per i trasporti, 8,9 per lo sviluppo economico, 8,2 per l'istruzione, 7,5 per il territorio, 6 per l'assistenza sociale, 2,6 per l'edilizia abitativa e 39,9 di altre spese.[21]

Il costo stimato di consigli e giunte regionali nel 2012 è stato di 1,15 miliardi di euro.[22] Benché la critica alla spesa per servizi pubblici spesso si intrecci con quella al clientelismo con cui essi vengono erogati,[23] tecnicamente si deve considerare "costo della politica" regionale la sola spesa dei gabinetti assessoriali, del presidente di regione e dei gruppi consiliari regionali, tra i quali è sorto lo scandalo di rimborsopoli.

Rimborsopoli modifica

Dopo lo scandalo, la voce di spesa dei consigli regionali è stata più attentamente monitorata, sia dall'opinione pubblica[24] sia dalla magistratura (anche contabile)[25] che dal Legislatore: quest'ultimo ha convertito il decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, con cui il governo Monti aveva emanato una rigorosa disciplina di controlli della Corte dei conti sulle spese dei gruppi all'interno dei consigli e delle assemblee regionali, con sanzioni anche di revoca degli emolumenti pubblici in caso di inadempimento degli obblighi.[26]

I princìpi che governano il diritto intertemporale si sono dimostrati sfavorevoli all'applicazione della nuova disciplina ai casi anteriori al decreto del governo Monti, come ha statuito Corte costituzionale nella sentenza n. 130/2014: ciò nondimeno la sentenza n. 235/2015 della medesima Corte ha ribadito che - dopo l'entrata in vigore del decreto - si applicano le nuove e più rigorose discipline sul controllo delle spese dei gruppi consiliari, che non possono ritenersi sottratte alla giurisdizione.

Ciò potrebbe riguardare i nuovi casi, verificatisi o accertati, dopo le vicende del 2012 che innescarono lo scandalo. Più in generale, la tematica dei rimborsi si è presentata anche ad altri livelli istituzionali, sia superiori sia inferiori:[27] essa per certi aspetti va ricondotta alla degenerazione che ha fatto seguito all'abuso nel finanziamento pubblico ai partiti.

Dati geografici e demografici modifica

Di seguito si riporta una tabella contenente popolazione,[28] superficie, densità abitativa, capoluogo, numero di comuni[29] e province delle 20 regioni italiane. Dati aggiornati al 30 giugno 2023.

Regione Capoluogo Popolazione (ab.) Superficie (km²) Densità (ab./km²) Province e città metropolitane[30] Comuni
  Lombardia Milano 9 962 458 23 863 417 Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Mantova, Milano, Monza e Brianza, Pavia, Sondrio, Varese 1 504
  Lazio Roma 5 703 289 17 232 331 Frosinone, Latina, Rieti, Roma, Viterbo 378
  Campania Napoli 5 577 984 13 671 410 Avellino, Benevento, Caserta, Napoli, Salerno 550
  Veneto Venezia 4 834 605 18 345 264 Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza 563
  Sicilia Palermo 4 788 105 25 832 186 Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Messina, Palermo, Ragusa, Siracusa, Trapani[31] 391
  Emilia-Romagna Bologna 4 429 512 22 453 197 Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, Parma, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini 330
  Piemonte Torino 4 234 446 25 387 167 Alessandria, Asti, Biella, Cuneo, Novara, Torino, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli 1 180
  Puglia Bari 3 888 864 19 541 200 Bari, Barletta-Andria-Trani, Brindisi, Lecce, Foggia, Taranto 257
  Toscana Firenze 3 647 054 22 987 159 Arezzo, Firenze, Grosseto, Livorno, Lucca, Massa-Carrara, Pisa, Pistoia, Prato, Siena 273
  Calabria Catanzaro 1 835 002 15 221 121 Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria, Vibo Valentia 404
  Sardegna Cagliari 1 569 535 24 100 65 Cagliari, Nuoro, Oristano, Sassari, Sud Sardegna 377
  Liguria Genova 1 501 222 5 416 278 Genova, Imperia, La Spezia, Savona 234
  Marche Ancona 1 478 881 9 427 157 Ancona, Ascoli Piceno, Fermo, Macerata, Pesaro e Urbino 225
  Abruzzo L'Aquila 1 267 301 10 831 117 Chieti, L'Aquila, Pescara, Teramo 305
  Friuli-Venezia Giulia Trieste 1 191 658 7 924 151 Gorizia, Pordenone, Trieste, Udine[32] 215
  Trentino-Alto Adige Trento 1 076 484 13 616 79 Bolzano, Trento 282
  Umbria Perugia 851 619 8 464 101 Perugia, Terni 92
  Basilicata Potenza 534 235 10 073 53 Matera, Potenza 131
  Molise Campobasso 289 102 4 460 65 Campobasso, Isernia 136
  Valle d'Aosta Aosta 122 713 3 261 38 Aosta 74
  Italia Roma 58 784 069 302 073 195 107 7901[33]

Dati economici modifica

Prodotto interno lordo modifica

La tabella sottostante riporta il PIL in milioni di euro e il PIL pro-capite delle regioni e macroregioni italiane nel 2019 secondo i dati territoriali ISTAT.

Regione PIL totale (mln €)[34] PIL pro-capite (€)[35]
Lombardia 390 331 38 840
Lazio 197 742 33 580
Veneto 163 171 33 270
Emilia-Romagna 161 705 36 290
Piemonte 137 488 31 490
Toscana 117 748 31 540
Campania 108 071 18 590
Sicilia 88 626 17 680
Puglia 75 334 18 650
Liguria 50 109 32 250
Marche 42 914 28 080
Friuli-Venezia Giulia 38 139 31 360
Sardegna 34 541 21 010
Abruzzo 33 596 25 580
Calabria 33 143 16 980
Bolzano 24 908 47 040
Umbria 22 338 25 290
Trento 20 606 38 120
Basilicata 12 358 21 870
Molise 6 342 20 650
Valle d'Aosta 4 902 38 940
Italia 1 765 421 29 000

Rating modifica

Moody's modifica

Regione Rating Outlook
Piemonte Ba1 Negativo
Valle d'Aosta
Liguria Baa2 Negativo
Lombardia Baa1 Negativo
Trentino-Alto Adige A3
Veneto Baa2 Negativo
Friuli-Venezia Giulia
Emilia-Romagna
Marche A3 Negativo
Toscana A3 Negativo
Umbria Baa2 Negativo
Lazio Ba2 Negativo
Abruzzo Baa3 Negativo
Molise Baa3 Negativo
Campania Ba1 Negativo
Puglia Baa2 Negativo
Basilicata Baa2 Negativo
Calabria Baa3 Negativo
Sicilia Ba1 Negativo
Sardegna Baa2 Negativo
Italia Baa2 Negativo

Dati politico-istituzionali modifica

 
Mappa delle coalizioni che governano le regioni a febbraio 2023

     Coalizione di Centro-sinistra

     Coalizione di Centro-destra

Regione Nome ufficiale Capoluogo Presidente Anno di
insediamento
Partito politico
del presidente
  Valle d'Aosta (IT) Regione Autonoma Valle d'Aosta
(FR) Région Autonome Vallée d'Aoste
  Aosta Erik Lavévaz 2020 Union Valdôtaine
  Piemonte Regione Piemonte   Torino Alberto Cirio 2019 Forza Italia
  Liguria Regione Liguria   Genova Giovanni Toti 2015 Cambiamo!
  Lombardia Regione Lombardia   Milano Attilio Fontana 2018 Lega
  Trentino-Alto Adige (IT) Trentino-Alto Adige
(DE) Trentino-Südtirol
  Trento (sede legale ma di fatto presidenza a turnazione con Bolzano) Arno Kompatscher (presidente della provincia di Bolzano)
a turnazione con Maurizio Fugatti (presidente della provincia di Trento)
2016 (Kompatscher)
2018 (Fugatti)
Südtiroler Volkspartei (Kompatscher)
Lega (Fugatti)
  Veneto Regione del Veneto   Venezia Luca Zaia 2010 Lega
  Friuli-Venezia Giulia Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia
(FUR) Regjon autonome Friûl-Vignesie Julie
(SL) Avtonomna dežela Furlanija-Julijska Krajina
(DE) Friaul-Julisch Venetien
  Trieste Massimiliano Fedriga 2018 Lega
  Emilia-Romagna Regione Emilia-Romagna   Bologna Stefano Bonaccini 2014 Partito Democratico
  Toscana Regione Toscana   Firenze Eugenio Giani 2020 Partito Democratico
  Marche Regione Marche   Ancona Francesco Acquaroli 2020 Fratelli d'Italia
  Umbria Regione Umbria   Perugia Donatella Tesei 2019 Lega
  Lazio Regione Lazio   Roma Francesco Rocca 2023 Indipendente di Centro - Destra
  Abruzzo Regione Abruzzo   L'Aquila Marco Marsilio 2019 Fratelli d'Italia
  Molise Regione Molise   Campobasso Francesco Roberti 2023 Forza Italia
  Campania Regione Campania   Napoli Vincenzo De Luca 2015 Partito Democratico
  Puglia Regione Puglia   Bari Michele Emiliano 2015 Indipendente di centro-sinistra
  Basilicata Regione Basilicata   Potenza Vito Bardi 2019 Forza Italia
  Calabria Regione Calabria   Catanzaro Roberto Occhiuto 2021 Forza Italia
  Sicilia Regione Siciliana   Palermo Renato Schifani 2022 Forza Italia
  Sardegna Regione Autonoma della Sardegna   Cagliari Alessandra Todde 2024 Movimento 5 Stelle

Rappresentanti in Parlamento per regioni modifica

 
Numero di senatori assegnati a ciascuna regione immediatamente prima della riforma del 2020

L'articolo 57 della Costituzione italiana stabilisce che il Senato della Repubblica è eletto su base regionale (a differenza quindi della Camera), originariamente dai cittadini italiani con più di 25 anni. Ai senatori elettivi (315 in tutte le legislature elette dal 1963 al 2018) vanno poi aggiunti i senatori a vita; inoltre, dal 2006 al 2020, 6 senatori su 315 (e 12 deputati su 630) erano eletti dal voto degli italiani residenti all'estero, espresso nell'apposita circoscrizione.

A seguito di due emendamenti costituzionali approvati rispettivamente nel 2020 (confermato da referendum) e nel 2021, il numero dei senatori è stato ridotto da 315 a 200, ed essi sono eletti da tutti i cittadini italiani con più di 18 anni (quindi in maniera identica ai deputati, anch'essi ridotti da 630 a 400). La circoscrizione Estero continua a eleggere propri parlamentari: 8 deputati e 4 senatori.

I restanti 196 senatori sono assegnati proporzionalmente alla popolazione di ciascuna regione. Inoltre, l'articolo 57 della Costituzione stabilisce che nessuna regione può avere meno di tre (o, prima del 2020, sette) senatori, eccetto le due più piccole: la Valle d'Aosta ne ha uno e il Molise ne ha due.

Regione Senatori Regione Senatori Regione Senatori
  Abruzzo 4   Liguria 5   Sicilia 16
  Basilicata 3   Lombardia 31   Toscana 12
  Calabria 6   Marche 5   Trentino-Alto Adige 6
  Campania 18   Molise 2   Umbria 3
  Emilia-Romagna 14   Piemonte 14   Valle d'Aosta 1
  Friuli-Venezia Giulia 4   Puglia 13   Veneto 16
  Lazio 18   Sardegna 5 Circoscrizione Estero 4

Competenza in materia di costruzioni e urbanistica modifica

Come noto, le regioni a statuto ordinario furono istituite solo a partire dall'anno 1970, pur essendo state già previste nella Costituzione del 1948. All'atto della loro istituzione vera e propria nell'anno 1970, vennero emanate leggi statali che regolavano il trasferimento di certune funzioni amministrative statali, comunali o provinciali attribuite alle Regioni a statuto ordinario dalla Costituzione, così come il trasferimento dei dipendenti stessi e degli edifici delle amministrazioni statali. Le leggi statali di cui sopra erano previste dall'VIII disposizione transitoria della Costituzione. Le Disposizioni transitorie VIII e IX della Costituzione prevedevano dei termini stretti per l'entrata in funzione delle Regioni come enti territoriali autonomi che, a quanto pare, non furono rispettati.[36]

Le leggi statali che regolavano le modalità del trasferimento delle funzioni amministrative alle Regioni furono la Legge 16 maggio 1970, n. 281 e il regolamento di attuazione (previsto dall'articolo 17 della Legge 281/1970), il D.P.R. 15 gennaio 1972, n.8. L'articolo 11 della Legge 281/1970 definiva il demanio e il patrimonio regionali; inoltre, sanciva che "gli edifici con i loro arredi e gli altri beni destinati ad uffici e servizi pubblici di spettanza regionale saranno trasferiti ed entreranno a far parte del patrimonio indisponibile delle Regioni con i provvedimenti legislativi di cui al successivo articolo 17."

Il D.P.R. n. 8/1972, dal canto suo, definiva sia le modalità di passaggio alle Regioni degli uffici, dei dipendenti e dei beni, sia quali organi centrali e periferici dello Stato sarebbero stati inglobati dalle Regioni. La definizione non era basata su un elenco specifico quanto piuttosto sulle funzioni di ciascuna amministrazione statale. In particolare, gli organi amministrativi in materia di urbanistica, strade, acquedotti che servivano solo il territorio regionale sarebbero entrati nel possesso e nelle facoltà delle Regioni, mentre altre funzioni sarebbero rimaste allo Stato. Tra queste si ricordano le funzioni amministrative di carattere interregionale e nazionale, la costruzione di ferrovie (ad eccezione delle linee metropolitane), l'edilizia demaniale e patrimoniale dello Stato e le grandi opere idrauliche.

La versione dell'articolo 117 della Costituzione precedente alla legge costituzionale del 2001, annoverava, tra le materie "a legislazione concorrente", l'urbanistica, mentre l'odierna versione dell'articolo 117 ha sostituito la voce urbanistica con il termine generale "governo del territorio". In generale, con "governo del territorio" si intende inclusa anche l'urbanistica, e la gestione del territorio indipendentemente dal grado di urbanizzazione.[37]

Essendo la materia del "governo del territorio" a legislazione concorrente tra Stato e Regioni, la potestà legislativa spetta a queste ultime tranne che per le linee generali, dettate dallo Stato. A titolo di esempio, sono da intendersi linee generali in materia urbanistica il Decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444. Altre attribuzioni particolari delle Regioni sono specificate nel D.P.R. n. 8/1972, anche se su alcuni punti potrebbe non essere in linea con l'articolo 117 della Costituzione come modificato dalla riforma costituzionale del 2001 (la Costituzione rappresenta la fonte di riferimento principale nei conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni).

Riferimenti normativi modifica

Note modifica

  1. ^ a b istat-struttura, pag. 14.
  2. ^ istat-struttura, pag. 52.
  3. ^ Verranno modificati dalla legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3, "Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione".
  4. ^ Copia archiviata, su regione.puglia.it. URL consultato il 5 maggio 2019 (archiviato il 2 maggio 2019).
  5. ^ Sentenza n. 313 del 2003 della Corte costituzionale
  6. ^ Art. 116, comma 3, della Costituzione.
  7. ^
    • Rapporti internazionali e con l'Unione europea delle regioni;
    • Commercio con l'estero;
    • Tutela e sicurezza del lavoro;
    • Istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale;
    • Professioni;
    • Ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi;
    • Tutela della salute;
    • Alimentazione;
    • Ordinamento sportivo;
    • Protezione civile;
    • Governo del territorio;
    • Porti e aeroporti civili;
    • Grandi reti di trasporto e di navigazione;
    • Ordinamento della comunicazione;
    • Produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; * Previdenza complementare e integrativa;
    • Coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
    • Valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; * Casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale;
    • Enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale;
    • Organizzazione della giustizia di pace;
    • Norme generali sull'istruzione, tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
  8. ^ Zaia contro Martina: «Non ci paragoni all'Emilia Romagna» - Veneto - L'Arena, su web.archive.org, 23 ottobre 2017. URL consultato il 22 febbraio 2023 (archiviato dall'url originale il 23 ottobre 2017).
    «La richiesta è una richiesta di 23 materie e 9/10 delle tasse, esattamente quello che la Costituzione prevede»
  9. ^ Annalisa Grandi, Michela Rovelli, Referendum, affluenza alle 19. Veneto raggiunge il quorum: ha votato il 50,1%. In Lombardia oltre il 30%, su Corriere della Sera, 22 ottobre 2017. URL consultato il 22 febbraio 2023.
  10. ^ Lillo Montalto Monella, Autonomia, firmato l'accordo tra Governo e tre regioni, su euronews, 28 febbraio 2018. URL consultato il 22 febbraio 2023.
  11. ^ Francesco Caruana, Autonomia differenziata, ok in Cdm. Ecco cosa prevede la legge sulle Regioni, su Agenzia Dire, 2 febbraio 2023. URL consultato il 22 febbraio 2023.
  12. ^ Autonomia differenziata, cos’è e come funziona: ecco cosa vogliono fare Calderoli e la Lega, su Money.it, 6 gennaio 2023. URL consultato il 22 febbraio 2023.
  13. ^ Cos'è l'autonomia differenziata del governo Meloni, su La Gazzetta dello Sport, 2 febbraio 2023. URL consultato il 22 febbraio 2023.
  14. ^ manbreve2010,  pag. 131.
  15. ^ manbreve2010,  pag. 133.
  16. ^ a b manbreve2010,  pag. 134.
  17. ^ a b manbreve2010,  pag. 165.
  18. ^ manbreve2010,  pagg. 124-125.
  19. ^ a b manbreve2010,  pag. 128.
  20. ^ a b manbreve2010,  pag. 142.
  21. ^ Le spese delle Regioni sono cresciute di 89 miliardi (PDF), su cgiamestre.com, CGIA Mestre, 22 settembre 2012. URL consultato il 12 marzo 2013 (archiviato il 3 aprile 2015).
  22. ^ 2º rapporto UIL sui costi della politica (PDF), su uilpensionati.it, UIL Pensionati, luglio 2012. URL consultato il 12 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 28 febbraio 2013).
  23. ^ Copia archiviata, su ilsussidiario.net. URL consultato il 24 novembre 2015 (archiviato il 24 novembre 2015).
  24. ^ Di Davide, Iandiorio, "Rimborsi alle Regioni: ecco la mappa completa degli sprechi, di ieri e di oggi." International Business Times: Italian Edition (Italy), April 04, 2014.
  25. ^ Redazione Ibtimes, Italia. "Rimborsopoli Piemonte: 18 fra condanne e patteggiamenti." International Business Times: Italian Edition (Italy) 14 July 2014.
  26. ^ Giampiero Buonomo, Tra sprechi, ruberie ed equivoci legislativi (archiviato dall'url originale il 21 novembre 2017)., in L'ago e il filo, dicembre 2012.
  27. ^ Giampiero Buonomo, Tovaglie pulite, Mondoperaio, 10/2015.
  28. ^ ISTAT popolazione giugno 2023, su demo.istat.it. URL consultato il 15 settembre 2023 (archiviato il 15 agosto 2022).
  29. ^ Istituto nazionale di statistica, CODICI STATISTICI DELLE UNITÀ AMMINISTRATIVE TERRITORIALI: COMUNI, CITTÀ METROPOLITANE, PROVINCE E REGIONI (XLS), su istat.it, 30 giugno 2023. URL consultato il 23 settembre 2023.
  30. ^ In corsivo.
  31. ^ La regione Sicilia ha sostituito le soppresse province con liberi consorzi comunali; cfr. Bernardo Iovene, Le province: questi fantasmi!, su rai.it, 4 maggio 2020.
  32. ^ Annuario Statistico italiano 2021 (PDF), Roma, Istituto nazionale di statistica, 2021, p. 5.
  33. ^ Governo italiano - Ministero dell'Interno - Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, ELENCO CODICI DEI COMUNI ITALIANI, su dait.interno.gov.it. URL consultato il 23 settembre 2023 (archiviato il 5 luglio 2023).
  34. ^ Altroché Lombardia: le Marche crescono più di tutti, su truenumbers.it, 28 gennaio 2020. URL consultato il 2 giugno 2020.
  35. ^ Altroché Lombardia: le Marche crescono più di tutti, su dati.istat.it, 28 gennaio 2020. URL consultato il 2 giugno 2020.
  36. ^ Copia archiviata, su governo.it. URL consultato il 17 maggio 2019 (archiviato il 17 maggio 2019).
  37. ^ Copia archiviata, su diritto.it. URL consultato il 17 maggio 2019 (archiviato il 17 maggio 2019).
  38. ^ Copia archiviata, su senato.it. URL consultato il 16 maggio 2019 (archiviato il 22 maggio 2019).

Bibliografia modifica

Voci correlate modifica

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