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Il dominio del Real Madrid (1956-1960)[1] modifica

Il travolgente successo di pubblico della prima edizione convinse cinque nuove nazioni, tra cui l'Inghilterra, ad entrare nella manifestazione. L'UEFA riuscì ad imporre che ciascuna federazione presentasse il proprio campione in carica, con l'unica eccezione, che verrà peraltro abolita nel 1960, della possibile coincidenza fra i Campioni d'Europa e un campione nazionale, nel qual caso la seconda classificata in campionato sarebbe stata ugualmente ammessa alla coppa. Il torneo ebbe un rapidissimo sviluppo. Già alla finale della seconda edizione, disputata a Madrid fra il Real e la Fiorentina (prima squadra italiana a raggiungere la più importante finale continentale, sconfitta grazie ad un rigore per un fallo commesso abbondantemente fuori dall'area, le immagini di repertorio sono piuttosto eloquenti al riguardo), presenziarono addirittura 125.000 spettatori. Nel volgere di pochi anni tutte le trentadue federazioni europee decisero di iscrivere i propri campioni, l'ultima a farlo fu quella dell'Unione Sovietica nel 1966. L'entusiasmo fu tale che nel 1960 fu creata una identica manifestazione per le vincitrici delle coppe nazionali, la Coppa delle Coppe, la cui prima edizione fu vinta dalla Fiorentina. Durante questo periodo, come si è già detto, la Coppa dei Campioni fu dominata dal Real Madrid. Alfredo Di Stéfano, Ferenc Puskás, Raymond Kopa, José Santamaría e Miguel Muñoz furono tra gli artefici delle cinque vittorie consecutive in Coppa dei Campioni tra il 1955-1956 e il 1959-1960. Tra le partite memorabili vi sono il 7-3 (3 gol di Di Stefano e 4 di Puskas) contro l'Eintracht Francoforte nella finale dell'Hampden Park del 1960, davanti alle telecamere della BBC e dell'Eurovisione e a un pubblico di oltre 135.000 spettatori, la più grande affluenza per una finale di Coppa dei Campioni. Le altre squadre finaliste furono il francese Stade de Reims, che raggiunse due finali (1955-1956 e 1958-1959) e due squadre italiane, la Fiorentina, finalista nel 1956-1957, e il Milan, finalista nel 1957-1958. Anche il [↓↑ fuori crono] ottenne buoni risultati, raggiungendo le semifinali nel 1957 e nel 1958. Il disastro aereo di Monaco durante la Coppa dei Campioni 1957-1958, però, mise una tragica fine a tutte le speranze del Manchester di superare il Real.

Le vittorie del Benfica (1961-1962)[2] modifica

Nell'edizione del 1961, al primo turno del torneo il Barcellona diventò la prima squadra capace di sconfiggere il Real Madrid in una partita di Coppa dei Campioni, mettendo così fine al monopolio madridista sulla competizione. Il Barça arrivò fino alla finale giocata allo Wankdorf Stadion di Berna, in Svizzera, dove fu battuto dal Benfica di Lisbona. Nella successiva edizione di Coppa dei Campioni si unì a questa squadra, capitanata dal forte mozambicano Mário Coluna, il leggendario Eusébio, che guidò il Benfica alla difesa del trofeo nella finale contro il Real Madrid, battuto per 5-3 all'Olympisch Stadion di Amsterdam, Paesi Bassi.

Milano sul tetto d'Europa (1963-1965) modifica

Prima vittoria del Milan [3] modifica

Il primo successo italiano in Europa è opera del Milan. Il 22 maggio 1963, allo stadio di Wembley, la doppietta di Josè Altafini che fisserà il risultato sul 2-1 contro i campioni in carica del Benfica giunti alla loro terza finale consecutiva permetterà alla squadra rossonera di portare per la prima volta in Italia la Coppa dei Campioni, alzata al cielo da Cesare Maldini.

La Grande Inter [4] modifica

File:Inter 1965-66.jpg
La rosa della Grande Inter 1965-66

Nell'edizione del 1963-1964 la Coppa fu vinta da un'altra squadra milanese, l'Inter, che prevalse per 3-1 con due gol di Mazzola e uno di Milani allo Stadio del Prater di Vienna contro il grande Real Madrid. L'anno seguente l'Inter tornò a vincere questa volta proprio a San Siro. Sotto un vero e proprio diluvio superò, infatti, il Benfica per 1-0 con gol di Jair. Nacque il mito della Grande Inter.

La sesta del Real Madrid (1966)[5] modifica

Quest'era si concluse nell'edizione del 1965-1966 con la sesta vittoria del Real Madrid, che prima sconfisse l'Inter in semifinale e poi sconfisse in finale il Partizan Belgrado per 2-1 con una squadra interamente composta da giocatori spagnoli, la prima nella storia della manifestazione. Da notare che solo Paco Gento giocò in tutte e sei le edizioni vinte dal Real Madrid.

Il Real Madrid con il successo ottenuto fu l'ultima squadra a sollevare il vecchio trofeo della Coppa dei Campioni.

Primi trionfi britannici (1967-1968) modifica

Il quadruple continentale del Celtic [6] modifica

Nell'edizione 1966-1967 il Celtic divenne il primo e finora unico club scozzese a vincere la Coppa dei campioni, i Bhoys sconfissero in finale l'Inter per 2-1 all'Estádio Nacional di Lisbona, in Portogallo, il 25 maggio 1967. Inter subito in vantaggio con Mazzola su rigore. Da quel momento e soprattutto per l'intero secondo tempo fu un assalto continuo contro la difesa "più forte del mondo". A far capitolare Giuliano Sarti ci pensò Gemmell con un tiro potentissimo dal limite. Il gol della vittoria lo siglò Chalmers all'80º con una deviazione sotto rete. I calciatori biancoverdi passarono alla storia come Lisbon Lions ("Leoni di Lisbona").

Ad oggi il Celtic rimane l'unico club scozzese ad aver raggiunto la prestigiosa finale di Coppa dei Campioni e l'unica squadra al mondo ad averlo fatto con giocatori tutti provenienti dal vivaio[7][8]. Tutti i giocatori erano scozzesi e nati intorno allo stadio.

Il Celtic è stata la prima squadra a vincere il nuovo trofeo della Coppa dei Campioni che è in vigore fino ad oggi.

La "prima" del Manchester United [9] modifica

Grazie al fenomenale trio d'attacco formato da Bobby Charlton, George Best e Denis Law diventò la prima squadra inglese a vincere la Coppa dei Campioni nell'edizione del 1968, avversario il grande Benfica di Eusebio. Il Manchester United arrivò in finale battendo 1-0 il Real Madrid e rimontando da 3-1 a 3-3 nel ritorno al Bernabeu. In finale, allo stadio di Wembley di Londra, gli inglesi vinsero per 4-1 dopo i tempi supplementari.

Nereo Rocco con la Coppa dei Campioni vinta nel 1968-1969 e la Coppa Intercontinentale vinta nel 1969

Il ritorno del Milan (1969)[10] modifica

Nell'edizione 1968-1969 torna ad imporsi il Milan di Nereo Rocco, che nella finale di Madrid batte nettamente l'Ajax con il risultato 4-1, grazie alla splendida tripletta di Prati ed al gol di Sormani (Vasović per gli olandesi).

L'era del calcio totale (1970-1973) modifica

Feyenoord [11] modifica

L'Olanda rappresentata dall'Ajax, dopo aver perso la finale del 1968-1969 contro il Milan, si rifà grazie al Feyenoord di Rotterdam che nell'edizione del 1969-1970 batte dopo i tempi supplementari gli scozzesi del Celtic per 2-1.

Negli anni settanta la Coppa dei Campioni fu dominata da due sole squadre, AFC Ajax e Bayern Monaco, ognuna della quale ha vinto almeno tre finali.

I tre successi dell'Ajax [12] modifica

L'Ajax egemonizzò poi il movimento calcistico europeo vincendo tre Coppe dei Campioni consecutive nel 1971, 1972 e 1973. La prima a Wembley contro un sorprendente Panathinaikos, squadra greca arrivata alla finale dopo aver eliminato la Stella Rossa di Belgrado (1-4 in Jugoslavia e miracolosa rimonta 3-0 ad Atene). Con un colpo di testa su cross dalla sinistra VanDijk portò in vantaggio gli olandesi dopo un veemente assalto iniziale; poi i greci si ripresero e sfiorarono il pareggio con Antoniadis. L'Ajax sprecò svariate occasioni per il raddoppio, ma il risultato restò in bilico fin quasi a fine gara, quando un gol di Haan su assist di Johan Cruijff[13] diede ai lancieri la certezza della vittoria. Anche nelle altre due finali l'Ajax si impose con autorità: 2-0 all'Inter e 1-0 alla Juventus. Le ragioni del successo degli olandesi sono sostanzialmente due: la disciplina tattica introdotta dall'allenatore Rinus Michels e il contributo del genio calcistico di Johan Cruijff. Già nelle edizioni degli anni sessanta l'Ajax era stata la culla del cosiddetto "calcio totale", una nuova concezione tattica che superava la tradizionale divisione del lavoro in campo tra difensori, centrocampisti ed attaccanti. Secondo questa filosofia tutti i calciatori dovevano partecipare al gioco in ogni suo aspetto. Questa impostazione valse all'Ajax un'organizzazione tattica straordinaria, secondo cui ognuno poteva ricoprire, senza difficoltà, una diversa zona del campo a seconda delle esigenze della squadra.

Il calcio totale dell'Ajax sembrava destinato a non tramontare fino a quando Cruijff scelse di seguire l'ex allenatore Michels al Barcellona, nel tardo 1973. Con la partenza di Cruijff e quella successiva di Johan Neeskens più avanti, l'Ajax avrebbe faticato a imporsi in Coppa dei Campioni per oltre 20 anni.

L'ascesa del Bayern Monaco (1974-1976)[14] modifica

Beckenbauer, che guidò il Bayern Monaco alla vittoria di tre Coppe dei Campioni consecutive

Dopo l'Ajax fu il Bayern a dominare la competizione. Guidato da Franz Beckenbauer e con altri giocatori come Sepp Maier, Gerd Müller, Uli Hoeness e Paul Breitner, il Bayern vinse la Coppa dei Campioni per tre volte consecutive nella metà degli anni settanta.

La prima Coppa fu conquistata nel 1974 ai danni di un volitivo Atletico Madrid, guidato in panchina da Juan Carlos Lorenzo. La svolta arrivò nel secondo tempo supplementare quando la punizione-gol di Luis Aragones illuse gli spagnoli. Fu il difensore Schwarzenbeck, a un minuto dalla fine, a salvare la partita e i futuri destini dei bavaresi con un tiro disperato quanto fortunato da lunga distanza. L'1-1 costrinse le due squadre alla ripetizione della gara e stavolta non ci fu partita: 4-0 con doppiette di Höness e Müller. Nell'edizione del 1975 il Bayern ebbe la meglio su un Leeds United che dominò per larghi tratti la finale, ma che fu battuto per 2-0 al Parco dei Principi di Parigi (gol di Roth e Muller). I bavaresi completarono l'opera sconfiggendo il St. Étienne all'Hampden Park di Glasgow nell'edizione del 1975-1976. Anche qui la vittoria arrivò al termine di una gara difficile: Saint Etienne, rivelazione del calcio francese, capace di colpire due pali e impegnare severamente il portiere Maier. A decidere la gara una punizione dal limite di Roth nel primo tempo.

Quindi la squadra subì un lento declino, come i precedenti club dominanti: il Bayern non vinse nessun'altra Coppa dei Campioni per 25 anni.

Il dominio inglese (1977-1982) modifica

Nella fine degli anni settanta iniziò un periodo di dominio delle squadre inglesi, che raccolsero sei vittorie consecutive ed un totale di sette vittorie in otto anni.

Le "prime due" del Liverpool [15] modifica

La squadra che iniziò questo ciclo fu il [↓↑ fuori crono] guidato da Bob Paisley, ricordato come uno degli allenatori più vincenti della storia del calcio. Paisley poteva disporre di una squadra formata da elementi di sicuro valore come il portiere Ray Clemence, i difensori Phil Neal e Alan Kennedy, i centrocampisti Jimmy Case, Emlyn Hughes e Terence McDermott, gli attaccanti Ray Kennedy, Toshack e, su tutti, il talentuoso King Kevin Keegan, uno dei migliori talenti espressi dal calcio inglese, eletto Pallone d'oro in due occasioni. Erano tutti giocatori di livello internazionale, regolarmente convocati dalle loro rappresentative nazionali. Il Liverpool giunse alla finale dello Stadio Olimpico di Roma del 1976-1977 contro il Borussia Mönchengladbach, già battuta nella finale di Coppa UEFA del 1972-1973. I Reds vinsero per 3-1 e si laurearono campioni d'Europa per la prima volta, successo che replicarono l'anno successivo nella finale di Stadio di Wembley contro i belgi del Bruges grazie alla rete di Dalglish.

I due trionfi del Nottingham Forest [16] modifica

Nell'edizione 1978-1979 il Liverpool campione uscente fu sconfitto al primo turno da una connazionale, il Nottingham Forest. Il Forest, guidato da Brian Clough, ottenne poi il titolo europeo sconfiggendo gli svedesi del Malmö per 1-0 a Monaco. Gli uomini di Clough parteciparono all'edizione 1979-1980 come detentori del titolo, arrivando alla finale del 28 maggio 1980 allo Stadio Santiago Bernabéu, dove furono opposti ai campioni tedeschi dell'Amburgo. Gli inglesi passarono in vantaggio al 19º minuto con John Neilson Robertson e si chiusero in un impenetrabile catenaccio che riuscì a neutralizzare le punte tedesche. Il Nottingham Forest conquistò così anche la Coppa del 1980.

La "terza" del Liverpool [17] modifica

Il Liverpool ritornò in finale nell'edizione del 1981 dopo aver eliminato il Bayern Monaco in semifinale. I "Reds" misero in bacheca il loro terzo trofeo battendo il Real Madrid a Parigi per 1-0 con la rete di Alan Kennedy a otto minuti dal termine.

Il successo dell'Aston Villa [18] modifica

Alla sua prima partecipazione in Coppa dei Campioni nel 1981-1982, l'[↓↑ fuori crono] vinse la competizione superando in finale il Bayern Monaco di Karl-Heinz Rummenigge, sconfitto per 1-0 al Feijenoord Stadion di Rotterdam, nonostante il portiere titolare, infortunato, fosse stato costretto ad abbandonare il terreno di gioco dopo appena dieci minuti dal fischio di inizio. Il protagonista di quella finale divenne subito il secondo portiere Nigel Spink il quale risultò decisivo nella vittoria finale grazie a numerose parate importanti che consentirono ai Villans di portarsi a casa la "Coppa dalle grande orecchie". Il Club di Birmingham continuò così il dominio europeo degli inglesi di quegli anni.

L'Amburgo interrompe il filotto inglese [19] modifica

La finale della Coppa dei Campioni 1982-1983, giocata il 25 maggio 1983 allo Stadio Spiridon Louis di Atene, fu la prima senza squadre inglesi dopo sette anni. A contendersi la Coppa c'erano la Juventus allenata da Trapattoni e condotta in campo da Michel Platini e Roberto Bettega, nettamente favorita e sospinta dall'urlo di 40.000 italiani, e i campioni tedeschi dell'Amburgo. Per nulla intimorito, l'Amburgo affonda subito il colpo: dopo appena otto minuti Felix Magath sorprese Dino Zoff fuori dai pali e lo beffò con un pallonetto dal limite dell'area. La Juventus, ingabbiata dalla difesa tedesca e con le punte in serata storta, non riuscì a pareggiare. L'Amburgo diventò la seconda squadra tedesca (dopo il tris del Bayern Monaco negli anni settanta) a vincere la Coppa dei Campioni.

Liverpool quarto successo [20] modifica

1984, Roma: Phil Neal segna il gol del vantaggio nella finale di Coppa dei Campioni Liverpool-Roma

Nel 1983-1984 arrivò la quarta Coppa dei Campioni del Liverpool, vinta ancora una volta allo Stadio Olimpico di Roma, questa volta contro la squadra che in quello stadio era normalmente di casa, la Roma. Dopo l'addio di Ray Clemence, il Liverpool s'era affidato a un portiere africano spericolato e guascone, lo zimbabwese Bruce Grobbelaar, ex combattente e giramondo (aveva giocato al calcio in Sudafrica e in Canada). Per la prima volta nella storia la finale di Coppa dei Campioni fu decisa ai calci di rigore (dopo un sofferto pareggio per 1-1 siglato da Phil Neal e Roberto Pruzzo). Nei tiri dagli undici metri risultò determinante l'atteggiamento clownesco di Bruce Grobbelaar, che indusse Conti e Graziani a sbagliare i loro tiri. Per l'ennesima volta la Coppa dei Campioni prese la strada dell'Inghilterra. Il Liverpool divenne così la prima squadra capace di vincere il trofeo per quattro volte dopo il Real Madrid negli anni cinquanta, mentre Grobbelaar divenne il primo calciatore africano a vincere la competizione.

La "prima" della Juventus (1985) modifica

File:Bruce Grobbelaar - Liverpool FC - Coppa dei Campioni 1983-84.jpg
Bruce Grobbelaar con la Coppa dei Campioni
Il tiro di Francesco Graziani scheggia la traversa

Sfortunatamente per il Liverpool, ai successi in campo internazionale corrispondeva anche un elevato tasso delinquenziale di molti dei suoi tifosi (i famigerati hooligans), autori di autentici raid teppistici di inaudita violenza sia in Inghilterra sia in altre zone dell'Europa (e già i tifosi di un'altra squadra inglese, il [↓↑ fuori crono], si erano distinti per violenze varie nella finale di andata della Coppa UEFA 1983/84 contro l'Anderlecht, a Bruxelles[21]). Proprio l'esperienza di Bruxelles avrebbe dovuto suggerire all'UEFA di non far giocare una finale europea in uno stadio vecchio e insicuro come l'Heysel della capitale belga. Eppure, nonostante molte opposizioni, la finale della Coppa dei Campioni 1984-1985 fu assegnata a Bruxelles. Anche in quella edizione fu il Liverpool a qualificarsi per la finale, dove trovò per il secondo anno di fila la squadra Campione d'Italia, la Juventus. Gli incidenti che precedettero la partita - cui fece da contraltare l'assoluta inefficienza della polizia belga, impreparata a gestire la situazione venutasi a creare - costarono, tra tifosi italiani, francesi, belgi e irlandesi, 39 morti, il bando quinquennale di tutte le squadre inglesi dalle competizioni europee (eccettuato lo stesso Liverpool, per il quale il bando fu di sei stagioni), e la fine del ciclo continentale dei Reds. Per la cronaca, la squadra inglese fu sconfitta per 1-0 grazie a un rigore di Platini.

Il giorno seguente l'UEFA escluse le squadre inglesi - i cui tifosi si erano già in passato macchiati di simili efferatezze - a tempo indeterminato dalle Coppe europee. Il provvedimento di esclusione fu applicato fino al 1990, un anno dopo la Strage di Hillsborough, che vide sempre protagonisti (anche se stavolta senza alcuna colpa) i tifosi del Liverpool.

Lo stesso argomento in dettaglio: [[Strage dell'Heysel]].

Trionfi inattesi (1986-1988) modifica

Con l'esclusione delle squadre inglesi dal calcio europeo, si concluse il loro periodo di egemonia. Negli anni immediatamente successivi alla Strage dell'Heysel, ci furono vittorie inattese di squadre come la Steaua Bucarest (Romania), il Porto (Portogallo) e il PSV Eindhoven (Paesi Bassi).

Il successo della Steaua Bucarest [22] modifica

Steaua team with the European Cup in 1986
Lo Steaua con la coppa del 1986.

Nell'edizione del 1985-1986 il trofeo fu sollevato dai rumeni della Steaua Bucarest. Nessuno immaginava la Steaua come possibile favorita per il titolo finale nella Coppa dei Campioni, ma gli uomini di Emerich Jenei sorpresero tutti, con un gioco forse non bello da vedere ma profondamente efficace, attendista e ostruzionistico, che cercava di impedire agli avversari di giocare per poi infilarli in contropiede. Campioni quali il capitano Gavril Balint, i goleador László Bölöni e Victor Piţurcă, il regista Belodedici e, soprattutto, il portiere Duckadam guidarono la Steaua sino alla finale del 7 maggio 1986 allo Stadio Ramón Sánchez Pizjuán di Siviglia, in Spagna. I rumeni si trovarono di fronte proprio una compagine spagnola, il Barcellona, allenato da Terry Venables. In una finale dai poveri contenuti tecnici, la Steaua raggiunse il suo principale obiettivo: portare la sfida ai calci di rigore. Dopo aver mantenuto inviolata la sua porta nel corso della partita, Duckadam parò tutti e quattro i rigori battuti dal Barcellona, regalando la Coppa alla Steaua.

La "prima" del Porto [23] modifica

Nel 1986-1987 il Porto guidato da Artur Jorge (nome assunto da Pedroto) vinse il suo primo alloro continentale, la Coppa dei Campioni, battendo per 2-1 il Bayern Monaco. La finale è reputata una tra le più belle della Coppa dei Campioni, con il famoso gol del pareggio dei portoghesi, di tacco, da parte di Rabah Madjer.

Il trionfo del Psv Eindhoven [24] modifica

Nell'edizione del 1987-1988 il PSV Eindhoven, allenato da Guus Hiddink e composto da giocatori di rilievo come Ronald Koeman, Eric Gerets, Søren Lerby e Wim Kieft, vinse la Coppa dei Campioni per la prima ed unica volta nella sua storia. In finale batté il Benfica ai calci di rigore dopo che la partita si era conclusa a reti inviolate. Curiosamente il PSV si aggiudicò il trofeo senza più vincere alcuna partita dopo gli ottavi di finale: i biancorossi estromisero dalla competizione il Bordeaux ai quarti e il Real Madrid in semifinale grazie ai gol in trasferta pareggiando quattro volte.

Il ciclone Milan (1989-1990) modifica

Il trio olandese formato da Frank Rijkaard, Marco van Basten e Ruud Gullit
Arrigo Sacchi, vincitore di due Coppe dei Campioni

Sul finire degli anni ottanta sbarca sulla scena del panorama calcistico europeo il Milan di Silvio Berlusconi. Nell'edizione 1988-89 il nuovo Milan guidato da Arrigo Sacchi e con in campo il trio olandese formato da Marco Van Basten, Ruud Gullit e Frank Rijkaard tornò sorprendentemente sul tetto d'Europa; all'allenatore romagnolo va riconosciuto il merito di avere imposto ad una squadra italiana un modulo di gioco ispirato al già famoso calcio totale degli olandesi. Il cammino di coppa del nuovo Milan di Sacchi iniziò con un doppio successo sui bulgari del Vitosha Sofia: 2-0 all'andata e 5-2 nel match di ritorno a San Siro con 4 reti di Van Basten. Nel secondo turno i rossoneri affrontarono i forti jugoslavi della Stella Rossa Belgrado: dopo aver pareggiato a Milano per 1-1, il match di ritorno venne sospeso per nebbia con gli slavi in vantaggio per 1-0 e la replica, avvenuta il giorno successivo alle ore 12, si concluse con l'identico 1-1 dell'andata, ma il Milan riuscì a vincere ai rigori. Eliminati i tedeschi del Werder Brema, i rossoneri si presentarono in semifinale contro il Real Madrid: il match d'andata al Santiago Bernabeu si concluse in parità per 1-1, ma a Milano la squadra di Sacchi travolse i madrileni con un clamoroso 5-0. La finale venne disputata al Camp Nou di Barcellona contro lo Steaua Bucarest e con una doppietta a testa di Gullit e Van Basten i rossoneri si imposero largamente per 4-0 tornando così, dopo anni di crisi, al vertice della massima competizione europea. Da ricordare che in occasione della finale si assistette alla più grande migrazione dei tifosi di un club nella storia del calcio: quasi novantamila tifosi rossoneri invasero la catalogna e si presentarono al Camp Nou. Mai nessuna squadra era riuscita a spostare all’estero tanto pubblico[25]. Inoltre con la sconfitta dello Steaua si concluse anche la breve, ma comunque significativa, epopea delle squadre romene nelle coppe europee.

Il Milan si confermò Campione d'Europa anche nell'edizione successiva, dopo aver sconfitto il Benfica per 1-0 con gol di Rijkaard nella finale di Vienna. Il trio olandese formato da Van Basten, Gullit e Rijkaard divenne l'emblema di una delle squadre più forti di ogni epoca, votata Migliore squadra di club di sempre dalla rivista inglese World Soccer nel luglio 2007[26].

Con questo duplice successo continentale il Milan rimane tuttora l'ultimo club ad essersi aggiudicato il trofeo per 2 volte consecutive.

Il trionfo della Stella Rossa (1991)[27] modifica

Nell'edizione del 1990-1991 il Milan campione in carica fu eliminato ai quarti di finale, dopo un vibrante doppio confronto con l'Olympique Marsiglia. I francesi furono poi sconfitti nella finale dello Stadio San Nicola di Bari dai campioni iugoslavi della Stella Rossa di Belgrado, che conquistarono il trofeo ai rigori, dopo un pareggio a reti inviolate. La finale del 1991 fu la sola tra il periodo 1989-1998 a non vedere una squadra italiana come finalista. L'esclusione delle squadre inglesi, come si è già detto, finì nel 1990, ma i campioni inglesi del Liverpool non poterono partecipare alla Coppa dei Campioni del 1991 poiché dovevano scontare un ulteriore anno di squalifica dalle Coppe europee.

Reintegro delle squadre inglesi nelle competizioni UEFA modifica

Le squadre inglesi fecero ritorno nella massima competizione nei primi anni novanta precisamente dalla stagione 1991-1992, ma nessuna riuscì a superare gli ottavi di finale perché ostacolate dalla regola dei "tre stranieri": la UEFA prevedeva che alle squadre non fosse permesso, nelle partite giocate nell'ambito delle sue competizioni (quindi nella Coppa dei Campioni, nella Coppa delle Coppe e nella Coppa UEFA) di convocare più di tre giocatori stranieri. La limitazione ebbe effetti particolarmente negativi sulle squadre del Regno Unito, in quanto sia la UEFA che la FIFA considerano l'Inghilterra, l'Irlanda del Nord, la Scozia e il Galles delle nazioni separate.

Il periodo vide le squadre italiane sugli scudi. Furono tre le squadre della Serie A (Sampdoria, Milan e Juventus) che raggiunsero la finale in sette stagioni consecutive, vincendone due.

La "prima" del Barcellona (1992)[28] modifica

Ronald Koeman, grazie ad un suo gol il Barcellona conquistò la sua prima Coppa dei Campioni

La finale della Coppa dei Campioni 1991-1992, giocata allo stadio di Wembley, fu vinta dal Barcellona contro la Sampdoria. Il Barcellona, allenato da Johan Cruyff, era soprannominato Dream Team ("Squadra dei Sogni") e traeva il nome dalla squadra di pallacanestro statunitense che avrebbe giocato alle Olimpiadi di Barcellona 1992. Il club catalano poteva annoverare giocatori come Josep Guardiola, José Mari Bakero, Aitor Begiristain, Jon Andoni Goikoetxea, Ronald Koeman, Michael Laudrup e Hristo Stoichkov, votato Pallone d'Oro nel 1994. La Sampdoria, allenata da Vujadin Boskov, era una squadra che poteva vantare giocatori del calibro di: Gianluca Pagliuca, Pietro Vierchowod, Moreno Mannini, Toninho Cerezo, Fausto Pari, Attilio Lombardo, Srečko Katanec e soprattutto Roberto Mancini e Gianluca Vialli. La gara fu per lunghi tratti dominata dalla squadra ligure i cui attaccanti sprecarono molte occasioni. La finale fu decisa da un punizione di Ronald Koeman assegnata dall'arbitro nel secondo tempo supplementare.

La nascita della Champions League 1992-1993 modifica

In questi anni la formula della Coppa dei Campioni iniziò una rivoluzione. Nel 1992 la fase a gruppi fu rinominata UEFA Champions League: le vincenti avrebbero disputato la finale (nell'edizione 1993-1994 le prime due squadre dei due raggruppamenti disputarono le semifinali in gara unica, in casa della squadra prima classifica nel gironcino). Il successo della fase a gruppi ha determinato l'aumento del numero delle squadre partecipanti da 8 a 32, con partite che si disputano sia il martedì che il mercoledì in tutta Europa.

Francesi sul tetto d'Europa (1993) modifica

Il trionfo dell'Olympique Marsiglia [29] modifica

Nella stagione 1992-1993, prima edizione della cosiddetta UEFA Champions League (trentottesima edizione della Coppa dei Campioni), a vincere il trofeo fu l'Olympique Marsiglia. La squadra francese si impose sul Milan di Fabio Capello (che approdò alla finale forte di 10 successi su altrettante partite) per 1-0. Successivamente l'Olympique Marsiglia fu poi escluso dalla Supercoppa europea e dalla Coppa Intercontinentale 1993 in seguito ad uno scandalo di corruzione denominato Affaire VA-OM, che coinvolse il presidente del club francese, Bernard Tapie. Il Milan, finalista perdente, giocò la Supercoppa Europea e la Coppa Intercontinentale al posto dei marsigliesi. Sempre nella stagione 1992-1993 l'Olympique Marsiglia si vide revocare il titolo nazionale che aveva conquistato nel mese di maggio ma clamorosamente non la Champions League. La squadra non fu neppure autorizzata a difendere la Coppa dei Campioni nel 1993-1994, difatti al suo posto fu chiamato il Monaco (primo caso in cui una squadra vincitrice non partecipa all'edizione successiva).

 
La formazione che batté il Barcellona 4-0

Il quinto trionfo del Milan (1994)[30] modifica

Nell'edizione del 1993-1994 il Milan riusci a vendicare la sconfitta contro l'Olympique Marsiglia patita nella finale dell'anno precedente, conquistando così il suo quinto titolo europeo nella finale di Atene (18 maggio 1994). L'avversario era il Barcellona, il cui allenatore, Johann Cruyff, alla vigilia si era detto sicuro che i suoi uomini avrebbero inflitto al Milan una lezione di calcio.Il Milan, contro ogni pronostico e senza la coppia centrale di difesa titolare (Baresi-Costacurta) si impose con uno straripante 4-0 con doppietta di Massaro, pallonetto di Savicevic e poker di Desailly.[31]. Quel punteggio rappresenta il maggiore scarto mai registrato in una finale di Coppa dei Campioni/Champions League, insieme con quello della ripetizione della finale del 1974 e della finale del 1989, ma rimanendo inferiore, in termini di gol segnati, al roboante 7-3 della finale del 1960 tra Real Madrid ed Eintracht Francoforte. Marcel Desailly, il quale aveva vinto la Champions League l'anno prima con il Marsiglia, diventò nel 1994 il primo giocatore a vincere la Coppa in due stagioni consecutive con squadre differenti e il primo giocatore a vincere la Coppa dei Campioni con l'avversaria (il Milan) della sua ex squadra (l'Olympique Marsiglia) che aveva vinto l'edizione precedente (1992-1993).

Il ritorno dell'Ajax (1995)[32] modifica

Il Milan di Fabio Capello raggiunse la finale per il terzo anno consecutivo nell'edizione del 1994-1995, ma perse per 1-0 contro l'Ajax, al loro quarto trionfo, nella finale di Vienna. Il club olandese presentava una squadra formata in gran parte da giocatori provenienti dalle sue formazioni giovanili, tra cui spiccava il diciannovenne attaccante Patrick Kluivert, autore del gol della vittoria. Quella formazione olandese, allenata da Louis van Gaal, si inseriva nel solco della grande tradizione del vivaio dell'Ajax, il cui prodotto più insigne è senza dubbio Johan Cruyff. Questo fu il primo trionfo dell'Ajax dal 1973, quando aveva vinto la sua terza Coppa dei Campioni consecutiva. In quel periodo numerosi giocatori dell'Ajax divennero titolari nella Nazionale olandese.

La "seconda" della Juventus (1996)[33] modifica

 
Francobollo commemorativo della vittoria juventina in Champions League (1996).

Il 22 maggio 1996, a undici anni dalla vittoria contro il Liverpool nella partita tristemente ricordata per la Strage dell'Heysel, tornò a trionfare la Juventus, rivoluzionata con l'arrivo ai vertici della triade Bettega-Giraudo-Moggi e dell'allenatore Marcello Lippi,e trascinati da un giovane Alessandro Del Piero. Nella finale disputata all'Olimpico di Roma, la Juve giocò molto bene e fece sua la partita contro i detentori dell'Ajax, battendoli per 4-2 ai tiri di rigore dopo che i tempi supplementari si erano conclusi sul punteggio di 1-1. Jari Litmanen rispose sul finire del primo tempo regolamentare al gol del bianconero Ravanelli. Ai rigori, dopo gli errori di Sonny Silooy e di Edgar Davids per gli olandesi, fu decisivo il tiro trasformato in gol da Vladimir Jugović.

Da allora il mondo del calcio cominciò ad adattarsi ai cambiamenti radicali dovuti alla sentenza Bosman. Essa permetteva a tutti i calciatori dell'Unione Europea di trasferirsi gratuitamente alla fine del loro contratto, ma l'impatto più importante fu subito dalla Champions League. Infatti la sentenza Bosman ha anche proibito alle leghe calcistiche nazionali degli stati UE, e anche alla UEFA, di porre un tetto al numero di calciatori stranieri qualora ciò discriminasse cittadini dell'Unione Europea. Dopo la sentenza, la regola poteva ancora essere imposta, ma solo con riguardo ai calciatori non aventi cittadinanza di paesi facenti parte dell'Unione Europea.

Il trionfo del Borussia Dortmund (1997)[34] modifica

Il Borussia Dortmund entrò nel novero delle squadre vincitrici della Coppa dei Campioni nell'edizione del 1996-1997, quando i tedeschi sconfissero, a dispetto dei pronostici, i detentori della Juventus nella finale, giocata a Monaco di Baviera, dopo aver sconfitto i campioni inglesi del Manchester United in semifinale in seguito alla vittoria contro i francesi dell'Auxerre

Il ritorno del Real Madrid (1998)[35] modifica

Nell'edizione del 1997-1998 la UEFA aprì le porte della Champions League alle seconde classificate degli otto migliori campionati continentali (vedi anche Formato del torneo). Nonostante i cambiamenti, fu una vecchia gloria a conquistare il titolo europeo: il Real Madrid. Guidata da Jupp Heynckes, la squadra che comprendeva campioni come Raúl, Predrag Mijatović, Fernando Redondo, Fernando Hierro, Davor Šuker, Clarence Seedorf e Roberto Carlos pose fine all'astinenza del Real Madrid nel massimo torneo continentale, astinenza che durava dal 1966. La squadra della capitale iberica batté infatti la Juventus per 1-0 nella finale della Champions League giocata ad Amsterdam con una rete di Predrag Mijatović. Per i bianconeri di Marcello Lippi si trattò della seconda sconfitta consecutiva in finale.

L'ultima finale del millennio (1999)[36] modifica

Il Manchester United del treble modifica

 
I trofei del treble dello United nel 1999: da sinistra: Premier League, Champions League e FA Cup

L'edizione 1998-1999 incoronò il Manchester United, capace di centrare, in quella stagione, il cosiddetto treble, che consiste nella vittoria in un'unica stagione di campionato, coppa nazionale e Champions League. Il Manchester impressionò per la capacità di uscire imbattuto da un girone difficile, comprendente anche Barcellona e Bayern Monaco, e per essersi sbarazzato di due grandi italiane, Inter e Juventus, nei quarti[37] e in semifinale. Gli inglesi trionfarono anche in patria, dove vinsero sia la Premier League sia la FA Cup.

La finale passò alla storia come una delle partite più emozionanti di ogni epoca e venne giocata al Camp Nou di Barcellona. Anche l'altra squadra finalista, il Bayern Monaco, era in procinto di raggiungere il treble, conducendo il risultato per 1-0 dopo un gol su calcio di punizione di Mario Basler. Il Bayern dominò per tutta la durata dell'incontro, anche se non riuscì a segnare nessun altro gol, anche per merito del portiere del Manchester Peter Schmeichel, galvanizzato in quella che sarebbe stata la sua ultima partita di sempre con la maglia dei Red Devils. Dopo che l'arbitro Pierluigi Collina segnalò tre minuti di recupero, tutti i giocatori del Manchester si portarono nell'area avversaria alla ricerca del pareggio. Su un calcio d'angolo battuto poco dopo il 90' da David Beckham i loro sforzi furono premiati: il subentrato Teddy Sheringham segnò dopo un quasi-gol di Ryan Giggs. Giusto un minuto dopo, un altro calcio d'angolo di Beckham fu trasformato in gol, stavolta da Ole Gunnar Solskjær su assist di Sheringham. Il repentino quanto clamoroso cambiamento del risultato valse la vittoria agli inglesi.

Fu il primo successo della squadra di Manchester dal 1968 e la prima vittoria di un'inglese da quella del Liverpool nel 1984.

Per la prima volta giungono in finale due squadre approdate nel torneo tramite il turno preliminare.

Una finale tutta spagnola (2000) modifica

Real Madrid ottavo successo [38] modifica

 
Zinédine Zidane guidò il Real alla conquista della Champions League 2001-02

L'edizione 1999-2000 coincise con un nuovo mutamento del formato della Champions League, aperta da allora anche alle terze classificate delle sei principali federazioni e alle quarte classificate delle migliori tre (vedi anche Formato del Torneo).

Questa stagione vide il ritorno delle squadre spagnole al dominio europeo. Dopo aver vinto due Coppe dei Campioni nel 1992 col Barcellona e nel 1998 col Real Madrid, la Spagna ebbe tre semifinaliste nella Champions League 1999-2000 (Real Madrid, Valencia e Barcellona). In quest'ultima edizione si giocò la prima finale fra due squadre di uno stesso paese (Real Madrid e Valencia). La prima finale del nuovo millennio, tutta spagnola, disputata nello Stade de France di Parigi, dove si era svolta la finale della prima edizione della Coppa dei Campioni, fu vinta dal Real Madrid, che sconfisse il Valencia per 3-0. Prima della finale il Real aveva avuto la meglio sul Bayern Monaco in semifinale e sul Manchester United nei quarti. La partita dei quarti di finale contro il Manchester all'Old Trafford, terminata con la vittoria per 2-3 in trasferta da parte dei madrileni, è ricordata per uno dei gol più belli nella storia del calcio. La marcatura fu realizzata da Raúl a conclusione di una notevole azione personale di Fernando Redondo, capace di superare un avversario con un colpo di tacco, soprannominato el taconazo de Old Trafford[39].

La "quarta" del Bayern Monaco (2001)[40] modifica

Nella UEFA Champions League 2000-2001 la Liga spagnola ebbe due semifinaliste, Real Madrid e Valencia. Stavolta fu il Valencia ad arrivare in finale, allo stadio Meazza di Milano, dove fu sconfitto dal Bayern Monaco per 5-4 dopo i calci di rigore (1-1 alla fine dei tempi regolamentari). L'allenatore tedesco Ottmar Hitzfeld vinse così la sua seconda Coppa dei Campioni con due squadre diverse, a quattro anni di distanza dal trionfo con il Borussia Dortmund nel 1997. Per il Valencia si trattò della seconda sconfitta consecutiva in finale, come successe alla Juventus nel 1997 e nel 1998.

La nona Coppa dei Campioni del Real Madrid (2002)[41] modifica

Dalla finale della UEFA Champions League 2001-2002 uscì vincitore il Real Madrid. Furono almeno due le analogie con la vittoria del Real nel 1960: la nazionalità dell'avversaria (il Bayer Leverkusen, squadra tedesca come l'Eintracht Francoforte battuto nel 1960) e lo stadio (l'Hampden Park di Glasgow, dove si era disputata la finale del 1960). Mentre la squadra del 1960 era formata da campioni come Di Stéfano e Puskás, quello del 2002 era il Real dei cosiddetti Galácticos ("Galattici"), cioè dei grandi acquisti che avvenivano annualmente. Nell'estate 2001 il Real Madrid aveva acquistato dalla Juventus un plurivincitore del FIFA World Player of the Year, Zinédine Zidane, per la cifra record di 71 milioni di euro. Zidane e il Real Madrid furono all'altezza delle attese: il francese mostrò grandi abilità calcistiche, conducendo il Real alla sua nona vittoria in Coppa dei Campioni insieme a molte altre stelle, tra cui Luís Figo, Raúl e Roberto Carlos. Zizou segnò un gol memorabile in finale, quando colpì violentemente al volo il pallone da distanza ragguardevole, indirizzandolo all'incrocio dei pali. In semifinale i madridisti prevalsero sui connazionali del Barcelona, mentre nell'atto conclusivo il sorprendente Bayer Leverkusen di Lúcio, Michael Ballack e Zé Roberto (che in semifinale aveva eliminato il Manchester United) fu sconfitto per 2-1 il 15 maggio 2002.

Questa sconfitta pose fine ad una strana stagione per il Bayer Leverkusen allenato da Klaus Toppmöller. I tedeschi sfiorarono il treble, classificandosi secondi in tutte e tre le competizioni più importanti. Nella Bundesliga tedesca persero cinque punti nelle ultime tre giornate a favore del Borussia Dortmund, che si aggiudicò poi il campionato; in Coppa di Germania furono sconfitti per 4-2 dallo Schalke 04; in Champions League furono battuti dal Real Madrid. Inoltre, fatto singolare, molti tedeschi del Bayer che facevano parte della Nazionale tedesca arrivarono secondi al campionato del mondo 2002.

Una finale tutta italiana (2003) modifica

Milan sesto trionfo [42] modifica

 
Paolo Maldini mentre alza la Champions League vinta il 28 maggio 2003 contro la Juventus all'Old Trafford

La stagione seguente segnò il ritorno delle squadre italiane al vertice del calcio europeo. Dopo aver dominato la competizione durante gli anni novanta, Milan e Juventus avevano vissuto una crisi, culminata nell'edizione 2000-2001, quando nessuna squadra italiana raggiunse i quarti di finale[43]. La tendenza fu invertita nella Champions League 2002-2003, in cui, delle quattro semifinaliste, tre erano italiane (Milan, Juventus e Inter)[44]. In semifinale ci fu il primo storico derby europeo tra le milanesi, in cui prevalse il Milan in virtù di due pareggi ma con più goal segnati fuori casa (il ritorno del derby terminò 1-1 in casa dell'Inter dopo lo 0-0 dell'andata). La Juventus affrontò il Real Madrid e lo sconfisse per 3-1 dopo aver perso all'andata per 2-1.

Ad aggiudicarsi il trofeo fu il Milan, di nuovo campione dopo nove anni. I rossoneri giocarono un calcio a tratti spettacolare, basato sul possesso palla e sulla tecnica ed espresso nel miglior modo da un modulo innovativo, il cosiddetto rombo (il 4-3-1-2), messo in campo dall'allenatore Carlo Ancelotti per schierare nella stessa formazione giocatori di alto spessore tecnico quali Pirlo, Seedorf e Rui Costa. In finale, il 28 maggio all'Old Trafford di Manchester, i rossoneri sconfissero ai calci di rigore la Juventus, rivale storica, nella prima finale della Coppa dei Campioni-Champions League con entrambe le contendenti italiane. La partita, molto combattuta, terminò a reti bianche dopo i tempi supplementari e si decise dal dischetto. Ai tiri dal dischetto Dida parò tre conclusioni avversarie, mentre Andriy Shevchenko trasformò il rigore decisivo che consegnò al Milan la coppa. Il capitano Paolo Maldini la sollevò quarant'anni esatti dopo il padre Cesare, campione d'Europa 1962-1963 con i rossoneri a Londra. Clarence Seedorf conquistò la sua terza Champions League, diventando il primo calciatore ad aggiudicarsi tre Coppe con tre squadre diverse: infatti aveva già vinto la Coppa con l'Ajax nel 1995, proprio contro il Milan, e col Real Madrid nel 1998.

Nella fase a gruppi si verificarono alcuni curiosi risultati. Tre squadre chiusero con il medesimo punteggio tutti i loro incontri. Il Barcellona vinse tutte e sei le partite del suo girone, mentre lo Spartak Mosca le perse tutte. L'AEK Atene, invece, pareggiò sei volte, diventando la prima squadra imbattuta nel girone a non qualificarsi, finendo terza. Infine il [↓↑ fuori crono] perse le sue prime tre partite del girone, per poi vincere le altre tre contro Juventus, Dinamo Kiev e Feyenoord. Gli inglesi si piazzarono secondi con 9 punti e si qualificarono, pertanto, al secondo turno. Inoltre dopo il primo turno furono promosse, per la prima volta dall'introduzione della nuova formula, tutte e quattro le italiane in gara: Milan, Juventus, Inter e Roma.

 
José Mourinho, grazie ai successi con Porto e Inter, è il terzo allenatore, dopo Ernst Happel e Ottmar Hitzfeld, a vincere due Champions League con due club diversi

La "seconda" del Porto (2004)[45] modifica

Le edizioni 2003-2004 e 2004-2005 della Champions League si rivelarono estremamente avvincenti per l'imprevedibilità dei risultati e per il livello di gioco su cui si espressero le squadre. Uno degli eventi più eclatanti fu il ribaltone di La Coruña: il Deportivo, sconfitto per 4-1 a San Siro dal Milan campione d'Europa uscente, fu in grado di infliggere agli italiani un clamoroso 4-0 nella gara di ritorno, nei quarti di finale dell'edizione 2004. Sempre nel corso di quella edizione e sempre nei quarti di finale, oltre all'inattesa eliminazione del Milan vi fu quella, pure clamorosa, di una compagine blasonata come il Real Madrid, sconfitto dal Monaco. L'altro quarto di finale vide scontrarsi le inglesi Arsenal e Chelsea, formazione che prevalse nel doppio confronto. La finale di quella edizione fu tra due outsider come il Monaco allenato da Didier Deschamps e il Porto di José Mourinho, che prevalse con un netto 3-0.

Il ritorno del Liverpool (2005)[46] modifica

Dell'edizione 2004-2005 resta memorabile l'emozionante finale di Istanbul, vinta ai calci di rigore dal [↓↑ fuori crono] contro il Milan. Questa edizione fu caratterizzata da un notevole susseguirsi di vittorie del Milan. Inizialmente i rossoneri conclusero al primo posto il proprio raggruppamento. Di seguito eliminarono il Manchester United negli ottavi di finale (doppio 1-0), l'Inter nei quarti (successi per 2-0 in casa e 3-0 a tavolino nel ritorno) e il PSV Eindhoven in semifinale (vittoria per 2-0 a Milano e sconfitta per 3-1 al Philips Stadion). Il 25 maggio, nella finale di Istanbul, la decima nella storia rossonera, il Milan dominò il gioco e chiuse il primo tempo in vantaggio per 3-0 contro il Liverpool, grazie ad un gol di Maldini e alla doppietta di Crespo. Nel secondo tempo, tuttavia, i rossoneri furono raggiunti sul 3-3 in soli 6 minuti, durante i quali un rigore parato dal portiere rossonero Dida fu poi ribadito in gol da Xabi Alonso, il che riaccese l'entusiasmo su una partita che sembrava ormai decisa e poco spettacolare. La gara procedette ai tempi supplementari, dove il portiere polacco Jerzy Dudek fu autore di un prodigioso salvataggio su un tiro ravvicinato di Shevchenko, e quindi ai calci di rigore. Qui il Milan,con la complicità di Dudek, che attuò un atteggiamento simile a quello di Grobbelaar, fallì tre tiri dal dischetto di cui l'ultimo, decisivo, proprio con l'attaccante ucraino.Fu quindi la squadra inglese a sollevare la coppa, la quinta nella storia dei Reds di Liverpool.

 
Barcellona e Arsenal in campo allo Stade de France il 17 maggio 2006 nella finale

La "seconda" del Barcellona (2006)[47] modifica

L'edizione 2005-2006 si chiuse con il trionfo del Barcellona delle tante stelle, da Ronaldinho a Deco da Lionel Messi (che non giocò la finale) a Samuel Eto'o. I catalani, allenati dall'ex campione del Milan Frank Rijkaard, impressionarono per la capacità di abbinare un gioco a tratti spettacolare e la concretezza delle squadre esperte. Ronaldinho viene eletto miglior giocatore del torneo. Nella finale di Parigi superarono, per 2-1 in rimonta, gli inglesi dell'[↓↑ fuori crono], guidati da Thierry Henry. Questa partita inoltre, ha segnato la trasmissione da parte di Sky Italia del primo evento televisivo in diretta visibile in Alta Definizione, grazie al decoder digitale satellitare[48].

La rivincita del Milan con il settimo sigillo (2007)[49] modifica

 
Carlo Ancelotti ha vinto quattro Champions League con il Milan, nel 1989 e nel 1990 come Giocatore e nel 2003 e nel 2007 come Allenatore

Nel 2006-2007 si è assistito alla rivincita del Milan ai danni del Liverpool, primo caso nella storia della Champions League in cui due squadre si sono incontrate due volte in pochi anni in finale e in cui la perdente della prima è riuscita ad ottenere ciò che aveva perso precedentemente.

Dopo un'estate travagliata e caratterizzata dallo scandalo del calcio italiano del 2006, il Milan, che pur avendo rischiato di mancare alla più importante competizione continentale perché coinvolto in minima parte in Calciopoli, riuscì a iscriversi al torneo partendo dal terzo turno preliminare di agosto contro la Stella Rossa e ottenendo il diritto di partecipare alla fase a gironi della competizione per l'ottava volta negli ultimi dieci anni.

 
Il Milan durante i festeggiamenti nella finale di Atene del 2007 vinta contro il Liverpool

Dopo aver vinto il proprio girone come prima classificata e aver superato nella fase ad eliminazione diretta gli scozzesi del Celtic Glasgow e i tedeschi del Bayern Monaco il Milan approdò alle semifinali. Tra le squadre qualificate alle semifinali figuravano tre inglesi: Liverpool, Chelsea e Manchester United che arrivarono ad occupare tre posti sui quattro disponibili nelle semifinali mentre l'ultimo posto disponibile fu occupato appunto dal Milan.

Proprio il Milan, che pareva aver esaurito le energie già dopo la gara di ritorno degli ottavi di finale contro il Celtic Glasgow, risultò la squadra più solida e più forte di tutte le rivali capace di compiere imprese contro ogni pronostico. Dopo aver pareggiato in casa una gara che già sembrava acquisita contro il Bayern Monaco fu capace di infliggere un 2-0 in trasferta ai bavaresi (favoriti) all'Allianz Arena, campo che era inviolato da molte stagioni; di surclassare il fortissimo e favoritissimo Manchester United (che nei quarti di finale aveva eliminato la Roma con un ridondante 7 a 1 nella gara di ritorno all'Old Trafford, impressionando tutti e soprattutto dimostrando di essere la seria candidata alla vittoria finale, dopo che la gara di andata si era conclusa per 2 a 1 a favore degli italiani) grazie ad un grande Kaká, autore di una doppietta all'Old Trafford (vittoria inglese per 3-2) e di un gol nel 3-0 rossonero di San Siro; e di raggiungere in finale i Reds, che in semifinale avevano battuto, come due anni prima, il Chelsea. Allo Stadio Olimpico di Atene, proprio come nel 1994 contro il Barcellona, il Milan sollevò la coppa più ambita, portandosi per la settima volta della sua storia sul tetto dell'Europa (quinta volta negli ultimi vent'anni).

Curioso l'episodio della festa di premiazione in quanto il nuovo presidente dell'Uefa Michel Platini volle ripristinare la vecchia cerimonia di premiazione che come in passato avveniva nella tribuna dello stadio e non sul terreno di gioco come si era presa l'abitudine negli ultimi anni. L'ultima squadra che alzò al cielo il trofeo dalla tribuna fu il Milan ad Atene nel 1994 e fu proprio il Milan la prima squadra ad alzarlo nuovamente con il ripristino della vecchia cerimonia di premiazione proprio ad Atene 13 anni dopo.

Importantissimo fu il contributo di Kaká, capocannoniere del torneo con 10 gol, Filippo Inzaghi, autore di due gol in finale, Andrea Pirlo, Clarence Seedorf, Paolo Maldini, Gennaro Gattuso, Dida, Massimo Ambrosini, Alessandro Nesta e tanti altri giocatori già componenti della squadra vincitrice della Champions League nel 2003. In particolare Inzaghi, malgrado le poche partite disputate nel corso della stagione, seppe segnare i gol decisivi nelle partite di maggiore importanza. La partità finì 2-1 (doppietta di Inzaghi e rete di Kuyt per i Reds). A titolo di curiosità va citata la particolarità relativa allo sponsor: se l'anno prima le squadre finaliste vestivano Nike, questa volta entrambe erano sponsorizzate da Adidas (in questa stagione il Liverpool aveva cambiato fornitore tecnico).

Per la seconda volta nella storia della competizione arrivano in finale due squadre approdate nel torneo tramite il turno preliminare. La "prima" volta fu in occasione della finale del 1999.

Una finale tutta inglese (2008) modifica

Manchester United terzo successo [50] modifica

Nel 2007-2008 la Champions League è stata vinta dal [↓↑ fuori crono], che ha battuto in finale il [↓↑ fuori crono] nella prima finale tutta inglese della competizione ed è diventato Campione d'Europa per la terza volta.

 
Chelsea-Olympiakos, ottavi di finale della UEFA Champions League 2007-2008

Molte le favorite, oltre alle due finaliste, all'inizio della competizione. Tra le italiane spiccava l'Inter di Zlatan Ibrahimović, e delle tante stelle messe a disposizione dell'allenatore Mancini dal presidente Massimo Moratti, assieme al Milan, campione in carica, che fatica in campionato, ma che continua a dare il meglio di sé in Europa (sempre ai quarti di Champions dal 2002). Oltre alle finaliste anche altre due inglesi si candidano alla vittoria: il Liverpool, squadra solida che punta su un gruppo in grado di conquistare sempre le fasi finali della competizione negli ultimi quattro anni, e un Arsenal che Arsène Wenger ha rivoluzionato dall'anno precedente. I Gunners sostituiscono infatti la loro bandiera e giocatore di punta Thierry Henry (trasferitosi al Barcelona andando a formare il quartetto di campioni con Eto'o, Messi e Ronaldinho,) con innesti giovani ma di grande classe, come il togolese Adebayor. E proprio il Barcelona dei quattro fuoriclasse è una delle due formazioni spagnole favorite insieme al Real Madrid.

Dopo la fase a gironi tutte le favorite sono ancora in gioco per la vittoria finale. Le varie fasi a eliminazione diretta riservano un'edizione ricca di emozioni grazie a scontri diretti tra le grandi fin dagli ottavi di finale (come Milan-Arsenal), alla presenza tra le accesse alle fasi finali di altre squadre di un certo calibro come Roma, Lione, e di squadre-rivelazione come lo Schalke 04, in grado di mettere in difficoltà il Barça, e il Fenerbahçe, che prima elimina il Siviglia e poi crea problemi al Chelsea.

Alle semifinali si è prospettata una situazione simile a quella dell'edizione 2002-2003 e anche a quella dell'anno prima. Infatti 3 squadre su 4 erano di un'unica nazionalità. Sicuramente una squadra inglese sarebbe volata a Mosca. Da una parte si sono affrontate per la terza volta in quattro anni in semifinale Liverpool e Chelsea. I Reds erano reduci da scontri diretti estenuanti contro Inter e Arsenal (che a sua volta avevano eliminato il Milan Campione uscente), mentre i Blues hanno avuto vita facile contro Olympiakos e sofferto contro il Fenerbahçe. Dalla parte opposta del tabellone il Manchester United ha eliminato Lione e Roma (che a sua volta aveva eliminato il Real) e il Barça, che ha affrontato Schalke e Celtic. Il Liverpool, sebbene esprima un buon gioco, ha pregiudicato la qualificazione nella partita di andata con un autogol negli ultimi minuti di John Arne Riise, che ha vanificato la possibilità di una vittoria interna importantissima. L'altra semifinale di andata tra Barcellona e Manchester United è stata spettacolare, ma è terminata 0-0. La gara di ritorno, più tattica, si è conclusa con la qualificazione degli inglesi, vittoriosi grazie a un gol di Scholes.

In finale i Red Devils hanno sfidato il Chelsea (per la prima volta alla finale della massima competizione europea), nella prima finale tutta inglese della storia del torneo, la terza tra squadre di uno stesso paese dopo 2000 e 2003. Il primo tempo è finito con il parziale di 1-1, con Cristiano Ronaldo a segno di testa per il Manchester United e Frank Lampard, a termine di un'azione molto confusa, per il Chelsea. Il risultato è rimasto immutato fino alla fine dei tempi regolamentari e dei tempi supplementari, nonostante la sfida sia stata molto accesa e piena di emozioni. Ai tiri di rigore hanno fallito Ronaldo per il Manchester United e per il Chelsea il capitano John Terry, scivolato al momento del tiro su un campo non impeccabile proprio sull'ultimo rigore, quando la vittoria sembrava già raggiunta. L'errore decisivo è stato quello di Anelka, il cui tiro è stato parato da van der Sar.

Il Barcellona del triplete (2009)[51] modifica

La massima competizione europea dell'annata 2008-2009 viene vinta dal Barcellona, che sconfigge in finale i detentori del [↓↑ fuori crono] aggiudicandosi il trofeo per la terza volta nella finale disputata a Roma allo Stadio Olimpico.

L'edizione vede il rientro in Champions League della Juventus dopo tre anni. Torna sul palcoscenico europeo anche il Bayern Monaco, assente da una stagione, mentre manca dopo sei anni di soddisfazioni il Milan. Dopo la fase a gironi sono presenti il Barcellona, i campioni in carica del Manchester United, le altre inglesi Liverpool e Arsenal, l'Inter, la Juventus e la Roma, il Real Madrid e il [↓↑ fuori crono], oltre a Sporting Lisbona, Porto, Villarreal e Atlético Madrid.

 
Lionel Messi sfida Michael Carrick nella finale di Roma

Il sorteggio per gli ottavi di finale riserva una tripla sfida tra inglesi (Manchester, Arsenal e Chelsea) e italiane (rispettivamente Inter, Roma e Juventus). In un tutti e tre i casi è il club inglese a passare il turno. Il Bayern Monaco è autore di una grande prestazione contro lo Sporting Lisbona (vittoria complessiva con il punteggio di 12-1, record per la competizione), mentre il Real Madrid è nuovamente eliminato agli ottavi di finale dal Liverpool.

Nei quarti di finale avanzano le inglesi: l'Arsenal, che ha la meglio sul Villarreal, il Chelsea, che prevale sul Liverpool nell'ennesima doppia sfida europea tra le due compagini (le due squadre si sfidano in Europa per la quinta stagione consecutiva, con due qualificazioni a testa nelle gare ad eliminazione diretta) e il Manchester United che elimina il Porto; nel rimanente quarto il Barcellona batte il Bayern Monaco. Nelle semifinali figurano quindi ancora tre inglesi più il Barcellona, come l'anno precedente, con la differenza dell'Arsenal al posto del Liverpool. Il Barcellona batte il Chelsea grazie al gol in trasferta in pieno recupero di Andrés Iniesta (sul risultato pesa l'arbitraggio negativo di Tom Henning Øvrebø e dei suoi assistenti), mentre il Manchester si impone sull'Arsenal.

In finale, il risultato si sblocca al decimo minuto, quando Samuel Eto'o porta in vantaggio il Barcellona. Il secondo tempo vede una netta supremazia del Barcellona, e a dodici minuti dal fischio finale Xavi, in azione sulla fascia destra, crossa per Lionel Messi, che realizza di testa la rete del 2-0. Il Barcellona dell'allenatore Josep Guardiola, già vincitore nel 1991-1992 da giocatore, diventa la prima squadra spagnola a mettere a segno il triplete (treble): oltre alla Champions, aveva vinto anche Liga e Coppa del Re.

Il ritorno dell'Inter (2010)[52] modifica

 
La coreografia della curva interista durante la finale di Madrid

L'edizione 2009-2010 fa registrare la vittoria dell'Inter di Josè Mourinho che torna a vincere il trofeo dopo ben 45 anni[53]. Per i nerazzurri è la terza Coppa dei Campioni della propria storia[53], la prima da quando ha cambiato denominazione in UEFA Champions League.

Nella prima fase spiccano l'eliminazione della Juventus e del Liverpool, terze nei rispettivi gironi e "retrocesse" in Europa League, e il passaggio del turno di Fiorentina e Bordeaux, prime proprio a discapito di Liverpool e Juventus. Il Gruppo F, composto da quattro club campioni nazionali, ovvero Barcellona, vincitrice della passata competizione e laureatasi a dicembre anche campione del mondo, Inter, Dinamo Kiev e Rubin Kazan, è quello più equilibrato. A spuntarla, non senza qualche difficoltà iniziale, sono, come previsto, i catalani e i milanesi.

Si qualificano agli ottavi di finale tre italiane (Inter, Milan e Fiorentina), tre inglesi (Chelsea, Arsenal e Manchester United), il Real Madrid e il Barcellona, le francesi Bordeaux e Lione, il Siviglia, il Bayern Monaco, l'Olympiakos, il CSKA Mosca, il Porto e lo Stoccarda.

I sorteggi decretano le sfide tra Milan e Manchester United, Inter e Chelsea, Real Madrid e Lione. Il Manchester United batte il Milan e si qualifica ai quarti, dove affronta il Bayern Monaco vittorioso sulla Fiorentina. Il Real Madrid, nonostante i grandi investimenti di Florentino Pérez, cade ancora agli ottavi, contro il Lione, mentre l'Inter supera il Chelsea per 2-1 all'andata e 0-1 al ritorno. Nelle altre partite hanno la meglio il Bordeaux, che torna a disputare i quarti eliminando l'Olympiakos, i campioni del Barcellona, che superano agilmente lo Stoccarda, l'Arsenal, che non soffre contro il Porto, e l'outsider CSKA Mosca, che prevale sul Siviglia.

Nel primo dei quattro quarti di finale il Manchester United viene eliminato dal Bayern Monaco, che passa il turno grazie ai gol segnati in trasferta. Nel secondo il derby francese tra Lione e Bordeaux si risolve in favore dei primi, che accedono alla semifinale per la prima volta nella loro storia. Dall'altra parte del tabellone la sfida Inter-CSKA si risolve con una doppia vittoria dei nerazzurri, mentre il Barcellona supera l'Arsenal con un pareggio in trasferta ed un 4-1 casalingo (quattro gol di Lionel Messi). Le semifinali sono Bayern Monaco-Lione e Inter-Barcellona. I bavaresi hanno la meglio sui francesi, sconfiggendoli con il punteggio complessivo di 4-0 (1-0 e 0-3), mentre l'Inter, dopo la vittoria casalinga per 3-1 sul Barcellona, nel ritorno al Camp Nou perde per 1-0 qualificandosi per la finale dopo trentotto anni di attesa (ultima finale raggiunta quella del 1972 a Rotterdam persa contro l'Ajax). Nella finale del 22 maggio allo Stadio Santiago Bernabéu di Madrid si sfidano l'Inter e il Bayern Monaco[53].

I due club si affrontano dopo essere diventati entrambi campioni del proprio campionato e della propria coppa nazionale, arrivando tutte e due a conseguire la doppietta. In finale l'Inter vince con Milito autore di una doppietta, tornando a vincere la Champions League. La partita finisce 2-0[53]. I nerazzurri diventano così la prima squadra italiana a centrare la "tripletta".

La "quarta" del Barcellona (2011)[54] modifica

Il 28 maggio 2011 il Barcellona si laurea campione d'Europa per la quarta volta nella sua storia battendo a Wembley il Manchester Utd per 3-1 con i goal di Pedro Rodriguez, Lionel Messi e David Villa. Grande la cavalcata dei blaugrana che con una squadra giovanissima, formata in prevalenza da ragazzi provenienti dalle giovanili, ottiene la terza vittoria in sei anni mostrando un gioco definito da tutti "il migliore del mondo" nel corso degli ultimi anni.

Nei Play-Off spiccano le sorprendenti e spettacolari vittorie del Braga sul Siviglia (1-0 all'andata per i portoghesi, 4-3 al ritorno ancora per gli Arsenalistas) e del Werder Brema sulla Sampdoria[55] (3-1 all'andata per i tedeschi, 2-3 al ritorno per i doriani, che al 90' erano in vantaggio di tre reti fino al goal di Markus Rosenberg)

Nella prima fase, spicca nel Gruppo A, la sorprendente cavalcata del Tottenham trascinata da Gareth Bale fino al primo posto nel girone, superando la squadra campione in carica, l'Inter[56].

Nel Gruppo D, invece, il Copenaghen fa la storia del calcio danese, divenendo la prima squadra della Danimarca ad accedere agli ottavi di finale della Champions League, arrivando seconda dietro la poi vincente Barcellona e superando una squadra del calibro del Rubin Kazan'[57]

Negli ottavi di finale si può notare una storica vittoria dello Šachtar nei confronti della Roma di Claudio Ranieri, battendola prima in casa per un risultato di 2-3 e poi in patria, al ritorno, per 3-0.[58] Altra grande sorpresa degli ottavi, è la vittoria del Tottenham nei confronti dell'Milan di Massimiliano Allegri per un risultato totale di 1-0, risultato che la squadra londinese si è procurata a Milano[59], dove durante un contropiede allo scadere dei minuti regolamentari, Peter Crouch ha messo la sua firma sulla partita. Gli ottavi di finale regalano un'altra partita di grande spettacolo, che si contengono Bayern Monaco e la squadra campione in carica, l'Inter, che verrà sconfitta in casa per 1-0 allo scadere del 90' grazie al goal di Mario Gómez[60]. Al ritorno, all'Allianz Arena è puro spettacolo, e soltanto la rete di Goran Pandev regala il 3-2 ai nerazzurri che sbancano Monaco e avanzano alla fase successiva[61]. Il Real Madrid sfata uno dei tabù più grandi della sua storia passando alla fase successiva vincendo contro l'Olympique Lione dopo 6 anni dall'ultima partecipazione ai quarti[62].

I quarti di finale non sono da meno in quanto ad emozioni e sorprese rispetto agli ottavi: una strafavorita Inter viene messa in ginocchio da uno storico Schalke 04 che per la prima volta nella sua storia approda in semifinale di Champions League, battendo appunto l'Inter per un risultato totale di 3-7.[63] Altro scontro emozionante è il derby inglese tra Chelsea e Manchester United che verrà vinto dalla squadra di Manchester, dopo aver vinto a Londra 1-0 e in casa per 2-1[64]. La rivelazione della competizione, il Tottenham, viene fatto fuori dal Real Madrid di Josè Mourinho, le merengues vincono 4-0 a Madrid e 1-0 al White Hart Lane di Londra[65] Il Barcelona invece eliminerà lo Šachtar grazie ad un risultato complessivo di 6-1 [66].

In semifinale, lo Schalke 04 verrà estromesso dal Manchester United che vincerà 0-2 a Gelsenkirchen e poi 1-4 a Manchester[67] La, forse, più emozionante partita, oltre la finale, di questa edizione è El Clásico, oltre le due squadre, una forte rivalità esiste anche tra i due allenatori, Josep Guardiola e Josè Mourinho. La partita verrà vinta dal Barça per un risultato complessivo di 1-3, 0-2 a Madrid e 1-1 al Camp Nou[68]

Con la quarta affermazione del Barcellona la Spagna diventa la Nazione con il maggior numero di Coppe dei Campioni.

Note modifica

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